giovedì 27 novembre 2014

APPLE BREAD - PANE ALLE MELE



Una delle pochissime ricette senza foto su My Bread di Jim Lahey , ma con una descrizione tale che mi ha fatto venire l'acquolina in bocca solo scorrendone le righe.
I pezzetti di mela rimangono interi e si sciolgono in bocca, dice l'autore, mentre quelli disistratati diventano quasi una crema.
Per una grande fan del frutto in questione un invito a nozze.
Invito molto, molto ben riuscito ;)

APPLE BREAD

280 g di farina forte per pane
20 g di farina integrale
65 g di mele a cubetti da circa 1 cm, meglio se Granny Smith o Golden Delicious
65 g di mele disidratate
4 g di sale
1 g di lievito di birra disidratato
250 g di succo di mela appena spremuto oppure un buon succo di mela comprato, non zuccherato
una fettina di mela per la decorazione
farina addizionale, per il piano di lavoro



Mescolare in una ciotola le farine, le mele a cubetti e quelle disidratate a pezzi, il sale ed il lievito.
Unire il succo di mela (ho ricavato il mio usando l'estrattore) e girare con un cucchiaio circa 30 secondi.
Il composto sarà molto appiccicoso, coprire la ciotola con la pellicola e far riposare a temperatura ambiente finchè raddoppia di volume e la superficie è coperta di bolle, circa 12-18 ore.
A lievitazione terminata spolverizzare abbondantemente con farina il piano di lavoro e rovesciarci il composto aiutandosi con una spatola.
Tirare i lati dell'impasto verso il centro dando una forma più o meno tondeggiante.
Aprire un canovaccio pulito sul piano di lavoro e spolverizzarlo abbondantemente, quindi appoggiarvi in mezzo un piccolo quadrato di carta forno più o meno della dimensione della fetta di mela tenuta per la decorazione.
Metterci sopra la fettina (questo accorgimento serve a non far attaccare la farina alla mela, cosa che rovinerebbe l'estetica) e rovesciarsi sopra con delicatezza l'impasto (con la chiusura delle pieghe in giù) cercando di far si che la fetta di mela risulti al centro.
Piegare i lati del canovaccio non troppo stretti attorno al pane e lasciar lievitare per circa una o due ore, finchè sarà quasi raddoppiato.
Per sapere se è pronto premere piano con un dito l'impasto, se questo mantiene l'impronta è pronto, in caso contrario lasciarlo riposare altri 15 minuti.
Circa mezz'ora prima che la seconda lievitazione sia completata accendere il forno a 246 gradi e metterci una pentola con il coperchio (di coccio, ghisa o pyrex) dentro.
Quando il forno è pronto tirar fuori la pentola e scoperchiarla, quindi rovesciarvi dentro l'impasto con delicatezza ( ora la fettina di mela risulterà sopra) e togliere il pezzetto di carta forno.
Mettere il coperchio e porre tutto in forno per 45 minuti.
A questo punto togliere il coperchio e lasciar cuocere ancora circa 10 minuti, finchè il pane sarà ben colorito.
Far raffreddare completamente prima di affettare.




NOTE

- questo è probabilmente uno dei pani più buoni che abbia mai fatto. Le mele ci stanno benissimo ma nel complesso non è assolutamente dolce.

- la ricetta è minuziosamente spiegata e questo sopperisce al fatto che sia una delle pochissime del libro non corredata da una foto.

- avendo un estrattore ho preferito farmi il succo di mela a casa, ma nel caso usiate quello comprato accertatevi che sia del tipo non zuccherato.

- il risultato è un pane dalla crosta croccante e dalla mollica morbida, e come asserisce lo stesso autore è uno dei più morbidi ed umidi dell'intero libro data la presenza della frutta a cubetti.

- è anche molto bello da vedere: penso starebbe benissimo su una tavola augurale. Altrimenti si accompagna perfettamente a formaggi stagionati e per il mio gusto anche a piatti di carne.
Provatelo, perchè è buonissimo anche da solo.

la ricetta è assolutamente 
PROMOSSA!

mercoledì 26 novembre 2014

TORTINO DI CIOCCOLATO (e Ricetta Base del Pane senza impasto)

Non fidandomi assolutamente delle mie capacità panificatrici, ho scelto dal libro di Jim Lahey la ricetta base del pane senza impasto, incrociando le dita affinché mi riuscisse... Questo semplice pane mi serviva anche per realizzare la ricetta vera e propria, cioè il Tortino al Cioccolato, per il quale si utilizza il pangrattato home-made. I passaggi quindi sono stati tre:

1) fare il pane senza impasto nella sua versione basic
2) con parte del pane avanzato preparare del pangrattato
3) realizzare i tortini al cioccolato.


Nonostante abbia deciso di panificare nella giornata più umida dell'anno (forse ricorderete gli allagamenti di Milano della scorsa settimana...), posso affermare con un certo orgoglio che la mia pagnotta basic non è venuta affatto male! La mollica non era supermorbida, ma credo che questo sia in parte dovuto all'incredibile umidità atmosferica e in parte forse al tipo di farina utilizzato: una 00 con indicazione "W 260" adatta alle lievitazioni medio-lunghe (proteine 13g, ma questo solo per la cronaca, ché non ci capisco nulla!). La prossima volta proverò con la manitoba o con la 0 e vi saprò dire. Comunque grazie alle istruzioni molto chiare e soprattutto grazie alle foto passo passo che ci sono sul libro non si può sbagliare... è solo questione di calcolare bene i tempi.

Il procedimento è lo stesso di quello già descritto più volte dalle mie colleghe Starbookers:

Pane senza impasto
Ricetta base
ingredienti per 1 pagnotta:
400 g di farina per pane (per me W 260 della Garofalo)
8 g di sale
1 g di lievito secco attivo (per me Mastro Fornaio)
300 g di acqua fredda, 15-18°C
altra farina per spolverare:
la stessa usata per l'impasto, crusca o farina di mais (per me farina integrale di segale)

1. In una ciotola media mescolate la farina setacciata, il sale e il lievito. Aggiungete l'acqua e mescolate con un cucchiaio di legno oppure con la mano per 30 secondi circa finché otterrete un impasto umido e appiccicoso. Accertatevi che sia veramente appiccicoso: se non lo fosse, aggiungete un altro cucchiaio o due di acqua. Coprite la ciotola con un piatto, un panno oppure con la pellicola e lasciate riposare a temperatura ambiente, non alla luce diretta del sole, finché la superficie è punteggiata di bollicine e l'impasto è più che raddoppiato di volume. Ci vorranno da un minimo di 12  fino a un massimo di 18 ore (Lahey preferisce la lievitazione di 18 ore e così ho fatto anch'io). Questa lievitazione lenta - fermentazione - è la chiave per ottenere un pane saporito.
2. Alla fine della prima lievitazione, infarinate abbondantemente il piano di lavoro (che può essere di legno o di plastica). Con una spatola di gomma raschiate tutto in una volta l’impasto facendolo cadere sulla spianatoia. L'impasto sarà molle e appiccicoso, ma non aggiungete altra farina. Con le mani leggermente infarinate o con l'aiuto di una spatola sollevate i bordi dell’impasto verso il centro. Spostate e spingete l’impasto in modo da dargli una forma arrotondata.
3. Mettete un canovaccio di cotone sul piano di lavoro e infarinatelo generosamente con crusca o con farina di mais o con la farina usata per l'impasto. Usate le mani oppure una spatola in legno per trasferire delicatamente l’impasto sul tovagliolo con il lato delle pieghe verso il basso. Spolverate con un altro po’ di farina la superficie e ripiegate gli angoli del tovagliolo sopra all’impasto - senza stringere -, posizionatelo in un posto caldo e senza spifferi e lasciatelo lievitare da 1 a 2 ore (per me 1 ora e mezza). L’impasto sarà pronto quando sarà più o meno raddoppiato. Fate la prova: se premete con un dito sull’impasto e l’impronta rimane impressa, significa che è pronto. Se invece l'impronta non rimane, fate lievitare per altri 15 minuti.

4. Mezz’ora prima che l’impasto abbia terminato la seconda lievitazione, preriscaldate il forno a 250°C, posizionando sul ripiano inferiore del forno una pentola con coperchio del diametro di 20-24 cm. La pentola può essere di coccio (come la mia, lasciata preventivamente in ammollo per qualche ora), di ghisa, di ceramica o di pyrex.
5. Usando delle presine togliete con cautela la pentola dal forno e levate il coperchio. Aprite il canovaccio, infarinate leggermente l’impasto, poi sollevatelo con le mani e con delicatezza, ma velocemente, rovesciate l’impasto nella pentola bollente con la parte delle pieghe verso l’alto. (Fate attenzione - la pentola è veramente bollente). Rimettete il coperchio e infornate per mezz’ora.
6. Togliete il coperchio, abbassate la temperatura a 220°C e continuate a cuocere finché il pane non sarà di un bel color castagna scuro, ma non bruciato: ci vorranno dai 15 ai 30 minuti circa. Utilizzando una spatola resistente al calore estraete il pane dalla pentola e mettetelo a raffreddare su una gratella. Non tagliatelo o rompetelo finché non si è del tutto raffreddato (solitamente ci vuole 1 ora).

Pangrattato home-made
ingrediente:
pane basic avanzato dal giorno precedente

1. Tagliate a dadini alcune fette di pane avanzato. Mettete i dadini su una teglia e fateli asciugare per tutta la notte o per almeno 12 ore.
2. Preriscaldate il forno a 200°C.
3. Tostate i dadini di pane per 8 minuti. Lasciateli raffreddare.
4. Mettete i dadini tostati in un mixer e frullate lungamente fino a ottenere un pangrattato molto fine (almeno 2 minuti, per me 5). Più la grana è fine e migliori saranno i vostri tortini al cioccolato...

Tortino di Cioccolato
Chocolate Torte
ingredienti per 12 tortini:
115 g di burro non salato
115 g di cioccolato fondente tritato
200 g di zucchero (per me tipo Zefiro)
4 uova grandi, tuorli e albumi separati
40 g di pangrattato home-made
un pizzico di sale

1. Preriscaldate il forno a 200°C.

2. In un pentolino sciogliete il burro a fiamma bassa. In una ciotola media mescolate il cioccolato tritato con 125 g di zucchero, aggiungete il burro fuso caldo e mescolate un paio di volte. Lasciate riposare per qualche minuto, poi mescolate ancora finché il composto sarà bello liscio.

3. In una ciotola ampia sbattete i tuorli e, sempre mescolando, aggiungete lentamente il composto di cioccolato. Unite anche il pangrattato e mescolate accuratamente.

4. Montate a neve ben ferma gli albumi insieme al pizzico di sale e aggiungete man mano anche lo zucchero restante (75 g). La meringa è pronta quando è ben lucida (attenzione a non montarla troppo a lungo). Con l'aiuto di una spatola in gomma o di una frusta incorporate una cucchiaiata di meringa nell'impasto al cioccolato per ammorbidirlo, infine aggiungete delicatamente tutta la meringa restante facendo attenzione a non smontarla.

5. Inserite dei pirottini di carta in una teglia da 12 muffin. Riempite con l'impasto ogni pirottino fino a circa 3/4 e cuocete in forno per circa 10 minuti (per me 12), finché i tortini si sono gonfiati, ma risultano ancora morbidi al centro. Sfornate e lasciate raffreddare completamente su una gratella. I tortini si mantengono fino a 3 giorni in un contenitore ermetico a temperatura ambiente (il giorno successivo sono ancora più buoni).

Note:
- Ero un po' scettica sul fatto che il cioccolato si sarebbe fuso... invece l'ho tritato abbastanza finemente e ha funzionato alla perfezione.
- Appena sfornati i tortini sono belli gonfi, ma poco dopo si afflosciano e la superficie si crepa. In ogni caso il gusto rimane buonissimo!
- Lahey dice che invece di 12 muffin si può preparare anche un'unica torta, ma lui preferisce le porzioni più piccole perché, essendo l'impasto abbastanza sbricioloso e fragile, sono più facili da servire.
- La prossima volta proverò a cuocere i tortini nelle cocotte di ceramica, in modo da poterli mangiare direttamente con un cucchiaino senza dover togliere la carta.
- I tortini sono semplicissimi da fare, le dosi sono accurate, è un dolce veramente goloso ed è un ottimo modo per riciclare il pane avanzato... dunque la ricetta è assolutamente
P R O M O S S A


martedì 25 novembre 2014

FOCACCIA






Vincere lo "Starbook redone" è stata una splendida sorpresa, un vero motivo di orgoglio, direi! Del resto io sono un'utente affezionatissima di questo gruppo di coraggiose che ci aiuta a stilare la lista dei libri di cucina da comprare. Per fortuna ogni tanto capita anche di depennarne qualcuno!
Quando ho scoperto che il libro del mese era "Pane senza impasto", di Jim Lahey, ho avuto un momento di crisi: mi piace impastare, preparo spesso lievitati, anche quelli un po' più elaborati, ma in modo poco critico e consapevole, affidandomi più che altro a tatto, vista e... fortuna!. Sono una capra, lo so. Ma questo vuol dire che ho ampi margini di miglioramento!

Poi ho pensato che lo scopo del libro è verificarne l'affidabilità in modo trasversale: dai più incapaci ai più esperti.
Vediamo come è andata con la ricetta da me scelta, la focaccia.


FOCACCIA


Ingredienti per uno stampo da 33 x 45 cm
200 g di patate, pelate e tagliate a pezzi da circa 2.5 cm
600 g di acqua a temperatura ambiente
600 g di farina per pane (io una farina con 12% di proteine)
10 g di lievito di birra secco
4 g di zucchero
10 g di sale
60 g di olio extra vergine d’oliva


Mettere le patate a pezzi in una pentola insieme all’acqua, coprire e portare a bollore a fuoco vivace. Cuocere finché, infilzate con una fofrchetta, risulteranno tenere.  Frullare con un mixer o un frullatore a immersione fino ad ottenere una purea morbida. Lasciar raffreddare fino a circa 48° C o finché sarà molto caldo al tatto ma non brucerà.
In un’ampia ciotola mescolare insieme: farina, lievito, zucchero e metà del sale. Aggiungere la purea di patate e mescolare a mano con un cucchiaio di legno, fino ad ottenere un composto bagnato e appiccicoso, circa 30 secondi.
Coprire la ciotola (io con pellicola) e lasciarla a temperatura ambiente fino a quando l’impasto non sarà triplicato. Occorreranno circa 2 o 3 ore.
Ungere leggermente la teglia e rovesciarvi l’impasto, aiutandosi con una spatola: sarà morbido e appiccicoso. Allargarlo su tutta la superficie della teglia, ungersi le mani e premere bene agli angoli. Cospargervi l’olio, versare il sale rimasto e creare delle fossette con le dita. Lasciar lievitare in un luogo caldo fino a quando l’impasto non uscirà dai bordi, circa 45 minuti.
Mezz’ora prima della seconda lievitazione, scaldare il forno a 200° C, inserendo la griglia al centro.
Quando l’impasto sarà cresciuto, sistemare la teglia sulla griglia con attenzione: un movimento maldestro e potrebbe sgonfiarsi. Cuocere fino a quando la superficie sarà uniformemente dorata, potrebbero volerci dai 30 ai 45 minuti. Far raffreddare su una griglia e attendere qualche minuto prima di tagliarla. Servire calda o a temperatura ambiente.

NOTE

Ho eseguito il procedimento alla lettera, ma quando ho aggiunto la purea di patate (che non è propriamente una purea, anzi, rimane piuttosto liquida) l'impasto non risultava affatto "bagnato e appiccicoso" (wet and sticky). Ho comunque dato solo una mescolata rapida per 30 secondi, come previsto. Altrimenti che focaccia senza impasto sarebbe?
Dopo la lievitazione l'impasto dovrebbe essere "molle e appiccicoso" (loose and sticky), ma il mio non era poi così fluido e molle e nemmeno troppo appiccicoso. 
Il risultato è stato poco piacevole: una focaccia "gnucca", assolutamente non morbida e con un forte retrogusto di lievito, non so se dovuto alla quantità notevole o alla consistenza che non era quella dovuta.

Mi sono interrogata e ho interrogato le Starbookers e Mapi ha avanzato un'ipotesi che condivido in pieno: la quantità di liquido evaporato durante la cottura della patata è assolutamente imprevedibile. Sarebbe stato opportuno indicare la quantità finale di liquido necessario, da completare eventualmente con dell'acqua. 
Da profana, penso che se avessi aggiunto altra acqua il risultato sarebbe stato diverso, decisamente migliore, ma il libro non lo specificava :) e chi sono io per contravvenire alle istruzioni del padre del pane senza impasto? 
Un'ultima osservazione: mescolare insieme lievito e sale non è l'anticamera della morte del lievito? 

Mi sento una voce fuori dal coro e quindi mi chiedo se posso aver sbagliato qualcosa io, tuttavia, per il risultato pessimo nonostante l'esecuzione alla lettera, la ricetta per me è 


lunedì 24 novembre 2014

STECCA - BASTONE O MINIBAGUETTE

Quando abbiamo scelto di testare il libro di Jim Lahey - Pane Senza Impasto ero felice, finalmente non avevo più "scuse" per provare questo famosissimo pane, che ha seguaci in ogni dove: adesso ho capito il perché!!!

Ho scelto di provare una delle ricette del genere più viste nei blog: la stecca.
L'impasto di queste è lo stesso della pizza bianca veloce, ma si allunga fina a farlo diventare una corda che cuoce rapidamente, e non richiede la pentola di ghisa ma una semplice teglia da forno. Rispetto agli altri pani del libro, la crosta è più sottile e si presta benissimo ad essere farcito. Noi ne abbiamo mangiato la metà proprio farcito, ed è un pane perfetto per questo scopo. Il resto lo abbiamo sbocconcellato da solo :)
Se inizierete a preparare le stecche, non smettere più...


tra parentesi e/o in corsivo le mie note

Stecca - Bastone o Minibaguette

Ingredienti per 4 bastoni

400 g di farina 0 (Manitoba o altra ad alta percentuale di proteine 13-14%)
3 g di sale
3 g di zucchero
1 g di lievito secco attivo (lievito di birra disidratato)
350 g di acqua fredda, 13-18°C
altra farina per spolverare
60 g circa di olio extravergine d'oliva
3 g di sale grosso

Mescolate la farina, il sale, lo zucchero e il lievito in una ciotola di dimensioni medie (io ne ho usata una di 21 cm circa di diametro). Aggiungete l'acqua e mescolate con la mano o con un cucchiaio di legno per 30 secondi circa fino ad ottenere un impasto umido e appiccicoso. Coprite la ciotola (con pellicola per alimenti) e lasciate riposare a temperatura ambiente per 12-18 ore (per me 13) ore finché la superficie è punteggiata di bollicine e l'impasto è più che raddoppiato di volume.


Quando la prima lievitazione è completa, cospargete il piano di lavoro con abbondante farina. Rovesciate l'impasto sul piano, aiutandovi con un raschiapasta o una spatola. Ripiegate l'impasto su se stesso due o tre volte e modellatelo delicatamente fino ad ottenere una palla schiacciata. Spennellate la superficie con un po' d'olio d'oliva e cospargeteci ¼ di cucchiaino di sale grosso (1 g), che si scioglierà poco a poco sulla superficie.
Mettete un canovaccio sul piano di lavoro e spolveratelo con abbondante crusca, farina di mais o farina di tipo 0. Trasferite l'impasto sul canovaccio in modo che la parte piegata sia sotto. Se è appiccicoso, spargeteci sopra un po' di crusca, farina di mais o farina di tipo 0. Ripiegate il canovaccio sull'impasto per coprirlo, senza stringere, e lasciatelo lievitare per 1-2 ore (per me poco più di un'ora) in un posto caldo e al riparo dalle correnti d'aria. E' pronto quando è quasi raddoppiato di volume. Premendo con un dito dovrebbe rimanere un'impronta profonda circa mezzo centimetro. Se scompare subito, lasciatelo lievitare per altri 15 minuti.
Mezz'ora prima del termine della seconda lievitazione, riscaldate il forno a 260°C (io a 250°C, è il massimo del mio forno) con una griglia al centro. Ungete con un po' d'olio una teglia da 33x45 cm (io ho messo solo della carta forno, inoltre la mia teglia era leggermente più piccola) .
Tagliate l'impasto in quattro parti e allungatele per ottenere un bastone lungo all'incirca come la teglia. Trasferite nella teglia, lasciando almeno 2 cm tra un pane e l'altro. Spennellate con l'olio d'oliva e cospargete con il rimanente ½ cucchiaino di sale grosso (2 g).


Infornate per 15-25 minuti (per me quasi 25 minuti), finché la crosta ha un bel colore dorato scuro. Lasciate raffreddare nella teglia per 5 minuti, poi con una spatola trasferite le stecche su una griglia a raffreddare.
Le stecche potrebbero rammollirsi un poco nell'arco di qualche ora, per via del sale sulla superficie. Se succede, riscaldatele nel forno finché tornano croccanti.


Variante- Stecca al pomodoro, alle olive o all'aglio
Distribuite 10 mezzi pomodori ciliegini, con il lato tagliato verso l'alto, 10 olive grandi denocciolate o 10 spicchi d'aglio leggermente schiacciati su ogni stecca a distanza regolare, premendo un poco nell'impasto. Spennellate ogni stecca con olio d'oliva sufficiente a creare un sottile strato sulla superficie. Per la stecca al pomodoro, mettete su ogni mezzo pomodoro una fettina sottilissima d'aglio, un paio di foglioline di timo fresco e un pizzico di sale. Cospargete la stecca all'aglio con sale e pepe nero macinato al momento. Non salate la stecca alle olive, è già salata dalla salamoia.

NOTE PERSONALI


- Il pane riesce senza problemi ed è buonissimo. Io ho commesso un errore dopo la prima lievitazione, ho cosparso il piano di lavoro non con altra farina come scritto dall'autore, ma con farina di mais, che è finita dentro all'impasto insieme alla pieghe. Questo non ha compromesso il risultato finale per quello che riguarda il gusto, che è strepitoso, ma solo quello estetico, come si vede dalla foto del taglio della stecca.
- Vi consiglio di allungare le stecche direttamente sopra alla teglia per ottenere delle stecche più regolari nella forma, le mie non lo sono molto perché, nel trasferirle dal piano di lavoro, si sono allungate di più in alcuni punti.
- La crosta è proprio come descritta dall'autore, sottile e croccante e il pane risulta leggero, proprio nel senso letterale della parola!

La ricetta è ben spiegata e vi farà ottenere una pane delizioso, per cui è:


PROMOSSA (A PIENI VOTI)

venerdì 21 novembre 2014

PANE NOCI E UVETTA SENZA GLUTINE

walnut and raisin bread fetta SB

Con questo pane senza impasto ci ho preso gusto. Se è vero, infatti, che bisogna stare attenti ai tempi di lievitazione, e anche alla temperatura di cottura (ma d'altronde questo è il minimo, quando parliamo di lievitati), è anche vero che il pane fatto in questo modo viene e pure bene, e tutto sommato si fa da sé, quindi viene la voglia di farlo, e poi rifarlo, e poi sperimentare un'altra versione... praticamente non si finirebbe mai.
Però quando ho letto la ricetta di questo pane, sono un po' sobbalzata sulla sedia. 
Il nostro buon Jim ha sciacquato parecchio, a quanto ci racconta, i panni in Arno, o meglio in Chianti. Parla infatti di una certa fattoria un po' da fricchettoni, o così almeno sembra dalla descrizione, dove da ragazzo è venuto a sperimentare le gioie di una vita sana, nelle terre del Chiantishire, a contatto con la natura vera. Pare che la folgorazione per l'arte bianca proprio da queste parti sia nata, e che in codesti luoghi si sia innamorato di un pane arricchito con noci e uvetta (in una parola, i Santi) che veniva tradizionalmente preparato per Ognissanti. Il Pan co' Santi, appunto. 
Jim ce lo ripropone in versione senza impasto e cottura in pentola.
Peccato che la sua ricetta abbia in realtà poco a che vedere con l'originale pane della tradizione Senese.
A leggere il Righi - Parenti, ma anche il Petroni, e le tante ricette che circolano in rete, fra cui quella della nostra super-Patty, quella di Anice & Cannella, che ce ne propone addirittura due, e poi quella di Giulia Scarpaleggia di Jul's Kitchen, e molte altre ancora, il Pan co' Santi della tradizione è un pane ricco, con molto condimento, olio, zucchero, moltissimi Santi. 
Questo pane invece è semplicemente un pane senza olio, senza zucchero, con un quantitativo abbastanza modesto di noci e uvetta. Però è buono, diciamo pure buonissimo. 
Ma non è Pan co' Santi. 
E fatta questa doverosa precisazione, posso passare alla ricetta, che altro non è che la "sglutinatura" di quella che ci ha proposto l'Araba.
E che io chiamerei molto più correttamente Walnut bread, cioè semplicemente pane alle noci.

walnut and raisin bread SB


Pane alle noci e uvetta (Pan co' Santi)

Ingredienti
220 g di farina per pane Nutrifree (¶) 
100 g di Glutafin Select (¶) 
80 g di farina per pane Coop (¶)  
360 di acqua fredda
50 g di noci grossolanamente tritate
8 g di sale
2 g di cannella in polvere (¶)
2 grammi di lievito di birra disidratato
un pizzico di pepe nero  di mulinello
farina di riso e di mais per lo spolvero (¶)

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione.

Procedimento
In una ciotola mescolare insieme le farine, uvetta, noci, sale, cannella, lievito e pepe. Aggiungere l'acqua ed usando un cucchiaio di legno o una mano mescolare fino ad ottenere un composto molto appiccicoso, circa 30 secondi.
Coprire la ciotola e lasciar lievitare a temperatura ambiente per circa 12/18 ore (io 14), finchè l'impasto raddoppierà e sarà coperto da bolle.
Quando la lievitazione è completa spolverizzare generosamente con della farina di riso il piano di lavoro e rovesciarci l'impasto aiutandosi con una spatola per staccarlo dalla ciotola. Ora sollevare i lati dell'impasto e ripiegarli verso il centro, dando una forma più o meno circolare.
Spolverizzare un canovaccio con abbondante farina di mais e mettervi al centro l'impasto, con le pieghe verso il basso.
Spolverizzare con farina anche la sommità dell'impasto quindi avvolgere il panno non troppo stretto attorno, mettere in un cestino e lasciar lievitare una o due ore (io tre abbondanti), finchè raddoppia.
Mezz'ora prima che termini la seconda lievitazione accendere il forno a 250 gradi con dentro la pentola (io di pyrex) con il suo coperchio.
Tirarla fuori con attenzione, rimuovere il coperchio e rovesciarci l'impasto con delicatezza (le pieghe ora saranno in cima).
Chiudere con il coperchio e cuocere per 30 minuti sul ripiano più basso.
Togliere il coperchio, abbassare il forno a 210 gradi e continuare la cottura finchè il pane sarà di un color castagna accentuato ma non bruciato, da 15 a 30 minuti ancora.
Togliere dal forno e dalla pentola e far raffreddare completamente.
Mie note
Valgono le note che ho scritto per l'altra ricetta, ovvero
- 245° C nel mio forno non so nemmeno quali sono.  L'ho messo a 250° C e non ci si pensi più.
- Nel mio forno cuocerlo mantenendo per tutta la cottura la temperatura a 250° C produce un pane bruciato, come peraltro anche all'autore, se si guardano le foto del libro. Nel mio caso l'abbassare la temperatura a 210 °C è stato salvifico
- è davvero morbido e profumato
-NON È PAN CO' SANTI: i santi (cioè uvetta e noci) sono pochi, e manca totalmente l'olio, che avrebbero conferito una consistenza totalmente diversa al pane, più morbida e e soffice, e con un'alveolatura non così pronunciata.
Per quanto riguarda lo zucchero, nelle ricette che ho visto in giro del Pan co' Santi c'è una grande variabilità delle dosi di zucchero: chi ne mette molto, chi poco. Immagino che, essendo una ricetta tradizionale, nella versione più antica ce ne fosse poco, e il sapore dolce fosse piuttosto conferito dall'uvetta, che è appunto prevista in gran quantità. Ma non mettercene nemmeno un po' ne cambia totalmente non solo il sapore ma anche la consistenza.
Detto ciò, la ricetta, essendo comunque buona, è
PROMOSSA
(a patto di cambiarle nome)

giovedì 20 novembre 2014

PANCETTA BREAD




Se devo essere onesta prima di questo Starbook di Novembre non conoscevo Jim Lahey, nonostante il suo libro abbia riscosso un enorme successo in giro per il mondo!
Avevo sentito parlare del pane senza impasto, ne ero anche incuriosita, ma ho sempre lasciato passare avanti altre ricette e altre cose.
Quindi per me era tutto una novità, a cominciare dalla ricetta, dal tipo di cottura e dal risultato.
Appena saputo che questo mese avrei dato un contributo allo Starbook, cosa che mi rende sempre molto orgogliosa, ho aspettato in trepida attesa i primi di Novembre per conoscere quale libro sarebbe stato recensito, e quando l’ho saputo da un lato ero contenta perché sapevo che mi si sarebbe aperto un mondo, ma anche un po’ ansiosa perché non sapevo nulla a proposito.
Anche se non è del tutto necessaria e nemmeno obbligatoria, la prima cosa a cui ho  pensato è stata di fornirmi di casseruola in ghisa, questa è stata una scusa bella e buona (le Stebooker mi dicevano che andava bene una pentola in coccio con coperchio, o anche in pirex …) per farmi un regalo, che desideravo da un bel po’, una bella casseruola Staub rosso ciliegia, che ben si abbina con vari elementi della mia cucina e soprattutto perché ne ho sempre sentito parlare benissimo, come qualcosa da avere assolutamente!
Così tutta emozionata, e senza dir nulla a maritozzo, ho fatto l’acquisto, e dopo appena 3 giorni che faceva bella mostra di se in cucina ( in un posto dove tutte le mie amiche l’hanno potuta ammirare, ma maritozzo manco ci ha fatto caso!) ho fatto la spesa ed eseguito la mia prima ricetta di pane senza impasto, e ho utilizzato per la prima volta anche la mia bella pentola in ghisa rossa smaltata.
La ricetta che ho scelto è stata quella del ‘’Pancetta’’ bread, perché nell’introduzione Lahey  parla di questa ricetta dove gli unici elementi grassi aggiunti sono quelli della pancetta stessa, e la cosa mi aveva incuriosita particolarmente.
Tra parentesi le mie annotazioni in corsivo.


PANCETTA BREAD

300 g di pancetta in cubetti di ½ cm circa (dolce)
400 g di farina per pane ( Manitoba)
3 g di sale
1 g di lievito di birra secco (se usaste lievito di birra fresca usatene 3 grammi)
¼ cucchiaino di peperoncino secco (facoltativo-io non l’ho messo)
350 g acqua fresca (tra i 12° e i 18° C )
Farina di mais, o di frumento o la stessa farina utilizzata per l’impasto per “ spolverizzare” (io ho usato farina di semola di grano duro)

1.Cuocete la pancetta in una padella a fuoco medio, mescolando di tanto in tanto, fino a che diventa croccante e dorata, circa 10 minuti. Conservate e mettete da parte un cucchiaio del grasso prodotto.
Asciugate la pancetta su della carta da cucina e lasciate raffreddare.
2.In una ciotola media, mescolate insieme la farina, la pancetta, il sale, (se decidete di usarlo anche il peperoncino). Aggiungete l’acqua e il cucchiaio di grasso della pancetta messo da parte e, utilizzando un cucchiaio di legno, o anche con una mano (come preferite) mescolate fino ad ottenere  un impasto appiccicoso e molto umido, per circa 30 secondi. Coprite la ciotola (io con pellicola alimentare ) e lasciate riposare a temperatura ambiente fino a che non vedrete la superficie piena di ‘’bollicine’’ e che l’impasto è più che raddoppiato, ci vorranno dalle 12 alle 18 ore (nel mio caso ci sono volute 16 ore).
3.Quando la prima lievitazione è completata, infarinate abbondantemente il piano di lavoro con la farina (Manitoba). E con una spatola (anche in silicone)raschiate tutto in una volta l’impasto. Con le mani leggermente infarinate o una spatola sollevate i bordi dell’impasto verso il centro. Spostate e spingete l’impasto in modo da fare una palla.
4.Poggiate un tovagliolo di cotone sul piano di lavoro ed infarinate generosamente con farina di frumento, o di mais o come nel mio caso di semola di grano duro. Appoggiate delicatamente l’impasto nel tovagliolo con il lato delle pieghe verso il basso. Se l’impasto vi sembra appiccicoso spolverate un po’ di farina sulla superficie con la stessa farina utilizzata per il tovagliolo. Piegate gli angoli del tovagliolo liberamente sull’impasto in modo da coprirlo, e posizionatelo in un posto caldo, e lasciatelo lievitare da una a due ore.
L’impasto sarà pronto quando sarà più o meno raddoppiato. Comunque se imprimete un’impronta sull’impasto e l’impasto non torna subito indietro ..è pronta. Se invece si rimette subito al suo posto attendete almeno altri 15 minuti.
5. Mezz’ora prima che l’impasto abbia terminato la seconda lievitazione, preriscaldate il forno a 245°C e posizionate una casseruola di ghisa dalla capienza di 4,8 – 5,2 litri di capienza (io diametro 26 cm)nella tacca inferiore del forno. Chiudete con il coperchio e lasciate scaldare per 30 minuti.
6.Usando presine belle spesse togliete la casseruola dal forno e levate  il coperchio. Scoprite l’impasto e con delicatezza, ma velocemente mettete l’impasto nella casseruola, stavolta con la parte delle pieghe verso l’alto. (Fate davvero molta attenzione perché la casseruola e anche il coperchio sono veramente bollenti.) Coprite la casseruola ed infornate per mezz’ora.
7.Togliete il coperchio e continuate a cuocere fino a quando il pane non sarà di un color castagna scuro, ma non bruciato, indicativamente tra i 15 e 30 minuti. Utilizzando una spatola resistente al calore, o delle presine estraete il pane dalla pentola e fatelo raffreddare su una griglia (io ho messo il pane su una griglia, ma ho coperto per circa 10 minuti con un tovagliolo si cotone).




NOTE:

Di base la ricetta è veramente semplicissima e quindi non fatevi spaventare dai tempi lunghi, perché è solo una questione di lievitazione. Quindi se preparaste l’impasto nel pomeriggio, il giorno dopo per l’ora di pranzo avreste già un ottimo pane sulla vostra tavola.
L’utilizzo del lievito di birra secco per me è stata una svolta in quanto non ho più l’ansia del lievito che scade a breve e soprattutto so che resta attivo.
Una cosa molto molto importante (ma questa è solo colpa mia, non di come è scritta la ricetta) quando mettete la farina (nel mio caso ho usato semola di grano duro, che ci stava benissimo) sul tovagliolo per la seconda lievitazione, state attenti alla quantità, poiché nelle pieghe può inserirsi troppa farina, rimanendo all’interno del pane stesso, questo non ha inficiato il risultato, ma è bene saperlo).
Ultima nota, io ho utilizzato la pentola in ghisa di 26 cm di diametro, ma dalla capienza di 5,2 litri, per questa quantità di farina, credo che vada benissimo anche quella da 24 cm di diametro, se desideraste il pane leggermente più alto.
Il risultato è stato sorprendente, un pane dal buon profumo e sapore, con la crosta croccante e l’interno alveolato e per nulla gommoso. Anche dopo 24 ore resta ottimo. In particolare questo Pancetta Bread se accompagnato con formaggi, sia cremosi che stagionati, o verdurine saltate in padella può risolvervi un aperitivo sfizioso con gli amici.
Importante: il risultato è stato così eccellente, che quando maritozzo è venuto a conoscenza della new entry in cucina e del metodo di cottura …. Ha solo detto : ottima spesa, hai fatto bene!
 Credo che dopo queste note e l’entusiasmo di maritozzo io non possa dire altro che questa ricetta è :

                                           PROMOSSA ( a pieni voti)

Cuocicucidici

mercoledì 19 novembre 2014

PIZZA BIANCA

Dopo aver seguito le ricette delle mie compagne di viaggio ed i risultati meravigliosi di questo capitolo sulla panificazione senza impasto, ero già lì che mi pregustavo nell'odine:
1) una sleppa di pizza bianca ancora calda ripiena di mortadella ai pistacchi;
2) uno styling figo con tanto di tovagliolini  a quadretti con cui avrei acchittato le mie foto;
3) il sorriso galvanizzato di mio marito che, dal momento in cui ho accennato la ricetta con cui mi sarei dovuta confrontare, ha cominciato a pianificare il ritorno a casa anticipato.
Invece ho fallito.
Miseramente. E ancora cerco di capire dove ho sbagliato ma forse lo so e spero che le mie amiche più ferrate di me nella panificazione, possano sciogliere il nodo dei miei dubbi e la mia delusione senza fine.
Prima di fare il bilancio della mia prova, passo a scrivere la ricetta tutta italiana, per altro chiarissima, con cui Jim Lahey si cimenta: la pizza bianca.
Ingredienti per 6/8 spicchi
400 g di farina per pane (tipo 0)
1 g di Lievito istantaneo o altro tipo di agente lievitante attivo
4 g di sale (1/4 di cucchiaino)
4 g di zucchero (3/4 di cucchiaino)
350 g di acqua fredda (15/18 °C)
60 g di olio extravergine + extra per spennellare
4 g di sale grosso
3 rametti di rosmarino fresco
1. In una ciotola media mischiate insieme la farina, il lievito, il sale e lo zucchero. Aggiungete l'acqua e con un cucchiaio di legno o con le mani mescolate fino a che non otterrete un'impasto umido e appiccicoso. Coprite e lasciate riposare fino a che sulla superficie non si formeranno delle bolle e la pasta non sia più che raddoppiata, dalle 9 alle 12 ore (mentre la maggior parte dei pani in questo libro possono lievitare fino a 18 ore, questa è la ricetta più corta in quanto la lunga lievitazione farebbe diventare la pasta meno elastica, più dura ed andrebbe poi stirata.

2. Quando la prima lievitazione è completa, spolverate generosamente una superficie di lavoro con la farina (una spianatoia andrà bene). Usate una spatola di gomma o plastica per staccare la pasta dalla ciotola in unico pezzo. Quando comincerete a spingerla via dalla ciotola, questa scenderà in uno strato lungo e sottile e sarà abbastanza molla e appiccicosa. Con le mani infarinate, piegate la pasta su se stessa due o tre volte cercando di ottenere una palla morbida e piuttosto piatta. Spennellate la superficie con olio extravergine e cospargete con il sale grosso che si scioglierà gradualmente sulla superficie. Mettete l'impasto in un luogo tiepido e protetto e lasciate lievitare fino al raddoppio, 1 o 2 ore.

3. Mezz'ora della fine della seconda lievitazione, preriscaldate il forno a 260°C con la griglia al centro su cui posizionerete una pietra da pizza di 35 cm di diametro, proprio al centro della griglia.

4. Infarinate generosamente una pala da pizza e mettete la palla di impasto al centro. Aprite le dite di una mano come fosse un artiglio e dirigetele al centro della pizza spingendo ed allargando la mano ma senza pungere la pasta (le unghie corte sono fondamentali). Questo servirà ad allargare la pasta e formare le fossette. Allargate l'impasto per ottenere un cerchio di c.ca 30 cm di diametro. Al termine cospargete di olio extravergine e rametti di rosmarino.

5. Con la pala appoggiata ad un ripiano, afferra bene il manico e da una piccola scossa decisa. L'intenzione è quella di far semplicemente muovere la pizza pur restando sulla pala (questo faciliterà poi il passaggio dalla pala alla pietra). Se la pasta si attacca alla pala, con delicatezza sollevate i lembi ed infarinate. Scuotete la pala e fate scorrere la pasta sulla pietra nel forno e cuocete per 12/15 minuti fino a che la superficie sia dorata ma le fossette ancora pallide.

6. Passate la pala sotto la pizza e trasferitela su una griglia per raffreddarla qualche minuto prima di  affettarla e farcirla.
Ho seguito alla lettera le indicazioni e le quantità.
Preparare l'impasto è stato facilissimo.
Ho iniziato le operazioni per la seconda lievitazione esattamente 12 ore dopo e come vedere dalla prima foto del collage, l'impasto ha le sue belle bolle come accennato da Lahey.
L'impasto era effettivamente molto morbido e appiccicoso e quando l'ho tolto dalla ciotola si è comportato esattamente come racconta l'autore.
Ho fatto le mie pieghe, almeno 3 o 4 perché la pasta era davvero super molla.
Ho messo un bel po' di farina sulla spianatoia e l'ho lasciata lievitare per la seconda volta.
Siccome l'ambiente di casa non era caldissimo, ho prolungato la seconda lievitazione per 2h30, ma quando sono andata a prendere la pasta per trasferirla sulla mia pala di fortuna (una teglia antiaderente senza bordi molto simile ad una pala), la pasta era ancora terribilmente molliccia, senza tensione, al punto che mi colava quasi fra le dita (Invece l'immagine della pasta dopo la seconda lievitazione all'interno del libro, mostra una pasta gonfia, elastica e sostenuta).
E qui credo di avere fatto il mio errore, perché purtroppo, per sistemarla decentemente, l'ho piegata nuovamente.
L'ho lasciata lì un'altra mezz'oretta e poi ho fatto l'operazione di allargamento e buchetti.
Il disastro finale è avvenuto al momento del passaggio dalla pala alla pietra.
Per lavorare più agevolmente ho tolto la pietra bollente dal forno, l'ho appoggiata sulla spianatoia e da lì ho cercato di trasferire la pizza. Che ha cominciato a scendere ma poi si è fermata a metà perché restata attaccata proprio al centro.
Sorvolo sulla compilation di maledizioni che a questo punto sono uscite libere come il vento dalla mia bocca.
Ormai il danno era fatto. Ho cercato di ricomporre alla meno peggio ma capite che lavorare su una superficie a 2000 gradi non è proprio facilissimo.
La cottura sembrava invece avermi risparmiato dalla delusione. Dal forno la pizza sembrava bella dorata e gonfia.
Una volta tolta, l'ho tagliata: cruda e gnucca all'interno.
Credo che l'impasto abbia lievitato bene ma l'eccessiva morbidezza mi ha fatto pensare che la quantità di acqua sia sbagliata, o forse il tipo di farina che ho usato (tipo 0 per pane). Non so capire.
Fatto sta che tecnicamente è molto complicato trasferire un impasto che non ha tensione da un piano all'altro senza compromettere la lievitazione.
Magari qualcuna di voi può individuare meglio il mio errore.
Non sono in grado di giudicare e non credo neanche che la ricetta di Lahey sia sbagliata.
Spero che qualcuna di voi abbia voglia di provare perché le immagini del libro sono estremamente accattivanti.
Per questo ritengo questa prova
NON CLASSIFICABILE 

martedì 18 novembre 2014

BANANA LEAF ROLLS - PANINI COTTI NELLE FOGLIE DI BANANO


Premessa n. 1: in luglio noi Starbooker smettiamo di recensire i libri per voi, ma passiamo al vaglio le nuove e le vecchie uscite di libri di cucina per decidere in linea di massima quali prendere in esame nei mesi successivi. Quando ho visto che il libro di Jim Lahey sul pane senza impasto era stato votato all'unanimità ed era praticamente certo che lo avremmo provato, ho effettuato subito l'ordine: erano anni che sentivo parlare di questo metodo, e qui avevo l'occasione di approfondire la tecnica e la sua genesi. Il libro mi è quindi arrivato a metà luglio, e ho cominciato a sfogliarlo con molto interesse.
Quando a pag. 87 ho visto questi panini cotti nelle foglie di banano ho esclamato subito "voi sarete miei!", perché...

Premessa n. 2: io sono una Siciliana trapiantata in Lombardia, e nella cara Trinacria abbiamo una casetta con tanto di giardino: un piccolo agrumeto, alberi di pesche, susine e nespole, pale di fichi d'India e sì, diversi banani, di quelli che danno le bananine piccole, meno dolci di quelle che si trovano in commercio, ma infinitamente più buone e saporite. Insomma, in Sicilia ho a disposizione un sacco di foglie di banano bio, sicché già verso la metà di luglio avevo deciso che al rientro dalle ferie mi sarei portata qualche foglia di banano in valigia.

Nei giorni precedenti alla mia partenza però, mi sono ammalata: 38 di febbre, la testa che mi scoppiava, le ossa rotte e una tosse micidiale. In questo stato semicomatoso avevo due chiodi fissi, vividi come allucinazioni nella mia mente: portarmi a casa dei fiori di gelsomino immersi nel latte, e tagliare 4 foglie di banano. Un'ora prima della partenza per l'aeroporto quindi, vagavo per la campagna in stato semi-sonnanbolico impugnando un paio di robuste cesoie dal manico lungo un metro (in famiglia le chiamiamo le cesoie da ladro) e guardando con aria truce tutti i banani in cui mi imbattevo. Ho scelto foglie giovani e tenere, ma sufficientemente grandi, e sono riuscita a infilarle in valigia Dio solo sa come. Mia madre ha osato chiedermi a cosa mi servissero solo dopo che ho riposto le cesoie. :-)

Nelle note dò indicazioni su dove acquistare le foglie di banano on line.
Tra parentesi e in corsivo le mie annotazioni alla ricetta.

BANANA LEAF ROLLS - PANINI COTTI NELLE FOGLIE DI BANANO
Da: Jim Lahey - My Bread - Norton

Raccomando di acquistare foglie di banano congelate, perché è più facile piegarle di quelle fresche: si trovano nei negozi etnici specializzati. Non so darvi le indicazioni precise sul numero di foglie, perché molto dipende dalle loro dimensioni. Tenete a mente che avrete bisogno di tagliare dei pezzi di cm 24 x 38 circa. (Jim Lahey)

Per 4 panini

280 g di farina per pane (io tipo 0)
80 g di farina di cocco
10 datteri disidratati, denocciolati e tagliati a pezzetti di 5 mm di lato
3 g di sale fino
1 g di lievito di birra disidratato (o 3 g di lievito di birra fresco)
280 g di acqua fredda a 15 °C
1 banana media tagliata a pezzetti di 5 mm di lato (prendetela sull'acerbo)
4 grosse foglie di banano scongelate
Farina per il piano di lavoro


Setacciare insieme in una ciotola media le due farine, il sale e il lievito. Aggiungere i datteri e mescolare per infarinarli, poi versare l'acqua e aiutandosi con un cucchiaio di legno o con le mani, mescolare per circa 30 secondi, finché l'impasto non si sarà appena amalgamato e non presenterà grumi. Unire a questo punto la banana, mescolare per distribuirla nell'impasto, coprire e far lievitare in luogo tiepido al riparo da correnti d'aria per 12-18 ore, finché cioè l'impasto non sarà più che raddoppiato di volume e sarà punteggiato di bollicine.

A completamento della prima lievitazione, infarinare generosamente la spianatoia e aiutandosi con una spatola in silicone versarvi l'impasto in un solo pezzo. Ripiegare in due l'impasto e tagliarlo in 4 pezzi delle stesse dimensioni.

Ricavare 4 rettangoli di cm 38 x 24 dalle foglie di banano e pulirle accuratamente con un panno umido. Disporre il primo rettangolo su un piano di lavoro pulito, dare al primo pezzetto di impasto la forma di un quadrato di circa cm 10 x 10 e adagiarlo al centro della foglia. Ripiegarci sopra il lato superiore e inferiore della foglia di banano, lasciando circa 5 cm di spazio per permettere al pane di crescere durante la seconda lievitazione. Rimboccare gli altri 2 lati della foglia sotto all'impasto (lasciando sempre un po' di spazio) e trasferire il pacchetto su una teglia grande (io ho usato la griglia, coperta con un foglio di silpat, ma va bene anche la leccarda). Procedere nello stesso modo con gli altri 3 pezzi di impasto, e mettere la teglia in un luogo tiepido al riparo da correnti d'aria per un'ora.

Preriscaldare il forno a 260 °C posizionando la griglia al centro, infornare i panini e farli cuocere per 25-35 minuti: le foglie di banano devono essere molto scure e avere appena iniziato a bruciacchiarsi. Se così non fosse, proseguire la cottura per qualche altro minuto.

Togliere la teglia dal forno e scartare rapidamente ma con attenzione ogni panino dalla sua foglia di banano. Attenzione a non scottarsi con il vapore! Far raffreddare i panini su una gratella, e non tagliarli finché non si siano raffreddati per almeno 15 minuti. Volendo, si possono rimettere i panini ormai freddi nelle foglie di banano per servirli.


OSSERVAZIONI

Se non avete la fortuna di avere un banano di vostra proprietà a portata di mano, potete acquistarne le foglie nei negozi etnici più forniti, che le tengono nel reparto surgelati. Possibile anche l'acquisto on line, ad esempio qui.
Se invece avete dei banani in giardino, ecco come ho trattato le mie foglie di banano non appena arrivata a casa: ho lavato e sciacquato con cura la vasca da bagno, ci ho messo il tappo e poi ho cosparso il fondo di bicarbonato e ci ho adagiato la prima foglia; ho cosparso anche questa di bicarbonato e ci ho adagiato la seconda foglia, e così via per tutte e 4 le foglie. A questo punto ho aperto il rubinetto dell'acqua fredda e ho messo acqua a sufficienza per coprire le foglie per almeno 2 dita. Ho lasciato in ammollo mezz'ora, poi ho sciacquato con molta cura ciascuna foglia, le ho asciugate individualmente e ripiegate per la lunghezza massima del ripiano del freezer. Le ho confezionate individualmente in sacchetti di plastica per alimenti e le ho messe a congelare, perché raggiungessero la malleabilità di cui parla Lahey nella ricetta.

Personalmente consiglio di usare una banana molto tendente all'acerbo: la fermentazione genera calore, che fa maturare il frutto nell'impasto: con una banana già matura, il sapore finale sarà simile a quello delle banane annerite perché troppo mature: a qualcuno potrebbe dare fastidio.

I panini che ne risultano sono molto piacevoli, appartengono alla categoria dei pani dolci e sono un'ottima merenda per adulti e bambini.

La farina di cocco non sviluppa glutine, quindi questo pane ha un'alveolatura irregolare, anche a causa dei pezzetti di dattero e di banana. Ho voluto fare una seconda prova preparando l'impasto e cuocendo 2 panini senza avvolgerli e 2 avvolgendoli - questa volta in carta forno, perché nel frattempo le foglie di banano mi erano terminate. Ho cotto separatamente i panini, infornando quelli "liberi" a 200 °C e quelli avvolti a 260 °C come da ricetta, e devo convenire che quelli avvolti - nelle foglie o nella carta forno - sono venuti molto meglio, perché hanno lievitato in altezza anziché in larghezza: l'elevata idratazione dell'impasto infatti li fa un po' "sfrittellare", come sono solita dire: si allargano a mo' di frittella.

Queste sono le differenze in alveolatura tra i due:


E dopo tutte queste osservazioni direi che la ricetta per me è senz'altro

PROMOSSA

lunedì 17 novembre 2014

PAN CO' SANTI - WALNUT BREAD



Me la ricordo benissimo la prima volta che provai, anni fa, la ricetta del pane senza impasto che faceva impazzire la rete.
Incredula e scettica, sfornai una roba buonissima che fece esclamare al consorte che quello fosse assolutamente e senza appelli il pane più buono mai uscito dalla nostra cucina.
Poco importa che fossi reduce da un corso con le sorelle Simili, le mitiche panificatrici bolognesi.
Se lo sapessero, mi dicevo.
E pane senza impasto fu da allora quello più sfornato.
E il più mangiato.
Ben contenta quindi di analizzare con le mie compagne il libro da cui la ricetta proviene, e che quasi nessuno ricorda mai di citare...
Pieno di variazioni sul tema e foto esplicative dei passaggi, è veramente un piacere leggere la storia di come l'autore sia arrivato a sviluppare la ricetta ed il procedimento finali.
E diciamolo, un americano che parli della sua esperienza di formazione come panettiere tra diverse regioni italiane e che mi citi pure Apicio ha, d'istinto, tutta la mia simpatia :)


PAN CO' SANTI - WALNUT BREAD

400 g di farina per pane
85 g di uvetta
50 g di noci grossolanamente tritate
8 g di sale
2 g di cannella in polvere
2 grammi di lievito di birra disidratato
un pizzico di pepe nero
350 g di acqua fresca (tra 13 e 18 gradi)
crusca, oppure farina di mais o semplicemente altra farina 


In una ciotola mescolare insieme farina, uvetta, noci, sale, cannella, lievito e pepe. Aggiungere l'acqua ed usando un cucchiaio di legno o una mano mescolare fino ad ottenere un composto molto appiccicoso, circa 30 secondi.
Se non è davvero appiccicoso aggiungere uno o due cucchiai di acqua (a me non è servito).
Coprire la ciotola e lasciar lievitare a temperatura ambiente per circa 12/18 ore, finchè l'impasto raddoppierà e sarà coperto da bolle.
Quando la lievitazione è completa spolverizzare generosamente con della farina il piano di lavoro e rovesciarci l'impasto aiutandosi con una spatola per staccarlo dalla ciotola. Ora sollevare i lati dell'impasto e ripiegarli verso il centro, dando una forma più o meno circolare.
Spolverizzare un canovaccio con abbondante farina (o crusca oppure fainra di mais) e mettervi al centro l'impasto, con le pieghe verso il basso.
Spolverizzare con farina anche la sommità dell'impasto quindi avvolgere il panno non troppo stretto attorno e lasciar lievitare una o due ore, finchè raddoppia.
Se si preme leggermente con un dito l'impasto deve mantenere l'incavo formatosi, se non succede lasciar lievitare un altro po'.
Mezz'ora prima che termini la seconda lievitazione accendere il forno a 250 gradi con una grata nella parte più bassa e mettervi dentro la pentola di ghisa da circa 25 cm con il suo coperchio.
Tirarla fuori con attenzione, rimuovere il coperchio e rovesciarci l'impasto con delicatezza (le pieghe ora saranno in cima).
Chiudere con il coperchio e cuocere per 30 minuti.
Togliere il coperchio e continuare la cottura finchè il pane sarà di un color castagna accentuato ma non bruciato, da 15 a 30 minuti ancora.
Togliere dal forno e dalla pentola e far raffreddare completamente.


NOTE

- leggendo il procedimento pare che il lavoro dietro a questo pane dall'apparenza semplice non finisca mai: un giorno e mezzo abbondante! In effetti però sono per la maggior parte tempi di riposo, e la parte attiva ridotta al minimo.

- la mia pentola è leggermente più grande di quella richiesta dalla ricetta per cui il mio pane non si è sviluppato molto in altezza ma più in larghezza. Buonissimo comunque ma mi riprometto di rifarlo.

- la prima lievitazione era finita dopo circa 10 ore, immagino che il clima desertico abbia la sua influenza. Invece per la seconda mi ci sono volute due ore abbondanti.

- si è mantenuto molto bene fino al giorno dopo, poi è..sparito!

- nonostante l'impasto faccia paura inizialmente per quanto sia appiccicoso basta seguire le indicazioni dell'autore di usare farina a profusione per non farlo attaccare al piano di lavoro e devo dire che si riesce a maneggiarlo piuttosto bene.

- il pane ha una nota dolciastra dovuta all'abbondante uvetta bilanciata dall'incontro, qui e là, di una noce sotto i denti. Buono è dir poco, con la crosta bella croccante.

- le mie colleghe toscane asseriscono che la ricetta del vero pan co' Santi sia piuttosto diversa, mancando qui olio e zucchero. Consideriamo questa una personale interpretazione dell'autore :)

la ricetta è assolutamente PROMOSSA

venerdì 14 novembre 2014

CHOCOLATE-COCONUT BREAD






Ho di nuovo l’enorme piacere di contribuire all’avvincente avventura dello Starbooks nella veste di Redoner e questa volta mi è capitato tra le mani un libro particolarmente interessante, un autore che non conoscevo, padre (putativo) di una tecnica di panificazione di cui avevo solamente sentito parlare e sbirciato tentativi di replica in qualche blog, senza tra l’altro soffermarmi più di tanto.

Ammetto che quando ho scoperto che l’argomento di questo mese sarebbe stato l’arte bianca, ho avuto un sussulto! Le mie conoscenze e la mia tecnica sono ancora abbastanza carenti e sto solamente da poco cominciando a studiare un po’ più seriamente la materia. Con Lahey, però, le regole del gioco cambiano almeno un minimo, visto che se si devono ovviamente continuare a tenere in considerazione tempi di lievitazione, temperature e proporzioni, a venir meno è la complessa fase della lavorazione dell’impasto.

In un periodo in cui non ho tempo nemmeno di bermi una tazza di tè in santa pace o di prepararmi qualcosa di più complesso di un piatto di pasta aglio-olio-e-peperoncino, temevo di non riuscire a sopravvivere alle circa 20 ore di “lavoro” (tra preparazione, lievitazioni e cottura) che i pani di Lahey in media richiedono. E invece, fatti un po’ di calcoli per conciliare il tutto con le mie necessità e i miei orari, sono stata contenta di scoprire che questi no-knead bread sono anche pratici, da preparare anche durante la settimana e non solamente da testare nel week-end.

Vi rimando alle note per i dettagli circa la mia organizzazione a livello di tempistiche e passo subito a raccontarvi la ricetta che ho scelto, quella, inevitabilmente, di un pane dolce davvero molto buono!


COCONUT-CHOCOLATE BREAD

Nell’introduzione alla ricetta, Lahey racconta che l’idea di questo pane al cocco gli è venuta dopo averne assaggiato uno simile (senza l’aggiunta del cioccolato) in un negozietto giamaicano poco distante da Sullivan Street, prima location newyorkese della sua panetteria. Il proprietario del locale in questione lo utilizzava per preparare sandwich farciti di polpette di manzo speziate, contrasto (molto “americano”) che secondo Lahey “resta nella tua memoria gustativa per sempre”. Da lì, ispirandosi alla sua passione infantile per la combinazione cioccolato-cocco, ha elaborato questa ricetta:


Occorrente

una casseruola da 4.5 a 5.5 litri di capacità (circa) – (io ho usato una casseruola in coccio  di 20 cm di diametro con relativo coperchio)


Ingredienti per 1 pagnotta rotonda di 20 cm di diametro e 680 gr di peso


Farina per pane: 280 g
Farina di cocco disidratato naturale: 100 g
Cioccolato fondente in pezzi: 150 g
Sale: 4 g
Lievito di birra disidratato : 1 g (per me  il classico Mastro Fornaio)
Acqua fredda (13°-19°): 280 g


Crusca o altra farina aggiuntiva per spolverare



Procedimento

In una ciotola di medie dimensioni mescolare la farina, metà della farina di cocco, il cioccolato a pezzi, il sale e il lievito. Aggiungere l’acqua fredda e, utilizzando un cucchiaio di legno o le mani, mescolare fino ad ottenere un impasto umido e appiccicoso, circa 30 secondi. Coprire la ciotola e lasciar riposare a temperatura ambiente finché la superficie dell’impasto non sarà gonfia e il volume raddoppiato, tra le 12 e le 18 ore.

Al termine della prima lievitazione, spolverizzare generosamente con della crusca o della farina il piano di lavoro. Con l’aiuto di una spatolina di silicone, rovesciare l’impasto sul piano in un'unica volta. Con le mani leggermente infarinate o con la spatola, sollevare i bordi dell’impasto e ripiegarli verso il centro, dando allo stesso tempo una forma tonda alla pasta.

Posizionare un canovaccio pulito sul piano di lavoro e spolverizzarlo generosamente con della crusca o della farina e cospargerlo con la metà della farina di cocco rimanente. Con delicatezza posizionare l’impasto sul canovaccio, lasciando le pieghe sotto. Spolverizzare leggermente la superficie dell’impasto con la farina di cocco rimasta. Ripiegare i bordi del canovaccio senza stringere e riporre in un luogo caldo, lontano dagli spifferi a lievitare per 1-2 ore. L’impasto è pronto quando sarà raddoppiato. Facendo pressione delicatamente con un dito, deve rimanere impressa l’impronta. Se ciò non accade, lasciar riposare altri 15 minuti.

Mezzora prima della fine della seconda lievitazione, preriscaldare il forno a 246° (per me 220°), ponendo la griglia nella parte più bassa e posizionandovi al centro la casseruola munita di coperchio.


Con delle presine, rimuovere con cautela la casseruola dal forno e togliere il coperchio.
Aprire il canovaccio e velocemente, ma con cura, rovesciare l’impasto nella casseruola, con le pieghe verso l’alto. Rimettere il coperchio e cuocere per 40 minuti.

Rimuovere il coperchio e continuare la cottura finché il pane non sarà di un color castagna scuro ma non bruciato, circa 20-25 minuti.

Con una spatola o con le presine estrarre delicatamente il pane dalla casseruola e posizionarlo su una griglia per farlo raffreddare completamente.



Commenti

  • data la percentuale di acqua contenuta, l’impasto è effettivamente molto umido e appiccicoso ma non ho avuto particolari difficoltà nella gestione e nel maneggiarlo, anche grazie alle chiarissime indicazioni dell’autore;
  • il mio pane ha lievitato esattamente 13 ore in totale (12 ore la prima lievitazione + 1 ora la seconda): ho mischiato gli ingredienti di mattina presto e terminato la lievitazione e poi cotto la sera dopo cena;
  • data la forma non proprio “gonfia” della mia pagnotta, credo che qualche piccolo problema in fase di lievitazione ci sia stato. L’interno, però, pur rimanendo leggermente umido, non è 
  • risultato eccessivamente pesante ma morbido e piacevole; su valutazioni più tecniche alzo, però, le mani e, onde evitare di scrivere baggianate, chiedo a chi è ben più ferrato in materia di me di aiutarmi a valutare il risultato foto alla mano! =)
  • conoscendo il mio forno, ho impostato la temperatura a 220° fin dall’inizio; la farina di cocco si è tostata ben bene, i pezzi di cioccolato in superficie hanno corso il rischio di bruciare, quindi attenzione!
  • si tratta sicuramente di un pane ideale a colazione o a merenda ma non è eccessivamente dolce e si mantiene morbido anche a distanza di un paio di giorni (di più non so perché è scomparso dalla circolazione molto velocemente!)
  • mio padre, dopo averne assaggiato un pezzo, ha sentenziato “Si può rifare”. Questo significa, quindi, che per noi questa ricetta è

PROMOSSA!