lunedì 30 settembre 2019

BAZAAR- TIRIAMO LE SOMME?


Quando ero al liceo, avevo iniziato a fare qualche incursione nella cucina di mia madre, non più da figlia affamata, ma da cuoca alle prime armi. Aspettavo che non ci fosse nessuno, dopodiché mi cimentavo con questa e con quella ricetta, cercando di nascondere le tracce degli insuccessi e costringendo il povero fidanzato di allora a cibarsi di tutto il resto, dal "più o meno sta insieme" in poi. L'allora malcapitato era tanto gentile quanto affamato, per cui non solo ingurgitava di tutto, ma trovava sempre una parola buona per non mortificare i miei sforzi: la pasta al forno collosa e dura come una pietra diventava "un gustoso mattonazzo", la zuppa di pesce esageratamente salata veniva ribattezzata "brodetto del Mar Morto", la torta che non era lievitata "merenda nella Galassia" e altre amenità del genere che davano la misura di quanto scarsa fosse la sottoscritta e di quanto temerario fosse lui. Le mie amiche, ovviamente, lo facevano meglio: i loro pan di Spagna erano soffici come nuvole, le loro creme compatte e vellutate, le pastasciutte al dente, gli arrosti rosati e sugosi. Il segreto, a quanto pare, era seguire le ricette e non farsi prendere dall'estro del momento come facevo io tutte le volte: per cui, un pomeriggio, armata della Guida Cucina della settimana, aperta sul paginone centrale della torta al cioccolato, mi ero accinta al più doloroso dei sacrifici, ossia pesare gli ingredienti- e solo quelli- e procedere secondo copione. E, secondo copione, dal forno era uscita la torta più bella che avessi mai fatto: morbida, profumatissima, facile a sformarsi, in una parola perfetta. Da lì, era stato tutto un conto alla rovescia, in attesa che il fidanzato emettesse il suo verdetto. Ricordo che nemmeno aveva varcato la soglia e già si era ritrovato con la bocca piena e la sottoscritta che gli saltellava intorno, ansiosa di prendersi la madre di tutte le rivincite.
"Fammene mangiare ancora un po'" erano state le prime parole, seguite da un silenzio sempre più pensoso. 
"Daiiii, cosa ci vuole a dire che è buona" continuavo a insistere, magnificandogli la bellezza della creatura: "guarda come è cotta bene, non te l'ho nemmeno dovuta rappezzare sul fondo... e senti che profumo, senti che morbidezza..." e via così fino a quando il poveretto aveva alzato una mano in segno di resa e aveva ammesso, con tutto il suo candore, che questa torta non sapeva di niente. Siccome era gentile, aveva aggiunto che ero riuscita nella difficile impresa di trovare il perfetto equilibrio fra gli ingredienti, per cui uno annullava l'altro: ma, in cuor suo, avrebbe preferito il rischio delle torte con qualche grumo o di quelle rappezzate dopo il solito incidente in cottura che, comunque, avevano un loro sapore, una loro personalità. 
Ecco: se Sabrina Ghayour avesse avuto il mio fidanzato di allora come assaggiatore, durante la stesura di Baza'ar, probabilmente avrebbe ricevuto un feed back molto simile. Non così tranchant, sia chiaro, perchè tutte le ricette di questo libro intrigano ed interessano: ma fra le aspettative (alte) e i risultati (normali) c'è una distanza troppo rilevante perchè si possa far finta di niente e condonarle un calo di ispirazione. 
Al solito, è la legge dei bravi, quella che non premia: Persiana e Sirocco sono testi quasi sacri, per chi voglia accostarsi alla cucina mediorientale da una prospettiva nuova, aperta alle sollecitazioni della contemporaneità e scevra da quei debiti con la tradizione sempre più autoreferenziale -e quindi vuota- della ricetta di casa propria.  Il merito indiscusso di Sabrina è stato proprio l'aver intrapreso questa strada, spazzando via dal proprio cammino le foglie morte  restituendo vita a quelle sbiadite e regalando  nuovi colori a quelle vigorose e tenacemente attaccate al proprio albero e di averlo fatto con coraggio, competenza ed allegria. Questo era quello che ci attendevamo da Bazaar, un passo oltre quei sentieri ormai esausti, verso le mille direzioni inesplorate della cucina vegetariana. Che ci sono e sono tante e, probabilmente, anche più a portata di mano di quanto si pensi: è solo che sono nascoste, in attesa della voce che le scopra e le disveli. Quella voce che avremmo tanto voluto che ci parlasse dalle pagine di Bazaar e che invece, purtroppo, ci ha lasciati un po' così, incerti nel giudizio, indecisi nella valutazione e, nel complesso, un po' delusi. 
Ci vediamo ad Ottobre, con il prossimo Starbook!

venerdì 27 settembre 2019

STARBOOKS REDONE DI SETTEMBRE 2019: IL VINCITORE!


Redone arrivato a conclusione e vogliamo ringraziare due delle nostre più affezionate lettrici per la costante partecipazione!
Ma solo uno è il vincitore per cui bando alle ciance e facciamo i complimenti a Sonia ed i suoi



Chiediamo al vincitore di inviare una mail a: lostarbook@gmail.com con l'indirizzo a cui inviare il gadget dello Starbooks. 
Continuate a cucinare, vi aspettiamo con le vostre ricette ad Ottobre!

giovedì 26 settembre 2019

CABBAGE AND SESAME SALAD




Le insalate sono sempre presenti nella mia dieta, in tutte le stagioni.
In autunno e inverno, le insalate di cavolo sono tra le mie preferite. Sabrina Ghayour nel suo Bazaar propone questa semplice insalata di cavolo e sesamo, tanto sesamo... Sarà bastato a creare un piatto vincente? Leggete e saprete! :D


CABBAGE AND SESAME SALAD
Ingredienti per 6-8 persone:
 
600-650 g di cavolo cappuccio affettato finemente (io ho usato una mandolina)
1 cucchiaio di semi di nigella
50 g di semi di sesamo tostati (per la quantità, vedi note)
2 cucchiaini di peperoncino in scaglie Pul Biber (io ne ho usato uno normale)

Per il dressing:
1 cucchiaio di olio di sesamo
3 cucchiai di aceto di riso
2 cucchiai colmi di tahina
1 cucchiaio di miele chiaro (io acacia)
Sale in fiocchi e pepe nero

Mettete il cavolo affettato in una ciotola capiente.
Preparate il dressing mescolando l'olio di sesamo con l'aceto e il tahina. Non mescolate troppo, poiché la tahina rischia di addensarsi troppo. Unite anche il miele e un generoso pizzico di sale e pepe.
Versate il dressing sul cavolo e mescolate bene. Unite anche i semi di nigella, quelli di sesamo e il peperoncino. Mescolate ancora e servite subito.

NOTE
 
- La ricetta è di una semplicità imbarazzante. Ci vuole più tempo a tagliare il cavolo che a fare il resto. 
 
- Il dressing mi è piaciuto tantissimo. Temevo fosse un po' aggressivo o addirittura amaro, vista la quantità importante di tahina, invece nel complesso è ben equilibrato.

- La quantità di sesamo indicata per me è leggermente eccessiva, nonostante io adori il sesamo. 50 grammi sono veramente tanti! Onestamente ritengo ne basti la metà, ma magari sono solo gusti.
 
- Non pensate di fare l'insalata senza i semi di nigella. Vi assicuro che fanno la differenza.
 
- Ero scettica sull'indicazione di gustare l'insalata subito. Quando la faccio io, la faccio riposare sempre un po', anche qualche ora, per far amalgamare i sapori. Qui in effetti non è necessario. Ho mangiato l'insalata sia appena fatta che dopo qualche ora ed è comunque ottima!
 
- Il carnivoro di casa se l'è spazzolata e gli è piaciuta tanto che l'ha voluta anche il giorno dopo, quindi direi proprio che la ricetta è 

PROMOSSA
 
Alessandra Corona - La Cucina di zia Ale

mercoledì 25 settembre 2019

COURGETTE, ORANGE AND ALMOND CAKE WITH SWEET YOGURT FROSTING

Ho una strana inspiegabile fascinazione per i dolci che contengono in maniera segreta le verdure.
Ricordo di avere preparato dei cake con zucchine della mitica Martha Stewart come pure una torta al cioccolato e barbabietola. Le carote poi lasciamole stare, sono l'ingrediente principale di molti miei dolci....insomma, mi ritrovo in pieno nello spirito dell'autrice che ha questa strana fissazione anche lei.
Ho provato questo dolce per la presenza delle mandorle e arancia.
La zucchina è una parentesi che mi è piaciuta subito perché ho immaginato un dolce umido e fondente al risultato. Siccome si possono trovare ancora ottime zucchine chiare e croccanti, con poca acqua, non ci ho pensato su due volte. E le sorprese sono state molte.

Ingredienti per uno stampo da 23 cm di diametro
3 uova grandi
150 g di zucchero semolato
la scorza finemente grattugiata di 3 arance non trattate
300 g di mandorle macinate
300 g di zucchine grattugiata grossolanamente
150 g di burro fuso e intiepidito

Per il frosting
150 g di yogurt greco
50 g di zucchero a velo setacciato
la scorza di una arancia non trattata grattugiata finemente per decorare

Scaldate il forno a 180° e foderato uno stampo a cerniera con carta da forno.
Mettete le uova e lo zucchero in una larga ciotola (o planetaria) e sbatteteli bene fino ad ottenere un composto chiaro e leggero. Aggiungete quindi la scorza di arancia, le mandorle, le zucchine e per finire il burro fuso e tiepido ed impastate fino a che il composto non sia morbido ed omogeneo.
Versate l'impasto nello stampo preparato e cuocete per 1h20 minuti quindi togliete dal forno e lasciate raffreddare nello stampo.
Per fare il frosting, mescolate gli ingredienti in una ciotola.
Con cautela togliete il dolce dallo stampo e sistematelo su un piatto di portata.
Spalmatevi sopra la glassa e cospargete con la scorza di arancia.
Il dolce si conserva due o 3 giorni in frigo ma portatelo a temperatura ambiente prima di servire.

NOTE PERSONALI

  • Anche questa è una ricetta molto semplice e che ha degli aspetti divertenti a livello sensoriale. Facile nella preparazione, basta ricordarsi di tenere tutti gli ingredienti a temperatura ambiente per evitare che l'impasto complessivo non produca il classico effetto "cagliata". Poi a prepararlo ci vuole davvero un attimo.
  • Ho preferito grattugiare le zucchine finemente perché non volevo che si notassero troppo nella texture della torta: ho una famiglia di talebani nei confronti dei dolci "famolostrano" e cerco sempre di non attirare attenzione né dare adito a domande inquisitorie del tipo "cosa c'è dentro"?. Alla fine ho avuto ragione, perché la texture risulta favolosamente morbida e fondente e nulla, nulla credetemi, può farvi riconoscere il sapore della zucchina, mi gioco la camicia! 
  • Le zucchine non vanno strizzate: il consiglio è di scegliere quelle chiare, piccole e croccanti. Assolutamente evitare le grandi scure che hanno un retrogusto amaro. Più fresche e piccole saranno e meno acqua produrranno. 
  • Il frosting è la vera genialata di tutta la ricetta: quel tocco fresco, acidulo e dolce che si rapprende sul dolce amalgamandosi favolosamente all'insieme. Ne sono entusiasta. Ti invoglia al morso...la userò sicuramente per altri dolci per creare questo delizioso contrasto. Da tenere assolutamente a mente.
  • E' naturalmente gluten free. 
  • La nota dolente della ricetta è un dettaglio che mi ha decisamente fatto rischiare di buttare via tutto. La cottura. Quando ho letto 1h20 ho pensato che forse fosse il tempo giusto per un impasto così liquido. Poi ho visto anche il livello dell'impasto nello stampo, che non è molto e la torta non nasce per essere alta. Ho preferito mettere il timer ad 1 ora di cottura e quando ho aperto il forno, la torta era già scuretta e asciutta all'interno. Sarebbe stata pronta già 5/10 minuti prima. Il tempo di cottura, per lo meno nel caso del mio forno, è completamente sbagliato. E non lo ritengo un dettaglio da poco perché complica la vita ad una ricetta altrimenti vincente. Mio malgrado devo quindi dire:
RIMANDATA 
(ma fatela lo stesso cuocendola meno, perché è buonissima)




martedì 24 settembre 2019

CARROT, FENNEL SEED AND RED LENTIL SOUP WITH LABNEH AND SESAME OIL





Nell'introduzione di questa ricetta, Sabrina Ghayour dice una cosa che mi trova completamente d'accordo e cioè che le zuppe non devono solo scaldare, ma avere anche una complessità di aromi e consistenze. Insomma, quella che mi aspettavo era una zuppa non banale e con un'armonia di sapori unica. Come sarà andata?




CARROT, FENNEL SEED AND RED LENTIL SOUP 
WITH LABNEH AND SESAME OIL
Ingredienti per 4 persone:
2 cucchiai di semi di finocchio
olio vegetale o ghee (io ho usato olio extravergine di oliva)
50 g di zenzero sbucciato e finemente tritato o grattugiato
1 cipolla tritata
500 g di carote pelate e tagliate in pezzi grossi
2 grossi spicchi di aglio tritati grossolanamente
1 cucchiaino di curcuma
2 litri di acqua in ebollizione
il succo di 1/2 limone (circa 2 cucchiai)
150 g di lenticchie rosse
4 cucchiai di labneh o yogurt greco
4 cucchiaini di olio di sesamo
fiocchi di sale Maldon e pepe nero macinato fresco
un paio di pizzichi di peperoncino in scaglie per guarnire

Ponete una grande casseruola su fuoco medio e tostate i semi di finocchio per due minuti. Aggiungete un filo di olio o ghee, lo zenzero e la cipolla. Rosolate tutto finché la cipolla non inizierà ad ammorbidirsi, senza farla dorare troppo. Aggiungete le carote e saltatele finché non iniziano ad ammorbidirsi.
Unite ora l'aglio, la curcuma e un generoso pizzico di sale e pepe. Mescolate bene. Versate l'acqua nella casseruola e fate sobbollire senza coperchio per 45 minuti. Trascorso questo tempo fate intiepidire la zuppa quindi frullatela con un minipimer o trasferendola in un frullatore. Rimettete la zuppa in pentola e, se necessario, regolate di sale e pepe. Unite quindi il succo di limone.
Rimettete la pentola sul fuoco a fiamma media e unite le lenticchie rosse. Fate sobbollire e cuocete mescolando di tanto in tanto per 30-40 minuti o finché le lenticchie sono morbide. Se la zuppa dovesse essere troppo densa, frullatene la metà, sempre con minipimer o in un frullatore.
Suddividete la zuppa in quattro ciotole. Completate con un cucchiaio di labneh e un cucchiaino di olio di sesamo. Finite con un pizzico di peperoncino e servite.

NOTE
- A prima vista, la zuppa - già dal titolo - potrebbe quasi sembrare un'accozzaglia di ingredienti. In realtà hanno (quasi) tutti il loro perché.
- Le carote e le lenticchie rosse con i semi di finocchio sono stati una bella scoperta. Mi sarei aspettata, che so, l'aggiunta di un pizzico di cumino o coriandolo, che secondo me ci sarebbero stati benissimo, invece la nostra ha optato per la curcuma, che si è comunque rivelata un'ottima scelta.
- Le diverse consistenze, nella zuppa, ci sono fino a un certo punto, ma nel complesso la texture è piacevole.
- La presenza del labneh o dello yogurt greco è secondo me indispensabile per fondere insieme tutti i sapori e dare, insieme al limone, la giusta acidità al piatto.
- La cosa che mi ha quasi infastidito è stato l'olio di semi di sesamo, visto che onestamente non aggiunge nulla. Anzi, non ci sta neanche troppo bene, visto che va quasi a disturbare la tanto decantata armonia di sapori. Troppo forte, troppo tostato. Insomma, un'aggiunta che l'autrice poteva benissimo evitare, secondo me. 

Detto questo, la zuppa è comunque buona e piacevole da mangiare, per cui la ricetta è 

PROMOSSA

Alessandra Corona - La Cucina di zia Ale

lunedì 23 settembre 2019

CARROT, HALLOUMI & DILL BALLS

Amo il fritto,che sia di carne, pesce o verdure. Per non parlare dei dolci fritti...! 
Credo di aver provato almeno una ricetta di cibo fritto nei libri Starbooks (e non solo) in cui le ho trovate. Ma non è che io mi metta a friggere ogni giorno, diciamo che la mia linea è: poco ma buono :)

Sabrina Ghayour, nell'introdurre la ricetta, scrive che è raro trovare le carote fritte, così ha pensato di preparare queste polpette a base di carote e halloumi, che sono perfette per una festa.



Carrot, halloumi & dill balls
da Bazaar di Sabrina Ghayour

Ingredienti per 16-18 polpette

olio vegetale per friggere
2 carote grandi, pelate e grattugiate grossolanamente
250 g di halloumi, grattugiato grossolanamente
1 uovo grande
30 g circa di aneto, tritato finemente
4 cucchiai di farina 00 
2 cucchiaini da tè di semi di cumino
1 cucchiaino da tè di paprika
fiocchi di sale Maldon
pepe nero appena macinato
foglie d'insalata per servire

In una padella larga, versare abbastanza olio, in modo da avere una profondità di 5 cm. Riscaldare l'olio su fuoco medio-alto e portare a temperatura di frittura (mettere un pizzico d'impasto nell'olio, se sfrigola subito è pronto). Mettere un doppio strato di carta assorbente da cucina su un piatto.
In una ciotola, mettere le carote grattugiate e l'halloumi insieme agli altri ingredienti. Insaporire con il pepe e poco sale. Lavorare il composto per amalgamarlo bene.
Quando l'olio sarà pronto per la frittura, prelevare un cucchiaio circa dall'impasto, e formare una palla che stia perfettamente nel cucchiaio. Proseguire con il resto del composto. Trasferire con attenzione le polpette nell'olio caldo e friggerle in lotti, per 2-3 minuti, finché non saranno ben dorate. Prelevare le polpette con una schiumarola, e trasferirle sul piatto foderato con carta forno. Servire calde con insalata.

Note personali

- ricetta originale e stuzzicante. Dopo la cottura, le polpette risulteranno croccanti fuori ma morbide dentro. Nonostante siano fritte, non risultano affatto pesanti

- la quantità di aneto presente nella ricetta, potrebbe essere troppa per i nostri palati A me piace molto l'aroma che dona alle preparazioni, ma conoscendo i gusti di mio marito, ho dimezzato le dosi, anche perché il rischio di sovrastare gli altri ingredienti c'è. Per me andava bene, per lui era ancora troppo... regolatevi in base ai vostri gusti e utilizzate delle carote dolci e gustose

- mi sarebbe piaciuto trovare una salsa di accompagnamento nella ricetta. Io ne ho preparata una al volo con dello yogurt greco, condito con poco sale, pepe, e un filo d'olio extravergine d'oliva

- Sono curiosa di provare delle varianti con altre verdure, perché l'idea mi è piaciuta molto

La ricetta è:

PROMOSSA

venerdì 20 settembre 2019

ZA'ATAR, LEEK AND CELERIAC SOUP

Nonostante il caldo voglia ancora molto bene alla nostra Penisola, arriverà ben presto il tempo di creme e vellutate, e siccome in casa mia vanno per la maggiore per velocità di preparazione e conforto immediato, ho voluto provare una ricetta semplice, con un ingrediente che sto imparando a rivalutare: il sedano rapa.
Complice la fortuna di trovarlo al super (provenienza Olanda - confesso che mi vergogno un po'), mi sono buttata a pesce su questa crema e l'ho anche finita senza troppi sensi di colpa.
L'autrice afferma giustamente che questo ingrediente da solo non esprima il suo massimo e gioca la carta dello Za'atar. L'asso nella manica!

Ingredienti per 4/6 persone 

Olio d'oliva per soffriggere
500 g di porro, privato delle estremità, pulito e tritato grossolanamente
800-900 g di sedano rapa, pelato e tagliato a dadi
3 grossi spicchi d'aglio
2 litri di acqua bollente
50 g di burro
2 cucchiai di za'atar
fiocchi di sale Maldon e pepe nero macinato fresco
  • Scalda una larga casseruola su fiamma media. Versaci un poco di olio d'oliva, aggiungi il porro e cuoci per qualche minuti o fino a che non sia morbido senza scurirsi.
  • Aggiungi il sedano rapa e l'aglio e mescola, condisci con pepe ed un bel pizzico di sale. Cuoci per altri 12/15 minuti fino a che le verdure non siano morbide. Non permettere che le verdure si rosolino troppo in quando la zuppa deve restare bianca.
  • Versaci l'acqua bollente, mescola bene quindi riduci il calore a fiamma bassa e lascia sobbollire senza coperchio per 30/40 minuti, fino a che il sedano rapa non sia morbido.
  • Trasferisci il composto in un mixer o usa un mixer a immersione e frulla il tutto. Rimetti la zuppa nella casseruola, versaci il burro fino a che non sia sciolto quindi servi in ciotole rifinendo con lo za'atar e un filo di olio d'oliva. 
NOTE PERSONALI
  • Sulla facilità del tutto non devo spendere parole. Le creme di verdura sono piatti che si preparano sempre con gran piacere per il totale disimpegno che la preparazione necessita. In questo caso l'unica accortezza è quella di non far brunire le verdure per conservare un bel colore candido caratteristico degli ingredienti principali (anche se maggiore "tostatura" potrebbe far sprigionare sapore più intenso - vedi cottura in forno per molte verdure invernali a partire dalla zucca). 
  • La quantità di aglio per i miei gusti personali (credo di avere un Dna da vampiro) è decisamente eccessiva. In ogni caso, privando l'aglio dell'anima e cuocendolo a lungo come in questa ricetta, il sapore un po' si stempera. 
  • Gli ingredienti sono pochi e facili da reperire. Il sedano rapa non è un ortaggio tipicamente mediterraneo né estivo, ma a partire da novembre sarà facile trovarlo ovunque e prodotto in Italia, quindi aspettate l'autunno inoltrato. Però è un ingrediente versatile che ho scoperto solo da poco tempo e mi piace moltissimo. Va usato in quantità misurata perché caratterizza in maniera molto decisa qualsiasi preparazione. In questa crema, sposato con la dolcezza del porro è davvero buonissimo. 
  • Non mi dilungo nel dirvi che l'olio da usare debba essere extravergine, specialmente su piatti come questo.  L'aggiunta di burro fuso è eccessiva se vogliamo rifinire il piatto con del buon extravergine. Certo che è un piatto leggero in termini di calorie, ma si possono bilanciare i grassi una volta tanto. 
  • Ricetta facile e molto buona, senza picchi di originalità a parte il tocco dello za'atar, ingrediente ormai a noi caro e familiare grazie al nostro Ottolenghi, e di cui mi sono fatta una piccola scorta preparata in casa per ogni evenienza (miscelare in egual misura origano, semi di sesamo tostati, cumino,  sumac - semi di melograna essiccati e ridotti in polvere - e sale marino in fiocchi e pestare in un piccolo mortaio per sprigionare maggiore aroma).  La presenza di questo misto spezie esalta e regala sorprese ad un piatto sin troppo gentile. In breve posso dire: 
PROMOSSA 

giovedì 19 settembre 2019

MANGO, BLACK PEPPER & CARDAMOM POLENTA BAKE




Appena preso questo libro del mese per Starbooks, sono rimasto molto attirato da questa ricetta per vari motivi, ma specialmente per la presenza del mango, uno dei frutti più buoni che si possano trovare in Brasile, e uno dei miei preferiti, soprattutto se freddo, gelato, da frigo.
Ecco la ricetta testata. 

INGREDIENTI
per 10-12 persone

3 uova grandi
100 g di zucchero semolato 
1 cucchiaio di pasta di vaniglia 
semi di 6 bacche di cardamomo, finemente pestati nel mortaio
1 cucchiaino di pepe nero macinato al momento 
400 g di farina di mais per polenta (non instantanea)
150 g di burro fuso 
850 g di puré di mango zuccherato in lattina

Per lo yogurt al lime
200 g di yogurt greco 
2 cucchiai di zucchero a velo 
buccia finemente grattugiata di 1 limone biologico
1 cucchiaino di pasta di vaniglia 

Preriscaldare il forno a 180 gradi. Rivestire una teglia 35 x 25 cm con della carta forno.
Mettere le uova, lo zucchero, la pasta di vaniglia, il cardamomo e il pepe in una ciotola (io, nella planetaria) e sbattere il tutto in modo uniforme Una volta ottenuto un composto omogeneo, aggiungere la farina di mais-, il burro fuso e mescolare bene nuovamente. Infine, incorporare il puré di mango zuccherato. 
Versare il composto nella teglia sbattendo sul tavolo di lavoro per distribuire bene l’impasto e con una spatola uniformare il tutto. Cuocere per 40-45 minuti, finché non risulti ben sodo. Lasciar raffreddare completamente nella teglia. 
In una ciotola combinare gli ingredienti per lo yogurt al lime e mescolare bene. 
Tagliare in 10-12 fette e servire la torta di polenta usando lo yogurt come frosting, o servirlo a parte.

NOTE

- Per la preparazione di questa torta, non solo ho comprato tre manghi grandi e deliziosi (tipo “Espada”, come si chiamano qui quelli oblunghi e verdastri), ma, inorridito dall’idea di mango in scatola, tra l’altro inesistente da queste parti, ho anche fatto amorosamente il puré, lasciando ammorbidire la frutta tagliata a pezzi, con dello zucchero e dell’acqua, e poi passando il tutto nel mixer. Perfetto, buono, zuccherato al punto giusto. 

- Risultato finale della torta. Attesa delusa. Non so cosa mi aspettavo ma la torta di polenta è risultata una vera e propria “mappazza”. Non ci sono altre parole migliori per descriverla. Una polenta, diciamo così, “dolce”, con pochissimo zucchero. 

- Tuttavia, era prevista come mio contributo al dessert per una cena con famiglie di amici locali, con bambini. Una festa brasiliana, insomma. Appena tagliata la prima fetta, ho cominciato a percepire che la consistenza era “da pane”… poco consono, forse, a ciò che si chiama in portoghese “sobremesa”, cioè il dolce al finale…

- Tagliate a fettine molto sottili, forse si può mangiare. Perciò le mie fettine sono diventate 18-20. 

- Il palato dei brasiliani è certamente diverso dal mio europeo, filoscandinavo e nigelliano. Loro hanno gradito, e non per farmi contento, anche perché - mi dicevano sorridenti - ricorda certe torte del Nordest brasiliano, che sono piuttosto “dense” e non troppo zuccherate. 

- È finita in fretta perché se la sono divisi in due famiglie per la colazione “salata” del giorno dopo.

-Alla fin fine, è una polenta dolce (e, come dicevo prima, neanche troppo). Per il mio “sweet tooth”, non va bene…

- Per questo ho messo lo zucchero a velo, non previsto dalla ricetta originale. Per addolcire e per migliorare, chissà, l’aspetto visivo della torta. Ma vi confesso che era proprio per addolcirla di più…. 

Purtroppo sono costretto a 
BOCCIARLA 
o rimandarla a settembre 


Biagio D'Angelo - Glogg the Blog

mercoledì 18 settembre 2019

CARAMELIZED ONION, FETA AND OLIVE TART




Secondo la mia esperienza, ogni buon libro di ricette vegetariane che si rispetti contiene almeno un paio di ricette di torte rustiche. Da Sabrina Ghayour mi aspettavo una torta rustica particolare, intrigante o comunque buonissima... Come sarà andata?


CARAMELIZED ONION, FETA AND OLIVE TART

Ingredienti per 8-10 persone:

Per la base:
225 g di farina 00 più altra per lo spolvero
100 g di burro salato e freddo, tagliato a cubetti
3-4 cucchiai di acqua

Per la farcia:
olio vegetale (io ho utilizzato extravergine)
2 cipolle grandi, tagliate a metà e poi affettate finemente
250 g di ricotta
200 g di feta
1 uovo grande
1 cucchiaino di peperoncino in scaglie
1 cucchiaino di aglio liofilizzato
16 olive kalamata senza nocciolo più qualcun’altra per guarnire
un pizzico di fiocchi di sale
pepe macinato al momento

 Per prima cosa preparate la base. Mettete la farina in una ciotola capiente. Unite il burro sfregando con la punta delle dita fino a ottenere delle grosse briciole. Aggiungete l'acqua fredda e mescolate ancora fino a ottenere una palla di impasto. Avvolgete la pasta nella pellicola trasparente e mettetela in frigo per almeno 30 minuti.
Per fare il ripieno mettete un filo di olio in una padella capiente e ponetela su fuoco medio-basso. Aggiungete le cipolle e il timo e cuocete lentamente, mescolando regolarmente finché le cipolle non saranno caramellate e dorate, facendo attenzione a non bruciarle o renderle troppo croccanti. Una volta cotte, mettete da parte e fate raffreddare.

Prendete una teglia da crostata di 24 cm di diametro. Prendete un pezzo di pellicola trasparente e mettetelo sul piano di lavoro. Infarinate generosamente, quindi posizionate sopra la pasta e infarinate leggermente, quindi coprite senza stringere con altra pellicola. Servendovi di un matterello stendete la pasta fin quando non sarà leggermente più grande della teglia. Rimuovete la pellicola da sopra e trasferite delicatamente l'impasto nella teglia (forse qui ha dimenticato il passaggio in cui va tolta ovviamente la pellicola da sotto...). Se la pasta dovesse rompersi, potete rattopparla in seguito, con gli scarti. Premete l'impasto nelle scanalature, quindi passate il matterello sulla teglia per pareggiare la pasta. Coprite con pellicola e mettete in frigo per 20 minuti.
Preriscaldate il forno a 200 gradi (180 ventilato). 

In una ciotola unite la ricotta, la feta e l'uovo fino a ottenere una crema liscia. Aggiungete il peperoncino, l'aglio, le olive e le cipolle caramellate. Regolate di sale e una generosa macinata di pepe. Mescolate bene.

Mettete la farcia nel guscio di brisé (a questo punto io ho bucherellato la pasta sul fondo) e decorate con qualche oliva. Cuocete per 30-35 minuti (io l'ho dovuta lasciare qualche minuto in più).


Note:

- Quando ho letto il titolo di questa ricetta, ho immaginato il connubio cipolle-feta e mi è venuta l’acquolina in bocca. Peccato che, all’assaggio, le mie aspettative siano state totalmente deluse. Per carità, è un’ottima torta rustica e mentirei dicendo il contrario. D'altronde, se io leggo “cipolle caramellate” mi aspetto che il gusto delle cipolle si senta e sia deciso, non che le cipolle si sentano solo se ne becchi un pezzetto… Peccato, perché sarebbe bastato semplicemente mettere più cipolle!
- Probabilmente, se ci fossero state più cipolle, il gusto nel complesso sarebbe stato più equilibrato. Non che non fosse buono, ma la dolcezza delle cipolle avrebbe aiutato a rendere più delicato anche il gusto della feta.
- Nel complesso la tart è ottima… basta non aspettarsi che sappia troppo di cipolle XD

Per questo, purtroppo, la ricetta è: 

RIMANDATA

Alessandra Corona - La cucina di zia Ale

martedì 17 settembre 2019

POTATO, SPRING ONION & GOATS' CHEESE HAND PIES



Faccio subito mea culpa: le torte salate non mi fanno impazzire.
Sarà che nella maggior parte delle volte in cui mi vengono propinate e non posso per cortesia dire di no mi ritrovo davanti ad una pasta molle, un ripieno indefinito e sapori indistinti.
Per questo mi fa orrore anche la nomea di "svuotafrigo"spesso loro attribuita, che mi fa pensare che solo il cielo sa cosa ci sia dentro e sia meglio preteggersi rimanendo in beata ignoranza.
Che per carità, sembrano piatti facili ma non lo sono assolutamente: devi azzeccare la cottura del guscio, gli aromi, la consistenza del ripieno.
Io stessa non ne cucino mai a meno che costretta, e solo quel paio di ricette veramente buone del repertorio (entrambi su questo blog, tra l'altro).
Quindi perchè questa scelta?
Primo, me ne piace la dimensione. Più lavoro ovviamente che una pie singola ma decisamente più abbordabili per l'occhio in primis.
Secondo, l'autrice rivela nell'introduzione come la sua pie preferita sia un grande classico inglese, la Homity Pie, in pratica un guscio di brisée con un ripieno di patate, porri, cipolle e formaggio che fa la sua apparizione più o meno durante la Seconda Guerra Mondiale ma vive un periodo di estrema popolarità negli anni sessanta.
Una pie vegetariana, quindi, e come tale attualissima per il trend del meatless ora tanto in voga.
 Rivista, corretta ed alleggerita diventa quello che vedete qui.
Come non darle una chance allora? ;)


POTATO, SPRING ONION & GOATS' CHEESE HAND PIES
(per 6 pezzi)

250 g di patate a pasta gialla (o patate nuove)
250g di formaggio caprino morbido
un cucchiaio di origano secco
3 bei cipollotti affettati finemente per intero
circa 15 g di foglie di dragoncello finemente tritate
una confezione da 320g di pasta sfoglia di buona qualità già stesa
un uovo leggermente battuto
un cucchiaino di semi di nigella
sale in fiocchi e pepe nero macinato al momento


Bollire le patate per 15 minuti quindi scolarle e lasciarle raffreddare.
Tagliare quindi le patate in due nel senso della lunghezza, quindi tagliare ogni metà a fettine (mezze lune, le chiama l'autrice :)
Mettere il caprino, l'origano, i cipollotti ed una generosa quantità di sale e pepe in una ciotola capiente e lavorare tutti gli ingredienti insieme. Aggiungere quindi le patate ed il dragoncello, mescolando finchè il tutto sarà omogeneo.
Preriscaldare il forno a 200 gradi e foderare una teglia con carta forno.
Tagliare la pasta sfoglia in sei quadrati quindi dividere il ripieno in sei porzioni tondeggianti.
Mettere quindi una pallina di ripieno al centro del quadrato di sfoglia e raccogliere i quattro lembi del quadrato sul ripieno in modo da chiuderli pizzicando la pasta (non devono essere perfetti).
Trasferire i pacchettini sulla teglia preparata, spennellarli con l'uovo, spolverizzarli con i semi di nigella e cuocerli per 25-30 minuti finchè ben dorati.
Servire subito.



NOTE 

- più che "pies" nel senso stretto della parola sono più qualcosa di simile a dei panzerotti ripieni: mille volte meglio! Il ripieno è morbido ma non cola, la pasta croccante, la dimensione facile da aggredire.
E come il titolo richiama, da mangiare con le mani.

- sono buonissime, qui veramente vedo un ibrido ben riuscito tra Medio Oriente ed Occidente: il ripieno della pie inglese nella forma ed invece il  guscio di tanti sfizi dello street food, e non solo, mediorientale. Solo per citarne alcune può ricordare nella forma la fatayer che si vede ovunque dalle mie parti, pasta ripiena di laban (il formaggio di yogurt che nel gusto acidulo può ricordare un caprino), carne o spinaci (o tutti insieme), e nei sapori la manakeesh, una sorta di pizza aperta coperta di formaggio e spezie. Immancabili, in entrambi i semi di nigella che sono per me l'aroma vero di un bazaar.  Una nota dell'autrice in merito sarebbe stata interessante.

- perchè ovviamente di qualcosa mi devo lamentare: odio profondamente quando nella lista ingrediendi si trovano diciture tipo qui sopra "confezione di pasta sfoglia da 320g". Essendo ormai assodato che viviamo nel mondo in cui sussurro qualcosa a Milano ed in tempo reale la sentono a Tokyo, ed assodato che certi chef/cuochi/foodblogger si rivolgano ad un pubblico internazionale ed eterogeneo, che fatica sarà mai dare le dimensioni del foglio usato.
La mia confezione  di pasta sfoglia era da 490g, per dire...ho solo ritagliato dei quadrati che mi sembravano delle dimensioni di quelli del libro. Nè Ottolenghi ma nemmeno una Martha Stewart od una Nigella hanno mai lasciato al caso questi solo apparentemente piccoli dettagli.

- buonissime tiepide ma deliziose anche a temperatura ambiente, sono state finite in un baleno. Sai la scusa che tanto sono piccole...:)

la ricetta è 
PROMOSSA


lunedì 16 settembre 2019

ORANGE, ALMOND AND CARDAMOM MADELEINES






Quando si parla di “madeleines”, essendo uno studioso e un appassionato dell’opera di Marcel Proust, non resisto. 
È come il richiamo delle sirene. Vediamo se anche questa volta le madeleines mi hanno sedotto…

ORANGE, ALMOND AND CARDAMOM MADELEINES
per 14-16 madeleines

2 uova 
85 g di zucchero semolato
2 cucchiaini di mielechiaro
semi di 4 bacche di cardamomo, finemente pestati nel mortaio
buccia finemente grattugiata di 2 arance biologiche 
90 g di burro non salato, fuso, più dell’altro per gli stampini
90 g di farina 00, più dell’altra per gli stampini
100 g di farina di mandorle
un buon pizzico di sale 
1/2 cucchiaino di lievito 
2 cucchiai di latte
zucchero a velo, per spolverare (facoltativo)



Montare le uova con lo zucchero in una planetaria finché non diventino spumose e morbide. Aggiungere il miele, il cardamomo, la buccia delle arance e mescolare bene. Incorporare il burro fuso, seguito dalla farina 00, la farina di mandorle, il sale e il lievito. Mescolare bene il tutto e finalmente incorporare il latte. Coprire la ciotola con della pellicola e lasciare riposare in frigo per 1 ora (o tutta la notte, come si preferisce). Preriscaldare il forno a 200 gradi. Con un pennellino, ungere generosamente gli stampini delle madeleines con burro e poi spolverare con un po’ di farina, eliminando bene ogni eccesso. Porre un cucchiaio (non troppo colmo) della pastella in ogni stampino da madeleine e cuocere per 10-12 minuti, finché dorati. Lasciar raffreddare e poi rimuovere dagli stampini. Ripetere l’operazione se necessario. Spolverare le madeleines con dello zucchero a velo e servire immediatamente. 

NOTE

La ricetta è ben spiegata, soprattutto il calcolo della temperatura del forno (12 minuti netti, precisi, spaccati, non uno di più, né uno di meno) e il passaggio - assolutamente necessario - in frigo (che io ho lasciato però tutta la notte). Senza questo passaggio, non si otterrà la famosa gobbetta che fanno la caratteristica delle madeleines. Me ne sono venute 20! 

Buone, buonine, ma non buonissime, nel senso che non si riesce ad alzare gli occhi al cielo, in estasi, come quelle di Dorie Greenspan, in “Baking Chez Moi”.  

Il cardamomo e la buccia delle arance si sentono, sì, ma solo come vaghi ricordi. 

La ricetta potrebbe stare in qualsiasi altro libro di cucina, e non solo in questo, che si propone di ripercorrere delle ricette vegetariane, ispirate all’idea di mercato persiano e mediorientale. Per spiegarmi meglio: le madeleines, com’è noto, sono un biscottino da tè tipicamente francese, immortalato da Marcel Proust nella Ricerca del Tempo Perduto. Oltre alla Madeleine classica, inzuppata nel tè, dal piccolo Marcel a casa della zia Léonie, ce ne sono di tutti i tipi: con cioccolato, glassa al limone, all'arancia, ecc. Se basta metterci un po' di cardamomo per inserirle in un libro sulla cucina vegetariana del Medio Oriente...

Se lasciate la pastella in frigo per una notte, fatela “ambientare” prima di versarne le cucchiaiate negli stampini. 

PROMOSSA 
per il rotto della cuffia

venerdì 13 settembre 2019

SPICED CHEWY CHOCOLATE COOKIES



C'è niente di più confortante di un biscotto?
L'autrice racconta nell'introduzione alla ricetta del suo essere estremamente esigente in materia: bisogna che sia croccante fuori e morbido dentro per conquistarla.
Meglio se con del cioccolato o magari della frutta secca.
Alla sottoscritta invece togliete davanti tutto ciò che sappia di frolla, burro e finisca in shortbread perchè non solo non ne rimangono, ma c'è il rischio che manco vengano cotti dati gli assaggi, piccoli ma continui, agli impasti crudi.
Che poi è stata sempre una libidine senza fine, questa degli assaggi precottura, perchè soggetta alle infornate...e non è che si cuociano biscotti tutti i giorni, ahimè.
Ora invece dalle mie parti, in quei supermarket giganti che non bastano ore a finire i corridoi e mi fanno sempre l'effetto di un luna-park, hanno fatto la loro apparizione le confezioni di "cookie-dough" ovvero impasto crudo pronto per essere mangiato e quindi senza ingredienti deperibili.
Sorprendo me stessa nel non averle ancora provate: non so se mi trattenga di più il numero aberrante di calorie per un bocconcino minuscolo o il fatto che temo cocente delusione.
Vi saprò dire :)
Qui invece il biscotto non è nemmeno un biscotto, ma quasi una meringa e come tale a grosso rischio dipendenza per la sottoscritta.
Perchè se al cioccolato posso resistere senza problemi (tranne se bianco) alla meringa dire no è già più complicato.
Quindi, un biscotto-non-biscotto, una meringa-non-meringa.
Come è finita? ;)





SPICED CHEWY CHOCOLATE COOKIES
per 20 pezzi circa

4 albumi
300 g di zucchero a velo, setacciato
50 g di cacao amaro setacciato
un generoso pizzico di sale
150 g di gocce di cioccolato fondente
3 cucchiaini di caffè solubile sciolto in 3 cucchiaini di acqua tiepida
2 cucchiaini di pasta di vaniglia
2 cucchiaini di cannella in polvere
mezzo cucchiaino di peperoncino in polvere
25 g di burro per la teglia

Preriscaldare il forno a 180 gradi e foderare la leccarda più grande che avete con carta forno.
Montare gli albumi con le fruste elettriche finchè saranno ben sodi e lasciare da parte.
In un'altra ciotola mescolare lo zucchero a velo, il cacao, il sale ed infine le gocce di cioccolato.
Ora con delicatezza unire le polveri agli albumi montati insieme a tutte le spezie, facendo attenzione a non mescolare ma piuttosto usando la spatola con un movimento rotatorio dal basso verso l'alto.
Appena il tutto è omogeneo ungere la carta forno con il burro (aiuta a far staccare i biscotti).
Usare un cucchiaino colmo di impasto per ogni biscotto, non di più, e lasciare almeno 2.5 cm tra uno e l'altro perchè in cottura si allargano moltissimo.
Usare più impasto per ciascun biscotto è sconsigliato, altrimenti diventano difficili da rimuovere.
Cuocere per 12 minuti, risulteranno ancora morbidi una volta tolti dal forno ma induriscono raffreddandosi. Non toccarli finchè freddi quindi usare una spatola piatta per rimuoverli dalla carta forno con delicatezza.

NOTE

- i biscotti sono semplici da fare e molto buoni. Unici inghippi possibili: va azzeccata la cottura che come ormai abbiamo ripetuto alla nausea dipende sempre dal proprio forno: nel mio sono stati perfetti 11 minuti invece dei 12 prescritti, e non vanno lavorati/mescolati troppo pena un impasto liquido e smontato. Il segreto è nella velocità ;)

- l'impasto a base di albumi, senza farina e con il cacao a dare struttura non è certo una novità (Martha Stewart docet, solo per citarne una). Quello che rende i biscotti più interessanti è certamente l'uso delle spezie, il peperoncino in primis.


- come ho già detto sono molto buoni e con il pregio di essere naturalmente gluten-free e, se si sostituisce il burro con cui ingere la teglia, anche senza lattosio. Si conservano molto bene in un barattolo per diversi giorni, anzi forse sono ancora più buoni il giorno dopo quando il croccantino dell'esterno si è assestato e rimane il cuore "gooey"come sorpresa ad ogni morso.


La ricetta è ovviamente 
PROMOSSA


giovedì 12 settembre 2019

SPICED APPLE, THYME & HAZELNUT CAKE




Le torte di mele sono in assoluto quelle che amo di più mangiare, probabilmente perché ho dei bellissimi ricordi legati a tanti compleanni della mia infanzia, quando mia mamma mi preparava una torta deliziosa, sempre la stessa, insuperabile, proprio con le mele come protagoniste.

Nella ricetta di oggi le mele non sono le uniche protagoniste, ma sono in compagnia delle nocciole, della cannella e di altri aromi perché, secondo l'autrice di Bazaar, Sabrina Ghayour, nei dolci le mele danno il meglio, solo se accompagnate dalla frutta secca...

Spiced Apple, Thyme & Hazelnut Cake
da Bazaar, di Sabrina Ghayour


Ingredienti per 8-10 persone

3 uova grandi 
225 g di zucchero semolato
2 cucchiaini da tè di pasta di vaniglia 
1 cucchiaio di foglie di timo, tritate finemente
1 cucchiaino da tè colmo di cannella in polvere
1 cucchiaino da tè di zenzero in polvere
225 g di farina bianca (00 o 0)
1  cucchiaino da tè colmo di baking powder
225 g di burro fuso
100 g di nocciole intere o dimezzate, leggermente tostate in forno (tenerne da parte una manciata)
2 mele, pelate, detorsolate, e tagliate a cubetti di 1 cm

Per la panna alla cannella

300 ml di doppia panna (va bene anche quella semplice)
1 cucchiaino da tè colmo di cannella in polvere
3-4 cucchiai di zucchero a velo, setacciato
cucchiaino da tè di pasta di vaniglia

Preriscaldare il forno a 180°C (160°C se ventilato). Rivestire con carta forno una tortiera di 23-24 cm di diametro.
Sbattere le uova con lo zucchero, la pasta di vaniglia, il timo, la cannella e lo zenzero, in una ciotola capiente, finché non saranno amalgamati uniformemente. Unire la farina e il lievito (io li ho setacciati insieme) e mescolare bene. Unire il burro, sbattendo, fino ad ottenere un composto liscio. Aggiungere, mescolando, le nocciole poi le mele delicatamente.

Versare la pastella nella teglia, lisciando e livellando la superficie con una spatola. Sparpagliare le nocciole tenute da parte e cuocere per un'ora e 10 minuti, o finché la superficie non sarà ben dorata. Sfornare e lasciar raffreddare nello stampo.

Per preparare la panna alla cannella, montare la panna e gli altri ingredienti in una ciotola, a mano o con il frustino elettrico. La panna non dovrà essere troppo montata e densa. Servire la torta con una generosa cucchiaiata di panna alla cannella.



Note personali

- la torta è deliziosa, i sapori sono ben dosati, e la ricetta è piuttosto semplice e veloce da preparare

- il connubio delle mele con la frutta secca non è certo nuovo, così come quello con la cannella o lo zenzero, mentre quello con il timo è poco conosciuto ma vincente, secondo me. Avevo assaggiato parecchio  tempo fa in Francia, una torta di mele servita con un gelato alla crema aromatizzata al timo: delizioso, e me lo ricordo ancora bene, nonostante siano passati diversi anni

- le nocciole da utilizzare devono essere le migliori che avete a disposizione: io uso la Tonda Gentile delle Langhe, che non ha bisogno di presentazioni

- la nota dolente della ricetta sono i tempi di cottura. Io ho utilizzato uno stampo di 24 cm di diametro e ho cotto la torta per 45 minuti circa. Avevo impostato il timer a 40 minuti perché i 70 minuti previsti nella ricetta mi sembravano esagerati, ed è così! E' vero che la ricetta prevede un'ora e dieci minuti di cottura a 180°C, o finché la superficie della torta non risulti ben dorata, ma la differenza tra il tempo indicato e quello necessario non è poca, anzi!

- la panna montata alla cannella è stupenda (quella della foto è rimasta in frigorifero in attesa della foto del giorno dopo e si è smontata un po'...), da mangiarsela da sola a cucchiaiate, cosa che qualcuno ha fatto... :)D


La torta è deliziosa, ma la ricetta, ahimè, è:


RIMANDATA, per i tempi di cottura non corretti

mercoledì 11 settembre 2019

BAKLAVA BUNS






In un’intervista per il quotidiano inglese “Evening Standard”, Sabrina Ghayour ha dichiarato che, tra tutte le ricette dolci di Bazaar, questa è quella di cui va più fiera, un ibrido tra la cultura nordeuropea del “bun” e del classico dolce mediorientale.
L’ho provata e il mio giudizio lo trovate alla fine di questa ricetta. 

Ingredienti 
per 12 baklava buns

Per i buns
350 g di farina forte (Manitoba), più dell’altra per infarinare
7 g di lievito di birra disidratato
un buon pizzico di sale 
150 g di yogurt greco 
125 ml di acqua tiepida
2-3 cucchiai di olio d’oliva 

per il ripieno
200 g di burro non salato, a temperatura ambiente 
1 cucchiaino colmo di cannella in polvere
125 g di zucchero demerara 
200 g di pistacchi tagliati grossolanamente 
miele chiaro, per servire 


Per fare i “buns”, mescolare la farina, il lievito e il sale in una ciotola capiente, poi aggiungere lo yogurt, l’acqua tiepida e l’olio d’oliva fino a ottenere un impasto che dovrà risultare soffice e morbido. 
Se sembra troppo appiccicoso, aggiungere un po’ più di farina; se dovesse sembrare troppo secco, aggiungere un po’ più di olio. Modellarlo in una palla, metterlo in una ciotola e coprirlo con un canovaccio pulito e metterlo in un posto tiepido a lievitare per circa per un’ora e mezza.
Preriscaldare il forno a 200 gradi. 
Rivestire due leccarde con della carta forno. 
Mescolare il burro già ammorbidito con la cannella e lasciare da parte. 
Infarinate il tavolo da lavoro e stendete l’impasto fino a ottenere un rettangolo di circa 25 x 50 cm. Cospargere il burro con la cannella su tutta la superficie dell’impasto, lasciando liberi 2,5 cm dai bordi. Spargere lo zucchero su tutta la superficie e aggiungere i pistacchi. 
Arrotolare l’impasto dal lato lungo cominciando da quello più vicino a noi, quanto più stretto si riesca. 
Chiudere bene le estremità per non fare uscire il ripieno.  Con un coltello ben affilato tagliare con attenzione l’impasto in 12 fette rotonde uguali. 
Metterne 6 su ogni leccarda preparata, assicurando che siano ben distanziate l’una dall’altra. Cuocere per 18-20 minuti o finché dorati. 
Una volta cotti, versare il miele a piacere e servire tiepidi.
NOTE 


-La ricetta è ben spiegata, soprattutto per quelli laici come me, in ambito di lievitazione. Nel mio forno si sono cotti in quasi 30 minuti. Ma è già saputo che ogni forno é un argomento specifico…

- A differenza del baklava classico, nella versione di Sabrina Ghayour non troviamo il tradizionale sciroppo di zucchero, ma il miele, che può essere dosato a piacere e conferisce al dolce una variazione molto golosa.

-I Baklava Buns sono assolutamente deliziosi. Un profumo di cannella inonda la cucina. Certo, il burro si fonde e inonda anche la leccarda, dando comunque croccantezza alla parte inferiore del “bun” e lasciando la parte interna un po’ più morbida. Questa miscela di croccantezza e morbidezza è un po' la novità di questo dolce ibrido.

-Li ho portati al lavoro e sono finiti in pochi minuti. Il “crunchy” è l’elemento a sorpresa. I “cinnamon buns” per esempio che avevo già provato in altri luoghi o presi da altri libri erano più soffici. Ma forse è stata tutta colpa mia, perché avrei potuto collocare un canovaccio pulito umido sopra per evitare che seccassero rapidamente. 

La ricetta è comunque
 PROMOSSA


martedì 10 settembre 2019

ROASTED PEPPERS & POMEGRANATE VINAIGRETTE




Sarà perchè da me è sempre estate.
Sarà perchè fanno tanto Mediterraneo, ed ogni volta che li offro l'esclamazione più comune è oh, so Italian!
Sarà perchè arrostirli nel forno è una passeggiata.
Sarà perchè sono tra le verdure che trovo più spesso.
A caro prezzo, come tutto ciò che è fresco.
Ed in tutte le stagioni, che tanto qui ce n'è una sola e ci siamo messi il cuore in pace.
Sarà perchè non necessitano di granchè, dopo la cottura: condimento e via.
Quindi si, peperoni se ne vedono parecchi in casa arabafelice.
E qui viene il bello.
Perchè di solito vado di olio, aceto e origano.
Origano serio, eh, quello del giardino di mia sorella che dico sempre dovremmo vendere e che quando lo trasporto in valigia lo respirano a pieni polmoni pure i doganieri, sorridendo.
Basilico, quelle rare volte che ne ho trovato.
Ma appena qui ho letto melassa di melagrana tra gli ingredienti non ho potuto resistere: non solo finalmente un condimento diverso da provare, ma perdipiù uno che sembra chiamarmi a gran voce, vista la facilità con cui posso reperirlo.
La trovo al supermercato, ma ad ogni latitudine la trovate anche online: specie da quando diversi cuochi l'hanno proposta, Ottolenghi solo per citarne uno...
Non vi anticipo come  è andata a finire, ma un indizio ve lo do: cominciate a cercarla :)


ROASTED PEPPERS & POMEGRANATE VINAIGRETTE
per 6 persone

500 g di peperoni baby oppure 6 peperoni lunghi (rossi e gialli)
3 cucchiai di olio d'oliva
50 g di pistacchi grossolanamente tritati
sale in fiocchi (di Maldon se possibile)

per condire
3 cucchiai di melassa di melagrana
2 cucchiai di aceto di vino rosso
2 cucchiai di olio d'oliva
sale in fiocchi


Preriscaldare il forno alla temperatura massima e rivestire una teglia con carta forno.
Mettere i peperoni, precedentemente aperti a metà e privati dei semi, nella teglia con la pelle rivolta verso l'alto. Condire con l'olio ed il sale quindi cuocere finchè saranno ben arrostiti, circa 15 minuti.
Nel frattempo mescolare gli ingredienti del condimento, aggiungendogli un pochino di sale.
Trasferire quindi i peperoni su di un piatto da portata, versarvi sopra il condimento, i pistacchi tritati e servire.

NOTE

- ricetta di mero assemblaggio e quindi facilissima. Non so che forno abbia l'autrice del libro ma nel mio i peperoni non erano ancora ben arrostiti dopo un quarto d'ora: è andata meglio dopo quasi mezz'ora.

- il tocco di classe del piatto è l'uso della melassa di melagrana, comunissima nella cucina mediorientale e quindi diciamolo, pane per i miei denti :) non è altro che succo di melagrana che viene fatto ridurre fino a raggiungere una consistenza densa e sciropposa. Non è difficile realizzarlo in casa, in realtà, ma ovvio che da me si venda ovunque. La sua caratteristica è di NON essere dolce come ci si potrebbe aspettare, può assomigliare di più quasi ad una riduzione di vino o ad un ottimo balsamico invecchiato che ad uno sciroppo dolce. Se la acquistate, meglio quella che non ha zucchero aggiunto perchè più autentica. E' buonissima  anche nuda e cruda su una insalata di pomodori, o su qualunque verdura arrostita.

- non viene fatta menzione della pelle dei peperoni, che quindi non ho tolto come invece faccio di solito. Nessuno ha protestato, solo un commensale ho visto che l'ha rimossa con precisione chirurgica. In ogni caso viene via molto facilmente dopo la cottura.

- il piatto è buonissimo ed ancora meglio se lo lasciate riposare anche un giorno intero prima di servirlo. Nulla è avanzato, nemmeno il condimento che è stato tirato su col pane...
Ovvio che la ricetta sia

PROMOSSA

lunedì 9 settembre 2019

LO STARBOOK DI SETTEMBRE E'....


Sabrina Ghayour, Bazaar
Tanto per partire subito col botto. 
E tanto per partire subito col botto, iniziamo col dirvi che la biografia dell'autrice del libro di questo mese prima della pubblicazione di Persiana, l'opera che le ha dato una meritatissima notorietà mondiale, è avvolta nelle nebbie della leggenda, quando va bene, e nella corazza degli stereotipi, quando va male. Il che basta e avanza per rianimare il fiuto della Miss Marple che è in me :) per cui, amato pubblico di lettori affezionati e impazienti, mettetevi comodi che si comincia. 
Col botto, per l'appunto

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE DI SABRINA GHAYNOUR
E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE

Secondo l'agiografia, Sabrina Ghaynour è una chef anglo-iraniana, classe 1976, fortunatissima proprietaria di un Supper club dal cui successo nacquero Persiana e, di seguito, la straordinaria carriera che la vede oggi autrice di altri 3 libri, columnist per il The Guardian, Delicious, Olive, Good Food, Sunday Times e chi più ne ha più ne metta. Tutte notizie successive alla sua prima pubblicazione, quel Persiana uscito nel maggio del 2014 che ha fatto incetta di premi fino ad aggiudicarsi il Book of the Month dell'Observer e il Book of the Year da Waterstone's.  
Stando a quello che si trova in rete prima di questa fatidica data, invece, tutto nacque da un tweet, scherzoso e provocatorio, che la nostra postò , alla vigilia dell'apertura temporanea del  ristorante dello stellato Thomas Keller ,The French Laundrette, da Harrod's. 
A quell'epoca (siamo nel 2011) Sabrina era disoccupata: fino ad allora aveva infatti lavorato come marketing manager nell'industria della ristorazione, affinando le sue capacità di comunicazione sui social, in particolare sul nascente Twitter, dove era diventata una sorta di influencer ante litteram, con una rete di contatti che abbracciava ristoratori, giornalisti del settore e appassionati di cibo. Trovatasi senza lavoro dall'oggi al domani e pensando a cosa fare della sua vita, Sabrina si imbatté in questo tweet in cui si pubblicizzava l'apertura di uno dei suoi ristoranti più amati, di cui recitava a memoria il menu la sera, prima di addormentarsi-e da lì, la folgorazione: offrire la stessa cena proposta da Keller da Harrod's per 250 sterline a un centesimo del suo valore, a casa sua. Al di là della cifra (ma 2.50 pound, credetemi, fanno comunque effetto), era la comunicazione che si rivelò vincente. Sabrina giocò infatti la carta della disoccupata che avrebbe tanto voluto cenare da uno dei suoi idoli ma che, non potendo permetterselo, reagiva in modo positivo offrendo a lei stessa e ai tanti come lei una opportunità simile, se non proprio uguale. La rete di contatti che aveva sviluppato fece il resto, tant'è che, nel giro di pochissimi minuti, il post divenne virale e un ristorante le offrì i suoi 70 posti. La destinazione benefica degli incassi fece il resto e da quel momento Sabrina avviò con successo il suo Supper Club (una formula che funziona benissimo in Inghilterra, cuochi amatoriali che cucinano in ristoranti o locali con cucine, per i loro clienti), proponendo una cucina mediorientale svecchiata e felicemente irriverente. 
Questo fu il secondo elemento del suo successo: perchè, diciamocelo, oltre l'influencer c'è di più. Nel caso di Sabrina, c'era una cucina millenaria, tramandata da generazione in generazione, appresa nelle cucine di casa ma proposta ai suoi nuovi amici inglesi con l'intelligenza e la sensibilità di una mediazione culturale più che necessaria, per palati curiosi quali quelli dei Millennials britannici. 
Facile a dirsi, difficilissimo a farsi, specialmente se si arriva 10 anni dopo Ottolenghi e il terreno di confronto è esattamente lo stesso dell'uomo che, con una formula capace di intercettare tutti i portafogli e tutti i gusti, è stato artefice di una vera rivoluzione, in questo campo. Il paragone, ovviamente, è stato fatto: molti critici incapaci di andare oltre una lettura superficiale di Persiana, erano caduti nell'inevitabile Ottolenghi-style, piazzando la Ghaynour fra i tanti "figli" del nostro. Ma per molti altri è stato chiaro da subito che diverso era il punto di partenza, diverso quello di arrivo: quella da lei proposta, infatti, era una cucina mediorientale, nel senso letterale del termine, saltando le distinzioni fra Paese e Paese e riportando le tecniche alla semplicità di una cucina trasmessa in punta di dita. Invece che avvolgere nei veli di Sharazad la cucina misteriosa delle Mille e Una Notte, Sabrina disvela trucchie e segreti, riportando le ricette alla loro originaria semplicità, come un illusionista che spiega i suoi trucchi ma non per questo priva i suoi spettacoli della meraviglia e della sorpresa. Anzi, è proprio grazie a questo approccio onesto, a questo continuo incitamento a non farsi ingannare dai nomi complicati e dagli ingredienti introvabili, che Sabrina deve il suo successo: perchè le sue ricette permettono di replicare a casa nostra gli stessi sapori esotici della cucina più affascinante del mondo, senza muoversi da casa. 
Va da sé che da noi, dove l'elasticità mentale è quella di un menhir,  un'operazione del genere sarebbe stata accolta con disprezzo, nel migliore dei casi, e gridando allo scandalo, nel peggiore. Oltre Manica, per fortuna, tutti i tentativi di mediazione culturale (perchè di questo si tratta) vengono apprezzati sempre e ancora di più quando il loro esito è la condivisione a tavola. A maggior ragione, poi, se agli ingredienti dei singoli piatti, si aggiungono quelli di un successo in chiave contemporanea, in cui la formazione avviene in tutti i campi, dalla cucina alla comunicazione, senza trascurarne nessuno. 
Baza'ar è l'ultimo nato in casa Ghaynour, dopo Persiana, Sirocco e Feast: è un libro tutto dedicato alla cucina vegetariana, con una aperta concessione al trend del momento a cui l'autrice strizza l'occhio, forte di un bagaglio di ricette mediterranee, quindi "naturalmente" vegetariane, la cui bontà ha travalicato millenni. In discussione, sul tavolo delle nostre cucine, ci sarà quindi ll'approccio dell'autrice, per capire se e in che modo la sua interpretazione possa portare a risultati più felici di quelli già noti. Una sfida da niente, insomma :) a cui ci accostiamo con l'entusiasmo delle grandi occasioni, sicuri di condividerlo con ciascuno di voi. 
A domani, quindi, con la prima ricetta!