Uno dei miei primi tentativi in cucina risale al tempo del liceo, alla vigilia di un compito in classe di chimica. Pronte ad uno studio matto e disperatissimo, io e la mia compagna di banco ci eravamo attrezzate di tutto il necessario, da una teoria di pennarelli colorati agli appunti segreti della secchiona: se non ché, sulla via di casa, ci era venuta l'idea di comprare qualcosa da mangiare e, per non si sa bene quale ragione, invece che riempirci il carrello di patatine e Coca Cola, ci eravamo fatte irretire dalla Saint Honoré in busta della Cameo. Ricordo ancora l'immagine che campeggiava sulla confezione, con quei bigné lucidi di caramello, i ciuffi di panna che, composti, si intervallavano, l'eleganza del decoro, la perfezione dei bordi. E pazienza se gli ingredienti, in piccolo, equivalevano ad un ripasso della tavola degli elementi che ci aspettava aperta sulla scrivania: ormai eravamo rapite e affascinate e tanto bastava per andare dritte in cucina e metterci all'opera.
Il risultato fu, purtroppo, un disastro. Ricordo ancora l'espressione delle nostre madri, costrette a fare atti di fede davanti a dei dischi volanti che giuravamo fossero bigné e a ricordarsi la fame del tempo di guerra prima di trangugiare una pappetta acquosa e viscida, invocando tutti i santi del calendario (Onorio escluso), per riuscire a mandarla giù.
Non so, alla fine, come fosse andato il compito di chimica: ma se una lezione ho imparato è stata quella di non fidarmi mai troppo delle "confezioni", persone o cose che siano. I libri di cucina non fanno eccezione (lo Starbook nasce proprio da una riflessione del genere) ed è per questo che, di fronte al relativo anonimato di questa copertina, avevo nutrito grandi aspettative sul libro del mese Il titolo, per contro, era suonato un po' vago e inconsistente, alle mie orecchie di semplice appassionata di cucina tedesca: ma avevo lasciato ai miei compagni il compito di sondare più approfonditamente i segreti racchiusi nelle sue pagine e, da qui, di formulare il giudizio.
Che, duole dirlo, rispecchia più la piattezza della copertina che gli equilibrismi del titolo: un libro senza spinta, privo sia dell'approfondimento storico che ci avrebbe permesso di oltrepassare gli stereotipi per scoprire i legami a cui allude il titolo, sia di quell'elemento innovativo che avrebbe invece potuto trasformare l'autrice nel corrispondente tedesco di Sabrina Ghayour o di Bronte Aurell, capaci di "dire cose nuove in versi antichi" nelle rispettive cucine. Un'occasione mancata, quindi, soprattutto alla luce della urgenza della tradizione germanica di essere ricapitolata e riattualizzata, nel senso di quella valorizzazione a cui Strudel Noodles & Dumplings ambisce, ma, ahinoi, solo in teoria.
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Da oggi, per la prima volta da che è nato, lo Starbooks si ferma.
Ci piacerebbe dirvi che lo facciamo solo perché da qualche giorno ci è impossibile trovare gli ingredienti indispensabili al nostro scopo, se non fosse che non è così: sappiamo tutti che dietro a questo inconveniente tecnico, l'umanità intera sta affrontando la sua prova più dura dai tempi del secondo conflitto mondiale, una guerra che, seppure con carte diverse, torna a giocare la stessa drammatica partita al tavolo della Storia. Le nostre incertezze, le nostre paure, le nostre angosce sono le stesse di tutti voi, le stesse che oggi ci impediscono di proseguire in un appuntamento che esige una attrezzatura, materiale e spirituale, che in questo momento ci manca.
Tuttavia, non vogliamo abbandonarvi del tutto, esattamente come non vogliamo abbandonarci del tutto allo sconforto che ci circonda: da qui, l'idea di recuperare i nostri vecchi, vecchissimi Starbooks, di quando ancora non esisteva questo spazio e pubblicavamo sui nostri blog, parlando di personaggi all'epoca sconosciuti, come Yotam Ottolenghi, Michel Roux, o anticipando tendenze ( Downton Abbey), ignare di quello che stavamo facendo ma con una carica di energia e di positività che vorremmo trasmettere anche a voi, nell'ora più buia di questi anni.
Ci vediamo nei prossimi giorni!