Da un po' di anni a questa parte, ogni volta che leggo le recensioni dei libri di cucina metto in preventivo che non troverò nessuna delle qualità per cui gli aggettivi si sprecano (by the way, devono costare pochissimo, visto l'abuso che se ne fa). Fa parte del marketing, sia chiaro, e non si staccano assegni per un grande nome del settore perché si pronunci con timidezza sul prodotto che si deve lanciare: è la stampa, bellezza, e lo è anche nei meandri più oscuri del dietro le quinte. Però, da consumatore vorace quale sono, ho elaborato anche io le mie strategie di difesa, che scattano con riflessi pavloviani a ogni frase ad effetto: stunning, vibrant, gorgeous sono il minimo sindacale, da "una sfogliata e via", "a must have book" lascia intuire provvigioni sulle vendite, "a natural talent/genius" significa che oggi tocca a te, ma domani stai sicura che toccherà a me e via dicendo. Anche quando il libro finisce nel carrello- leggasi: dopo che l'ho analizzato con lo stesso sguardo con cui mia madre mi osservava mentre stavo a tavola - la curiosità di vedere quanto il traino della recensione corrisponda realmente ai contenuti resta. E credo sia superfluo aggiungere che, per la maggior parte delle volte, non trovo corrispondenze.
Tuttavia, ci sono le eccezioni e Tava è una di queste: perché tutto il coro di lodi che ne ha accompagnato l'uscita ha trovato fondamento, nella disamina dello Starbooks. Che è sempre più severo della media (toh: non ci pagano), più sobrio e meno enfatico, per cui sì, qualcosa che non funziona l'abbiamo scovato, in un editing un po' frettoloso che, se non inficia la comprensione della ricetta, comunque disturba. Ma per il resto, è tutto come promesso.
"A joy and an education" è la sintesi di Diana Henry e non potremmo essere più d'accordo. Dietro a Tava si percepiscono anni di studio matto e disperatissimo, approfondito sui libri e sul campo e condensato in una selezione di ampio respiro, presentata in maniera accurata e mai pedante, in un viaggio goloso che rallegra gli occhi ma educa la mente, ampliando i nostri orizzonti con saperi antichi e nuovi che si condensano in tradizioni millenarie e che Irina ci invita a riattualizzare, anche nelle nostre cucine.
"A must-have, not just for enquiring bakers but, crucially, for all those interested in the context and evolution of culinary culture", è il consiglio di Nigella Lawson e questa volta con pieno fondamento, visto che possedere Tava è d'obbligo per chi ha una passione per il cibo che oltrepassa le soglie della propria casa, per fare capolino in quelle degli altri. Da Irina, poi, troveranno porte spalancate, in un profluvio di generosità che ricalca il vincolo sacro della memorabile ospitalità dei Paesi dell'Est e che spazia dal gran numero di ricette raccolte alla dovizia di particolari con cui ciascuna è spiegata, fin nei minimi dettagli.
In questo senso, Tava è la continuazione ideale di Carpathia, il libro con cui Irina ci ha svelato i segreti della cucina romena, mettendo in evidenza le connessioni e i dialoghi con le altre culture. Ma se nel primo libro queste erano una delle tante chiavi di lettura, in una raccolta di ricette giocoforza ampia, ora che il focus si restringe ai dolci, ecco che questa diventa la vera prospettiva per comprendere a fondo lo spirito dell'opera, nel particolare, e quello della tradizione gastronomica romena, in generale: una cucina che trae la sua identità dalla costellazione di culture che hanno trovato il loro punto d'incontro in questa terra, diventando l'espressione più piena della sua calda accoglienza.
Un "must-have" insomma - e questa volta, per davvero.
Ci vediamo ad Aprile, con il prossimo Starbooks
Alessandra