venerdì 31 maggio 2019

DELICIOUSLY-ELLA: THE PLANT BASED COOK BOOK. TIRIAMO LE SOMME?




Chi scrive - che poi sono Alessandra, non sia mai che si dica che non ci metto la faccia :) - dicevo chi scrive sostiene da anni che la ricerca più significativa che sia stata fatta in cucina, in questa prima tranche del Terzo millennio, provenga non dal versante della ristorazione tradizionale, ma da quello vegano, tout court. 
Lo sostengo senza essere vegana, anzi, non condividendo gran parte di questa filosofia, sebbene gusti personali (non mi piace la carne) e vicissitudini familiari (viviamo nel continente più inquinato del mondo dove non esiste una parvenza di tracciabilità del cibo) mi abbiano sospinto sempre di più verso una dieta povera di proteine animali: ma, teorie a parte, è innegabile che i veri passi avanti nella direzione del nuovo siano stati fatti dai sostenitori di questo pensiero. 
Prima che si sollevino le obiezioni, la cucina vegana non è la bistecchina di Seitan o il pallido tofu che sistematicamente compare sulle pagine di FB per essere dileggiato dai carnivori: è qualcosa di molto più ampio, strutturato e complesso che però, nella sua intersezione con la tradizione, è entrato da qualche anno anche  a far parte anche delle nostre diete. L'intuizione più felice, infatti, quella che ha dato credibilità a questi piatti, è stato l'innesto della innovazione sul recupero dell'esistente, tradottosi, nella fattiscpecie, in uno sguardo a 360 gradi su tutte le cucine del mondo, con particolare riguardo per quelle che per ragioni storiche facevano ampio uso di legumi (il Medioriente) e di alternative ai prodotti animali (l'Oriente). Se oggi siamo tutti pazzi per gli hummus e i falafel, insomma, dobbiamo dire grazie a questa ricerca: e se mangiamo con soddisfazione hamburger di lenticchie, beviamo cocktail con la schiuma che, vivaddio, non sanno di uovo o troviamo che anche i finti formaggi a base di frutta secca fermentata abbiano una loro dignità è grazie all'innesto di cui sopra che, come dicevo, trova la sua plausibilità e l'origine del suo successo dalle radici su cui si innesta che sono quelle di una tradizione santificata da secoli, pranzo dopo pranzo. 
E' dunque per questo che oggi la cucina vegana in senso lato trova spazio nella nostra dieta, a casa come fuori, senza che la cosa ci disturbi più di tanto. Logico, il carnivoro non sarà soddisfatto fino a quando non avrà mangiato la sua bistecca di brontosauro o l'hamburger al sangue che ancora muggisce, ma chi ama i vegetali troverà alternative più divertenti ed appaganti della verdura grigliata, bollita o in insalata. E questo, credetemi, è un bene per tutti. 
La cucina Plant-Based è un passo avanti, nella direzione più estrema della cucina vegana, declinata sulla base di quel concetto di "salute a tavola", tanto abusato nei nostri tempi. Al Veganesimo, infatti, della salute importa poco: uno può essere vegano mangiando solo patatine fritte del Mc Donald e Oreo del supermercato: il fegato sarà spappolato, ma la coscienza immacolata. I seguaci del Plant- Based, invece, esigono prima di tutto anche la loro salute, non solo quella del pianeta: per cui, no ai cibi raffinati, no ai cibi lavorati, no allo zucchero, sì alla verdura, alla frutta e ai legumi, a patto che siano tutti integrali e non sottoposti a processi di sbiancamento e trasformazione. E' la moda di questi ultimissimi tempi e, come tutte le mode, si osserva con uno scetticismo reso ancora maggiore, nel mio caso, dalle premesse salutistiche su cui si fonda (sono ancora del partito che la salute sia una faccenda da lasciare ai medici laureati, per dire). 
Resta comunque il fatto che ogni tipo di cucina si giudichi una volta che finisce nel piatto: una porzione di patatine fritte dorate, croccanti, asciutte, sapide all'esterno e dolci all'interno, che scrocchiano sotto ai denti per poi sciogliersi in bocca in una voluttuosa morbidezza è una gioia del palato, quale che sia l'opinione dei medici e dei dietologi. Sta al singolo mangiarle con moderazione- ma che siano irresistibili è un dato di fatto. 
Di conseguenza, noi dello Starbooks siamo aperti a qualsiasi proposta, innovativa o meno: in tutti questi anni, abbiamo messo da parte i nostri gusti personali per concentrarci solo sulla ricetta, dalla lista degli ingredienti al risultato finale.
Nello stesso tempo, in un libro, la riuscita delle ricette è solo uno dei parametri per la valutazione, da tanti sono i fattori che concorrono per decretarne l'utilità, tant'è che in alcuni casi abbiamo avuto dei Tiriamo le Somme benevoli anche a fronte di qualche bocciatura e impietosi anche su un panorama di promozioni. Questo vale, naturalmente, soprattutto per quei libri che fanno della "semplicità" e del "come natura crea" la loro bandiera. Perchè a mettere insieme due foglie di insalata con due fette di pomodoro o a imbottire un panino con la salsiccia e la senape siamo capaci tutti. Quello che si ricerca, se si acquistano libri (e si spendono soldi per questo) sono idee nuove sempre e, al giorno d'oggi, nuovi sapori, nuove combinazioni, nuovi utilizzi di ingredienti noti, nuove tecniche e cosi via. Qualcuno dirà che Ottolenghi ci ha bene abituato- e lo dirà con ragione: ma è innegabile che tanti autori, dopo di lui, abbiano capito che la musica è cambiata e si siano affrettati a modificare la direzione della loro ricerca, accordandola su questo nuovo spartito (Diana Henry e Anna Jones, tanto per citare due nomi cari al nostro progetto).
Deliciously Ella, invece, non lo fa. Le sue ricette plant based non hanno nulla di  veramente fresco e di leggero e portano, semmai, il marchio greve del già visto, già sentito, già assaggiato. Dove si avventura in sperimentazioni interessanti (il risotto), fallisce miseramente, dove potrebbe azzardare una deviazione dal de ja vu, si tuffa nel Banal Grande, dove potrebbe seguire una sua personale ispirazione, la stempera in un'accozzaglia di piatti anonimi e poco incisivi. Il tutto peggiorato da un posizionamento editoriale nella fascia delle nuove diete, all'alba di una nuova moda che, conoscendo le enormi potenzialità delle materie prime coinvolte, potrebbe e dovrebbe elaborare sapori e tecniche nuove. Quali, ancora non lo sappiamo: anche se non è una novità in senso stretto, il Plant Based sta comunque muovendo i suoi primi passi, in un sentiero in cui per il momento sono definiti i principi e i paletti. La teoria c'è, insomma, mentre manca qualcuno che la metta in pratica e lo faccia con quella ispirazione da cui discendono le creazioni degne di essere ricordate e ripetute, capaci di sfondare anche le porte delle cucine del "famolo normale", le più aperte ad accogliere anche quello che "normale" non è.
Ci aspettavamo di trovarlo in Ella Mills, alla luce del successo planetario, dell'attività dei suoi media, delle vendite dei suoi libri e invece no, so sorry: ci siamo sbagliati.
Ci rivediamo a giugno, per l'ultimo Starbooks prima della pausa estiva!
Alessandra


giovedì 30 maggio 2019

STARBOOKS REDONE DI MAGGIO 2019: IL VINCITORE!


Si conclude anche il Redone di Maggio, ed anche questa volta vogliamo ringraziarvi delle partecipazioni, sia dei novizi che delle vecchie conoscenze.
Siete tutti bravissimi, ma il vincitore deve ahimè essere solo uno...quindi rullo di tamburi, ed il vincitore del mese è...

di Se cucino sorrido


Dalla vincitrice  aspettiamo l'indirizzo alla mail lostarbook@gmail.com per l'invio del gadget Starbook.
E per tutti gli amici dello Starbooks, vi aspettiamo tra pochi giorni per il Redone di Giugno, l'ultimo prima della pausa estiva :)


mercoledì 29 maggio 2019

OLIVE AND SUN DRIED TOMATO QUINOA

Una ricetta con la quinoa, che è un cereale che non riesco a farmi piacere ma che dovrei, visto che è senza glutine ed è una interessante alternativa al riso.
La verità è che non ho avuto esperienze intriganti con questi semini, che una volta cotti assomigliano a dei minuscoli pianetini Saturno con tanto di anelli e più che qualcosa da inserire nella nostra dieta  perché fa bene, la trovo la moda degli ultimi 10 anni (a discapito dei poveri Peruviani, ma questa è un'altra storia).
Così ho voluto dare una chance a questa ricetta, che l'autrice considera un felice passe partout, un po' come la petite robe noire.
Ha dalla sua parte, il fatto che sia facile, abbia ingredienti che bene o male non mancano mai in dispensa (a parte forse proprio la quinoa): nulla di "famolo strano", insomma...avete capito.
Veniamo alla ricetta.

Ingredienti per 2 come piatto unico o per 4 come contorno

250 g di quinoa sciacquata
65 g di olive nere snocciolate
135 g di pomodori secchi sott'olio, bel scolati e tagliati finemente
25 g di prezzemolo tritato
35 g di uvetta sultanina, ammollata in acqua bollente per 10 minuti, quindi scolata
40 g di mandorle tostate e tritate grossolanamente
sale e pepe

Per il condimento:
Succo di 1 limone
1 cucchiaio di aceto balsamico
3 cucchiai di olio d'oliva in cui erano conservati i pomodori secchi

Preriscaldate il forno a 200°. Mettete le mandorle in una teglia in forno per 5/10 minuti fino a che non siano dorate.
Quindi cuocete la quinoa. Mettetela in una casseruola con 500 ml di acqua, portate ad ebollizione e lasciate sobbollire per 12/15 minuti. Scolate e lasciate raffreddare.
Contemporaneamente, mescolate gli ingredienti per il condimento insieme con sale e pepe.
Mettete le olive, i pomodori e il prezzemolo in una ciotola insieme all'uvetta ed una buona parte delle mandorle. Date una bella mescolata.
Quando la quinoa è fredda, aggiungetela nella ciotola, insieme al condimento e mescolate bene. Cospargete con il resto delle mandorle e servite.

NOTE PERSONALI
  • Ricetta che si prepara esattamente nel tempo in cui cuoce la quinoa, se non che i cereali vanno poi fatti raffreddare prima di aggiungere il condimento. Quindi veloce e facilissima. 
  • Una perplessità sull'uso selvaggio dell'aceto balsamico unito per altro al succo di 1 limone. Io ho preparato la metà della quantità indicata, per due persone mediamente affamate, quindi ho usato mezzo limone, ma forse l'acidità è un po' eccessiva rispetto al resto del condimento. Inoltre forse il balsamico che usa la Ella, non è proprio il nostro tradizionale altrimenti prima di riempirne un cucchiaio per condire un'insalata del genere, ci avrebbe pensato su un attimo. All'invito all'uso dell'olio dei pomodori secchi, ho avuto un mancamento. Non perché penso ai miei, che sono fatti in casa rigorosamente con extravergine, ma a quelli che sono in commercio all'estero, dove nella maggior parte dei casi l'olio non è neanche d'oliva, figuriamoci se extravergine....ma meglio niente che l'olio del vasetto. Allora eviterei alla grande il consiglio e vi direi di usare il vostro olio migliore. 
  • La migliore idea presente in una ricetta che non ha spunti di genio, anzi, è quasi una "non ricetta" per altro stra-rivista, è l'aggiunta dell'uvetta che con il suo spunto zuccherino, vivacizza un insieme troppo sbilanciato verso l'acidità.  Questo dettaglio mi è piaciuto molto. 
  • Per il resto ce la siamo mangiata senza dire bah e probabilmente la rifarei, ma alla mia maniera. Senza infamia e senza lode posso quindi dire:
PROMOSSA 


martedì 28 maggio 2019

CRUNCHY ASPARAGUS, CARROT AND HAZELNUT SALAD




Sono sempre in cerca di idee per nuove insalate, soprattutto in vista dell'estate.
Ella Mills ci propone questa che mi è sembrata perfetta per questo periodo, visto che gli asparagi, i piselli e le carote novelle sono di stagione. Quelli bravi direbbero che si tratta di un'insalata cruda e cotta. Lei ne decanta solo la croccantezza, che in effetti c'è... Ma basterà a renderla davvero speciale?
 
 

Crunchy Asparagus Carrot and Hazelnut Salad

Ingredienti (per 4 persone come piatto principale o 8 come contorno):

250 g di carote novelle tagliate a metà per lungo o 4 carote medie tagliate a listarelle
1 cucchiaino di peperoncino in polvere
1 cucchiaino di cumino in polvere
1 cucchiaino di coriandolo in polvere
Olio extravergine di oliva
200 g di asparagi
200 g di piselli surgelati
200 g di ravanelli affettati finemente
Una manciata di menta fresca tritata
Una manciata di uvetta (opzionale)
50 g di nocciole tostate* e sminuzzate grossolanamente
Sale
Pepe
 
 Per il condimento:
2 cucchiai di aceto di sidro di mele
2 cucchiai di olio extravergine
1 cucchiaio di sciroppo d'acero

*Preriscaldate il forno a 200 gradi (180 se ventilato). Mettete le nocciole in una teglia e infornate per 5-10 minuti, finché non sono dorate.
 
Preriscaldate il forno a 240°C (220 se ventilato).
Mettete le carote in una teglia e conditele con le spezie, un filo di olio, sale e pepe. Arrostitele per 10-15 minuti (a me ne sono serviti una ventina). Una volta cotte sfornatele e lasciatele raffreddare. Dovranno essere tenere ma ancora croccanti.
Mentre le carote sono in forno, rimuovete la parte più coriacea dagli asparagi (lavateli!) e tagliateli a metà per il senso della lunghezza. Sbianchiteli in acqua bollente salata insieme ai piselli per un minuto (io li ho lasciati per 4-5 minuti... dopo 1 non erano minimamente cotti). Passateli quindi in acqua e ghiaccio per mantenerli croccanti e fermare la cottura (e fissare il colore). Scolateli e metteteli da parte.
Mescolate insieme gli ingredienti necessari per la vinaigrette, regolando di sale e pepe a piacere. 
Quando le verdure si saranno tutte raffreddate, mettetele in un piatto da portata insieme agli altri ingredienti (ovvero i ravanelli, la menta ed eventualmente l'uvetta) tranne le nocciole. Irrorate il tutto con il condimento e mescolate bene. Completate con le nocciole tostate.
 
 

NOTE:

- Partiamo dal presupposto che amo le carote arrostite e gli asparagi. E trovo anche che insieme stiano benissimo. Ma qui mi è mancato qualcosa. Il piatto è buono nel complesso, ma è tutto troppo dolce. E' vero, ci sono le spezie, ma non sono sufficienti a contrastare la dolcezza estrema delle verdure. Forse sarebbe bastato aggiungerne qualcuna in più o miscelarle diversamente.
 
- La cosa che mi aveva intrigato di questa ricetta era la presenza delle nocciole, perché ho un debole per la frutta secca nelle insalate. Alla fine, in effetti sono la cosa che fa la differenza in questo piatto. Sinceramente, se non ci fossero non sarebbe la stessa cosa.

- Stesso discorso vale per il condimento. Buono, ma non bastava a dare la spinta giusta al piatto. E' vero che c'è l'aceto, ma c'è anche lo sciroppo d'acero, che è dolcissimo. Forse sarebbe bastata una cucchiaiata di senape, ad esempio. Avrebbe dato quel quid in più che mi è mancato. Ah, inoltre la quantità di olio era insufficiente... due cucchiai per tutte quelle verdure erano veramente pochi. Forse per questo lei è magrissima anche ora che è incinta -.- 
 
- Tra gli ingredienti sono richieste le nocciole tostate. E c'è anche un rimando alla preparazione... che non ha niente di speciale, sono tostate come fareste normalmente.
 
- Nel complesso, il piatto non mi è dispiaciuto, ma se lo facessi lo aggiusterei come ho detto, aggiungendo qualche spezia in più, un po' di senape o limone... insomma, ancora una volta ho avuto l'impressione che la ricetta sia stata un po' buttata là, senza la reale volontà di creare un equilibrio per ottenere un piatto buono. Eppure, ci sarebbe voluto davvero poco. Per questo, la ricetta è 

BOCCIATA
 
 

lunedì 27 maggio 2019

PEANUT COOKIES

La ricetta di oggi è stata per me motivo di grande rabbia e delusione.
Uno di quei momenti in cui scatta un click nella testa e ti si apre un mondo.
Da oltre otto anni l'avventura di Starbooks si è concentrata sul valore di un libro di cucina rappresentato dall'affidabilità delle ricette contenute, dallo spirito creativo dell'autore, dalla coerenza di un testo nelle tematiche affrontante e non ultimo nella capacità della scrittura di farci venire voglia di pigliare una padella e cominciare a cucinare all'istante.
Mai, in nessuna occasione, un libro Starbooks è stato da noi premiato per le sue meravigliose immagini, le foto evocative etcetera etcetera...
Dirò di più...le sfide più intriganti sono state proprio quelle con libri senza immagini (da ricordare l'Unofficial Downton Abbey Cookbook and il recente Lateral Cooking).
Non per questo voglio dire che le foto di un libro di cucina non siano importanti.
Lo sono, anche troppo.
E' per questo che l'immagine del risultato finale deve essere veritiera, anche se "abbellita" in set in grado di farci sognare o sbavare di golosità, come ogni viaggio del gusto deve riuscire a fare.
C'è da dire che il libro in oggetto non è dotato di moltissime immagini, per altro non certo capolavori di food fotography. Ma ci sono e spiegano al lettore che "guarda, il piatto dovrebbe proprio venirti così".
Premetto di non aver scelto questi biscotti per le foto, ma semplicemente perché mi ha ingolosito la ricetta. Ed è quella che trovate qui. 

Ingredienti per 10 biscotti 
150g di fiocchi d'avena per porridge
100 g di burro d'arachidi morbido 
35g di farina di riso integrale
50 ml di sciroppo d'acero
60 g di olio di cocco fuso 
50 g di zucchero di cocco

Per la ganache 
2 cucchiai di cacao in polvere
2 cucchiai di sciroppo d'acero
100 g di burro di arachidi morbido 
6 cucchiai di latte di mandorle

Preriscaldate il forno a 190°C (170° se ventilato). 
Coprite con carta da forno una larga teglia. 
Sistemate tutti gli ingredienti per i biscotti in un'ampia ciotola e mescolate fino a che non siano ben combinati. Usate un cucchiaio da gelato o un grande cucchiaio per ottenere delle palline di impasto da sistemare sulla teglia, schiacciandole un poco per dare la forma di biscotti. 
Cuocete nel forno per 10 - 15 minuti fino a che non siano dorati. 
Togliete dalla teglia e lasciateli raffreddare un poco prima di goderveli. 
Se volete trasformare questi biscotti in sandwiches, mettete tutti gli ingredienti per la ganache in una piccola padella e riscaldate fino a che non si sciolgano e mescolando non formino una densa crema. Quando sarà molto spessa, rimuovete dal calore e lasciate raffreddare.
Una volta fredda, mettetela in una sac a poche e distribuite la stessa quantità su 5 dei biscotti e copriteli con i restanti 5. 

Suggerimento: se non amate le noccioline, potrete provare con burro di mandorle o anacardi.  


NOTE PERSONALI 

  • La ricetta si presenta come decisamente semplice: 6 ingredienti da mischiare tutti insieme senza grosse raccomandazioni. Cosa che si fa in un nano secondo in una bella ciotola ed un cucchiaio. 
  • Ho usato proprio dell'avena per porridge riportata dall'ultimo viaggio a Londra ed un ottimo burro di arachidi che volevo finire da un po'. Adoro usare lo sciroppo d'acero al posto di zucchero e questa era una ottima opportunità. Ho aggiunto quindi l'olio di cocco (a mio avviso insufficiente per questa ricetta). 
  • Il bello viene quando il libro invita il lettore a raccogliere l'impasto con un cucchiaio da gelato e sistemarlo in mucchietti sulla placca: uno si immagina già leggendo il testo che l'impasto debba essere piuttosto "pastoso" o comunque molle tale da poter essere raccolto con un cucchiaio e restare fermo sulla teglia nel suo bel mucchietto o pallina fino a cottura. Nulla di tutto questo. 1) perché l'impasto è profondamente sbilanciato nel rapporto tra ingredienti secchi e liquidi e una volta mescolato resto molto granuloso, non sta insieme se non schiacciandolo con forza. 2) Perché una volta che hai appoggiato il tuo bel mucchietto di impasto sulla teglia e cerchi di schiacciarlo un po' con un cucchiaio come chiede l'autrice, questo si disfa.  Allora il tentativo successivo è stato quello di formare delle palline grandi come noci, stringendo bene l'impasto che a questo punto comincia a stare insieme, sistemarle distanti sulla teglia (pensando che poi in cottura si spatascino come i normali cookies). 
  • Invece in cottura non succede proprio niente. Dopo 10 minuti i biscotti ancora non si abbassano e allora nuovamente, aiutandomi con un cucchiaio, li schiaccio dando uno spessore di c.ca 1 cm per fare in modo che si cuociano in modo uniforme. 
  • Devo prolungare la cottura di altri 5 minuti per ottenere dei biscotti dorati sopra. Ma sotto cominciano già a sbruciacchiarsi. 
  • Sbagliata anche la temperatura di cottura che a mio avviso avrebbe dovuto restare sui 180° C. 
  • Quello che mi chiedo io come è possibile ottenere dei biscotti come quelli mostrati dalla foto del libro, perfettamente di identica dimensione, piatti come dei tradizionali digestive, dai bei bordi tagliati e netti, insomma...usciti da una scatola di McVities, se devi porzionarli con un cucchiaio da gelato, da un impasto che sta insieme soltanto con una dose di Bostick, che nel tempo indicato non cuociono ed un minuto dopo si bruciano. 
  • Il bello è che il sapore dei biscotti è buono. Una volta freddi sono anche croccanti, il burro di arachidi si sente bene e c'è un piacevole contrasto tra la dolcezza dello sciroppo d'acero e la sapidità del burro. Purtroppo masticandoli, si ha un po' quella sensazione di masticare del cartone, come sempre succede quando l'impasto è molto fibroso e non raffinato. 
  • Prima di chiudere il tutto, la mia domanda è perché non possono essere usati ingredienti alternativi di uso quotidiano e sempre vegan, come un olio di semi o evo se proprio vogliamo farci del bene, invece di scomodare olio di cocco che per altro ha costi altissimi (sempre parlando di sostenibilità).  Ok che lo zucchero ormai fa più spavento del bobo nero nell'armadio, ma che t'ha fatto un cucchiaio e mezzo di zucchero di canna in alternativa a quel poco di zucchero di cocco? Cosa mi cambia lo zucchero di cocco in questa ricetta? 
  • Vabbè, avete capito che sono sufficientemente scocciata oggi. Senza alcun pregiudizio però. 
BOCCIATA! 

venerdì 24 maggio 2019

MUSHROOM AND CAULIFLOWER RISOTTO





Ho scelto questa ricetta dal libro della Mills perché amo i risotti, e li preparo quasi ogni settimana dall'autunno fino a quando non fa troppo caldo, come in questo Maggio pazzerello... In montagna li propongo anche d'estate :))) 
Ero incuriosita dall'utilizzo del latte di mandorle per cuocere il riso, e dal lievito alimentare come insaporitore, che non avevo mai utilizzato in precedenza: vediamo com'è andata...

Mushroom and cauliflower risotto

Ingredienti per 4 persone

½ zucca butternut media, pulita da scorza e semi, e tagliata in cubetti non più grandi di un cm
olio d'oliva (extravergine, per me)
25 g di funghi porcini secchi (o altri tipi di funghi che riuscite a trovare)
400 ml di acqua bollente
1 cipolla grande, tagliata in pezzi non più grandi di mezzo cm
2 spicchi d'aglio, tritati
2 gambi di sedano, tagliati in pezzi non più grandi di mezzo cm
200 g di funghi castagna, affettati sottilmente
1 cucchiaino da tè di rosmarino secco
250 g di riso Arborio (Carnaroli, per me)
1 dado di brodo ai funghi o un cucchiaio di brodo vegetale granulare
½ testa di cavolfiore, grattugiata, o tritata con un mixer, in modo che abbia la texture del pangrattato
600 ml di latte di mandorle (non zuccherato) più altro, se necessario
sale e pepe
una manciata di prezzemolo, tritato grossolanamente o micro erbe, per servire

Preriscaldare il forno a 200°C (180°C ventilato).
Arrostire la zucca in forno per 15-20 minuti, dopo averla posizionata su una teglia e condita con poco olio e sale. Dovrà risultare morbida.
Mettere a mollo i funghi nell'acqua bollente per 15-20 minuti, finché non saranno morbidi, poi scolarli conservando il liquido.
Scaldare un cucchiaio di olio, in una padella profonda, su fuoco medio. Unire la cipolla, l'aglio, il sedano e un po' di sale e pepe. Cuocere per 10 minuti finché il mix non sarà morbido.
Unire i funghi castagna e il rosmarino e continuare la cottura per 2 minuti, prima di unire il riso. Aggiungere il riso e cuocere per 30 secondi poi unire il dado (o il brodo granulare), il lievito alimentare, i funghi ammollati e il cavolfiore. Unire 200 ml di latte di mandorle e 200 ml del acqua di ammollo dei funghi. Portare al bollore, prima di abbassare il fuoco su medio-basso. Lasciar sobbollire per 15 minuti, unendo il resto del latte di mandorle e dell'acqua dei funghi, poco per volta. Mescolare ogni pochi minuti per rendere il risotto cremoso, ed evitare che si attacchi al fondo del tegame.
Quando la zucca sarà pronta, unirla al risotto e cuocere per altri 5-10 minuti, unendo altro latte di mandorle un goccio alla volta, se necessario, fino a quando il risotto sarà denso e cremoso.
Servire con il prezzemolo o le micro erbe.
Volendo, si può sostituire la zucca con degli spinaci, cosa che ho fatto, vista la stagione.


Note personali

- prima di utilizzare l'acqua di ammollo dei funghi è sempre meglio passarla attraverso un colino a maglie fitte, rivestito di mussola o garza, per filtrare l'eventuale terra residua
- la Mills non parla di tostatura del riso, che è fondamentale per la buona riuscita del piatto. Il riso deve essere tostato (meglio se senza il soffritto, che rischia di bruciarsi durante questa operazione), per preservare l'integrità del chicco e il rilascio dell'amido presente in esso. La tostatura va fatta, di norma, a fuoco alto e per 2-4 minuti, sempre mescolando
- un cucchiaio d'olio per una cipolla grande e due gambi di sedano è poco, ho dovuto aggiungere un po' di olio in più e un po' d'acqua
- la quantità di riso prevista (250g) potrebbe sembrare scarsa, ma considerando la quantità degli altri ingredienti è adeguata per 4 persone
- i liquidi andrebbero aggiunti caldi, per non bloccare la cottura del riso... qui non ci sono indicazioni in merito
- non condivido l'utilizzo del dado per preparare il risotto. Un brodo vegetale non richiede molto
impegno ed è semplice da preparare ed è quello che dona buona parte del gusto al risotto...
- ho aggiunto gli spinaci (verso fine cottura), previsti in alternativa alla zucca, dopo averli sbollentati
- la cottura non è stata semplice, perché la quantità di ingredienti è troppa, a mio parere, e questo non ha permesso una cottura a regola d'arte. Pensate a 200 grammi di funghi affettati sottili, mezzo cavolfiore grattugiato, i funghi secchi ammollati... il mio tegame per risotti era stracolmo e il riso quasi spariva. E ho dovuto aggiungere altro liquido per la cottura
- non è prevista la mantecatura, altra parte importante per un buon risotto


Purtroppo il risultato, come vedete dalla foto, è stato deludente. Quando ho detto a mio marito che avrei preparato il risotto per cena era felice. Non gli ho detto come l'avrei preparato, per non influenzare il suo giudizio, ma il feedback è stato: pollice verso, come per chi scrive.
Di conseguenza, la ricetta è:


BOCCIATA :(

giovedì 23 maggio 2019

PEA, BROAD BEAN AND BASIL DIP





"Se volete qualcosa di diverso dal classico hummus" dice Ella Mills "questo dip è una valida alternativa". 
E' vero, in parte, che come concetto questo dip può ricordare un hummus. Ma sono quasi certa che Ottolenghi, ad esempio, non sarebbe così d'accordo. Tanto per cominciare perché non ci sono ceci, non c'è tahina e ci sono zero spezie. D'altro canto, io dico che non importa come lo si chiami, basta che sia buono. E allora, vediamo se questo lo è davvero... 
 
 
PEA, BROAD BEAN AND BASIL DIP
Ingredienti (per una ciotola sufficiente per 4 persone):
 
1 grosso scalogno, pelato e sminuzzato
2 spicchi di aglio, pelati e sminuzzati
Olio extravergine di oliva
300 g di fave fresche o in scatola
130 g di piselli freschi o surgelati
La polpa di un avocado maturo
2 cucchiai di succo di limone
Una manciata di basilico fresco
Sale
 
 
Mettete un bel giro di olio in una padella, unite lo scalogno e gli spicchi di aglio e fate rosolare (a fuoco basso) per 5-10 minuti, finché non sono morbidi (io ho dovuto aggiungere un goccio di acqua, altrimenti si sarebbero bruciati). Mettete da parte e fate raffreddare.
Nel frattempo, sbianchite per pochi minuti i piselli e le fave in acqua bollente salata. Scolate e fate raffreddare subito in acqua fredda. Scolate nuovamente e mettete tutto nel bicchiere del frullatore insieme all'avocado, il succo di limone, lo scalogno e l'aglio rosolati, le foglie di basilico e un pizzico di sale.
Frullate tutto fino a ottenere una crema liscia (io l'ho lasciata volutamente un po' più grossolana).
Servite il dip irrorato con un filo di olio extravergine e cosparso con una manciata di semi di girasole tostati.
 
NOTE

- Non capisco perché tra gli ingredienti siano indicate le fave in scatola (in alternativa alle fresche), ma nel procedimento non c'è distinzione. E' chiaro però che se si usassero quelle in scatola, non andrebbero sbianchite, in quanto già cotte...
 
- La presenza dello scalogno rosolato mi aveva lasciata perplessa, appena letta la ricetta. In effetti, secondo me non aggiunge nulla, in termini di sapore. Io avrei aggiunto piuttosto un cipollotto fresco e avrei evitato il passaggio della cottura. Stessa cosa per l'aglio. Lo avrei messo a crudo così come si fa normalmente nel classico hummus.
 
- L'idea di questo dip mi è piaciuta subito, visto che fave e piselli sono un abbinamento classico. Tuttavia, mi è sembrato che il potenziale di questa ricetta non sia stato sfruttato a pieno. La quantità di limone indicata era assolutamente insufficiente, così come quella dell'aglio. Al primo assaggio, infatti, il dip era quasi insapore, molto piatto. Con l'aggiunta di un'altra bella spruzzata di succo di limone, aglio (che serve proprio a contrastare la dolcezza delle fave e dei piselli) e una bella macinata di pepe, è migliorato parecchio. Anche il basilico serve in abbondanza, perché dà una buona freschezza al piatto.
 
- Concludendo, come dicevo il potenziale c'è, ma la ricetta sembra un po' buttata là, senza amore... Ci ho pensato e ripensato, ero quasi tentata di bocciarla, ma diciamo che l'ho salvata per il rotto della cuffia e alla fine la ricetta è

PROMOSSA CON SUPER RISERVA! 

 

mercoledì 22 maggio 2019

CAULIFLOWER AND RED LENTIL DHAL



Ho preparato questa ricetta per due mie alunne che sono appassionate di cucina indiana. Anzi, ho preparato loro un pranzo quasi completamente indiano, con dhal e samosa. E un dolce, ovviamente, immancabile, ma stavolta di Nigella (altra immancabile nella mia cucina).

Fabiane sogna di andare in India per fotografare “tutto”, dice lei. L’altra alunna ha un nome molto originale, perché indiano, Vrndavana, che, se ricordo bene la sua spiegazione, significa “la dea che corre allegramente nelle foreste”, nome che i suoi genitori le hanno appioppato perché affascinati dalla religione induista. Noi la chiamiamo Vrnda, anche se sembra ceco. Qui la maggior parte non riesce a pronunciare il nome e perciò lei si è leggermente rassegnata a essere anche “Virna”. 
Vrnda conosce tantissimo della cultura indiana e soprattutto della cucina, visto che è cresciuta in una famiglia sui generis, brasiliana solo per caso fortuito. 
Tanto Vrnda quanto Fabiane hanno gradito moltissimo questo “mio” dhal. Anzi non si aspettavano che invece dei soliti spaghetti, mi fossi cimentato in un dhal con lenticchie rosse per far loro piacere. A me adesso è venuta voglia di andare in India… Il resto del pacchetto delle lenticchie rosse l’ho regalato a loro due.

Ingredienti per 4 persone

2 cucchiaini di olio di cocco
1 cipolla, tritata grossolanamente
2 carote, sbucciate e tritate
2 spicchi d'aglio tritati
2 cucchiaini di polvere di curry medio
1 cucchiaino di paprika affumicata
1 cucchiaino di semi di senape
200 g di lenticchie rosse decorticate
una manciata di albicocche secche (circa 6), tagliate a pezzi
400 g di latte di cocco in lattina
3 cucchiai di latte di cocco o latte di mandorle (in cartone)
1 cavolfiore, ridotto in cimette
olio d'oliva
una manciata di spinaci baby (opzionale)
sale e pepe
Preriscaldare il forno a 240ºC.
Mettere l'olio di cocco in una grande casseruola a fuoco medio. Aggiungere la cipolla, le carote, l'aglio e un pizzico di sale e cuocere fino a quando il tutto sarà ammorbidito, per circa 15 minuti.
Aggiungere la polvere di curry, la paprika e i semi di senape e cuocere per altri 5 minuti, prima di aggiungere le lenticchie e le albicocche. Mescolare bene e coprire con il latte di cocco in lattina, mescolando per evitare che bruci o si attacchi alla casseruola. Se necessario, continuare ad aggiungere un poco di latte di cocco o di mandorla fino a quando le lenticchie non siano cotte e la loro consistenza sia densa e un po’ appiccicosa (circa 30-35 minuti).
Mentre il dhal cuoce, arrostire il cavolfiore. Disporre le cime di cavolfiore in una teglia con un filo di olio d'oliva e sale e pepe e arrostire per 8 minuti. Togliere dal forno e aggiungerli alle lenticchie e cuocere per altri 5-10 minuti: il cavolfiore non deve cuocere completamente ma far sì che rimanga ancora leggermente croccante. 
Infine, aggiungere gli spinaci, se usati, e lasciarli appassire prima di servire.
Questo dhal è delizioso anche con un cucchiaino di cardamomo macinato e ½ cucchiaino di chiodi di garofano, se questi aromi piacciono; infine, si può anche cospargere con una manciata di mandorle tostate per un delizioso plus di croccantezza.


NOTE
Il piatto è buonissimo. Gli aromi non sono troppo invadenti ma miracolosamente si integrano perfettamente gli uni con gli altri, mantenendo la loro tipicità. Specialmente, le albicocche secche mitizzano, con il loro sapore dolce, le punte piccanti date dalla paprika. 
Le lenticchie rosse sono speciali. Non hanno bisogno di ammollo e sono più facili da digerire. In India ci sono almeno 60 tipi di lenticchie differenti. Le mie arrivano direttamente dall’Italia, come se avessi previsto la possibilità di usarle subito per qualche ricetta dello Starbooks. 

 Come tutti sanno, il curry è una miscela di varie spezie (tra cui pepe nero, cumino, coriandolo, cannella, curcuma e anche chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, fieno greco, peperoncino, zafferano, cardamomo). Il tipico gusto piccante dipende dal dosaggio di queste spezie. Un curry “medio” è un curry di media piccantezza, a differenza di altri tipi che si possono acquistare e che si suddividono, nel mercato europeo, in curry “mild” (dolce) e curry “hot” (altamente piccante).
Il dhal è spesso usato come contorno. Le mie invitate l’avrebbero preferito un pochino più umido, con più liquido di cottura, affinché anche il riso che l’accompagna immancabilmente ne sia inondato. Ma questa versione è lievemente asciutta. Pur sempre deliziosa. 
Ho deciso di mettere gli spinaci baby. Me ne pento solo per un unico motivo:  in questo modo, il colore arancione, radioso, delle lenticchie si è trasformato in un campo di erbe visto da lontane e disegnato da un approssimato pittore impressionista… 

PROMOSSA A PIENI VOTI

Biagio D'Angelo- Glogg the Blog

martedì 21 maggio 2019

REB BERRY CHIA PUDDING




Faccio mea culpa subito alla prima riga.
Eh si, perchè se c'è qualcosa che mi incuriosce è proprio ogni nuova uscita nel campo dei super food.
Mode, direte voi, e non si sbaglia di molto.
Che poi super food non esistono, sia chiaro: esistono cibi che fanno meglio di altri, ovvio.
Ma da qui a gridare al miracolo de ne passa.
Con i semi di chia è stato amore a prima vista, già da alcuni anni.
Si vive benissimo anche senza, non fraintendetemi.
Niente di assolutamente necessario.
Ma mi piacciono i pudding come questo che è una delle mie colazioni a rotazionecon l'oatmeal e òe omelette di albumi, e le marmellate senza zucchero per cui sono un valido aiuto.
Come tanti cibi che si mangiano per "sentito dire" perchè la cugina di vostra nonna ha detto che fanno bene, meglio informarsi prima di assumerli, quanto meno per farlo in maniera corretta: è di poco tempo fa il caso di una ragazza negli USA ricoverata in emergenza per ostruzione dell'esofago.
La signorina in questione ha pensato bene di ingerire i semi di chia senza ammollarli prima, ed ha bevuto molta acqua dopo, con il risultato che si sono gonfiati a posteriori ostruendo l'esofago.
Quindi regola numero uno: assorbono quasi 30 volte il loro peso in liquido, ed in un iquido vanno lasciati gonfiare prima di gustarli.
E' vero invece che sono ricchi di Omega 3, di fibre e che hanno un altissimo potere saziante.
Se come me allora amate il genere, non potete non provare  questa versione ai frutti rossi che è poi ovviamente vegana, dato che si usa latte vegetale, e senza glutine.
E mi raccomando l'ammollo :)




RED BERRY CHIA PUDDING
per due porzioni

100 g di more surgelate, o altri frutti di bosco a scelta
i semi di un baccello di cardamomo, macinati
100 ml di latte di cocco (in cartone, non quello in scatola) o altro latte a base vegetale
2 cucchiai di sciroppo d'acero
50 g di semi di chia
poco limone spremuto


Frullare la frutta surgelata con il latte scelto (per me di mandorla), il cardamomo, lo sciroppo d'acero ed il succo di limone fino ad ottenere un composto omogeneo. Se non si possiede un frullatore amalgamare il tutto schiacciando la frutta con una forchetta.
Versare il tutto in una ciotola ed aggiungere i semi di chia, mescolando bene per prevenire eventuali grumi.
Far riposare circa 10 minuti mescolando spesso in modo che il tutto si addensi in modo omogeneo.
Conservare in frigo.

NOTE

- come dice anche l'autrice, se si ha intenzione di lasciare il pudding in frigo per la notte meglio poi allungarlo con un po' di latte extra, dato che dopo tutte queste ore risulterà piuttosto denso.

- dieci minuti a me non sono mai bastati, con nessuna marca di semi di chia: di solito diventano commestibili dopo minimo mezz'ora.

- sono di parte perchè questa è molto spesso la mia colazione che letteralmente adoro: di solito, per risparmiare tempo la frutta la metto sopra. Frullare tutto insieme è molto più buono, per non parlare del tocco del cardamomo che lo fa diventare quasi un dolce.

- volendo rendere la preparazione ancora più golosa, o magari per farla provare ad un novizio del genere, l'autrice suggerisce di creare delle coppette a strati con un po' di chia pudding, yogurt o yogurt di latte di cocco, ed una spolverizzata di granola.

- il latte vegetale può essere quello che preferite: cocco, soia, avena, nocciola. Uso molto il latte di mandorla quindi quello ho utilizzato.

- il giudizio su una ricetta simile è veramente subordinato al gusto personale: personalmente amo alla follia, l'augusto consorte guarda disgustato.
Ma se amate il genere come me, non potrete che ritenerla

PROMOSSA


lunedì 20 maggio 2019

CREAMY MUSHROOM SOUP



I funghi sono uno di quegli ingredienti che non mancano mai in casa mia, che siano secchi, congelati o sott'olio. Mio marito è un fungiatt instancabile e appassionato: cosa non farebbe per raggiungere un bel porcino, anche se cresciuto in posizioni impossibili da raggiungere...

Creamy mushroom soup

Ingredienti per 4 persone

olio d'oliva (extravergine , per me)
1 cipolla grande (125g) tritata
2 spicchi d'aglio, tritati
800 g di funghi castagna (o altri funghi che avete a disposizione), tritati grossolanamente
1 cucchiaio da tavola di timo secco
1 cucchiaio da tavola di brodo vegetale in polvere, o 1 dado vegetale
2 cucchiai da tavola di yogurt semplice (o yogurt al latte di cocco), più quello per guarnire
sale e pepe

Mettere una padella su fuoco medio, versare poco olio, aggiungere la cipolla, l'aglio e un pizzico di sale. Cuocere finché non sarà morbido, 5-10 minuti circa.
Unire i funghi, il timo e un po' di pepe. Coprire la padella e far cuocere per 10 minuti, finché i funghi non si saranno ammorbiditi, mescolando ogni tanto. Unire 1 litro d'acqua e il dado e portare al bollore, prima di ridurre il fuoco e lasciar sobbollire per 20-25 minuti.
Quando i funghi saranno morbidi, togliere dal fuoco, unire lo yogurt e frullare finché il composto non sarà liscio. versare ancora un po' di yogurt, prima di servire.
La zuppa è deliziosa con l'aggiunta di un filo d'olio, una macinata di pepe e una manciata di nocciole tostate.

Note personali

- io ho fatto un mix tra porcini (300 g) e funghi castagna (500 g)
- ho dimezzato la dose di timo secco, perché ne temevo il gusto molto intenso. Mezzo cucchiaio è stato perfetto per il mio palato ;)
- la ricetta indica un litro di brodo. Il mio consiglio è di iniziare con 600 ml circa, ed unire altro in cottura, se necessario, oppure al momento di frullare tutto, per regolare la consistenza in base al vostro gusto: dipende anche dalla quantità di acqua contenuta nei funghi. A me le creme di verdura piacciono abbastanza dense. 
- l'ingrediente che caratterizza questa zuppa rispetto ad altre già provate, è il suggerimento del tocco finale con nocciole tostate, che vi consiglio di non tralasciare


La ricetta è:


PROMOSSA



venerdì 17 maggio 2019

BAKED SUN-DRIED TOMATO FALAFEL



A vederlo da fuori non gli avreste dato una lira.
Che poi "da fuori" dove, che il baracchino era tutto all'aperto?
Sperduto sulla strada che da certe spiagge meravigliose, che non sono sulla lista delle più belle del mondo solo perchè inaccessibili ai tizi che compilano le guide turistiche,  portava all'altrettanto sperduto paese dove abbiamo vissuto tanti anni.
Sperduto tra Mecca, Medina e Mar Rosso.
Così sperduto che non c'era indirizzo, ma capivi che eravamo vicini dall'assembramento di macchine parcheggiate.
Ed il profumo appena ti fermavi.
Rigorosamente noi ragazze in macchina, che il luogo era solo per uomini.
I mariti in fila, davanti ad una specie di affare che definire un bancone forse è azzardato ed ottimistico allo stesso tempo, decorato con una fila di lucine da albero di Natale.
E tutti gli altri a guardarci, ma con curiosità non altro, che una manciata di uomini occidentali con donne bionde al seguito non era uno spettacolo comune.
Tornavano in macchina con un cartoccio bollente che a casa non ci è mai arrivato: perchè quei falafel, fatti con non so cosa, fritti con il cielo sa cosa, conditi chissà come sono rimasti i più buoni della mia vita.
E ti bruciavi le dita, il palato e la lingua.
Ma eccome se ne valeva la pena.
Da allora, non c'è falafel che abbia retto il confronto.
Men che mai le versioni al forno che per carità, sono buone e sane: ma non minimamente paragonabili.
Del falafel conservano il nome, la forma e parte degli ingredienti.
E' che a chiamarli polpette di legumi ci si perdeva un po' ;)


BAKED SUN-DRIED TOMATO FALAFEL
per dieci pezzi grandi o una ventina piccoli

una lattina da 400g di fagioli bianchi di Lima, scolati e sciacquati
metà lattina da 400 g di ceci, scolati e sciacquati
90 g di pomodori secchi sott'olio (peso da scolati) e 2 cucchiai del loro olio
2 spicchi d'aglio arrostiti
una manciata di prezzemolo tritato
2 cucchiai di passata di pomodoro
poco limone spremuto
sale e pepe


Preriscaldare il forno a 220 gradi.
Mettere tutti gli ingredienti nel robot da cucina e utilizzando la funzione a scatti amalgamare fino ad ottenere un composto omogeneo.
Porzionare l'impasto usando un porzionatore da gelato in tante palline ed arrotondarle leggermente tra le mani, quindi mettere i falafel su una teglia coperta con carta forno e cuocere per circa 30 minuti, o comunque finchè una lama inserita all'interno uscirà pulito.

NOTE

- nella ricetta viene utilizzato aglio arrostito, che in effetti è più delicato come aroma rispetto a quello fresco. Per realizzarlo basta sbucciare alcuni spicchi d'aglio e cuocerli in forno a 200 gradi per 10 minuti. Possono poi essere conservati appena freddi.

- l'autrice raccomanda di servirli con dell'hummus, e così ho fatto: in effetti questo genere di preparazione è sempre a rischio di risultare un po' secca, anche se questi rimangono piuttosto morbidi anche grazie di pomodorini.

- ovvio che siano falafel un po' sui generis: i veri falafel sono fatti rigorosamente con legumi ammollati in acqua e non cotti! realizzarli con legumi cotti vuol dire vederli aprirsi durante la frittura, ed infatti li fa cuocere solo al forno che in questo caso è necessità, non solo una opzione più salutare.

- viene omesso un particolare secondo me fondamentale, ovvero che il composto nel frullatore va lavorato il meno possibile: se frullate troppo il tutto si trasforma in una crema ingestibile. Avendo già fatto questo errore da me in passato ero preparata, ma avrei gradito fosse ribadito perchè è un passaggio fondamentale.

- sono buoni, come aperitivo vanno via subito e non ne è rimasto uno nonostante non siano paragonabili a quelli fritti. Sono un'altra cosa :) Mi raccomando il limone che ci sta veramente bene. La ricetta è
PROMOSSA



giovedì 16 maggio 2019

MAPLE AND WALNUT GRANOLA





Quando si pensa a un approccio salutista in cucina, la granola è una di quelle preparazioni che sembra non possano proprio mancare. In effetti, si tratta di un concentrato di frutta secca, semi e cereali, che fanno tanto bene... anche se non sempre è dietetica e con poche calorie. Insomma, come sempre fa bene solo a patto che non si esageri.
Ella Mills questo lo sa, e si è assicurata di inserire almeno una ricetta di granola, nel suo libro.
Stretta parente del muesli tedesco - anch'esso un mix di cereali e frutta secca, ma tutto a crudo e non dolcificato - la granola è spesso preferita da molti in quanto addolcita con miele o sciroppo d'acero e tostata al forno, cosa che la rende sicuramente più croccante e appetibile.
Nell'introduzione alla ricetta, la Mills dice di essere arrivata a questa versione dopo anni di tentativi, visto che a casa sua sono grandi consumatori di granola e ne preparano a chili... E vediamo allora che cosa ha di speciale, questa granola!

MAPLE AND WALNUT GRANOLA

 Ingredienti per circa 1 chilo di granola:
90 g di olio di cocco
160 ml di sciroppo d'acero
la scorza grattugiata di un'arancia e una spruzzata del succo
4 cucchiaini di cannella macinata
I semi di un baccello di vaniglia
400 g di fiocchi di avena
70 g di semi di girasole
50 g di semi di zucca
40 g di mandorle a lamelle
40 g di noci
60 g di cocco essiccato

Preriscaldate il forno a 160 gradi (140 se ventilato). Rivestite una teglia grande con cartaforno (magari ve ne serviranno anche un paio, se fate l'intera dose).
Scaldate l'olio di cocco e lo sciroppo d'acero su fuoco basso, finché non sarà tutto sciolto. Rimuovete la casseruola dal fuoco e aggiungete il succo di arancia, la cannella e i semi di vaniglia.
In una ciotola capiente unite tutti gli altri ingredienti eccetto il cocco e l'uva passa, poi versateci sopra la miscela di sciroppo d'acero e olio di cocco e mescolate.
Versate il tutto nella teglia, livellando bene. Infornate la granola per 45 minuti, mescolando ogni 5. Quando mancheranno 10 minuti al termine, aggiungete il cocco.
Rimuovete la teglia dal forno e lasciate raffreddare completamente. Aggiungete quindi l'uvetta.
Conservate la granola in barattoli o contenitori a chiusura ermetica. Durerà per un paio di settimane.
Assicuratevi che la granola sia ben fredda prima di metterla nei barattoli o si inumidirà.

NOTE
- Come ogni granola che si rispetti, la preparazione è a dir poco elementare. Roba che potrebbe farla anche mia nipote di 4 anni. Ma di questo non possiamo certo incolpare la cara Ella :D
- La cosa che mi è piaciuta di questa granola è la combinazione di sapori e aromi, che alla fine è la cosa che la caratterizza e la rende diversa dalle altre.
- Forse avrei gradito qualche "consiglio" in più sulle possibili varianti. Sarebbe stato utile per chi non ha dimestichezza con questa preparazione. Che so, scrivere che si potevano variare il tipo di semi o di frutta secca, ad esempio.
- In ogni caso, ottima nella sua semplicità, perciò la ricetta non può che essere

PROMOSSA
Alessandra Corona - La Cucina di zia Ale

mercoledì 15 maggio 2019

SRI LANKAN CURRY


Devo fare un’introduzione obbligatoria, prima di passare alla ricetta. 
Quando ho scelto questo curry per lo Starbooks, ovviamente non sapevo ancora della triste tragedia che si è abbattuta sugli srilankesi che, nel giorno di Pasqua, a Colombo, popolavano le chiese e gli hotel. 
Alla loro memoria dedico questa ricetta di Ella Mills, ricetta che fa parte della loro cultura culinaria millenaria, ricca di colori, odori e fragranze uniche e incomparabili. Andiamo allora al “curry” in questione che ho provato per voi.

SRI LANKAN CURRY
Ingredienti per 4 persone

1 patata dolce, sbucciata e tagliata a pezzetti di dimensioni non superiori a 2,5 cm
½ zucca violina,  sbucciata e tagliata a pezzetti di dimensioni non superiori a 2,5 cm
3 cucchiai di olio di cocco
½ cucchiaino di curcuma macinata
½ cucchiaino di cannella in polvere
½ cucchiaino di peperoncino in polvere
1 cucchiaino di curry in polvere
2 peperoni rossi, privati dei semi, tagliati a fette 
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaino di semi di senape nera
1 cipolla rossa grande, affettata finemente
3 spicchi d'aglio, affettati finemente
2 peperoncini verdi, tagliati a pezzi e tagliati a pezzi piccoli (non più grandi di 5 mm)
una lattina da 400g di latte di cocco
1 cucchiaio di zucchero di cocco o sciroppo d'acero
succo di ½ lime
100 g di spinaci baby
sale

Preriscaldare il forno a 240ºC. Mettere la patata dolce e la zucca in una teglia con un pizzico di sale, 2 cucchiai di olio di cocco, la curcuma, la cannella, il peperoncino in polvere e il curry in polvere. Arrostire in forno per 30-35 minuti, finché il tutto non si ammorbidisce, aggiungendo i peperoni affettati negli ultimi 10 minuti. Una volta pronto, rimuovere e lasciare da parte.
Nel frattempo, mettere una pentola dal fondo spesso, a fuoco medio, con il rimanente olio di cocco. Una volta caldo, aggiungere i semi di cumino e semi di senape nera e cuocere per 30 secondi, fino a quando non iniziano a scoppiettare.
Aggiungere la cipolla rossa, l'aglio e il peperoncino e cuocere per altri 5 minuti prima di aggiungere il latte di cocco e lo zucchero di cocco o lo sciroppo d’acero. Cuocere per altri 15 minuti, aggiungendo il succo di lime negli ultimi 5 minuti.
Aggiungere la zucca, le patate dolci e i peperoni (che erano in forno) e cuocere per altri 5 minuti, mescolando continuamente per assicurarsi che non si attacchi al fondo della padella.
Infine, mescolare con gli spinaci e lasciarli appassire prima di servire.

NOTE

- La ricetta è abbastanza facile. Bisogna solo organizzarsi un po’ con gli ingredienti che sono molteplici. Basta averli sul piano di lavoro e si fa in fretta.
- Una vera e propria sinfonia è stato lo scoppiettare dei semi di cumino e di senape nera che poi, uniti agli altri ingredienti, danno un sapore dolce e speziato, orientaleggiante.
- Il dolce e il piccante si amalgamano perfettamente insieme e l’uno non prevale sull’altro. Sembrerebbe quasi una ricetta dolce (patata, zucca, sciroppo d’acero, latte di cocco, eccetera) ma l’equilibrio salato-piccante è veramente perfetto e si percepiscono nel palato con grande armonia.
- Il colore, poi, del curry è qualcosa che alla fine lascia tutti più contenti.
- I miei invitati hanno fatto il bis e hanno apprezzato molto. 

PROMOSSA A PIENI VOTI

martedì 14 maggio 2019

BANANA BREAKFAST LOAF


Pieno Ramadan, dalle mie parti.
Tutti i musulmani si astengono dal mangiare e dal bere dall'alba al tramonto, e per fortuna che qui il tramonto è ben prima che nei vostri cieli europei.
A noi che musulmani non siamo tocca nascondersi per poter mangiare sui luoghi di lavoro, mentre leggiamo circolari che ricordano delle severe multe in cui si può incorrere se si mangia o beve in pubblico, fosse anche solo un chewing-gum: botte da 500 euro alla volta, e fustigazione in caso di recidiva.
Per cui, capirete, stiamo bene attenti :)
Tutto cambia al momento dell'iftar, ovvero il pasto con cui si rompe il digiuno che dove vivo avviene per ora verso le 18:15: e non pensate ad una semplice colazione.
O meglio pensate alla colazione più luculliana che abbiate mai fatto in vacanza, seguita da pranzo e cena di Natale e Capodanno tutti insieme.
Questo per un mese intero.
Non vi racconto nemmeno i buffet di iftar a cui siamo stati invitati, perchè Ramadan è anche un momento di socializzazione e condivisione.
Nonchè, per alcuni, anche il momento di stupire con il buffet più ricco o variegato, ahimè, perdendo un po' di vista il significato ultimo di questo mese sacro (perchè Ramadan non è, come ho sentito di recente, il nome di una festa: è il nome di un mese)
Da molto tempo superata la tradizione della rottura del digiuno con qualche dattero e del latte, ora le signore di mia conoscenza si dirigono verso un'altra direzione: ok mangiamo, ma mangiamo healthy.
Se vegan, meglio.
Se vegan e gluten free si fa bingo, nella erronea considerazione che basti mangiare alcuni cibi o non mangiarne altri per passare per persone che tengono alla propria salute.
Conosco i miei polli, e questo loaf è sembrato perfetto per mettere tutti d'accordo ad un recente invito.
It tastes so fresh! And healthy! 
Scoppia di salute ad ogni morso, mi dicono.
Eviterò comunque di ricordare che si, sarà senza uova, burro o farina comune.
Ma da qui a farlo essere senza calorie, la strada è ancora lunga :D




BANANA BREAKFAST LOAF

430g di banane ben mature, senza buccia
150g di farina di mandorle
125g di farina di grano saraceno
un cucchiaino di lievito per dolci
un cucchiaino di bicarbonato
2 cucchiaini di cannella
un pizzico di sale
190 ml di sciroppo d'acero
55 ml di aquafaba (acqua di conservazione dei ceci in scatola, oppure la loro acqua di cottura)
2 cucchiani di aceto di mele
20 g di noci pecan 


Preriscaldare il forno a 190 gradi e foderare uno stampo da plumcake (23cm x 13cm x 7cm) con carta forno.
Mettere le banane in una ciotola e schiacciarle con una forchetta, ovviamente più saranno mature più l'operazione sarà semplice e rapida. Unire quindi la farina di mandorle, quella di grano saraceno, il sale, la cannella, il lievito ed il bicarbonato. Amalgamare quindi unire i liquidi mescolando fino ad ottenere un composto omogeneo.
Versare nello stampo preparato e decorare con le noci pecan tagliate a metà.
Infornare e cuocere per 45-50 minuti o comunque finchè una lama inserita  al centro del dolce uscirà pulita.
Una volta cotto far riposare il dolce nello stampo per almeno dieci minuti prima di trasferirlo su una grata da pasticceria per farlo raffreddare completamente.

NOTE

- dolce semplicissimo che si prepara veramente in dieci minuti, unica accortezza è di azzeccare la cottura. A me ci è voluta un'ora perchè fosse completamente cotto. Qui posso dire che è difficile stracuocerlo quindi se avete il dubbio cinque minuti in più meglio di cinque in meno.

- più sono mature la banane più il dolce verrà bene, ovvio. Quindi non siate impazienti e fatele arrivare al punto giusto. Lo sciroppo d'acero probabilmente può essere leggermente ridotto se le banane sono veramente molto, molto mature e quindi ben dolci di loro.

- l'ingrediente magico è l'aquafaba, l'acqua di cottura o di conservazione dei ceci che come i vegani di tutto il mondo sanno si comporta un po' come l'albume donando una certa leggerezza alle preparazioni. Essendo comunque un dolce denso e compatto (e la'aquafaba utilizzata molto poca) non so dire se faccia una reale differenza.

- l'autrice suggerisce di renderlo più ricco aggiungendo delle gocce di cioccolato all'impasto oppure di servirlo con yogurt di cocco ed altro sciroppo d'acero. Ma vi assicuro ch è già ottimo così com'è, soprattutto quando capita un pezzetto di pecan sotto i denti. Probabilmente ancora più buono il giorno dopo.

- è molto buono, piaciuto a tutti e soprattutto oltre che vegano è senza glutine per cui si prendono due piccioni con una fava in caso di necessità.

PROMOSSO

lunedì 13 maggio 2019

LO STARBOOK DI MAGGIO 2019 E'...





“Everything good in life is either illegal, immoral, or fattening.”
Le cose buone della vita o sono illegali o sono immorali o fanno ingrassare 
Alexander Wollcott*

Pronipote di Lord Sainsbury's, (sì, quello dei grandi magazzini)
Nipote di Tim Sainsbury (sì, quello della Sainsbury's Wing alla National Gallery)
Figlia di Shaun Woodward, ex produttore televisico oggi esponente del Partito Laburista (sì, l'ex segretario di Stato dell'Irlanda del Nord)
Nata e cresciuta a Rugby, sulle rive dell'Avon, ma spedita presto a St. Andrews per un'università come si deve (sì, quella dove Kate Middleton ha incontrato l'erede al trono di Inghilterra)
Food blogger dal 2012, fenomeno editoriale nel 2015 (il suo primo libro è quello che ha battuto tutti i record di velocità in fatto di vendite fra gli esordienti), guru del clean eating (ma non diteglielo) e protagonista dell'ultima moda in fatto di diete. 
Stiamo parlando di Deliciously Ella, al secolo Ella Laura Davan Woodwars in Mills, l'autrice attualmente più famosa nel Regno Unito, grazie anche al codazzo di seguaci su Instagram di cui rappresenta una delle icone più tipiche, col capello naturalmente ondulato, le labbra naturalmente lucide, il corpo naturalmente tonico e il filtro, naturalmente e basta. 
Non proprio un soggetto da Starbook, ad essere onesti: tant'è che fino ad oggi avevamo elegantemente dribblato questo nome, tappandoci occhi e orecchie per non cedere alla tentazione delle fad diets. 
Se oggi affrontiamo l'argomento non è solo perchè l'impero della fanciulla sta cadendo a pezzi, assieme alla sua reputazione (toh, il clean eating non esiste) e all'equazione del magro è sano: di sano, da parte nostra, c'è l'interesse verso questi fenomeni, non tanto dal punto di vista medico (per quello, deleghiamo gli esperti veri, quelli che superano esami e prendono lauree e specializzazioni) quanto dal punto di vista del nostro palato. Perché, per quanto infallibile sia la regola di Alexander Wollcott richiamata più sopra, le eccezioni a tavola esistono eccome: "sano" e "genuino" sono spesso sinonimo di pranzi gustosi e gradevoli, che appesantiscono poco lo stomaco e ancora meno la coscienza. Anche le frontiere abbattute dalla cucina vegana hanno schiuso la strada a piacevoli sorprese, magari non cosi a portata di mano come per la cucina vegetariana, ma non per questo meno gradite al palato. Senza contare le conseguenze alla voce "logorio della vita moderna", che accorciano il tempo e la voglia di stare in cucina. Insomma, a farla breve, noi siamo attente eccome alle nuove tendenze e alle nuove mode: le guardiamo con occhio un po' scettico, da Cassandre consumate, ma non per questo non cerchiamo di salvare il salvabile, nell'ottica di quanto appena detto. 
Per cui, ben venga la nostra Ella e ben vengano anche le nostre sperimentazioni in cucina che, a partire da domani, scandiranno questo mese di maggio, in attesa, come sempre del verdetto finale. 
A domani, dunque... e incrociamo le dita!

giovedì 2 maggio 2019

STARBOOKS REDONE DI MAGGIO 2019


Primo Maggio, che coraggio dice una vecchia canzone di Antonello Venditti.
Ed infatti anche lo Starbooks Redone si sposta ad oggi infrangendo la regola del primo mercoledì del mese :)

Il Regolamento generale spiega le modalità di partecipazione.

Ricapitolando:

- avete tempo da oggi fino al 23 Maggio compreso per postare le ricette.

- le ricette vanno scelte dai libri già passati per l'esame dello Starbooks, mentre il libro del mese in corso resta escluso.

- le ricette, per poter essere giudicate, vanno realizzate esattamente come descritto nel libro. Eventuali modifiche falserebbero il giudizio.

- è indispensabile il giudizio finale sulla ricetta (promossa - rimandata - bocciata) ed una piccola introduzione sui motivi che vi hanno portato alla scelta e le vostre osservazioni, come nello stile dei post pubblicati.

- se avete un blog le pubblicate insieme al link a questa pagina e il banner che vedete sopra, quindi ci lasciate un avviso nei commenti qui sotto.

- se non avete un blog mandate la ricetta, introduzione, giudizio ed almeno una foto a lostarbook@gmail.com

In bocca al lupo a tutti e buon lavoro: vi aspettiamo! 

PARTECIPANTI DI MAGGIO 2019

Chocolate Cloud Cake, Se Cucino Sorrido 
Iced Nougat Parfait, Gioca Sorridi Mangia 
Fork Biscuits, Le mie avventure in cucina e non