giovedì 31 ottobre 2019

FROM THE OVEN TO THE TABLE: TIRIAMO LE SOMME?


Una delle tante pillole di saggezza di mia madre che ho capito a distanza di anni è una frase che le scappava di bocca ogni volta che si ritrovava a dover mangiare fettine di vitello buone per risuolare scarpe, pastasciutte al burro slegate e senza sapore, uova al tegamino che avrebbero fatto la loro porca figura nel menu di stanotte, da tanto l'occhio di bue che ricordavano era drammaticamente reale, agli occhi e al palato: "meno sanno cucinare e più si ostinano a credere che questi siano piatti semplici". 
Ai tempi, capivo poco: io e mia sorella siamo cresciute con una cucina fatta di pochi ingredienti e di sprint in velocità, capace di appagarci come nessuna altra mai. "Che ci vorrà, pensavo, mentre sentivo il burro sfrigolare in padella e il rumore netto, da gesto sicuro, del guscio che si rompe contro il bordo del piatto, preludio a una delle esperienze culinarie più piene e più pefette che si ripete, da allora, ad ogni uovo fritto che mi trovo davanti. Le risposte, ai tempi, me le portava il vento che proveniva dalle case del vicinato e che sapevano di olio cattivo (ah, l'olio Cuore degli anni Settanta!), di paste scotte, di pratiche in cui il dovere aveva annientato ogni forma di piacere, con tutto quello che ne conseguiva, amarcord di vecchie amiche compresi- "che la pasta al burro di tua mamma, Ale, me la ricordo ancora adesso". 
Crescendo, invece, le risposte sono venute dal basso, dai miei primi tentativi in cucina, quando il "che ci vorrà?" assumeva le proporzioni angoscianti di un interrogativo che non trovava risposta nella lista degli ingredienti o nel metodo di preparazione. "Pasta e burro, mannaggia, pasta e burro", continuavo a ripetere affranta e arrabbiata davanti a maccheroni duri e asciutti che galleggiavano in uno strato di grasso giallino, per non parlar dell'uovo in padella e, peggio ancora, dell'odiata fettina. Per consolarmi, accendevo il forno e creavo piatti nuovi, in bilico fra i voli della fantasia e le esigenze più prosaiche del frigo. E quelli- miracolo- riuscivano sempre: i sapori si fondevano in risultati armoniosi, in bocconi che scrocchiavano sotto ai denti per poi schiudersi in succose fragranze, in sollecitazioni dei sensi che iniziavano dalla vista e finivano con la scarpetta nella teglia, a litigarci l'ultima briciola di piatti che, a ben guardare, erano la vera risposta all'interrogativo di cui sopra. 
La stessa che Diana Henry declina nelle decine di ricette di questa sua ultima fatica, pietre miliari sulla strada di una cucina adatta non solo a chi non ha tempo, ma anche a chi non è capace: perché, contrariamente a quanto si creda, non è il fornello, il vero alleato degli inesperti, ma il forno. Quel forno a cui si guarda con timore, tanto da essere ripudiato dai millennials di tutto il mondo, gli stessi che spendono l'iradiddio per equipaggiarsi per il sous vide o per gli estrattori- quando in realtà basterebbe un forno, una teglia e la formula magica che si nasconde dietro il sottotitolo di questo libro, quei "piatti semplici che si fanno da soli", al tempo stesso il manifesto dell'autrice e una dichiarazione d'amore che trabocca di gratitudine verso le infinite ricchezze che ogni ingrediente ci regala, nella misura in cui lo si conosce e lo si rispetta. 
Questo è l'altro poderoso pilastro della credibilità della nostra autrice, quello che eleva la semplicità della sua cucina dal piano della noia a quello dell'esperienza indimenticabile: questa capacità di inscenare uno spettacolo, ogni volta, assegnando parti diverse agli ingredienti, secondo un copione che voglia come protagonista ora questo, ora quello. Se uno stupido piatto di patate al forno diventa il responsabile di una delle cene più memorabili di quest'ultimo anno, se un pollo alza la cresta e arriva a reclamare per sé scenari più nobili di una mensa ospedaliera, se abbinamenti consueti ritrovano accenti nuovi, come abiti smessi restituiti a nuova vita da un accessorio che li rende unici, questo è grazie alla sapienza profonda e arguta di questa straordinaria autrice, l'unica allo Starbooks a non avere mai sbagliato un colpo. 
La ciliegina sulla torta è la sua prosa: dopo Nigella, è la Henry l'autrice di razza del pur competitivo panorama dell'editoria gastronomica anglosassone. Perdersi nelle sue descrizioni è un attimo, tanto evocativa è la sua penna, tanto scorrevole il suo stile. Se mai c'è una ragione per cui anche From the Oven to the Table debba finire nella vostra libreria è anche per questo rarissimo equilibrio fra libro da leggere e manuale da usare, con una doppia soddisfazione, su entrambi i fronti. 
E scusateci se è poco. 
Al prossimo libro, fra due settimane!
Alessandra 


mercoledì 30 ottobre 2019

STARBOOKS REDONE DI OTTOBRE 2019: IL VINCITORE!


Si chiude Ottobre e con esso il Redone del mese.
Ringraziamo tutte le partecipanti e per questa volta la ricetta prima classificata è la


di Profumi e Colori 


Chiediamo al vincitore di inviare una mail a: lostarbook@gmail.com con l'indirizzo a cui inviare il gadget dello Starbooks. 
Continuate a cucinare, vi aspettiamo con le vostre ricette a Novembre!


martedì 29 ottobre 2019

BAKED POTATOES WITH SMOKED TROUT, DILLED BEETROOT, CREME FRAICHE AND KETA




Giorni fa mi è capitato sotto gli occhi il tweet di Alessandro Pipero, la mente eclettica e geniale dietro il noto ristorante romano che porta il suo nome.
Ebbene, diceva che se dai a tot numero di persone un piatto di pollo e patate, tutte inizieranno dalle patate.
Battute becere a parte, le patate hanno un appeal che pochi altri cibi possono reclamare.
Qual è la ricetta più cliccata e visitata del mio blog personale?
Non una di quelle goduriose torte, o quei biscotti strani.
E' una teglia di patate al forno.
Per carità, cucinate secondo i dettami di Heston Blumenthal, ma sempre patate al forno sono.
E le patatine fritte, quelle che nessuno ordina al ristorante e poi ci si azzuffa per l'unica porzione del tavolo?
O ancora, perversione segreta, certe chips in busta che nemmeno compro più per non dover fare lo sforzo di resistere alla tentazione.
Questo per dire che non solo le patate mi piacciono, ma mi piacciono in tutti i modi anche semplicemente lessate.
Per cui vedere questo piatto ed amarlo subito è stato un attimo.
L'assaggio, solo la conferma che l'amore era ben riposto :D





BAKED POTATOES WITH SMOKED TROUT, DILLED BEETROOT, CREME FRAICHE AND KETA
per 2 persone

2 grosse patate
sale in fiocchi e pepe macinato al momento
60 g di barbabietola lessata (non sott'aceto)
1 cipollotto finemente tritato
mezza cucchiaiata di aneto tritato, solo le foglie
20 g di burro non salato
75 g di trota affumicata
una spruzzata di succo di limone
60 g di crème fraiche
25g di uova di salmone
radicchio rosso o di Treviso per accompagnare


Preriscaldare il forno ventilato a 190 gradi (200 se statico).
Spazzolare le patate e pungerle con i rebbi di una forchetta. Mentre sono ancora umide salarle spolverizzarle con i fiocchi di sale, questo favorirà la formazione di una buccia più croccante (cuocerle avvolte nell'alluminio la rende invece morbida)
Mettere le patate in una teglia senza che si tocchino quindi inumidire la teglia con poca acqua fatta cadere agitando le mani bagnate.
Cuocere per circa un'ora, un'ora e mezzo: il tempo dipende dalla misura delle patate e da quante se ne cuociono (più patate, più tempo).
Per controllare la cottura premerle leggermente: devono essere morbide sotto la buccia ma non sfarsi. Per sicurezza infilzare con uno spiedino che deve poter entrare facilmente fino al centro.
Mentre le patate cuociono tagliuzzare la barbabietola e condirla con sale e pepe, quindi mescolarla all'aneto ed al cipollotto.
Pronte le patate aprirle in due, condire leggermente le due metà e mettere su ciascuna un po' di burro.
Coprire quindi con il mix di barbabietola e la trota tagliata a pezzi, spruzzare con succo di limone quindi aggiungere della crème fraiche e delle uova di salmone.
Condire con una macinata di pepe e servire con il radicchio scelto.

NOTE

- L'autrice dice che per quanto possa suonare strano, questo è forse il piatto che preferisce in tutto il libro. Per capire davvero va assaggiato: questa non è una patata bollita condita, è un piatto unico magistrale. La base quasi neutra della patata incontra la sapidità della trota affumicata e del caviale di salmone. Cuscinetto tra le due parti la barbabietola esaltata dal cipollotto come non credevo e la crème fraiche. Insomma, un mosaico perfettamente azzeccato.

- piatto semplicissimo, in realtà di mero assemblaggio, ma costoso come sottolinea la stessa Diana Henry. Ma merita di essere realizzato con prodotti eccellenti, e non succedanei più economici e decisamente cattivi che si trovano facilmente in vendita. E soprattutto prendetevi la briga di cuocere le patate al forno come indicato, e non lessarle: il risultato è di un altro livello.

- tiepida, col tocco del burro che si fonde al contatto, è la morte sua. Una cena regale, per la sera che re e regina vogliono mangiare tranquillamente a casa :) inutile dire che sia

PROMOSSA CON LODE




lunedì 28 ottobre 2019

CHICKEN WITH LEMON, CAPERS & THYME





Il pollo è il cavallo di battaglia (scusate il gioco comico con gli animali…. ) di Diana Henry, a cui ha dedicato un intero volume, A Bird in the Hand ( già libro del mese, tempo fa, dello Starbooks. 
Quando, perciò, ho visto questo recentissimo libro di Diana Henry (allo Starbooks siamo sempre sul pezzo!!!), “dovevo” assolutamente cucinare un pollo in suo onore. 
Anche in questo volume, infatti, vi è un capitolo dedicato all’amato volatile. 
Ho tergiversato molto su cosa mettere mano. Alla fine, ho scelto il “Pollo con Limoni, Capperi e Timo” che, come dice la stessa autrice, è il piatto della semplicità fatta cucina. 
E d’altronde, questa schiettezza è la caratteristica di Mrs. Henry: sempre lieve, divertente, persuasiva, con un approccio alla cucina che vuol essere semplice, appunto, ma con gusto e intelligenza. 

Ingredienti per 4 persone

550 g di patate piccole a pasta soda, lavate e tagliate a metà o a quarti, a seconda delle dimensioni
2 cipolle, tagliate a mezzaluna
1 testa d’aglio, con gli spicchi separati ma non sbucciati 
10 rametti di timo 
2 limoni non trattati
3 cucchiai di olio extra vergine di oliva
Fiocchi di sale marino e pepe nero macinato all’istante 
8 cosce di pollo, non troppo piccole, con osso e pelle (eventualmente, eliminando la pelle in eccesso)
3 cucchiai di capperi, sciacquati, scolati e delicatamente asciutti. 




Metodo 

Preriscaldare il forno a 190 gradi ventilato (200 gradi, statico). 
Mettere le patate in una grande teglia da forno (circa 30 cm di lunghezza) in modo che possano stare tutte in uno strato unico. Aggiungere le cipolle,gli spicchi d’aglio e il timo. Grattugiare finemente la buccia di un limone e, con il succo della metà del limone, irrorare il tutto. Tagliare l’altra metà del limone in spicchi sottili (togliendone i semi).
Aggiungere 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva, salare e pepare, poi, aggiunte le fette del limone, mescolare bene con le mani. 
Mettere le cosce di pollo con il lato della pelle verso l’alto e spennellare con il restante olio di oliva. Salare e pepare nuovamente. Far attenzione a che le fette di limone non siano troppo esposte, altrimenti bruceranno in fretta. Esse dovranno essere nascoste sotto il pollo. 
Infornare per 30 minuti. A questo punto, recuperare alcune fettine di limone, porle sulle cosce di pollo, così che possano dorare nel tempo di cottura rimasto. 
Aggiungere i capperi e rimettere in forno per altri 10 minuti. 
Servire ben caldo. 

Note 

Facile da realizzare, tutto esposto in modo molto chiaro, precise le informazioni sui tempi di cottura, questo pollo va benissimo per fare un figurone, anche se non si è un esperto dell’arte culinaria. 
I limoni esaltano con delicatezza il pollo e i capperi gli danno un tocco lievemente aromatico e pungente, che è benvenuto. Il timo poi è veramente speciale e credo che sia il protagonista della ricetta. 
Per questa ricetta è veramente necessario che le cosce di pollo siano di ottima qualità, pena la perdita di qualsiasi gusto della carne. 
Il tempo di cottura, comunque, dipende dal tipo di patate scelte. Ai 40 minuti, il pollo era perfettamente cotto e croccante, con la pelle abbrustolita al punto giusto, ma le patate hanno avuto bisogno di altri 10 minuti, anche se i commensali, affamati, le avrebbero anche divorate senza aspettare. Ovviamente il piatto non è completo senza le patate. Perciò, se doveste averne bisogno, rimettete le patate in forno (e il pollo in caldo) e fatele cuocere ancora per il tempo che sarà necessario. 
Questa ricetta la rifarò molte altre volte. Gli ingredienti sono semplicissimi da trovare in qualsiasi latitudine. 

PROMOSSA 
con diritto a replica 

Biagio D'Angelo - Glogg the Blog

venerdì 25 ottobre 2019

CHICKEN WITH FETA CHEESE, DILL, LEMON & HARISSA YOGURT





Diana Henry si conferma abilissima nel proporre ricette di pollo originali, ma gustose e perfettamente equilibrate. La ricetta di oggi è l'ennesima conferma, se ce n'era bisogno.
Ho scelto questa versione perché mi incuriosiva parecchio. Tra gli ingredienti ci sono, la feta, che adoro, lo yogurt e la nota piccante dell'Harissa, che fa sempre felice mio marito!


Chicken with Feta cheese, dill, lemon & Harissa yogurt


Ingredienti per 4 persone

450 g di  piccole waxy potatoes (patate poco farinose), strofinate e tagliate in quarti
2 cipolle rosse, divise a metà e tagliate in spicchi
1 testa d'aglio. spicchi separati ma non pelati
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva
sale marino in fiocchi e pepe macinato fresco
8 sovracosce di pollo di dimensioni generose, rifilate dalla pelle in eccesso
la scorza finemente grattugiata di un limone non trattato, più il succo di metà limone
75-100 g di feta, sbriciolata
10 g di foglie di aneto strappate
250 g di yogurt greco
1 cucchiaio di Harissa*

*L'Harissa è una preparazione diffusa nel Nord Africa, a base di peperoncini, semi di coriandolo e cumino, aglio, olio e succo di limone. Viene utilizzata per insaporire piatti a basi di carne, pesce, verdure, zuppe, etc. Si trova facilmente nei negozi che vendono cibo etnico e in alcuni supermercati.



Preriscaldare il forno ventilato  a 190°C.
Mettere le patate, le cipolle, l'aglio, due cucchiai d'olio, sale e pepe in un casseruola ampia e poco profonda da 30 cm. Potete usare anche una pirofila da forno. Mescolare tutto con le mani, poi mettere le sovracosce, sopra alle patate con la pelle rivolta verso l'alto. Spennellare il cucchiaio d'olio rimanente sopra il pollo ed insaporire con sale e pepe.
Cuocere per 40-45 minuti, o finché il pollo non sarà dorato e le patate risulteranno morbide, se perforate con un coltello affilato.
Spremere il limone sopra al pollo, cospargere con la scorza di limone, la feta e l'aneto.
Mettere lo yogurt in una ciotola e sopra di esso l'Harissa. Servire il pollo con lo yogurt all'Harissa su un lato.





Note personali


- ricetta dall'esecuzione veramente semplice e veloce, ma molto, molto gustosa

- io ho dovuto usare uno stampo un po' più grande, perché le sovracosce che ho utilizzato erano belle cicciotte

- temevo ci fossero troppi sapori, ma sbagliavo. Il risultato finale è un piatto molto ben bilanciato. Quando taglierete la carne, la feta, la scorza di limone e l'aneto si amalgameranno ai liquidi della carne, creando un sughetto irresistibile: garantito! Lo yogurt all'Harissa chiude il cerchio. 
Preparate il pane per la scarpetta :)

Mio marito, questa volta, non si è lamentato, né del limone in eccesso, né dell'aneto!!!


La ricetta è decisamente:


PROMOSSA

giovedì 24 ottobre 2019

ROAST AUTUMN VEGETABLES WITH WALNUT MISO SAUCE

La salsa di questa "non ricetta" vuole essere una sorta di versione vegetariana della piemontese "bagna cauda" (ma con maggiore presenza di "umami").
In ogni caso, rispetto a i più classici contorni, questo è un piatto che lascia sorpresi per sapori e consistenze ed indubbiamente un esperimento da provare.
Amo moltissimo le verdure autunnali al forno e le faccio spesso cercando sempre nuovi modi per condirle. Questo mi ha assolutamente incuriosita per la presenza del miso ed ho deciso che l'avrei preparate ad occhi chiusi. Ma c'è un ma: meglio non essere dei vampiri come la sottoscritta, che guarda l'aglio da distanze di sicurezza.
Alla famiglia comunque è piaciuta, con contorno ad una faraona ripiena che tra queste verdure ci stava come un cece nel suo baccello.

Ingredienti per 4 persone 
Per le verdure
10 carote sottili (quelle che si comprano in mazzo con il proprio verde, in colori diversi se le trovate
500 g di sedano rapa
500 g di zucca butternut o di altro tipo nostrale, senza semi e tagliata in spicchi di 3 cm di spessore
3 cipolle grandi rosse o bianche tagliate in spicchi
4 cucchiai di olio extravergine
sale marino in fiocchi
pepe nero macinato fresco
3 cespi di indivia rossa o bianca (o un misto)

Per la salsa
55 g di noci in pezzetti
35 ml di olio exta vergine (possibilmente uno fruttato piuttosto di uno erbaceo)
75 g di di miso roso in pasta
1/2 cucchiaino di peperoncino in fiocchi
3 spicchi d'aglio belli grossi finemente grattugiati

Preriscaldate il forno a 190°
Tagliate le carote sulla punte. Lasciate un ciuffetto di verde se presente, ma lavatele veramente bene.
Se non siete stati in grado di trovare delle carote sottili, tagliatele a metà sulla lunghezza.
Pelate il sedano rapa e tagliatelo in spicchi di c.ca 1,5cm di spessore.
Mettete tutte le verdure tranne l'individa, in una coppia di teglie da forno con un po' di bordo, in modo che possano stare su un unico strato.
Aggiungete l'olio, condite (non usate troppo sale perché la salsa sarà salata) e mescolate tutto con le vostre mani.
Arrostite per 40 minuti fino a che tenere e leggermente brunite girandole una volta.
Riducete in quarti l'individa ed aggiungetela alle verdure a metà cottura mescolandola nell'olio di fondo.
Preparate la salsa. Mettete le noci in un mortaio o in un blender e pulsate in modo da ottenere un mix di noci a pezzi o finemente tritate
Versate l'olio in una casseruola su fiamma dolce. Aggiungete il miso e mescolate: il miso resterà separato dall'olio in piccole bolle ma è normale.
Aggiungete il peperoncino e l'aglio e fate sobbollire a fiamma bassissima per 5 minuti mescolando spesso.
L'aglio non deve colorire. Aggiungete le noci e mescolate cuocendo per altri 2 minuti.
Trasferite le verdure su un piatto riscaldato.
Con un cucchiaio distribuitevi sopra la salsa e servite come contorno.

NOTE PERSONALI

  • Una piccola e veloce spiegazione di cosa sia il miso, ingrediente fondamentale di questa ricetta. Altro non è che un condimento (dalle terre del Sol Levante) ottenuto da fagioli di soia fermentati insieme a sale marino e cereali, principalmente riso e orzo. E' usato moltissimo all'interno di zuppe (mai provato nel ramen?), con udon in brodo, ecc. e a me piace da impazzire se non che non dovrei neanche pensarci visto che noi con problemi di tiroide, dovremmo stare lontano dai derivati della soia. In ogni caso, usato con parsimonia (è ricco di sodio), fa molto bene ed è un toccasana per l'intestino. Si trova con facilità nei negozi di prodotti Bio ed etnici. 
  • La ricetta è facile, veloce e ben spiegata, gli abbinamenti fra le verdure e le loro consistenze davvero interessanti. I tempi di cottura sono perfetti (adoro le verdure quando sono un po' sbruciacchiate ai bordi), ma la salsa è la ragione d'essere del piatto. C'è da dire che 2 spicchi d'aglio per me sono più che sufficienti (io ho eliminato l'anima), e certamente non è un condimento per signorine, ma la cottura lo rende più digeribile (se così vogliamo dire).
  • La presenza delle noci conferisce un perfetto tocco tostato e lievemente amarognolo che ben si sposa con la dolcezza di zucca e carote. Con piacere posso dire
PROMOSSA 

mercoledì 23 ottobre 2019

ROAST BRUSSEL SPROUTS WITH APPLE AND BACON




I cavoletti di Bruxelles sono una delle mie passioni. Li faccio spessissimo e cerco sempre ricette nuove da provare. Questa mi ha stuzzicato subito per la presenza delle mele e del bacon e già mi leccavo i baffi. Ma come sarà andata?


Ingredienti:
700 g di cavolini di Bruxelles già mondati e puliti e tagliati a metà 
2 e 1/4 cucchiai di olio extravergine d’oliva 
Sale e pepe
200 g di bacon tagliato a listarelle 
1 mela grande tipo Granny Smith
1 cipolla grande tagliata a metà e affettata
1/2 cucchiaio di soft brown sugar 
1 cucchiaio di aceto balsamico bianco (io l’ho omesso perché non l’ho trovato)
1 cucchiaio di aceto di sidro 
125 ml di vino bianco secco 
3 cucchiai di senape di Digione 
10 g di burro (opzionali)

Preriscaldate il forno a 180 gradi. Disponete i cavolini in un singolo strato, in una o due teglie. Condite con due cucchiai di olio, salate, pepate e mescolate. Cuocete per 20 minuti o finché non saranno dorati. Trascorso questo tempo saranno ancora poco cotti, ma finiranno di cuocersi dopo. 
Riscaldate il restante olio in una padella e cuocete il bacon finché non sarà ben dorato. Rimuovete dalla padella con un mestolo forato. Eliminate il grasso in eccesso e lasciate nella padella solo un cucchiaio. Tagliate la mela a mea e poi a fettine. Mettetela in padella insieme alle cipolle. Cuocete a fiamma media finché non saranno dorate. Ci vorranno circa 5 minuti. 
Unite i due aceti, il vino e la senape. Rimettete in padella anche il bacon e fate ridurre i liquidi di circa la metà. Regolate di sale e pepe. Aggiungente i cavolini e cuocete finché non saranno teneri ma non mollicci e i succhi si saranno ridotti. Unite il burro, se lo usate. Regolare eventualmente di sale e pepe e servite. 

NOTE 

- Il connubio di sapori è sicuramente interessante. Se vi piacciono i cavoletti di Bruxelles, sapete che danno il meglio sé abbinati a qualcosa di dolce e/o saporito, come le mele e il bacon.
- Pollice in su per la cottura in forno dei cavoletti. Io di solito li sbollento, poi li ripasso in padella o in forno e li condisco. Così sicuramente si fa prima (anche se tengono meno il colore).
- Come dicevo, a livello di sapori sicuramente ci siamo, ma è l'esecuzione che non mi ha convinto. Tanto per cominciare, il mio bacon era super grasso, ma non ha cacciato tutto questo grasso, quindi ho dovuto aggiungere un filo d'olio quando sono andata a rosolare cipolle e mele. 
- A proposito delle mele, tagliarle a fettine come dice lei secondo me non è il massimo, perché rispetto agli altri ingredienti sono troppo grandi. Forse sarebbero state meglio a cubetti o a fettine più piccole.
- L'autrice dice di aggiungere i liquidi e cuocere i cavoletti finché questi non si saranno ridotti... per me ci sono voluti pochi secondi. La padella era rovente, i liquidi non tantissimi e sono evaporati appena hanno toccato il fondo della padella. Per fortuna i cavoletti erano al dente e a me piacciono così, quindi ho spento quasi subito, senza dover aggiungere altri liquidi, però...
- ..ovviamente, essendoci pochi liquidi e avendo aggiunto anche la senape, il sughetto si è ristretto all'istante e alla fine è risultato un po' tutto secco (e bruttissimo da vedere... forse per questo è una delle poche ricette del libro senza foto XD ).
- Il risultato finale è buono, a livello di gusto, ma nel complesso gli ingredienti non risultano ben amalgamati. Bisogna quindi fare attenzione, quando si mangia, a prendere almeno un cavoletto, un pezzo di bacon e uno di mela.

Peccato, perché le potenzialità secondo me c'erano. C'è da sistemare qualcosa a livello di esecuzione, perciò la ricetta è 

RIMANDATA
Alessandra Corona - La Cucina di zia Ale

martedì 22 ottobre 2019

ROAST FILLET OF BEEF WITH CRIMSON LEAVES, BUTTERMILK, WALNUTS AND CASHEL BLUE CHEESE



Chiedetemi di portare un primo.
Un'insalata o qualunque piatto di contorno.
Un dolce, se proprio si vuole farmi contenta.
Ma non chiedetemi di cucinare un secondo di carne.
Arrosti, stufati e compagnia bella non appaiono spesso sulla mia tavola: complice il fatto che di carne rossa ne mangiamo sempre meno, ed il clima in cui viviamo, quell'estate perenne che in caso fa optare casomai per un carpaccio, piuttosto che per un roast-beef.
Eppure mi piacciono tanto e vorrei saperli cucinare bene, non per niente mi sono dotata recentemente di termometro per la carne (per la cronaca, mai usato)
Il piatto che vedete qui mi ha ispirato subito per la semplicità e relativa velocità di preparazione che in pratica in un colpo solo mi forniva secondo e contorno per la cena di compleanno del mio augusto consorte.
Se poi aggiungiamo che va pazzo per i formaggi erborinati il gioco è fatto.
Diana Henry sottolinea come questo sia un piatto certamente costoso, visto il pezzo di carne, le insalate particolari, il formaggio ricercato e la frutta secca quindi da riservare per celebrazioni e feste comandate.
E credetemi, ad assaggiarlo vorrete festeggiare qualunque cosa, tutti i giorni :D





ROAST FILLET OF BEEF WITH CRIMSON LEAVES, BUTTERMILK, WALNUTS AND CASHEL BLUE CHEESE
per 8 persone

per il roastbeef

un filetto di manzo da circa 1,8 kg
sale in fiocchi e pepe macinato fresco
un cucchiaio di olio di semi d'arachide oppure sego

per l'insalata

250 ml di latticello
3 cucchiai di panna acida
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
2 cucchiai di aceto balsamico bianco
un cucchiaino di senape di Digione
un piccolo spicchio d'aglio tritato
400 g circa di un mix di radicchio tardivo di Treviso, radicchio e radicchio rosso
75 g di noci leggermente tostate
150 g di formaggio Cashel Blue sbriciolato

Preriscaldare il forno ventilato a 210  gradi.
Portare la carne a temperatura ambiente quindi condirla molto generosamente con sale e pepe, nel frattempo scaldare l'olio o il sego in una padella capiente.
Una volta che il grasso fuma rosolare la carne per bene da tutti i lati.
Trasferirla quindi in una teglia e cuocerla per 10 minuti, quindi ridurre la temperatura a 190 (sempre forno ventilato) e continuare la cottura per altri 20 minuti.
Sfornare e coprire subito la carne con alluminio, dei panni da cucina o magari un vecchio asciugamano in modo che sia completamente chiusa e farla riposare per 15 minuti.

Nel frattempo preparare il condimento per l'insalata: mescolare con una forchetta il latticello, la panna acida, l'olio, l'aceto balsamico bianco, la senape e del sale e pepe. Assaggiare e regolare eventualmente di sale.

Adagiare le foglie di insalata (spezzare le più grandi) in una ciotola bassa o un largo piatto da portata quindi versarvi sopra le noci e il formaggio sbriciolato.
Versare parte del condimento ma badare a non annegare le foglie nel liquido.
Affettare la carne e servirla con l'insalata ed il resto del condimento a parte.


NOTE

- con l'atavica paura di sbagliare la cottura e rovinare il bellissimo pezzo di carne che avevo per le mani mi sono attenuta al peso ed ai tempi di cottura indicati col cronometro in mano. Il risultato è stato perfetto. La carne è stata rosolata in autentico beef dripping spacciato dalla mia cara amica scozzese, se lo trovate ha una marcia in più rispetto al solo olio. Neanche a dirlo, la carne di partenza deve essere ottima.

- il dressing è buonissimo! Non solo è perfetto con le insalate scelte ma è stupendo anche con la carne. Ne viene abbastanza ed infatti è stato servito a parte, e tutti se ne sono serviti una seconda se non terza volta. Viene usato il latticello (buttermilik) che ormai si trova anche alle italiche latitudini. In alternativa esistono indicazioni on line per farne una versione casalinga assolutamente accettabile.

- il Cashel Blue Cheese usato è un erborinato irlandese, che trovo facilmente nel bellissimo supermarket dove mi servo di solito ed ha un banco dei formaggi da fare invidia. Non so quanto facilmente sia reperibile in Italia ma qualunque buon erborinato che sia abbastanza delicato andrà benissimo.

- le singole componenti di questo piatto sono tutte piuttosto semplici, la carne si cuoce da sola, il dressing va solo mescolato, il formaggio e le noci spezzettate. Il risultato finale dato dall'assemblaggio delle singole parti porta ad un piatto che invece è sorprendente, elegante, molto raffinato nei sapori e perfettamente bilanciato. Inutile dire che sia

PROMOSSO CON LODE

lunedì 21 ottobre 2019

CHOCOLATE & RED WINE CAKE




Tutto il libro della Henry ha come lemma “subito in forno”. 
Effettivamente, per le torte non sempre è così. La stessa autrice lo dichiara. 
Infatti da goloso mi sono messo subito a cercare il capitolo dei dolci e mi sono proposto di preparare questa torta un po’ “old-style”, ma essendoci il cioccolato non potevo tirarmi indietro… 

Ingredienti per 10 persone 

Per la torta

200 g di burro non salato, a temperatura ambiente, più dell’altro per la teglia
150 g di cioccolato fondente al 70%, tagliato a pezzi 
250 di soft dark brown sugar (zucchero melassato) 
4 uova grandi a temperatura ambiente, leggermente sbattute
25 g di cacao in polvere
250 g di farina 00
1 cucchiaino di lievito per dolci 
Un pizzico di sale
100 ml di vino rosso, meglio se Merlot o Cabernet
La buccia finemente grattugiata di un’arancia

Per la glassa

130 g di cioccolato fondente al 70%, tagliato a pezzi 
115 g di panna ad alto contenuto di grassi 
2 cucchiai di Porto 
3 cucchiai di zucchero a velo, setacciato

Preriscaldare il forno a 170 gradi (ventilato; 180 se statico). Imburrare una teglia rotonda dal diametro di 23 cm e foderarla con della carta forno. 
Porre il cioccolato in una ciotola resistente al calore e scioglierlo a bagno maria, facendo attenzione a che l’acqua non tocchi la ciotola. 
Rimuovere e far raffreddare un poco. 
Sbattere lo zucchero e il burro finché il composto diventi chiaro e montato.  Aggiungere le uova una alla volta, sbattendo ancora per bene dopo ogni aggiunta. 
In una ciotola, intanto, setacciate la farina, il cacao, il lievito e il sale, e incorporare il tutto al composto di burro, uova e zucchero. 
 Aggiungere il vino rosso e l’arancia, per ultimo il cioccolato fuso. Versare nella teglia già preparata e cuocere per 40 minuti o finché uno stecchino inserito al centro non ne fuoriesca pulito. Far raffreddare nella teglia per alcuni minuti e poi capovolgere la torta su una gratella perché si raffreddi completamente. 
Per la glassa, procedere come prima per fondere il cioccolato. 
Una volta fuso il cioccolato, aggiungere la panna, il porto e finalmente mescolare il tutto con lo zucchero a velo. 
Far raffreddare un po’ (ma non troppo, affinché non si solidifichi nel pentolino utilizzato) e versare sul dolce. Aspettare qualche minuto affinché la glassa si solidifichi un po' e servire. 
Come accompagnamento, un bicchiere di vino rosso dolce, tipo Maury, francese, o Mavrodaphne, greco, va benissimo. 


NOTE

Dolce da fine pasto o da merenda golosa, il vino si sente delicatamente ma senza toni esagerati. Invece la vera scoperta è stata la buccia d’arancia che combina alla perfezione, tanto con il cioccolato come con il vino rosso, dando una sensazione gradevole e corposa al palato. 

È un dessert che si prepara in poco tempo. Così, se avete una visita all’improvviso, lo potrete fare senza grandi fatiche. 

La glassa è indispensabile. Senza di essa, il dolce potrebbe risultare un po’ stucchevole. Fare attenzione a controllare già la torta ai 35 minuti, perché magari, in certi forni, potrebbe essere già pronto, pena un impasto troppo denso e pesante. Nel mio, ai 40, era perfetto. 

Tutti ne hanno mangiato con golosità. Tutti i commensali erano “cioccólatri”.

Anch’io l’ho molto apprezzato. Ho usato nell’impasto un vino rosso francese, “Côte du Rhône” (in mancanza dei vini consigliati dalla Henry) e come vino da dessert, abbiamo degustato, felicissimi, un eccezionale Pineau-de-Charentes rosso dolce. 

Vi annuncio, dunque, che la ricetta è  
PROMOSSA

Biagio D'Angelo - Glogg the Blog

venerdì 18 ottobre 2019

TOMATO, GOAT'S CHEESE & OLIVE CLAFOUTIS WITH BASIL



Tanti, tanti anni fa, prima ancora di sapere cosa fosse un clafoutis, avevo già provato sia la versione dolce che salata, ovviamente senza chiamarlo con il suo nome :)
Io ne preparavo una versione salata con patate e formaggio, molto sostanzioso ma buonissimo!
Mia mamma ne preparava uno dolce, con le pesche sciroppate, preso da una rivista di cui conservo (gelosamente) ancora il ritaglio, che lei aveva incollato nel suo raccoglitore di ricette. Mia sorella lo prepara tuttora, ed i ricordi d'infanzia riaffiorano ogni volta! Quanti ricordi ed emozioni riescono a suscitare i profumi...

Diana Henry serve questa preparazione come un piatto unico, accompagnandolo solo con del buon pane.
Io invece l'ho preparato in occasione di un pranzo in famiglia, per festeggiare un compleanno, e l'ho servito come antipasto per diverse persone, visto che poi era prevista una grigliata di carne, l'ultima della stagione.

Questo clafoutis è un piatto ricco di sapore e profumo, che vi conquisterà!


Tomato, Goat's cheese & Olive Clafoutis with basil

Ingredienti per 6 persone

400 g di pomodorini ciliegini e perini (datterini, per me), tagliati a metà o in quarti, in base alle loro dimensioni
1 cucchiaio e ½  di olio extravergine di oliva
sale marino in fiocchi e pepe nere macinato fresco 
4 uova medie, più due tuorli
50 g di farina bianca
200 ml di latte intero
300 ml di doppia panna
30 g di Parmigiano, grattugiato finemente
1 spicchio d'aglio, tritato finemente
30 di olive nere snocciolate, tagliate a pezzi
200 g di formaggio di capra, sbriciolato
10 g di basilico in foglie, spezzettato


Preriscaldare il forno ventilato a 190°C.
Mettere i pomodori in una teglia da forno unire l'olio ed insaporire. Rigirare i pomodori in modo che siano tutti ricoperti con un po' d'olio. Cuocere per 20-30 minuti o finché i pomodori non saranno appassiti. Sfornare e lasciare riposare su un piano di lavoro.
Ridurre la temperatura del forno a 180°C, sempre ventilato.
Mettere le uova, la farina, i tuorli d'uovo, il latte e la panna in un robot da cucina, insaporire e azionare il robot.
Aggiungere il parmigiano e l'aglio, mescolando.
Mettere i pomodori in uno stampo da forno, cospargere con le olive e il formaggio di capra.
Versare la pastella sopra ai pomodori e cuocere per 30 minuti, o finché la crema non si sarà gonfiata, dorata e rassodata al centro. Lasciar riposare il clafoutis per 5 minuti, in modi che si stabilizzi. Si abbasserà un po' ed è normale. Cospargere con il basilico e servire.



Note personali

- ricetta semplice, che sa di famiglia, ma che farebbe la sua bella figura anche servito, in piccole porzioni, in un buffet

- ho utilizzato dei pomodorini comprati del mio fruttivendolo di fiducia, ed erano dolcissimi. Questo per dirvi che i pomodori da utilizzare devono essere gustosi e non insapori

- per condire i pomodori per la cottura in forno, a me sembrava più pratico metterli in una ciotola, versare l'olio e condire con sale e pepe e mischiare tutto, e così' ho fatto. Poi ho trasferito i pomodorini  nella teglia, con la parte tagliata rivolta in alto

- il formaggio di capra che ho utilizzato era quello che trovate a forma di tronchetto, abbastanza sodo ma che si riesce a sbriciolare

- nella ricetta non viene menzionata la dimensione dello stampo da utilizzare, e qui mi è venuta in aiuto Stefania, l'Araba Felice, che mi ha spiegato che, per "gratin dish", in USA e UK di solito si intende uno stampo ovale con capacità di 2 litri circa. Il mio era rettangolare, ma la sostanza non cambia. Fate in modo che  lo stampo sia anche abbastanza alto (5-6 cm), perché il clafoutis si gonfierà molto durante la cottura e con uno stampo basso rischiereste la fuoriuscita del composto...
Il mio era in ceramica e non l'ho oliato, c'era già quel poco olio dei pomodori, ed è andata bene così :)

- il clafoutis ha riscosso notevole successo in famiglia, e ho ricevuto un sacco di complimenti. Ho assaggiato un avanzo il giorno dopo, sia freddo che riscaldato ed era forse ancor più buono (nella versione riscaldata in padella).

Di conseguenza, la ricetta è:

PROMOSSA A PIENI VOTI

giovedì 17 ottobre 2019

CHICKEN WITH PLUMS, HONEY & POMEGRANATES

Che fare se di una ricetta leggi "melassa di melograno", "Sumac", "arancio", "miele"?
Nel mio caso pensi: è mia!
Di certo, parlando di Diana Henry, regina delle ricette a base di pollo e considerando la mia predilezione per questo tipo di carne, la tentazione di provarla è stata immediata.
Oltretutto avendo ricevuto di recente una quantità di Sumac tale da poterci fare un paio di carriole di Za'atar, ho pensato bene che da qualche parte avrei dovuto cominciare (a proposito, chi ne volesse un poco, lo smercio volentieri e se passate a trovarmi ve lo regalo di cuore).
E comunque, a parte un paio di ingredienti che ormai possiamo trovare con facilità anche dalle nostre parti, questa è un ricetta che abbinata ad una scodellina di cous cous o bulgur, diventa un meraviglioso piatto unico.

Per 4 persone

PER IL POLLO
8 cosce di pollo grandi, con pelle in eccesso rifilata e ossa
2 cucchiai di sumac (sommacco essiccato in polvere)
3 cucchiaini di coriandolo in polvere
4 spicchi d'aglio grattugiati finemente
3 cucchiai di olio extra vergine
 fiocchi di sale marino e pepe nero macinato fresco
2 cipolle rosse affettate finemente in mezze lune
8 prugne preferibilmente a polpa rossa e sode, tagliate a metà e private del nocciolo
4 cucchiai di miele fluido
3 cucchiai di melassa di melograno
1/2 cucchiaino di pepe di cayenna
1 cucchiaino 1/2 di semi di cumino
la scorza di un'arancia grattugiata finemente
4 cucchiaini di light brown sugar
50 ml di succo di arancia
3 cucchiai di semi di melagrana

Per il condimento al pistacchio
25 g di pistacchio sminuzzato
1 spicchio d'aglio finemente tritato
3 cucchiai di coriandolo fresco tritato
1 cucchiaio di olio extra vergine
succo di limone quanto basta

Preriscaldate il forno a 180°
Mettete le cosce di pollo in una casseruola rotonda di 30 cm di diametro in modo che possano stare su un unico strato. Aggiungete il sumac, il coriandolo in polvere, metà dell'aglio e tutto l'olio extravergine e condite. Mescolate tutto con le vostre mani girando le cosce facendo in modo che tutto sia ben rivestito quindi coprite e mettete in frigo per 1 ora se avete tempo.
Aggiungete le cipolle e mescolate con pollo e marinata quindi sistemate le cosce in maniera che siano con la pelle verso l'alto. Aggiungete metà delle prugne tra i pezzi di pollo.
In una ciotolina mescolate il miele con la melassa di melograno, insieme al pepe di cayenna, il cumino, la scorza di arancia e l'aglio rimanente.
Con un cucchiaio versate metà di questo condimento sul pollo e sulle prugne quindi versate il succo di arancia tutto intorno.
Cuocete in forno per 25 minuti, quindi versate la rimanente salsa di miele e melassa di melograno sulla pelle del pollo. Aggiungete le prugne rimanenti e cospargetele con lo zucchero avanzato. Rimettete a cuocere per completare la cottura, per altri 20 minuti.
Per il condimento al pistacchio, schiacciate le frutta secca in un mortaio con l'aglio ed un po' di sale. Aggiungete il coriandolo e schiacciate ancora un poco ma non tanto da ottenere una pasta, quindi mescolatevi l'olio ed il succo di limone. Aggiustate con sale e pepe quindi con un cucchiaio distribuitelo sul pollo e cospargete il tutto con semi di melagrana.

NOTE PERSONALI 

  • Tutta la preparazione è di estrema facilità: si parte a freddo senza dover rosolare nulla, anzi con una marinata molto breve se avete tempo. Una volta sistemato il pollo nella sua pirofila o padella da forno, non si tocca più, non lo dovete girare o altro. Si cuoce nei succhi e liquidi previsti dalla ricetta. 
  • Io so di essere deprecabile, ma detesto la pelle del pollo ed in questo caso non ho seguito la ricetta alla lettera togliendola prima di marinarlo. Se come me, rifuggite questo particolare, abbiate l'occhio di controllare la cottura, perché se la polpa dovesse scurirsi troppo, dovrete mettere un foglio di alluminio sulla teglia quando necessario. 
  • Io ho usato un pennello di silicone per distribuire in maniera uniforme la salsa di miele e melassa di melograno in modo che tutti i pezzi ne fossero ben avvolti. Inoltre non ho avuto la fortuna di trovare prugne dalla polpa vermiglia come consiglia l'autrice, ma me ne sono fatta una ragione (erano buonissime lo stesso). 
  • La cottura è molto precisa. Il pollo risulta perfettamente cotto ma contemporaneamente ancora succoso dopo i 45 minuti previsti, ma quello che otterrete è una discreta quantità di fondo, veramente strepitoso per poter condire anche eventuali elementi di accompagnamento come il cous cous o il bulgur, o verdure al vapore. Quello che ho pensato, troppo tardi, è che avrei potuto ridurlo e renderlo ancora più gudurioso se solo non avessi avuto un branco di assatanati alle mie spalle che gridavano " al pollo!". 
  • Un bel gusto pieno, complesso, con ogni elemento al suo posto, dal dolce, all'acidulo, al piccante e sapido, con una nota tostata data dalla frutta secca...dire che è solo buonissimo sarebbe riduttivo. Questo è un piatto con cui stupirete la vostra tavola, oltre che estremamente elegante a vedersi. Assolutamente
PROMOSSA! 





mercoledì 16 ottobre 2019

BAKED LIME, PASSION FRUIT AND COCONUT PUDDING



Lo sapevo che sarebbe arrivato il momento.
Il momendo di usare quei frutti della passione che tanto amo, e che tanto raramente trovo.
Per cui quando il miracolo succede invece di mangiarmeli tutti in santa pace davanti al bancone della cucina, cosa che comunque ha il suo perchè, li svuoto e congelo la polpa.
Il momento arriva in cui sfogliando il nuovo libro di Diana Henry non vedo solo un dolce che li contiene: ma un dolce che insieme usa il mio amato lime e l'amatissimo cocco.
Se aggiungiamo che l'augusto consorte, appena uscito da un piuttosto lungo periodo-mirtillo è ora anche lui in era cocco-dipendente, il gioco è fatto.
La descrizione poi farebbe capitolare chiunque: non solo si prepara in un attimo ma viene fuori, parola dell'autrice, una specie di miracolo per cui la parte inferiore risulterà tipo un budino lontanamente simile ad un curd e la parte superiore invece uno strato di torta.
Seguo pedissequamente le istruzioni.
In un attimo il piatto di ceramica è nella teglia che lo conterrà per la cottura a bagnomaria.
Verso l'impasto, una nuvola.
Verso l'acqua.
Il disastro.
Non so quale diavolo, quale pensiero, cosa mi abbia ottenebrato per un attimo.
Sta di fatto che l'acqua del bagnomaria invece di finire nella teglia grande finisce sull'impasto.
Me ne accorgo subito, ma subito in questi casi è già tardi.
Non c'è soluzione se non buttare tutto.
E dare fondo nuovamente, ahimè, alla preziosa scorta di passion fruit ;)




BAKED LIME, PASSION FRUIT AND COCONUT PUDDING 
per 4/6 persone

125 g di burro a temperatura ambiente (più dell'altro per la teglia)
200 g di zucchero semolato tipo Zefiro
4 uova grandi (tuorli ed albumi separati)
75 g di farina autolievitante
50 g di cocco rapè
400 ml di latte intero
succo e buccia finemente grattugiata di 3 lime
5 grossi frutti della passione ( o 6 piccoli)
zucchero a velo, per la finitura
panna densa, per servire


Preriscaldare il forno ventilato a 170 gradi ed imburrare una teglia da 2 litri di capacità.
Mettere burro e zucchero nel robot da cucina e montarli finchè il composto sarà chiaro e leggero. Aggiungere i tuorli ed azionare velocemente le lame per un attimo, quindi unire la farina ed il cocco, alternandoli con il latte, mescolando finchè si otterrà un composto omogeneo.
Unire da ultimi la buccia ed il succo di lime quindi versare il composto in una ciotola.
Aprire i frutti della passione a metà e versare la polpa, aiutandosi con un cucchiaino, in un colino posto sopra l'impasto. Schiacciare bene il composto (i succhi verranno rilasciati meglio) ed infine unire al composto anche due terzi dei semi (scartare i rimanenti).
Montare gli albumi a neve ferma quindi usando un cucchiaio di metallo unirne un terzo all'impasto per ammorbidirlo ed infine il resto, con movimenti dal basso verso l'alto.
Versare il tutto nella teglia preparata e posizionarla in una teglia da forno più grande in cui andrà versata acqua bollente sufficiente ad arrivare a metà della teglia con il composto.
Cuocere per 45 minuti.
Fare intiepidire il dolce quindi servirlo con zucchero a velo e la panna densa.


NOTE

- come l'autrice stessa sottolinea, è un dolce facilissimo.  Il robot da cucina fa il grosso e le fruste il resto. Anche passare la polpa di passion fruit dal colino prende veramente un attimo e in un lampo il dolce è in forno (se non combinate guai come me :)

- il risultato è magico come dice Diana Henry: riprende quello che è il padre di tutte le "torte magiche" che per un po' hanno invaso la blogosfera, ovvero il tipico Lemon Pudding australiano che ha proprio la caratteristica di separarsi in cottura in due strati, uno budinoso l'altro più simile ad una classica torta.

- sul sapore, dico solo che ce ne siamo finiti metà in due subito, in piedi in cucina. Era il dolce per il nostro anniversario di matrimonio, nessuno obbligava che dovesse anche arrivare integro a tavola :)  non si riesce letteralmente a smettere di prenderne un altro cucchiaio, ed uno ancora...

- buonissimo tiepido ma altrettanto buono freddo, il giorno dopo.

- la thick cream, la panna densa non zuccherata usata per accompagnarlo ci sta benissimo. Non omettetela per nessun motivo.

ovvio dire che la ricetta sia 
PROMOSSA A PIENI VOTI








martedì 15 ottobre 2019

CHICKEN WITH DIJON MUSTARD, CREME FRAICHE AND VERMOUTH




Aprire le danze dovendo pubblicare la prima ricetta del libro del mese è sempre una bella responsabilità. Speri di aver scelto la ricetta perfetta, quella che fa venir voglia di scoprire le altre. Per partire col piede giusto, insomma.
La mia scelta è ricaduta su un pollo, visto che lo preparo almeno una volta a settimana e mi piace sperimentare sempre ricettine nuove. Certo, di solito finisce semplicemente sulla piastra o  in forno con qualche aroma semplice, ma la cosa che adoro del pollo è che basta poco per renderlo un perfetto piatto della domenica: succulento, gustoso, diverso dal solito. 
Questa ricetta di Diana Henry sarà riuscita a conquistarsi il titolo di "nuovo classico della domenica"?

CHICKEN WITH DIJON MUSTARD, CRÈME FRAÎCHE AND VERMOUTH

Ingredienti per 4 persone:
8 sovracosce di pollo con ossa e pelle, eliminando gli eccessi (io ho aggiunto anche un paio di fusi, che sono sempre apprezzati)
4 cucchiai di senape di Digione
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
pepe nero macinato fresco
1/2 spicchio di aglio finemente tritato
6 cucchiai di crème fraîche
150 ml di vermut bianco secco
2 cucchiai di prezzemolo tritato
succo di limone
10 di di burro freddo tagliato a tocchetti

Preriscaldate il forno a 190 gradi ventilato.
Mettete le sovracosce di pollo (con la pelle rivolta verso l'alto) in una teglia grande abbastanza affinché possano stare in un unico strato e senza che ci sia troppo spazio tra i vari pezzi.
In una ciotolina mescolate la senape con l'olio, quindi spalmate il composto sulla pelle del pollo. Condite con il pepe (niente sale, la senape è già abbastanza sapida). Mescolate l'aglio con la crème fraîche, poi mettetela a cucchiaiate sul pollo senza spalmarla, colerà poi in cottura. Unite nella teglia anche 100 ml di vermut.
Cuocete il pollo per 40 minuti, aggiungendo il resto del vermut a metà cottura (a me ci sono voluti 50 minuti abbondanti).
Trasferite il pollo in un piatto riscaldato e copritelo con della carta stagnola e un paio di canovacci per tenerlo in caldo.
Nel frattempo mettete la teglia sul fuoco e portate il fondo di cottura a ebollizione fino a farlo ridurre un po'. Aggiungete quindi il prezzemolo, una spruzzata di limone e il burro, poco a poco, mescolando con una frusta. Quando la salsa si sarà addensata rimettete il pollo in teglia e servite subito.

NOTE
- L'autrice non lo specifica, ma io per abitudine ho per prima cosa fiammeggiato il pollo, per evitare di mangiare peli e piume.
- Avendo condito il pollo solo sopra e dalla parte della pelle, all'inizio temevo che sarebbe risultato poco saporito. In realtà, i sapori si fondono perfettamente tra loro in cottura e alla fine è tutto ben equilibrato.
- Anche se è solo un cucchiaio, l'olio secondo me è eccessivo, considerato che ci sono anche il grasso della pelle del pollo e il burro della salsa. Onestamente, anche se poco, si può omettere, secondo me.
- La Henry dice di non spalmare la crème fraîche sul pollo, tanto poi colerà in cottura. In realtà la mia era piuttosto densa e le ho dato un "aiutino", spalmandola solo leggermente con il dorso di un cucchiaio.
- La senape e la crème fraîche formano una crosticina buonissima, che si fonde perfettamente con la pelle del pollo.
- La quantità di liquido mi sembrava quasi eccessiva e anche qui temevo che il pollo sarebbe risultato quasi bollito. Ma mi sbagliavo di nuovo, infatti il liquido ha ammorbidito la carne, rendendola molto succulenta. Fra l'altro, alla fine il liquido si riduce dando vita a una salsa a dir poco STREPITOSA. Vi dico solo che c'è stato chi ha fatto la scarpetta.
- Onestamente, forse non avevo mai mangiato un pollo così buono, succulento e saporito... e sì, ha conquistato il titolo di nuovo classico della domenica.
Detto questo, ovviamente la ricetta è:

PROMOSSA CON LODE
Alessandra Corona - La Cucina di zia Ale

lunedì 14 ottobre 2019

LO STARBOOK DI OTTOBRE E'...


Diana Henry, From the Oven to the Table

Dopo Yotam Ottolenghi,Diana Henry è l'autore a cui abbiamo dedicato più puntate, qui allo Starbook. Abbiamo iniziato con A Bird in the Hand -e da allora il pollo non è stato più lo stesso. Abbiamo proseguito con Simple- e da allora le cene pronte in 5 minuti hanno assunto ben altro spessore. Credevamo di chiudere il capitolo con How to Eat a Peach e la celebrazione della freschezza -di sapori e di idee- declinata in tutte le stagioni e in tutti gli angoli del mondo e invece no: la signora ci ha fatto un bello scherzetto, non solo con un libro nuovo, ma con un argomento che ha il sapore della sfida. Perchè parlare di cucina semplice e veloce, di sapori pressoché inalterati, di concept basati su cotture veloci e condimenti espressi riferendoli al forno è un'operazione che esercita su di noi un fascino irresistibile. Avreste dovuto vederlo, il backstage dello Starbook: neanche nell'anticamera di una sala parto si respirava la stessa atmosfera elettrizzata e sospesa, pronta ad esplodere in un grido liberatorio nel momento stesso dell'annuncio della pubblicazione. Ci mancava solo che avessimo incitato la Henry a spingere- e poi avremmo davvero esaurito tutto il repertorio in materia. 
" E pazienza se io non so più cosa dire, mannaggia a 'sta qui e ai suoi libri meravigliosi", rimuginavo fra me e me l'altro giorno, pensando a come avrei fatto a scrivere qualcosa che non avessimo già detto. "Cosa diavolo posso inventarmi?" mi chiedevo, mentre intanto sceglievo una ricetta da provare. "Della semplicità come filosofia abbiamo già parlato mile volte, della sua ispirazione pressoché infinita pure" (e intanto pulivo il rabarbaro). "La Lawson e Ottolenghi, no, ma solo perché li ho già citati, perché semmai c'è una cerniera, questa è lei" (e annusavo le mie mani che profumavano di arancio e rosmarino), "nemmeno possiamo tornare su una cucina no global, senza confini né barriere" (e controllavo la temperatura del forno). 
E mentre nella mia cucina si spandevano il profumo agro di un dolce, mitigato da note agrumate e intriganti, in un ambiente stranamente in ordine, senza lavelli stracarichi di stoviglie da lavare, ho avuto l'illuminazione. Perchè, vedete, da quando vivo qui ho definitivamente smesso di cucinare, per lo Starbooks. Il clima mi impone delle modifiche, l'irreperibilità della maggior parte degli ingredienti annienta ogni sentimento e se devo lanciarmi in qualche preparazione locale, ormai la interpreto con un palato che di occidentale non ha più nulla. Sommate i tre fattori ed avrete tutto quello che non deve fare un giudice dello Starbooks che- repetita juvant- mette al centro il libro, nella sua più assoluta integrità. Sono talmente convinta di questo che ogni mese, per quanto belli siano i libri che  analizziamo, non sono nemmeno sfiorata dall'idea di mettermi ai fornelli, complice anche il fatto che cucinare a 40 gradi tutto l'anno non è cosa. 
E invece, eccomi qui a smanettare con bilance e ingredienti, forni accesi e mani in pasta, ad assaporare la soddisfazione che credevo sepolta di una cucina che mette al centro gli ingredienti e non le tecniche, le mani e non le macchine, i gioiosi volteggi della fantasia e non il rigore meccanico della tradizione. La risposta alle mie domande era tutta lì, in questo miracoloso risveglio della voglia di cucinare, grazie ad un'autrice che, indipendentemente dall'argomento che affronta, sa quali corde toccare per riconciliarci con la cucina, se ne siamo distanti, o per farcene ulteriormente innamorare, di un amore pieno, fiducioso e totale. 
E direi che questo basti e avanzi per avervi tutti qui, da domani, per ripartire con la nuova avventura targata Starbook!
Vi aspettiamo
Alessandra

mercoledì 2 ottobre 2019

STARBOOKS REDONE DI OTTOBRE 2019




Come ogni mese facciamo precedere il nuovo libro dal lancio del nostro piccolo contest, con il quale potete vincere uno dei graziosi gadget firmati Starbooks.

Il Regolamento generale spiega le modalità di partecipazione.

Ricapitolando:

- avete tempo da oggi fino al 23 Ottobre compreso per postare le ricette.

- le ricette vanno scelte dai libri già passati per l'esame dello Starbooks, mentre il libro del mese in corso resta escluso.

- le ricette, per poter essere giudicate, vanno realizzate esattamente come descritto nel libro. Eventuali modifiche falserebbero il giudizio.

- è indispensabile il giudizio finale sulla ricetta (promossa - rimandata - bocciata) ed una piccola introduzione sui motivi che vi hanno portato alla scelta e le vostre osservazioni, come nello stile dei post pubblicati.

- se avete un blog le pubblicate insieme al link a questa pagina e il banner che vedete sopra, quindi ci lasciate un avviso nei commenti qui sotto.

- se non avete un blog mandate la ricetta, introduzione, giudizio ed almeno una foto a lostarbook@gmail.com

In bocca al lupo a tutti e buon lavoro: vi aspettiamo! :)

PARTECIPANTI DI OTTOBRE 2019