giovedì 31 maggio 2018
MON GRAIN DE SEL: TIRIAMO LE SOMME?
La cosa più bella dello Starbooks è che ci troviamo sempre d'accordo.
Siamo d'accordo quando promuoviamo, siamo d'accordo quando rimandiamo e siamo d'accordo quando bocciamo.
Ma quello che è più bello ancora, è quando siamo d'accordo nel sovvertire un risultato certo e chiaro come il sole con un verdetto inaspettato e -forse- inimmaginabile, come è accaduto nel caso del libro del mese che, a fronte di un'infilata di promozioni, si becca un Tiriamo le Somme per nulla lusinghiero.
Perchè, diciamocelo chiaro, per passare l'esame non basta portare a casa la sufficienza della ricetta che riesce. Questo poteva forse valere 8 anni fa, agli albori del nostro progetto, quando il vuoto editoriale da colmare era cosi profondo che bastava scrivere di ricette per acquistare automaticamente una propria dignità. Ma oggi che la bolla è scoppiata e la differenziazione è d'obbligo, è anche la coerenza con il progetto che viene dichiarato a pesare sul piatto della bilancia.
Fuori dai denti: ambire a parlare di cucine del mondo, oggi, significa alzare la posta in gioco a livelli stellari. Significa ampliare il respiro, superando i limiti della ricetta per arrivare al cuore di una cultura che ci parla attraverso ingredienti sconosciuti, tecniche nuove, abbinamenti diversi da quelli a cui siamo avvezzi, non sempre graditi al nostro palato. Significa assumersi dei rischi, insomma, con la ovvia conseguenza di saperli affrontare.
Bernard Laurence, questa volta, si ferma alla prima parte della sfida, assumendosi un rischio e pure grosso: rispetto a From Baklava to Tart Tatin, infatti, il raggio si amplia dai dolci a tutti i piatti, lasciando presumere una cultura approfondita, per non dire infinita, in materia di cibo. Ma quando si tratta di passare all'azione, le grandi ambizioni si sbriciolano sotto il peso di una approssimazione e di una superficialità imperdonabili. Le indicazioni geografiche sono vaghe (si va per continenti, neppure per nazioni o per aree), la maggior parte delle ricette non ha un aggancio preciso al luogo d'origine e, quel che più conta, subisce un processo di occidentalizzazione ingiustificabile e ingiustificato: perchè un conto sarebbe stato proporre apertamente la sostituzione di un ingrediente introvabile con altri più facilmente reperibili dalla nostra parte del mondo, un altro invece è questo tirar dritto fra Philadelphia e maionese, come se questi fossero i prodotti davvero utilizzati nelle versioni originali.
Il risultato è un libro ruffiano che di sicuro troverà giudizi entusiasti nello stuolo di chi è convinto che servire del cibo con delle bacchette sia la massima espressione della cucina asiatica o aggiungere agrumi al pollo sia l'apoteosi della cucina mediorientale.
Ma da noi, onestamente, irrita.
E pure parecchio.
Per cui, dateci retta: stavolta, lasciatelo li.
Ci vediamo a giugno, con il prossimo Starbook!
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Tiriamo le somme
mercoledì 30 maggio 2018
STARBOOKS REDONE DI MAGGIO 2018: IL VINCITORE!
Il Redone di Maggio ha visto una bella sfida tra due dei nostri più affezionati ed assidui lettori.
Entrambi bravissimi, ed entrambi veterani dello Starbook Redone....ma solo uno può essere il vincitore e quindi dopo il consueto rullo di tamburi il vincitore è....
Biagio con la Chocolate Buckwheat Torte
Chiediamo al vincitore di inviarci il suo indirizzo alla email: lostarbook@gmail.com, per inviare il gadget Starbooks....anche se lui è un veterano su queste pagine e a tutti gli altri... vi aspettiamo per il Redone di Giugno!
martedì 29 maggio 2018
CONFIT D'OIGNONS
Datemi una cipolla e vi solleverò il mondo.
A dispetto della loro fama, le cipolle sono una verdura fantastica, buonissime crude in insalata, cotte al forno, lesse, in agrodolce, sott’aceto, nelle zuppe, perfette come base per ragù e sughi.
Le ho provate in tutti i modi e non mi hanno mai deluso. La confettura di cipolle, seconda ricetta tratta da Mon Grain desel di Bernard Laurance, era una di quelle ricette che volevo provare e questa mi ha ricordato molto la tfaya che si mangia in un piatto marocchino di cous cous. Questa è meno speziata ma altrettanto buona.
A dispetto della loro fama, le cipolle sono una verdura fantastica, buonissime crude in insalata, cotte al forno, lesse, in agrodolce, sott’aceto, nelle zuppe, perfette come base per ragù e sughi.
Le ho provate in tutti i modi e non mi hanno mai deluso. La confettura di cipolle, seconda ricetta tratta da Mon Grain desel di Bernard Laurance, era una di quelle ricette che volevo provare e questa mi ha ricordato molto la tfaya che si mangia in un piatto marocchino di cous cous. Questa è meno speziata ma altrettanto buona.
L’autore suggerisce di mangiarla con del foie gras ma, per
me, è perfetta anche sul pane abbrustolito, caldo, che la scioglie leggermente.
Un misto di dolce e agro che trova un equilibrio perfetto.
Confit d’oignons
600 g di cipolle
30 g d’olio
80g di zucchero
75 ml aceto di Xerès o aceto balsamico
40 ml di Porto
50 g di uvetta (facoltativo)
Sale
Pepe
NOTE
·
La ricetta è semplice ma nasconde alcune
insidie: come suggerisce l’autore bisogna fare attenzione alla cottura e
soprattutto al fatto che le cipolle si possano attaccare al fondo della
pentola. Basta una minima disattenzione e il danno è dietro l’angolo. Meglio
seguire la cottura senza distrazioni.
·
L’uvetta è facoltativa ma io l’ho usata perché
mi sembrava che donasse un tocco in più. Avevo dell’uvetta golden e ho usato
quella.
·
Con questa dose si possono fare al massimo 2
vasetti, si conserva in frigo per diversi giorni, sempre che non la finiate a
cucchiaiate.
La ricetta è
PROMOSSA
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lunedì 28 maggio 2018
FALAFEL
I Falafel, in casa nostra, sono una roba seria. O sono buoni- e allora ci piacciono o non lo sono e allora ci tocca far finta di niente e sforzarci di tacere, di fronte a tutte le lodi sperticate di cui godono ultimamente, visto che sono una delle mode del momento e non passa giorno che non li si vedano magnificati da qualche parte, osanna ad Ottolenghi incluse.
L'aspetto più interessante della faccenda è che tutti credono che siano fatti esclusivamente coi ceci. A parte le vette di chi li prepara coi ceci cotti o con quelli in lattina, quando si fa notare che sono falafel tutte le polpette di legumi e che in certe zone i ceci non sono nemmeno contemplati, si rischia ogni volta di essere derisi. L'ha detto Ottolenghi, e cosi deve essere, insomma. Per fortuna che ogni tanto qualcuno ancora contempla la presenza di altri legumi, a maggior ragione se si tratta dell'autore dello Starbook del mese. Ragion per cui, di fronte all'alternativa delle fave secche non ho avuto esitazioni ed anche se la mia seconda scelta sarebbe stata su un piatto "di casa mia"(quella in fondo a destra), ho invertito la rotta e son tornata in Medioriente.
Se soddisfatta o meno, ve lo dico alla fine della ricetta
FALAFEL
500 g di ceci o fave secche
6 spicchi d'aglio
mezzo mazzo di prezzemolo
mezzo mazzo di coriandolo (in totale 60 g)
mezza cipolla
1 cucchiaino da caffè d bicarbonato
1 cucchiaio di sesamo
2 cucchiaini di coriandolo in polvere
2 cucchiaini di cumino in polvere
mezzo cucchiaino di peperoncino in polvere
sale e pepe
- mettete a bagno i ceci o le fave per 24 ore in acqua fredda. Laurence raccomanda due cose
1. di non usare in nessun modo ceci in scatola
2. di scolare molto bene e di asciugare perfettamente i legumi, dopo che sono stati a bagno, visto che è l'eccesso di umidità che può far rompere i falafel in cottura
- passarli al mixer per circa un minuto. E' importante ottenere una purea non perfettamente liscia, ma un po' grossolana, sufficiente ad essere compattata in polpette con poca fatica. Una purea troppo liscia causerebbe di nuovo la disgregazione dei falafel in cottura.
- trasferire la purea in una terrina e aggingere le spezie e il bicarbonato
- tritare finemente il prezzemolo, il coriandolo, la cipolla e l'aglio. L'autore consiglia di asciugare perfettamente le erbe, SE si lavano prima dell'uso (toh, che strane abitudini...). E' anche possibile tritare le erbe assieme ai legumi: in questo caso, si avrà un composto tutto verde.
- per avere una texture più consistente, si può aggiungere il sesamo all'interno.
- dopodichè, si dà loro la forma di polpette piatte (lui ha usato l'attrezzo apposito) e le si friggono in olio profondo, fino a quando sono perfettamente dorate da tutti i lati. Scolatele su carta assorbente e serviteli con hummus o anche da soli
NOTE MIE
- non chiedetemi perchè, ma io faccio i falafel rotondi. Avrà il complesso degli arancini e dei baci di dama, non lo so: so solo che parto in automatico e quando realizzo che sarebbe stato meglio farli piatti, ne ho già fritta la metà. Va da sè che con la forma più piatta si corrono meno rischi in cottura: ma friggendo in olio profondo, con calma e controllando la temperatura, si ottengono degli ottimi risultati anche cosi. Mal che vada, quelli bruciati ve li mangiate voi, come ho fatto io con il tipo in primo piano
- per me i falafel più morbidi sono quelli misti di fave e ceci, come li fanno in Libano. Le fave, senza dubbio, conferiscono una morbidezza diversa
- io frullo tutto assieme: cipolla, aglio, legumi e coriandolo e prezzemolo- e si, li lavo.
- Il sesamo lo metto solo fuori, per bellezza, ma la ricetta è corretta: andrebbe direttamente nell'impasto
- il punto in sui non sono per niente d'accordo riguarda l'aglio (eccessivo) e l'assenza del limone (imperdonabile). questo è il "buono" dei Falafel, quell'esplosione di freschezza che dà un senso alla preponderanza del coriandolo e che finisce per sovrastare anche le note più pungenti del cumino. Per me è una omissione gravissima, come ho già detto. Però, visto che la spiegazione è corretta, i trucchi sono svelati e l'ho già massacrato la volta scorsa, dichiaro questa ricetta
PROMOSSA
(ma il limone, Bernard, IL LIMONE!)
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sabato 26 maggio 2018
BAKED CHEESECAKE WITH CLOUDBERRIES PER STARBOOK REDONE DI MAGGIO 2018
Riceviamo e pubblichiamo la seconda partecipazione al Redone del mese di Biagio, affezionato lettore dello Starbooks.
Continuo a vivere la fase scandinava della mia vita.
Succede. “Fika and Hygge”, di Brontë Aurell, per me è diventato libro di lettura in qualsiasi
angolo della casa, della metropolitana, della biblioteca, dell’università.
Sono
andato appositamente un sabato mattina all' Ikea per comprare la marmellata di “cloudberries”
(lamponi artici o more dell’Artico… ma preferiamo la traduzione di lamponi
artici).
Piccola curiosità: in svedese si dice “hjortron”… sembra “figlio di
Thor”… buoni auspici divini, insomma … ;)
BAKED CHEESECAKE WITH
CLOUDBERRIES
Ingredienti
200 g di biscotti
75 g di burro fuso
740 g di formaggio cremoso
150 g di zucchero semolato
2 cucchiaini di zucchero vanigliato o estratto di vaniglia
1 cucchiaino di scorza di limone grattugiato
2 cucchiaini di succo di limone
3 uova + 3 tuorli d’uovo
1/2 barattolo di confettura di lamponi artici (circa 140 g)
Stampo a cerniera da 23 cm
Istruzioni
Preriscaldare il forno a 180° C.
Preparare lo stampo a cerniera avvolgendo i lati con della carta
stagnola per evitare che l’acqua penetri nello stampo mentre il cheesecake
cuoce a bagnomaria. Mettere lo stampo in una teglia più grande.
Ridurre i biscotti in polvere (con un mattarello o in un robot da
cucina) e mescolarli con il burro fuso. Aggiungere il composto di biscotti e
burro fuso nello stampo premendo uniformemente verso il basso per formare lo
strato, base del cheesecake.
In un mixer, aggiungere il formaggio cremoso e sbatterlo per 30 secondi per togliere
eventuali grumi; poi metterlo in uno ciotola capiente. Aggiungere lo zucchero,
la vaniglia, la scorza del limone grattugiato e mescolare bene per combinare
completamente tutti gli ingredienti. Aggiungere le uova e mescolare di nuovo,
senza sbattere troppo.
Versare il composto nello stampo che ha già i biscotti come base.
Versare dell’acqua nello stampo maggiore affinché il cheesecake si cucini a
bagnomaria.
Cuocere per 45-50 minuti, inserendo lo stampo nella parte centrale del
forno. Il cheesecake è pronto quando sembra ancora oscillare leggermente al
centro.
Rimuovere il cheesecake dal forno. Nel frattempo, mentre si raffredda, riscaldare
la marmellata in una casseruola con un poco d’acqua. Quando è già intiepidito ma
non bollente, versare sul cheesecake,
distribuendo con cura. Se si hanno dei lamponi artici veri e propri,
aggiungerli per decorare. Far raffreddare in frigo per almeno 4 ore affinché la
marmellata si rapprenda bene.
NOTE DELL’AUTRICE
- Come scrive l’autrice
nell’introduzione alla ricetta, i lamponi artici hanno un sapore unico, diverso
da qualsiasi altra bacca del pianeta. Al palato risultano abbastanza aciduli,
ma sono pieni di vitamina C.
- Si tratta di un cheesecake al forno nel miglior stile newyorchese. Non
è proprio molto scandinavo, ma certo l’aggiunta dei lamponi artici fa tutta la
differenza.
- Invece di mettere della marmellata di lamponi artici, la ricetta si
può preparare anche con un topping diverso: 300 gr di panna acida, 1 cucchiaio
di zucchero semolato e 1 cucchiaino di zucchero vanigliato o estratto di
vaniglia. Ma in questo caso, dopo averli ben combinati insieme, il cheesecake
deve tornare in forno per altri 8-10 minuti. Poi procedere come già descritto,
e cioè facendo raffreddare in frigo per almeno 4 ore
NOTE MIE
- I lamponi artici sono notoriamente difficili da coltivare e, anche
congelati, costano moltissimo. Sono dei veri e propri gioielli, nel regno delle
bacche. La marmellata è molto più abbordabile, anche se il costo resta comunque
più elevato di altre confetture.
- Il gusto acidulo di queste bacche combina perfettamente con il
cheesecake che era veramente buonissimo, delizioso, unico.
- Nella ricetta l’autrice dice di usare una combinazione di biscotti al
malto e i “digestives”. Invece ho usato i “digestives” comprati da Marks and
Spencer, e i “pepperkakor”, i biscotti allo zenzero, sempre da Ikea (visto che
c’ero….).
- La sottolineatura di non sbattere troppo il composto una volta
aggiunte le uova mi è sembrata molto utile, altrimenti il risultato potrebbe
essere troppo pesante.
- Sto vedendo di comprarmi una scorta di questa marmellata per quando
tornerò in Brasile, perché nei paesi tropicali, Ikea, purtroppo, non è ancora
contemplata…
Biagio D'Angelo
venerdì 25 maggio 2018
BBQ RIBS
La ricetta mi sembrava ideale per far felici tutti quanti.
Chissà perché ma, tutto ciò che arriva dall’America appare succulento e
appetitoso. Spesso le pubblicità di grosse catene di carne alla griglia mettono
in bella mostra queste costine sugose che, strappano sempre l’approvazione dei
maschi di casa. Non ho avuto dubbi scorrendo l’indice delle ricette di Mongrain de sel di Bernard Laurance.
Mentre seguivo alla lettera le istruzioni per fare le BBQ
ribs mi domandavo quanta differenza c’è con le nostre costine alla brace,
drogate con spezie e erbe aromatiche e cotte al naturale. Il risultato sono
costine belle saporite, salate e impepate. Nelle BBQ ribs o almeno in questa
ricetta non c’è traccia di sale anzi, la marinata è a base di miele, zucchero
ketchup e whisky con il risultato di avere, all’assaggio, l’effetto sorpresa
del dolciastro.
L’autore suggerisce di accompagnarle con il coleslaw e di
approfittare della bella stagione per cuocerle sul barbecue ma, anche se
dovesse fare brutto tempo, la soluzione è ripassarle in forno ed è ciò che ho
fatto io.
BBQ ribs
1,5 kg di costine di maiale divise in 4 parti
260 g di ketchup
210 g di miele
30g salsa di worcestershire
60 g di whisky
3/4 cucchiaino di polvere di peperone dolce
1/2 cucchiaino di polvere di paprika
25 g di aceto di vino
55 g di zucchero di canna
Mettete a bollire dell’acqua in una grossa pentola, quindi
posizionate le costolette in modo che siano completamente immerse. Lasciate
cuocere a fuoco basso (è necessario che manteniate l'ebollizione) per circa
un’ora e mezzo. La carne è cotta quando inizia a staccarsi dalle ossa.
Preparate la salsa barbecue: mettete tutti gli ingredienti
della salsa in una ciotola e mescolate bene. Togliete la carne cotta,
lasciatela scolare in un piatto e versate il sugo, in modo che sia tutto ben
coperto dalla marinata. Coprite con della pellicola e lasciate in frigo per una
notte. Mescolate la carne ogni tanto in modo che risulti marinata da tutte le
parti. Un altro consiglio: potete mettere la salsa in un contenitore ermetico
abbastanza grande da contenere le costolette. In questo modo, potete agitare o
girare il contenitore di volta in volta: è più facile, più pulito e la carne è
ancora meglio!
Preriscaldate il forno a 180 ° C. Cuocete per 10 minuti.
Ricordate di aggiungere la marinata ogni tanto. Girate la carne sulla griglia.
Lasciate cuocere di nuovo per 10 minuti, pennellate sempre con la salsa. Dopo
questi 20 minuti, spegnete il fuoco e attivate la funzione grill. Cuocete ancora
molto poco, solo per caramellare la superficie del maiale su entrambi i lati.
La carne è pronta per essere consumata da tutti i T-Rex
attorno al tavolo.
Note
·
La ricetta si segue bene e è spiegata in ogni
minimo passaggio.
·
Utilizzare il barbecue è la soluzione migliore
perché solo quel tipo di cottura dà il sapore di affumicato che rende queste
costine così gustose. Lo stesso autore però, suggerisce di preferire la cottura
che ci è più congeniale, e di evitare il barbecue se non è professionisti o
comunque bravi abbastanza da non far bruciare lo zucchero contenuto nella
marinata. Meglio in ogni caso disporre le costine abbastanza lontane dai
carboni
·
Il risultato, per quanto, riuscito (con il
barbecue sarebbe stato ancora meglio) non ha soddisfatto i palati di casa che
non si aspettavano un sapore tanto dolciastro. La mancanza totale di sale ha
penalizzato fortemente il gusto, ancora di più perché da noi le costine si
mangiano molto molto saporite. Il contrasto è stato deludente. Anche se questo
non cambia il risultato della ricetta che rimane perfetta.
·
Non avevo mai cotto delle costine avendole prima
lessate, è proprio una filosofia lontana dal nostro cuocere la carne
direttamente sulle braci o in forno da cruda.
Il mio giudizio potrebbe essere: “non è tutto oro quello che
luccica”, in ogni caso la ricetta è:
PROMOSSA
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giovedì 24 maggio 2018
KHORESH FESSENJAN (Pollo alle noci e melagrana)
Le ricette di Bernard Laurence e la sottoscritta non vanno d'accordo e la cosa strana è che son sempre io a scegliere i suoi libri per lo Starbooks. Lo avevo fatto ai tempi di From Baklava to Tart Tatin, dopo un colpo di fulmine scoppiato in una libreria di Hanoi dove mi ero riparata da un temporale, l'ho fatto adesso, non paga dell'insuccesso della volta precedente. Sono l'unica, per cui temo che quella signora che di solito ci vede benissimo abbia deciso di aguzzare la vista con me, ma non è che per questo mi rammarichi di meno- e non credo sia il caso di dirvi il perchè. Ad irritarmi,in questo caso, più che la riuscita, sono gli errori grossolani che non sono ascrivibili a diverse interpretazioni o a diverse cucine: perchè un conto è sostituire un ingrediente marginale, personalizzare con una spezia, modificare qualche dose. Queste sono sintomi di una tradizione che vive, che si adatta ai gusti di chi la replica, che si evolve e che mi piace, mille e mille volte di più di quelle ricette intoccabili, scritte nella pietra e col sangue. Quello che mi infastidisce, invece, sono gli errori macroscopici, quelli che toccano il cuore del piatto: come fare un pesto alla genovese senza i pinoli o un brasato al barolo con il petto di pollo, insomma.
Più o meno quello che fa Laurence in questo Fesenjan, affrontando una delle ricette più iconiche della cucina persiana con la grave omissione di uno dei due ingredienti intoccabili, il concentrato o la melassa di melagrana*, sostituiti con del semplice succo e con l'aggiunta di una quantità sproporzionata di passata di pomodoro. Il risultato, oltre ad essere un piatto sbilanciatissimo in acidità, non ha praticamente nulla a che vedere nel sapore con la ricetta originale, a dispetto del riposo di una notte in frigo, nella speranza che questo servisse ad amalgamare meglio i sapori. Niente da fare, ahimè, per cui eccovi la cronaca di una sconfitta, minuto per minuto
per 6 persone
4 fusi e 4 cosce di pollo o un pollo intero, a pezzi (io ho optato per il pollo intero, senza pelle)
2 cucchiai di olio d' oliva (io Extravergine)
2 cipolle (nel mio caso, rosse)
1 cucchiaio colmo di farina
200 g di noci sgusciate
200 g di passata di pomodoro
200 ml di puro succo di melagrana*
200 ml di acqua
20 g di zucchero
1/2 cucchiaino di sumac (io uno intero, abbondante)
qualche pezzetto di cannella (io due, piccoli)
sale e pepe
* la soluzione migliore è farlo in casa, se avete un estrattore. In mancanza di quello, basta frullare a lungo i semi di una grossa melagrana e filtrarli con un colino a maglie fitte, prima e con il filtro del caffè dopo.
concentrato di melagrana e melassa di melagrana sono due cose diverse, anche se partono sostanzialmente dagli stessi ingredienti: entrambi hanno una piccola aggiunta di zucchero, ma il primo viene fatto cuocere la metà del tempo. Non a caso, è chiamato anche syrup, perchè ha una consistenza più viscosa e meno densa, tipica dello sciroppo. La melassa di melagrana, invece, è dichiaratamente quello che è: una melassa, densa e scura
- in una grande casseruola (la ghisa è perfetta, ma potete usare le casseruole che utilizzate normalmente per fare uno stufato, perchè questo è) fate scaldare l'olio.
- quando è caldo, rosolatevi il pollo. Laurence consiglia di lasciargli la pelle, perchè in questa fase questa sprigiona bene tutti i succhi e di sicuro ha ragione, se non fosse che a me la pelle del pollo fa orrore dai tempi della filastrocca, quando vivevo in campagna, i polli erano quelli del nostro contadino e il mangime erano i manicaretti che preparava loro ogni sera. Figuratevi qui, nella profonda Asia... e comunque, fate rosolare bene il pollo da tutte le parti, poi tiratelo via e tenetelo da parte.
- aggiungete al fondo di cottura la cipolla affettata fine o tritata, se volete ottenere un risultato più cremoso. Fatela andare per qualche minuto, raschiando delicatamente il fondo della padella per recuperare tutti i succhi. Aggiungete la farina e mescolate bene (errore tecnico grossolano, qui: a parte che questo è un piatto comunemente senza glutine e non c'è nessun bisogno di addensanti, se non si tosta la farina, facendola cuocere per almeno un minuto, ci si porterà sempre dietro il gusto di farina cruda)
- unite il succo di melograno, la salsa di pomodoro, l'acqua e le spezie e, infine, lo zucchero.
-tritate finemente le noci in polvere (piccolissima annotazione: più che in polvere, le noci andrebbero tritate in pasta. E' un procedimento più lungo, ma in questo modo rilasciano il loro olio che è poi quello che ammborbidisce il gusto "nutty" del piatto) e aggiungetele al resto.
- portate a bollore, rimettete il pollo in casseruola, assieme al succo rilasciato nel frattempo.
- fate cuocere il Fessenjan da 1 ora a un'ora e mezza: quando la carne del pollo si staccherà dalle ossa è pronta.
-Scolate il pollo dalla salsa e tenetelo da parte in un piatto. Fate ridurre la salsa, mescolando di tanto in tanto per evitare che attacchi, in modo che diventi untosa (sic). Ci vorranno dai 20 ai 30 minuti di cottura supplementare
- quando la salsa si sarà addensata, unite il pollo e fate insaporire
- servite con riso bollito cotto in acqua allo zafferano (su questa rido, ma ve la spiego nelle note)
NOTE MIE
- l'abbinamento noci e melassa di melagrana è un classico della cucina persiana e mediorientale . A parte il Muhammara, la salsa di peperoni siriana, è d'uso abbastanza comune condire le verdure arrostite con questo dressing perchè la melassa bilancia la sapidità delle noci e conferisce ulteriore cremosità alla salsa.
- per quante ricerche abbia fatto, non ho trovato una ricetta di Fessenjan con il solo succo di melagrana, senza sciroppo o melassa. a sentire la mia insegnante di cucina yemenita (la quarta etnia, a Singapore: non ne parla nessuno ma c'è), è un problema di economia domestica. Perchè usare 200 ml di succo di melograna quando con un cucchiaino puoi ottenere lo stesso risultato? E comunque, non è questo il caso, perchè nel Fessenjan le dosi di melassa sono tutt'altro che trascurabili.
- il pomodoro, non pervenuto. O meglio: in qualche versione più moderna lo si trova ma nella dose di un cucchiaino di concentrato. Potrebbe servire per bilanciare il dolce della melassa, nei palati meno avvezzi all'accostamento di certi sapori
- far restringere la salsa dopo la cottura non è necessario (lo è se usi 200 ml di pomodoro e 200 ml di succo di melagrana, ok): dopo un'ora e mezza, gli olii delle noci si sono perfettamente fusi con il resto, in una salsa intensa e profumata. il momento magico è quello, insomma:)
- il risultato finale è altamente insoddisfacente: il sumac fa a pugni con il pomodoro, lo zucchero è troppo poco per tenere insieme il piatto (stempera un po' l'acidità ma non riesce a fissare i gusto della melagrana) e, soprattutto, non è un Fessenjan.
- il tocco finale è in quel "riso a grano lungo cotto dentro l'acqua di zafferano". l'acquadi zafferano di cui discettano i food blogger oggi altro non è che lo zafferano in pistilli sciolto in acqua calda o in brodo. E qui mi fermo, non prima di aver espresso il mio verdetto che vede questa ricetta
TRAGICAMENTE BOCCIATA
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mercoledì 23 maggio 2018
MOUSSAKA
Dei miei viaggi in Grecia, tralasciando le bellezze artistiche ed il mare o la luce speciale, riporto nella memoria sensoriale due ricordi impressi con il fuoco: il sapore dei pomodori, dolce, pieno, senza accenno di acidità tanto che potrei mangiarli senza condimento e la potente magnificenza della Moussaka.
Mi sono trovata ad ordinarla ovunque, dall'inevitabile ristorante turistico della Plaka all'insignificante locanda sul mare di Koroni, rivelatasi poi un'epifania.
In ogni caso, non sono mai rimasta delusa.
La ricchezza dei sapori, la consistenza degli strati, sostenuta ma vellutata; quell'aroma di spezia inebriante che ingentilisce e nobilita una preparazione di stampo popolare.
Ho sognato mille volte di prepararla ma ho sempre esitato convinta che fosse troppo lunga e complessa.
Poi ho letto la ricetta di Bernard e mi sono detta che forse era la volta di buttarmi nella tenzone.
Per 6/8 persone
Tempo di preparazione: 1h30
Tempo di cottura: 30 minuti
Ingredienti
3 o 4 melanzane
1 decina di pomodori
2 cucchiaiate di doppio concentrato di pomodoro
1 cucchiaino di cannella
1 pizzico di peperoncino piccante
1 kg di spalla d'agnello disossato
3 cipolle
3 spicchi d'aglio
olio d'oliva
sale - pepe
4 foglie di lauro
Per la salsa bianca
30 g di burro demi-sel
1 litro di latte intero
100 g di farina
2 uova
Sale, pepe, noce moscata qb
Sbollentate i vostri pomodori per 30 secondi quindi passateli sotto l'acqua fredda per poterli spelare facilmente. La pelle verrà via da sola. Divideteli in due.
Sbarazzatevi dell'interno dei pomodori (succo e semi) quindi tagliateli in piccoli pezzi. Metteteli in una padella senza olio e lasciateli cuocere fino a che quasi tutto il liquido sia evaporato. In quel momento, potete aggiungere 2 cucchiai di olio d'oliva, sale e pepe. Aggiungete anche la cannella ed il peperoncino.
Quando la salsa di pomodoro è bella spessa, mettete da parte fuori dal fuoco.
Affettate le melanzane in fette spesso 1 cm quindi spennellatele con olio d'oliva sui due lati. Mettete le fette oleate in una padella ben calda fino ad ottenere una bella colorazione.
Fatele grigliare su entrambi i lati.
Quando le melanzane saranno ben dorate, mettetele a raffreddare su della carta assorbente quindi salatele. Fate lo stesso con tutte le fette (è la fase più lunga).
Chiedete al vostro macellaio se accetta di tritare la vostra spalla d'agnello disossata.
Se vi guarda in maniera strana, fatelo a casa vostra usando un coltello da macellaio o un tritatutto.
Fate attenzione a togliere la maggior parte del grasso ed a recuperare quanta più polpa possibile raschiando bene l'osso con il coltello.
Tritate le cipolle e mettetele con due cucchiai d'olio d'oliva, in una padella con olio a fiamma vivace per farle dorare leggermente, quindi salate e pepate.
Tenete da parte versando le cipolle in un piatto.
Nella stessa padella mettete due cucchiai d'olio d'oliva ed uno spicchio d'aglio schiacciato su fiamma vivace. Lasciate dorare leggermente quindi aggiungete la carne tritata e mescolate con un cucchiaio per far cuocere la carne su tutti i lati.
Aggiungete l'alloro, salate e pepate e continuate fino a che la carne non si colora leggermente. Aggiungete quindi le cipolle precotte.
Mescolate quindi aggiungete la salsa di pomodoro ed il concentrato di pomodoro con un goccio d'acqua, per avere la carne leggermente umida (molto poco!)
IL MONTAGGIO DELLA MOUSSAKA
Mettete uno strato di fette di melanzana grigliate sul fondo di una grande pirofila.
Aggiungete la salsa di carne da cui avrete tolto le foglie di alloro e coprite completamente. Coprite nuovamente con le melanzane.
PREPARATE INFINE LA SALSA BIANCA
Mettete il burro in una grande casseruola ed aggiungete la farina mescolando per ottenere un roux.
Aggiungete progressivamente il latte e mescolate energicamente con una frusta.
Salate, pepate ed aggiungete un po' di noce moscata grattugiata fresca.
Portate a fremere su fuoco dolce per addensare la salsa.
Lasciate riposare 10 minuti.
Aggiungete quindi le uova sbattute e mescolate bene, questa volta fuori dal fuoco.
Versate la salsa sul secondo strato di melanzane nella pirofila.
Infornate a 190° C e cuocete fino ad una bella colorazione (dai 20 a 40 minuti).
Bisognerà comunque controllare che la salsa bianca sia ben ferma: non dovrà più essere liquida.
Servite ben calda.
NOTE PERSONALI
- La ricetta è spiegata in maniera piuttosto chiara, ma tralascia passaggi piuttosto significativi quando arriva alla Salsa Bianca, forse nella convinzione che tutti al mondo sappiano fare o che abbiano già fatto una bechamelle. Non ne sono convinta. Seguendo le indicazioni di Bernard, un francese che spiega una preparazione francese, sono rimasta delusa dalla fretta con cui cerca di concludere. Nessun accenno al burro che va fatto prima sciogliere e poi aggiunta la farina. Nessuna indicazione di scaldare il latte prima di versarlo nel roux, insomma...decisamente troppo frettoloso.
- L'alternativa alla frittura della melanzana, attraverso la griglia è un'ottima idea. Premesso che fritta è ovviamente la quintessenza della libidine, una volta insaporita dalla salsa, si fa fatica a distinguere la differenza e lo dico senza paura di essere smentita. Il metodo inoltre, velocizza l'intera preparazione. Questa è una nota molto positiva.
- Sulla carne di agnello ho avuto delle serie difficoltà e se avessi letto con attenzione gli ingredienti, probabilmente non avrei scelto questa ricetta. Primo, perché io non amo l'agnello e non posso sentirne neanche l'odore e secondo, per motivi diciamo "di identità" della ricetta. Bernard nella sua introduzione, che qui non ho riportato, ne traccia brevemente le origini raccontando che numerose versioni di questo piatto si possono trovare nel bacino del Mediterraneo, in particolare della sua parte orientale, ma sottolinea che questa è la versione Greca. Diciamo che l'agnello è usato in alcune aree della Grecia ma con più facilità in Turchia e nei Balcani. Sono andata a controllare nella bibbia del mangiare greco di Vefa's Kitchen, meraviglioso libro starbookkato nel 2012 (solo 6 anni fa), ma lei indica esclusivamente carne di manzo. Ho continuato a cercare ed ho trovato un paio di versioni in cui l'agnello viene mischiato con il manzo. Insomma, diciamo che forse a Bernard è capitato di mangiare una Moussaka di agnello e per questo la considera l'originale versione greca. In ogni caso, mitigato dalle spezie e dal pomodoro, alla fine sono riuscita ad assaggiarla anche io.
- La cottura è corretta ma va tenuto un occhio il forno dopo una ventina di minuti perché la salsa tende a scurirsi velocemente e gonfiandosi a causa del calore, in alcuni punti si formano delle bolle che tendono a bruciacchiarsi. La mia aveva raggiunto un bel colore intorno ai 30 minuti e la copertura di salsa bianca era ben stabile così ho spento.
- La Moussaka andrebbe fatta riposare almeno una 20na di minuti dopo la cottura. State tranquilli: non si raffredda. Questo consente di poterla tagliare senza che gli strati slittino al momento del passaggio dalla teglia al piatto e tutti i sapori si fondano armonicamente.
- Mio marito l'ha molto apprezzata tanto che in effetti ne ha fatta fuori una buona parte ed è piaciuta molto anche a mia figlia. Personalmente l'ho trovata buona nonostante l'agnello ma per alcune lacune nella spiegazione e l'uso di carne di agnello anziché manzo come richiederebbe la tradizionale Moussaka servita ad Atene e Peloponneso sono costretta a dire:
RIMANDATA
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martedì 22 maggio 2018
CHILI CON CARNE
Il chili con carne non ha origini messicane, ma texane, preparato in origine da venditrici ambulanti di origine messicana, che lo vendevano a cowboys e soldati.
Mio marito lo adora e basta, indipendentemente dalla sua storia... negli anni gli ho anche proposto le varianti veg ( ottime anche quelle ), ma il suo preferito rimane quello con carne.
Siamo abituarti a vederlo con carne trita o tagliata in cubetti piccoli, Jamie Oliver invece, ne aveva proposto uno con lo stinco ( divino ). Il midollo contenuto nell'osso rendeva il tutto molto gustoso.
Il chili, se vogliamo, è un piatto completo e piuttosto economico, pomodori, fagioli e peperoni fanno molto volume e il taglio di carne non è pregiato. Un piatto adatto a sfamare appetiti robusti ;)
Tempo di preparazione 20 minuti
Tempo di cottura: da 4 a 5 ore
Ingredienti per 6 persone:
700 g di carne di manzo tritata
2 cucchiai da minestra di olio
2 cipolle
7 spicchi d'aglio
1 peperone rosso
1 peperone verde
2 pomodori freschi a cui avrete tolto pelle e semi
700 g di pomodori pelati, in scatola
2 barattoli di fagioli rossi ( 750 g )
2 cucchiai da minestra di cumino in polvere
2 cucchiaini da caffè di cannella in polvere
1 cucchiaino da caffè di mix 4 spezie
2 cucchiaini da caffè di origano
1/2 cucchiaino da caffè di peperoncino piccante in polvere
1 cucchiaino da caffè di sale
pepe
Farlo appassire dolcemente a fuoco moderato (FOTO 1).
Aggiungere la carne all'aglio, che stava iniziando a colorire un pochino (FOTO 2).
Tritatere finemente la cipolla e i peperoni a cui avrete tolto i semi.
Aggiungere il trito solo quando la carne sarà cotta (FOTO 3).
Mescolate spesso.
Pelate i pomodori, per facilitare l'operazione basta immergerli nell'acqua bollente per qualche secondo. Tagliateli a pezzetti e metteteli nella pentola con la carne.
Aggiungete i pelati in barattolo, mettete acqua nel barattolo ora vuoto, fino circa a metà e versate l'acqua nella pentola con tutto il resto. Unite tutte le spezie e l'origano, lasciare ridurre l'acqua a fuoco moderato per circa 1 ora, mescolando regolarmente (FOTO 4 E 5).
Passata l'ora, unite i fagioli in barattolo scolati più il liquido di uno dei due barattoli. Il liquido darà una consistenza ed un colore molto piacevole (FOTO 6).
Mescolare bene e lasciar cuocere il più a lungo possibile a fiamma dolce. Più lentamente cuocerà tanto migliore sarà il risultato finale.
Se il chili diventerà troppo asciutto, basterà aggiungere acqua, che è quello che bisogna fare quando lo si riscalda eventualmente il giorno successivo.
Servire così com'è, con alcune foglie di coriandolo fresco. Per chi avesse un grande appetito si può accompagnare con un riso in bianco. Questo piatto è già sostanzioso ed equilibrato di suo: carne, fagioli e pomodori.
Note:
- I peperoni non li ho tritati come la cipolla ma tagliati a cubetti piccoli. Nella foto del libro si vedevano dei cubetti rossi, quindi ho disobbedito.
- Il mix di 4 spezie l'ho dovuto fare in casa, al supermercato non c'era...qui il link per prepararlo.
- Poiché il mix di 4 spezie conteneva già molto pepe, ne ho aggiunto proprio un'idea...pochissimo... Ho invece aggiunto il peperoncino a fine cottura....I casi son 2 ...o amiamo il piccante o il peperoncino non lo era abbastanza...assaggiate sempre ;) .
- Più volte durante la cottura ho dovuto aggiungere acqua nonostante la fiamma bassa.
- La quantità di cumino pare esagerata, non lo è , ho messo quella indicata ed è andata benissimo.
- Tempo di cottura tolale 4 ore, cioè 3 dopo la prima.
- Oramai lo sapete, odio il coriandolo che ho sostituito col prezzemolo.
- Mio marito è una buona forchetta, se così possiamo dire... Il chili l'ho quindi servito con del riso basmati integrale (la scelta è ricaduta proprio su quello perchè avevo il pacchetto aperto in dispensa).
- Ho usato le tortilla chips per decorare, rendono il piatto più carino, senza contare che le adoro.
- Non fatevi spaventare dalla lunga cottura , l'ho preparato il sabato pomeriggio e scaldato la domenica per pranzo, una volta messo a cuocere basta mescolare ogni tanto e guardare che non si attacchi/secchi troppo.
- Il chili non è sugo per la pasta, non deve sembrare un ragù...è molto più denso.
- Il chili rimane gustoso e denso al punto giusto, un piatto che rifarei per la gioia immensa di mio marito. La ricetta è senza dubbio
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lunedì 21 maggio 2018
CRABCAKES
Se vi fate un giretto negli USA, meglio se nella zona del Maryland, non troverete ristorante, bar, food truck, baracchina che non serva le arcinote crabcakes.
Grazie ai rinomati granchi della zona, patrimonio nazionale, patrimonio nazionale è diventata anche questa ricetta cui si fa risalire l'origine, nella forma in cui è conosciuta oggi, ai primi del novecento.
Anzi è proprio del 1930 la prima menzione in un libro di cucina.
Sono buonissime, se preparate bene: il rischio di crabcakes secche da strozzare è sempre dietro l'angolo se si esagera troppo con quello che gli americani chiamano il filling, ovvero il resto degli ingredienti oltre alla polpa di granchio.
In realtà esistono due tipi di crabcakes: quello più diffuso, e qui mostrato, che prevede la polpa di granchio unita ad altri ingredienti dove quasi intoccabili sono crackers e maionese, e quello più raffinato, diciamo così, dove la polpa di granchio è compattata senza altro e cotta sulla griglia.
In questo caso crackers e maionese verrano serviti a parte.
Le crabcakes in casa arabafelice piacciono moltissimo, complice una amica americana di passaporto e giapponese di nascita che portava sempre del granchio favoloso in regalo dai rientri in madrepatria
Ma no, non mi ha insegnato lei a farle: l'amore nacque vedendo Robert Duvall prepararle con Martha Stewart in una puntata del suo show, un milione di anni fa :)
CRABCAKES
per 4 persone
2 cucchiai da minestra di prezzemolo finemente tritato
2 cucchiai da minestra di cipollotti tritati oppure di erba cipollina tritata
120 g di maionese
1 uovo
15 g di senape
pepe
115 g di crackers
il succo di mezzo lime
460 g di polpa di granchio
pangrattato (facoltativo)
olio e burro salato per cuocere
Rompere l'uovo in una ciotola, aggiungere la maionese, la senape, il prezzemolo e il cipollotto. Pepare e mescolare bene.
Tritare i crackers in polvere fine usando un robot da cucina e unirli al composto precedente.
Spremere il mezzo lime ottenendo circa 10 ml di succo ed unire anch'esso al composto.
Aggiungere quindi la polpa di granchio mescolando il tutto con le mani facendo attenzione a non disfarla troppo.
Prelevare quindi una porzione di composto e arrotolarla tra i palmi quindi appiattirla, facendo lo stesso col resto dell'impasto.
Si dovranno ottenere otto pezzi.
A questo punto, se lo si desidera, si possono passare le crabcake nel pangrattato.
Mettere una padella su fuoco dolce con 3 cucchiai da minestra di olio e 20 g di burro salato.
E' la quantità necessaria per far si che le crabcake vengano perfettamente dorate.
Quanto il burro sfrigola, agggiungere le crabcake. Dopo 2 o 3 minuti girarle con molta delicatezza e lasciarle cuocere dall'altro lato finchè ben dorate.
Servire subito accompagnando con un'insalata.
Volendo si può sostituire la polpa di granchio con polpa di altro pesce o gamberetti.
Non saranno più crabcakes, ma ugualmente buone!
NOTE
- per polpa di granchio, mi pare ovvio, si intende quella vera. Averla fresca sarebbe il massimo anche se pulire un granchio è una gran rogna. Si trova comunque facilmente in scatola in supermercati ben forniti o nei negozi di specialità alimentari. In ogni caso NON si parla del surimi, che di granchio ne ha al suo interno quanto io sangue russo nelle vene. Ovvero, zero.
- dosi perfette per ottenere un composto perfettamente malleabile senza risultare nè duro, nè troppo appiccicoso. Le otto porzioni che si ottengono sono piuttosto generose, forse le rifarei più piccole ma è solo questione di gusto personale. Nonostante la dimensione cuociono benissimo e risultano croccanti fuori e quasi fondenti all'interno.
- nell'introduzione l'autore raccomanda di usare crackers salati, quelli che gli americani chiamano "saltines". Ovviamente non vi è alcun problema a reperirli pressocchè in ogni supermercato del mondo, ma ho provato profonda soddisfazione nello scoprire che la Nabisco, la ditta che produce i miei amati biscotti Oreo, fa anche una linea di prodotti salati tra cui i crackers che ho immediatamente comprato con la scusa della ricetta. Si, sono buonissimi anche questi.
- la maionese richiesta è quella acquistata, una fatta in casa potrebbe risultare troppo morbida dando al composto una consistenza poi poco gestibile.
- devo dire che la ricetta è fedele all'originale made in USA ed il risultato molto gustoso. Avevo il dubbio sul fatto che non viene mai menzionato il sale ma in effetti non c'è stato bisogno di alcuna aggiunta, vista la sapidità di crackers e maionese.
la ricetta è dunque
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venerdì 18 maggio 2018
SALMOREJO AVEC BEIGNETS ANDALOUS D'AUBERGINES FRITES
Immagine tratta dal libro, di Amélie Roche |
Non potendo ancora portare gli abiti leggeri che vorrei, mi sono rivolta alla cucina per soddisfare la mia voglia di estate. 😇
Il piatto estivo che mi preparo più spesso è indubbiamente il Gazpacho: rinfrescante, nutriente e ricco di vitamine e sali minerali, compare sulla mia tavola almeno 3 volte alla settimana durante la bella stagione.
La cucina spagnola però non offre solo il Gazpacho: c'è anche il suo gemello diverso, il Salmorejo, che non prevede i peperoni ed è più denso, ma non per questo meno gustoso.
Tradizionalmente viene servito con pezzetti di jamòn serrano e albume di uovo sodo; Bernard Laurance lo accompagna anche con deliziosi spicchi di melanzana impanata e fritta.
Per 4 persone:
6 pomodori maturi
2 piccoli spicchi d'aglio
2 cucchiai di aceto bianco
180 ml di olio extravergine di oliva
2 o 3 fette di pancarré senza crosta
sale
2 uova
2 fette di jamòn serrano o prosciutto crudo
2 piccole melanzane lunghe (sono meno amare)
1 o 2 uova
Pangrattato
Olio d'oliva
Sale
Far rassodare le uova tuffandole per 10 minuti in acqua a bollore, quindi farle raffreddare sotto il getto dell'acqua fredda.
Ammollare il pancarrè in acqua.
Scegliere dei bei pomodori maturi: sono loro che daranno al salmorejo il suo gusto delizioso! Lavarli e togliere la parte con il picciolo, quindi metterli ancora interi nel robot da cucina insieme all'aglio, all'aceto e all'olio d'oliva.
Avviare l'apparecchio, unire il pane strizzato e frullare fino a ottenere una crema densa. Salare, assaggiare e aggiustare il condimento: a gusto aggiungere altro sale, aceto, olio o aglio, l'importante è ottenere una consistenza molto densa.
Passare il salmorejo in frigo per almeno 2 ore prima di servirlo.
Poco prima di servire lavare le melanzane, sbucciarle con un pelapatate e tagliarle in quarti nel senso della lunghezza, quindi tagliare ciascun quarto a metà, ottenendo in tutto 16 spicchi delle stesse dimensioni.
Sbattere le uova e immergervi gli spicchi di melanzana, quindi passarli nel pangrattato ricoprendoli uniformemente e friggerli in olio profondo fino a quando siano ben dorati. Scolarli su un doppio foglio di carta da cucina e salarli.
Tagliare a pezzetti il prosciutto crudo e tritare gli albumi delle uova sode; versare il salmorejo nelle fondine, condire con un filo di olio extravergine di oliva, cospargere la superficie con l'albume di uovo sodo e il prosciutto crudo e servire ben freddo, accompagnandolo con gli spicchi di melanzane fritte ben caldi.
OSSERVAZIONI
Mi è piaciuto moltissimo questo piatto: che pomodori e melanzane siano un'accoppiata vincente lo sapevo già, ma l'accostamento della melanzana fritta ben calda con la zuppa ben fredda mi ha piacevolmente sorpresa: se cercavo un'alternativa golosa al gazpacho per le mie cene estive, l'ho trovata.
La ricetta è estremamente semplice e spiegata in dettaglio: impossibile che non riesca.
L'unica cosa che ho fatto diversamente è stato... tagliare i pomodori in quarti prima di metterli nel robot da cucina: ho preferito così, ma è solo un dettaglio.
Il giorno dopo, quando i sapori si sono ben amalgamati, la zuppa è ancora migliore.
Per me quindi questa ricetta è
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giovedì 17 maggio 2018
SABLÉS MICROSCOPIQUES AUX NOISETTES ÉPICÉÉS
Ero alla ricerca di idee per un aperitivo per una festa in famiglia, con successiva grigliata, e ho adocchiato questa ricetta. Mi incuriosiva parecchio non avendola mai provata né assaggiata... Insomma, era una novità assoluta da ogni punto di vista. E gli ingredienti per piacermi erano presenti: nocciole e spezie con una nota piccante!
Leggere le parole scritte dall'autore nell'introduzione alla ricetta, ha fatto sparire ogni dubbio, perché dice di aver assaggiato questi biscottini in Marocco, e di esserserne innamorato all'istante!
Vi anticipo già che, durante l'aperitivo, questi biscottini sono andati a ruba, e mi è stata chiesta subito la ricetta...
da Mon Grain de Sel di Bernard Laurance
Ingredienti per centinaia (!) di biscottini microscopici
1 uovo
120 g di burro
5 g di sale
300 g di farina
90 g di nocciole tritate
¼ di cucchiaino da caffè di paprika
¼ di cucchiaino da caffè di zucchero
¼ di cucchiaino da caffè di peperoncino forte in polvere
¼ di cucchiaino da caffè di sale
1 cucchiaino da caffè di olio (extravergine d'oliva, per me)
Mettere la farina, il sale e il burro tagliato a pezzi, nella ciotola di un'impastatrice con il gancio a K - foglia. Se impastate a mano, mettere gli ingredienti in una ciotola grande. Mescolare fino ad ottenere un composto in briciole. Unire l'uovo e un po' d'acqua fredda, solo quella necessaria per ottenere un composto omogeneo. Avvolgere nella pellicola per alimenti e mettere in frigorifero per 30 minuti.
Nel frattempo, in un ciotola piccola, mescolare le nocciole con il sale, la paprika, lo zucchero, il peperoncino forte in polvere e l'olio. Stendere l'impasto su un piano di lavoro leggermente infarinato o su un foglio di carta forno. Rifilare la base dell'impasto steso, in modo da ottenere un bordo dritto. Cospargere le nocciole (una parte) lungo il bordo ottenuto, poi arrotolare l'impasto sopra di esse in modo da ottenere un rotolino. Tagliare lungo il rotolo, in modo da avere un'altra base su cui cospargere le nocciole (potete vedere il procedimento qui sul sito di Laurance e tutto sarà più chiaro ;)). Trasferire i rotoli su una teglia e ripetere il procedimento. Lasciar riposare in frigorifero per un'ora o tutta la notte, avvolgendo i rotoli in pellicola per alimenti.
Preriscaldare il forno a 180°C e affettare i rotoli finemente, ottenendo una moltitudine di fettine. Infornare per 15 minuti sorvegliando la cottura. I biscottini dovranno essere dorati.
Si conservano in un contenitore a chiusura ermetica per una settimana.
Note personali
- la ricetta è veramente semplice e veloce da preparare (se si esclude il riposo in frigorifero)
- ho fatto riposare i rotoli prima del taglio per quasi due ore, mettendoli in congelatore negli ultimi dieci minuti, per essere sicura di ottenere una taglio il più preciso possibile
- con le dosi indicate, ho ottenuto più di un centinaio di biscottini, che sono veramente microsopici
- consiglio di dosare con attenzione le spezie in base al vostro palato. Io ho utilizzato della paprika dolce. Nel caso in cui decideste di utilizzarne una piccante, regolatevi di conseguenza con il peperoncino...
- nella ricetta non viene specificato a che spessore stendere l'impasto. Mi sono aiutata guardando le foto e l'ho steso a 3-4 mm di spessore: è andata bene così
- visto che i miei biscottini non prendevano colore, sono passata alla cottura da forno statico a forno ventilato per 2-3 minuti oltre i 15 previsti, sorvegliando a vista!
- replicherò sicuramente questa ricetta perché il risultato è andato oltre le mie aspettative: sono deliziosi e scenografici: provateli!!!
La ricetta è decisamente:
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mercoledì 16 maggio 2018
TARTARE DE SAUMON AUX AVOCATS ET À LA MANGUE
In casa nostra è vietata la classica insalata di riso....non piace a nessuno dei due. Porte aperte a tutti i tipi di verdura e frutta di stagione, cotture brevi e pasta con sughi più leggeri e freschi, magari con tanta verdura.
Proprio in vista del caldo ho scelto questa tartare, fresca e veloce da preparare. Purtroppo non riesco a mangiare pesce crudo quando sono io a prepararlo, ci riesco invece quando andiamo al nostro ristorante giapponese di fiducia. Impazzisco per gli uramaki con salmone crudo e Philadelphia...Insomma...il Philadelphia ovunque XD mi piace ..non solo nel cheesecake.
Tempo di preparazione 15 minuti
Ingredienti per 4 persone:
600 g di salmone crudo, senza pelle e senza lische
1 piccolo scalogno
1 bell'avocado
1/2 mango grande
2 cucchiai da minestra di foglie di coriandolo finemente tritate
2 cucchiaini da caffè di maionese
1/2 cucchiaino da caffè di wasabi in pasta
2 cucchiai da minestra di salsa di soia
2 cucchiai da minestra di succo di lime
sale, pepe
semi di sesamo tostati
Controllate bene di aver tolto lische e pelle al salmone.
Tagliatelo a fette, poi a listarelle e infine a cubetti ( FOTO 1). Mettete i pezzetti di pesce in una grande ciotola.
Pelate e tritate finemente lo scalogno.
Tagliate a metà l'avocado e ricavatene la polpa. Tagliate a cubetti quest'ultima.
Tagliate una bella fetta di frutto vicino al nocciolo del mango.
Togliete la buccia e tagliate il frutto a cubetti.
In una ciotola mescolate maionese e wasabi paste. Assaggiate per verificare il sapore.
Versate lo scalogno tritato sul salmone, così come il mango e l'avocado a cubetti. Spruzzate col succo di lime e la salsa di soia ( FOTO 2 ). Unite la maionese al wasabi ed il coriandolo tritato. Mescolate con attenzione per evitare di schiacciare mango ed avocado, ma allo stesso tempo distribuire bene tutti gli elementi.
Salate, pepate e assaggiate (per verificare che il tutto corrisponda ai vostri gusti).
Conservate al fresco la ciotola fino al momento del servizio.
Per una presentazione elegante, mettete un coppapasta al centro del piatto di servizio, all'interno disponete la tartare e pressate un pochino, quanto basta perchè tenga la forma.
Sfilate delicatamente il copapasta e decorate con i semi di sesamo tostati. Fate altrettanto con le altre porzioni.
Note:
- Attenzione al salmone crudo ... io l'ho congelato, come consiglia Stefi qui, per scongiurare il pericolo Anisakis.
- E' molto importante che avocado e mango siano al giusto grado di maturazione.
- Come al solito ho sostituito il coriandolo con il prezzemolo.
- La pasta di wasabi è molto forte, dosare con parsimonia, assaggiare ed eventualmente regolare a proprio gusto.
- Ho usato salsa di soia a ridotto contenuto di sodio e maionese allo yogurt .
- Avrei gradito da parte dell'autore una nota su come trattare il pesce crudo, per mia fortuna non era la prima volta... Questo piatto l'ho preparato per mio marito, io ho solo assaggiato per poter dare un parere più obiettivo possibile. Il salmone con la frutta si sposa a meraviglia, la salsa non è invadente e il croccantino dei semi spezza con la morbidezza del pesce e della frutta. Ve lo consiglio come piatto estivo, fresco e veloce :D la ricetta è senza dubbio
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martedì 15 maggio 2018
BEIGNETS DE CREVETTES
Avete mai notato come l'accanimento contro il fritto vada di pari passo con la voglia di mangiarne a più non posso?
Nessuno che voglia la patatine fritte, al ristorante, ma se malauguratamente le ordinate state certi che ci arriveranno le mani di tutti.
A me piace molto, non lo preparo spesso ma quelle poche volte deve davvero valerne la pena.
Nella ricetta in questione mi ha colpito come l'autore parlasse della maggior parte dei fritti che perdono croccantezza in maniera pressocchè irrecuperabile se non mangiati entro breve dalla cottura e di come avesse sperimentato che con la pastella in questione questo fosse, se non evitabile, almeno reversibile!
Può un fritto tornare croccante dopo la cottura?
L'autore dà il merito al fatto che non ci siano uova nell'impasto.
E capite, potevo non sperimentare?
BEIGNETS DE CREVETTES
per 24 pezzi
24 grossi gamberi o gamberoni
180 g di farina (T55)
120 g di farina di riso o fecola di patate
un quarto di cucchiaino di sale
250 g di acqua freddissima
2 sacchetti di lievito chimico (vedere la nota)
poca farina extra per infarinare i gamberi
olio per friggere
Versare la farina, la farina di riso (o fecola) ed il sale in una ciotola.
Aggiungere l'acqua mescolando molto bene fino ad eliminare tutti i grumi. La pastella dovrà risultare fluida ma comunque ben spessa allo stesso tempo.
Mettere il tutto in frigo per 30 minuti, a meno che l'acqua non fosse veramente ghiacciata.
Più la pastella sarà fredda, più il lievito che verrà aggiunto in seguito farà il suo lavoro al momento della frittura.
Pulire e sbucciare i gamberi lasciando le punte delle code.
Intanto mettere sul fuoco una casseruola o una friggitrice con abbondante olio.
Quando sarà il momento di cuocere, e quindi l'olio ben caldo, aggiungere il lievito alla pastella mescolando bene (operazione da farsi veramente all'ultimo secondo!)
Infarinare i gamberi, scuotere via l'eccesso di farina quindi immergerli nella pastella tenendoli per le codine, quindi appoggiarli al bordo della ciotola in modo da far colare la pastella in eccedenza.
Ma cercare comunque di mantenere più pastella possibile attorno al gambero, perchè è lei che dona la croccantezza.
Immergere ogni gambero nell'olio caldo tenendolo per la codina per circa tre secondi, in modo che non vada subito a fondo e mantenga una forma più carina. Lasciare quindi il gambero in modo che finisca di cuocere, ovvero quando avrà raggiunto un bel colore dorato.
Scolare su carta da cucina e servire immediatamente magari accompagnati da una salsa agrodolce.
Per scaldare al forno: scaldare il forno a 200 gradi, infornare i gamberi adagiati su un piatto e tenerli per otto minuti.
Far riposare tre minuti fuori dal forno e servire, avranno ritrovato tutta la loro croccantezza!
NOTE
- ricetta assolutamente perfetta nelle dosi della pastella, che seguite al grammo hanno dato un composto dalla consistenza adatta ad avvolgere ogni gambero senza colare via.
- viene indicato di usare la farina T55, che in Italia equivale ad una farina 0. Quanto alla farina di riso, veniva proposta in alternativa la fecola e questa ho usato, avendola in casa.
- una cosa che odio, nelle ricette, è quando le dosi vengono date in "bustine", "confezioni", "pacchetti" e così via. Ovvio che se non si vive nello stesso Paese dell'autore bisognerà cercarsi il prodotto e il peso relativo per evitare errori! Qui il caso con il lievito chimico (in pratica quello per torte salate, eh, non di birra) di cui vengono indicate due generiche bustine: in Francia le marche più conosciute fanno bustine di lievito da 11 grammi, e quindi 22 grammi il peso da me usato.
- non vengono date indicazioni sulla pulizia dei gamberi dei quali viene detto solo di liberarli dal carapace. Magari una nota sul togliere il filo nero, ovvero l'intestino, sarebbe stata gradita anche se spero non ci sia più nessuno che non lo sappia.
- il risultato non è buono, è buonissimo. Croccante al punto giusto, saporito senza comunque coprire il gusto del gambero. Li ho serviti come suggerito con una salsa agrodolce (acquistata)
- la mia curiosità stava nel verificare se davvero sarebbero tornati croccanti se preparati in anticipo col passaggio in forno indicato dall'autore: quindi il San Tommaso che alberga in me ne ha fritto qualcuno con molto anticipo. Ebbene, funziona. Dopo qualche ora la pastella ovviamente si ammorbidisce, ed il passaggio in forno seguito alla lettera ha funzionato molto bene.
Non che tornino esattamente come appena fatti, ma recuperano gran parte della croccantezza persa.
- la pietanza è inserita nel capitolo del libro dedicato alle ricette genericamente provenienti dall'Asia, senza particolari indicazioni del Paese specifico.
Spazzolata via e seguita da richiesta di ricetta, non può che essere
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