A dispetto dei quintali di libri sul tema che piegano gli scaffali della mia libreria, confesso che ad ogni Natale faccio sempre gli stessi biscotti. Non so se dipenda dalla frenesia delle settimane di questo periodo dell'anno, per cui é meglio affidarsi a gesti e sapori collaudati e a risultati certi, oppure dal richiamo della tradizione, piú forte per queste festività che per altre, ma sta di fatto che quando inizio a tirar giú formine, mattarelli e scatoline varie, é sempre per preparare le solite cose. Aggiungo che, quando non lo faccio, ricevo in cambio sguardi delusi e immusoniti da parte dei miei familiari, come se mangiassero Vanillafipkferl o Linzer Cookies solo a Natale: "ma cosa vuol dire, mi rispondono, é che a Natale hanno un altro sapore!" e tanto basta per rintuzzare velleità di cambiamento.
C'é anche da dire, però, che, a dispetto dei quintali di libri sul tema etc etc etc, sono pochissimi quelli veramente affidabili. Duole doverlo rimarcare anche a Natale, ma la dose di bontà che ho ricevuto in sorte non mi impedisce di rilevare la deriva degli ultimi anni, quando quelle pubblicazioni che un tempo erano il corollario di anni di fatica e di riconoscimenti sul campo oggi si sono ridotti a una voce da spuntare, nella carriera degli influencer, quasi che l'abbinata "sfoglia del super e formaggio cremoso" non meriti di essere affidata all'immortalità della pagina scritta.
Non a caso, la scelta dello Starbook di questo mese si é rivolta al passato, anziché al futuro: la pubblicazione é recente, ma l'autrice é ormai un grande classico della pasticceria statunitense, per giunta alla voce "Bibbia", visto che tutto quello che scrive porta questo nome (e ogni volta me la immagino mentre scrive la bibbia della lista della spesa, con mariti e figli impegnati a svuotare carrelli da qui all'eternità). E comunque: Rose Levy Berambaum non si discute, ci siamo dette, e così é stato.
Ricette spiegate al micro grammo, preparazioni scandite in tutti i passaggi, fotografie oneste, da cui intuisci che quello é il vero prodotto finale di quanto precede, amplissima rassegna di classici e tanti altri pregi che si condensano in una dichiarazione di complessiva affidabilità che dovrebbe essere il presupposto fondamentale di un manuale di cucina, ma che oggi é sempre piú una perla rara, nel mare magnum delle ostriche vuote.
Nella nostra rassegna, abbiamo anche registrato una solenne bocciatura che, però, fa parte del gioco, specie se ad essere messo sotto torchio é un libro di pasticceria rivolto a non professionisti: le nostre cucine sono il regno della variabilità, la pasticceria é una scienza esatta- e comunque, un errore si perdona, non ultimo anche alla luce del numero di ricette provate, maggiore di quelle pubblicate e sempre perfettamente riuscite.
Il vero limite, semmai, é altrove e sta nella mancanza di quell'effetto wow che mi ha fatto tornare alla mente i tempi delle correzioni dei compiti in classe di italiano. I temi di una volta, per capirci, quando i primi della classe confezionavano elaborati oggettivamente perfetti, ma soggettivamente noiosi, di quella noia senechiana che partiva dalla prima riga e ti invadeva la vita intera, quando alla precisa successione di date, luoghi, frasi fatte si intervallavano le litanie dei rosari con mia nonna, le code interminabili ai caselli dell'autostrada, la nebbia in Val Padana. Qui, per fortuna, le corrispondenze sono decisamente migliori, con i profumi che si diffondono dal forno e che portano con loro le lusinghe di momenti di assoluto conforto e gioia (perché sì, fare i biscotti dà gioia, dà gioia regalarli, dà gioia mangiarli, da soli o in compagnia): ma Martha Stewart é un'altra cosa.
Ci vediamo a gennaio, con un nuovo Starbook!
Alessandra
P.S. gli auguri, tutti nel prossimo post!