martedì 30 settembre 2014

REDONE DI SETTEMBRE 2014: I VINCITORI!



Ed anche questo mese Starbooks Redone si conclude e scegliere tra le proposte che ci arrivano diventa davvero difficile: siete bravissimi!
Ecco i vincitori che ci affiancheranno il prossimo mese nell'analisi di un nuovo libro:

Prima classificata
The Perfect Apple Pie, di Burro e Zucchero







Seconda classificata
Desperate Bikers Cow Pie, di  La Blonde Femme






Terza classificata
Paneer, di Marmitako da Matisse







 Chiediamo alla prima classificata di inviare una mail a: lostarbook@gmail.com con l'indirizzo a cui spedire il premio.
A tutte e tre, pronte a testare con noi il libro di Ottobre? ;)


lunedì 29 settembre 2014

STARBOOK SETTEMBRE 214: TIRIAMO LE SOMME?



E tiriamole, queste benedette somme, e diamo a Glynn quel che è di Glynn, cioè un giudizio che trasuda stima, entusiasmo e gratitudine. 
Stima, perché la sua bravura è palpabile: la si percepisce in ogni ricetta, in ogni accostamento, in ogni proposta che sembra strampalata sulla carta e si rivela un'esperienza esaltante al palato. 
Entusiasmo, perchè questo è un libro che si inizia a sfogliare con atteggiamento compassato e si finisce con i talloni puntati contro la seggiola, pronti a scattare verso i fornelli, da tanta è la voglia di cucinare che riesce a trasmettere
Gratitudine, perché finalmente uno chef stellato spiega le sue ricette per il piacere di condividerle per davvero: non sparge il verbo dal suo scranno, ma si rimbocca le maniche assieme a noi, partendo da ingredienti alla portata di tutti e proseguendo con procedimenti spiegati in tutti i passaggi, senza mai richiamare l'uso di un abbattitore, di un essiccatore e nemmeno di un sifone, per concludere con risultati da "effetti speciali", con la non lieve differenza che questa volta, ad ottenerli, sono state persone normali. 
Certo, qualche imprecisione l'abbiamo riscontrata, su qualche dose non siamo stati sempre d'accordo: ma dove lo trovate, voi, uno stellato che trova il tempo di rispondere alla mail di un lettore (grazie, Fede!) che gli chiede spiegazioni sui 500 g di burro nei pomodorini confit? E che non solo conferma l'esattezza della ricetta, ma aggiunge anche, con voluttuosa goduria, che i pomodorini devono proprio annegare nel burro? Possiamo non perdonargli gli eccessi di grasso, ma per tutto il resto siamo ai suoi piedi. 
Per cui, se amate la cucina stellata oppure desiderate sperimentare qualcosa di diverso, ma non avete il coraggio di buttarvi, questo libro fa per voi: immaginatelo come una rete per i trapezisti, che vi protegge dalle cadute e, di rimbalzo, vi spinge verso l'alto. Con Cracking Yolk & Pig Tales succede proprio così. 
E scusate se è poco...
A lunedì 6 ottobre, per il prossimo Starbook!

venerdì 26 settembre 2014

FOCACCIA




Vi ricordate le melanzane marocchine, quelle tratte dal fantastico libro Jerusalem, di Ottolenghi?
Grazie a quelle, per una strana coincidenza di eventi, non solo mi sono vista recapitare a casa un inimitabile e unico (in quanto dipinto a mano) canovaccio firmato Starbooks , ma anche l'invito a partecipare insieme al gruppo di Starbookers alla recensione del libro di Settembre.

Dopo un'attesa di due mesi (complici le vacanze estive), all'improvviso, quando in vacanza c'ero io, mi è arrivato un messaggino con il titolo del libro e l'indice tra cui scegliere la ricetta da provare.
E' stata un'emozione grande, mista a incredulità e curiosità per essere entrata, in punta di piedi, nel dietro le quinte di questo spettacolo!

La scelta era tra ricette con titoli incredibili, la cui sola lettura faceva viaggiare mente e papille alla scoperta di nuovi piatti e abbinamenti insoliti, uno più particolare dell'altro. Con la conseguenza che con la mia perenne incertezza, non sapevo come fare a sceglierne uno solo, e quale, poi?!?
Ma quando l'occhio è caduto su 'bread', tutto si è fatto più nitido: sperimentare la ricetta di un pane!
Cosa di meglio per una come me che è appassionata di farine e lievitati?!?

Così mi sono buttata sulla FOCACCIA.

A dirla tutta, alla prima occhiata mi si è storta la bocca :-D

La farina che usa è solo farina di forza (la manitoba) che per la sua ricchezza in glutine viene usata principalmente per lievitazioni lunghe e comunque (ad eccezione di panettoni e co.) viene generalmente spezzata con altre farine più deboli.

In questo caso, invece, la lievitazione è piuttosto veloce, anche perché usa parecchio lievito (in proporzione di più di un panetto per kilo di farina) e un'alta percentuale di acqua (70%).

Non fa le pieghe all'impasto e usa l'olio di semi per spennellare la superficie, invece del più classico (e salutare) olio extravergine di oliva.

Nonostante il mio scetticismo iniziale, devo dire che la schiacciata è riuscita bene.




Diciamo che rispetto ai tempi indicati, ho dovuto prolungare la cottura perché la focaccia non assumeva un bel colore dorato forse per via proprio dell'olio di semi, ma devo dire che i commensali non sono stati critici quanto me… anzi, forse complice il fatto che l'avessi poi avvolta nella carta gialla, mi hanno chiesto perfino dove l'avessi comprata (intendendo: dove la fanno così buona?)

Tra l'altro, l'uso della tecnica di aromatizzare l'olio leggermente riscaldato con il rosmarino e tenerlo in infusione per 24 ore mi è piaciuta molto: l'olio rimane davvero profumato, e la schiacciata pure, e non si devono scansare (per chi lo fa) gli aghi di rosmarino, quando si azzanna la focaccia!


FOCACCIA
per una teglia 30 x 40

350 ml acqua tiepida (55-58°C)
15 g di lievito di birra fresco
500 g di farina di forza (manitoba del super), più un altro po' per lo spolvero
15 g di sale
olio al rosmarino (da preparare almeno il giorno prima)
sale grosso

Versa l'acqua tiepida e il lievito sbriciolato in una ciotola e mescola con una frusta fino a che il lievito si è sciolto.
Nella ciotola dell'impastatrice versa 250g di farina, l'acqua con il lievito e avvia la macchina con il gancio ad uncino a velocità media, fino a che l'impasto è umido e appiccicoso.
Togli la ciotola dalla macchina e con una spatola ripulisci l'eventuale impasto che è rimasto sulle pareti e uniscilo al resto. Copri con la pellicola e lascia lievitare in un luogo caldo per 30-45 minuti o finché l'impasto è raddoppiato.
Togli la pellicola e riaggancia la ciotola all'impastatrice. Unisci il sale ai 250 g di farina rimasta, poi aggiungila gradualmente all'impasto mentre la macchina va a media velocità. Quando hai unito tutto, continua a impastare per 5-7 minuti.
Ricopri con carta forno (o con un tappetino di silicone) una teglia di circa 30 x 40 cm e rovescia l'impasto. Spolvera la superficie con della farina e stendi l'impasto con le mani in modo da coprire tutta la teglia e fino a che arriva a circa 2 cm di altezza.
Spennella con generosità la focaccia di olio al rosmarino (vedi sotto la ricetta) e cospargi con sale grosso. Con le punte delle dita forma delle fossette nell'impasto. Lascia lievitare in un posto caldo per 15-25 minuti, o fino al raddoppio.
Nel frattempo riscalda il forno a 190°C.
Cuoci la focaccia per 20-25 minuti o fino a che non è dorata. Togli dalla teglia e lascia raffreddare su una griglia.


OLIO AL ROSMARINO ( da preparare il giorno prima)

60 ml di olio di semi di girasole (per me di arachidi)
2 rametti di rosmarino


Riscalda l'olio in un pentolino fino a 60°C (ci vuole un attimo!). Aggiungi i rametti di rosmarino e togli dal fuoco. Quando si è raffreddato, versa in un vasetto di vetro e lascia riposare per 24 ore.

Passa l'olio attraverso un colino e usalo quando vuoi. Si mantiene bene in bottiglie/barattoli di vetro a temperatura ambiente.
(volendo se ne può preparare anche un po' di più e conservarlo per quando serve)



Insomma, alla fine dei conti, a parte qualche dettaglio, il risultato è stato decisamente buono per entrambe le prove fatte, per cui per me, queste due ricette sono

PROMOSSE

Profumo di mamma

giovedì 25 settembre 2014

RED CABBAGE MOUSSE WITH PICKLED RED CABBAGE


In età adulta, ho imparato ad amare i cavoli, che da bambina e ragazzina non sopportavo, tanto da eliminarne ogni traccia anche dai pizzoccheri! Meno male che, crescendo, ho cambiato idea perché adesso nutro un'autentica passione per ogni tipo di cavolo. Anni fa ho comprato anche una monografia sull'argomento... Così, quando ho visto questa ricetta che prevede una mousse di cavolo sul libro di Purnell, ero troppo curiosa di provarla :)
L'autore afferma che, la mousse di cavolo cappuccio rosso, è deliziosa ed è anche nel menu del suo ristorante, anche se è po' diversa. Il cavolo rosso sottaceto è una scelta ideale come antipasto in  un menu vegano. E' delizioso anche servito caldo, e potete personalizzarlo con le spezie e le erbe che più gradite.

Ingredienti per 4 persone

per la mousse
25g di burro salato
½ cipolla rossa, pelata e tagliata a cubetti
200g di cuore cavolo cappuccio rosso, affettato finemente
625ml di latte fresco intero
12g di gelatina in fogli, ammollata in acqua fredda per 10 minuti

per i cavoli sottaceto
700g di cavolo cappuccio rosso, affettato finemente
160g di sale marino grosso
540g di aceto di malto (io ho usato aceto di mele)
280ml di aceto di vino bianco
280ml di aceto balsamico
800ml di vino rosso
500g di zucchero superfino
2 pezzi di anice stellato
6 foglie d'alloro, secche
6 chiodi di garofano
2 cucchiai rasi di pepe nero
2 cucchiai rasi di pepe rosa 
2 pezzi di cannella in stecche
2 peperoncini secchi interi

un mazzo di crescione, per decorare (non l'ho trovato)


Per la mousse
1.In una padella capiente, sciogliere il burro e far sudare la cipolla su fuoco basso, finché sarà morbida.
2. Unire il cavolo e cuocere per 5 minuti, poi unire anche il latte e cuocere su fuoco medio, fino a ridurre il mix della metà.
3. Con un frullatore, frullare il mix di cavolo e latte, poi filtrare attraverso un setaccio in una padella pulita.
4. Strizzare bene la gelatina per eliminare l'eccesso d'acqua poi unirla al purée nella padella, e scaldare, mescolando, fino a farla sciogliere bene. Versare in uno stampo di plastica medio (non mi era molto chiaro il tipo di stampo da utilizzare, così ho utilizzato degli stampini in silicone), coprire con pellicola per alimenti e mettere in frigorifero per 2-3 ore finché si sarà solidificata.

Per il cavolo sottaceto
1. Mettere il cavolo in un colino e cospargerlo con il sale. Lasciatelo marinare per 3 ore, poi eliminate il sale sciacquando il cavolo sotto l'acqua corrente fredda e trasferitelo in una ciotola non reattiva (adatta a contenere l'aceto).
2. In una padella ampia, che non sia in alluminio, versare i vari tipi di aceto, il vino e lo zucchero e far ridurre della metà su fuoco medio.
3. In un mixer, frantumare le spezie poi unirle al mix di aceti e lasciare in infusione per 5 minuti. Eliminate le spezie passando il mix attraverso un colino.
4. Versare sopra al cavolo e traferire nel frigorifero fino al momento di utilizzarlo.

Scolare il cavolo dalla marinata e trasferirlo sul piatto da portata. Togliere la mousse dagli stampi e metterla sopra al cavolo. Decorare con le foglie di crescione.

NOTE PERSONALI
Le due ricette di cui è composto questo piatto sono veramente semplici. La mousse di cavolo è stata una vera rivelazione, l'equilibrio dei gusti è perfetto, anche se la consistenza non mi è sembrata proprio quella di una mousse. Sicuramente utilizzerò questa ricetta anche per altre preparazioni, ad esempio servita durante un aperitivo sopra ad un crostino di pane, guarnendo con delle noci.
Le dosi sono abbondanti, sia quelle della mousse che quelle del cavolo sottaceto, quindi tenetene conto se deciderete di prepararle. Io vi consiglio di dimezzarle, perché saranno più che sufficienti per quattro persone.  Le mousse avanzate ce le siamo mangiate da sole... stupende!
Il cavolo sottaceto, soprattutto se mangiato da solo, l'ho trovato troppo dolce per il mio gusto personale, la prossima volta diminuirò la quantità di zucchero!

La ricetta è decisamente...

 PROMOSSA

mercoledì 24 settembre 2014

BRIOCHE E BURNT ENGLISH CUSTARD EGG SURPRISE


Mi è esplosa la brioche.
In un volume di altissima cucina, straripante di ricette fighe e piatti che lasciano a bocca aperta per equilibrio e creatività (ed lo avete ben potuto osservare fino ad oggi), cosa ti va a scegliere la Patty?
Una ricetta dimessa come una ragazza che fa tappezzeria ad un rave party.
Ora, non voglio esagerare perché quello per il pan Brioche, è un amore senza confini.
E siccome non ho ancora trovato la ricetta perfetta, mi ostino a provare. Fino ad oggi.
Ancora prima di scrivere questo post, ho lasciato cadere commenti estasiati nei corridoi Starbooks.
La ricetta mi ha incuriosito fin dalla prima scorsa per una procedura a me nuova nella fase di impasto.
Una brioche senza accompagnamento però non sa di nulla ed ho cercato qualcosa nel libro che potesse accompagnarlo degnamente.
Non voglio perdere ulteriore tempo in inutili ciance perché il post è lungo e le ricette da raccontarvi sono due.
E so fin da adesso che le farete....ehhh se le farete!

BRIOCHE ( 3  pagnotte - io ho dimezzato le dosi indicate per ottenerne uno grande in stampo classico)

250 ml di acqua tiepida
40 g di lievito di birra fresco
850 g di farina forte più extra per spolverare
75 g di zucchero semolato
20 g di sale
275 g di burro salato, freddo e tagliato a dadini
6 uova grandi da allevamento a terra

Versate l'acqua in una ciotola e scioglietevi il lievito mescolando fino a che non sia completamente sciolto.
Mettete 450 g di farina e lo zucchero in un mixer o nella planetaria con il gancio e miscelateli.
Aggiungete il lievito attivato nell'acqua e mescolate a velocità media fino a che la pasta non stia insieme. A questo punto continuate ad impastare per 2 minuti.
Rimuovete la ciotola dalla planetaria. Staccate la pasta dal gancio e dai lati della ciotola quindi rimettetela nella ciotola coprendo con una pellicola e lasciatela lievitare in un luogo tiepido per 30 minuti o almeno fino che non abbia raddoppiato il volume.
Miscelate la restante farina con il sale in un'altra ciotola. Aggiungete il burro e con la punta delle dita schiacciate farina e burro insieme fino a che non otterrete un composto sabbioso. Lasciate da parte in un luogo fresco. Rompete le uova in un'altra ciotola.
Una volta che la pasta è raddoppiata, rimuovete la pellicola, rimettete la ciotola sulla planetaria e cominciate ad aggiungere il composto bricioloso all'impasto, lavorando a bassa velocità.
Gradatamente cominciate ad aggiungere le uova sempre a bassa velocità fino a che non saranno state ben incorporate. A questo punto aumentate la velocità e lavorate per 5/7 minuti.
Trasferite la pasta su una superficie infarinata e tagliatela in 3 parti dando loro la forma di pagnotte.
Sistematele in stampi da cake antiaderenti da 12x25, profondi 5 cm, ed infarinateli leggermente.
Copriteli con pellicola e lasciateli lievitare in luogo tiepido per 30/40 minuti.
Accendete il forno a 190°C.
Fate cuocere per 20/25 minuti . Togliete uno dei pani dallo stampo e battete gentilmente sul fondo. Se avrà un suono sordo, la brioche è pronta.
Sformate e fate raffreddare su una gratella.
Si può utilizzare anche il metodo "ritardato"preparando l'impasto fino al completamento con le uova e poi passarlo in frigo in una ciotola che abbia una capienza doppia del volume della pasta, coprendo bene con la pellicola per 12/24 ore.


BURNT ENGLISH CUSTARD EGG SURPRISE (ho ridotto di 3 la quantità indicata)

9 uova grandi di allevamento a terra
85 g di zucchero semolato
500 g di panna fresca (doppia panna)
2 bacche di vaniglia incise a metà

Rimuovete il vertice delle uova con l'attrezzo specifico (si compra nei negozi di articoli da cucina....non so se anche da noi esiste) e versate le uova separando gli albumi dai tuorli.
Conservate gli albumi per altre preparazioni.
Mettete i tuorli in una ciotola.
Rimuovete con delicatezze le membrane (o camice) dai gusci e lavateli molto bene, asciugateli.
Aggiungete lo zucchero nella ciotola e montate tuorli e zucchero fino ad ottenere un composto pallido e gonfio.
Mettete la panna in una casseruola aggiungendo i semi di vaniglia raschiati ed i baccelli.
Scaldatela a fiamma dolce fino a farla fremere.
Rimuovete dal fuoco, eliminate i baccelli (non li buttate mai), versate la panna calda sul composto di uova e zucchero e mescolate con una frusta fino a che siano ben miscelati.
Versate la panna in una casseruola pulita e rimettete sul fuoco a fiamma dolce. Continuate a mescolare fino a che la crema non si raddensi fino a velare il dorso di un cucchiaio (e comunque non oltre i 2/3 minuti dal momento in cui comincia a bollire).
Togliete dalla casseruola e versate in una ciotola lasciando intiepidire.
Con molta attenzione riempite i gusci con un cucchiaio, tenendoli in equilibrio in un contenitore per uova.
Versate del caramello o zucchero di canna sulla superficie della crema e fateli sciogliere con una torcia da cucina.


LA BRIOCHE
- Tanto lievito e poco tempo di lievitazione. La ricetta dice questo. Vista la quantità ed il periodo in cui ho starbookkato, ovvero in un inizio settembre molto caldo, ho dimezzato il lievito senza passare dal via ed ho allungato i tempi di lievitazione. Già dopo un'ora la brioche era bella e rigogliosa con il pettorale fuori dallo stampo. Una volta messa in forno, è letteralmente esplosa. Direi quasi imbarazzante.

- Non so se è una cosa normale o se dipende dalla ricetta. Purtroppo non ho grande esperienza nel campo lievitati e so per certo che Mapi potrà rispondere alla mia curiosità. Dopo 5 giorni il pane era ancora perfettamente morbido, soffice direi. Io l'ho conservato in un sacchettino di plastica con il taglio coperto da pellicola, ma il pane si è conservato fragrante e morbidissimo mantenendo integra la sua umidità. Io l'ho sempre tostato la mattina a colazione e questo ha valorizzato la morbidezza che restava nel cuore della fetta, perfettamente croccantina all'esterno.

- La fase di aggiunta della parte briciolosa nell'impasto potrebbe farvi pensare che la ricetta sia quasi finita, perché allo sguardo la pasta risulta lucida e liscia, ma la fase più delicata è quella dell'aggiunta delle uova. Io le ho sbattute leggermente per versarle piano piano ed ho lavorato con il gancio fino a che tutte le uova sono state perfettamente assorbite (direi una decina di minuti), per poi continuare ad impastare con energia per 7/8 minuti, fino a che non ho visto che l'impasto era bello incordato e si staccava lasciando la ciotola lucida. Ho fatto la prova del velo prima di interrompere l'impasto.

- Il sapore è delizioso. Non è dolce, ma la dolcezza emerge durante la masticazione con il piacevole contasto del sale. Ho usato un burro danese di qualità e sono stata premiata perché il profumo risulta inebriante fin dalla cottura.

Il primo assaggio: con patè di cervo e porcini al brandy (che non ho fatto io ovviamente) e mio marito mi ha chiesto di sposarlo una seconda volta.

Anche solo per questo non posso che dire:
PROMOSSA 

LA CUSTARD EGG SURPRISE
- Non ho il ruzzino per tagliare le uova e dalle foto si può vedere.
Ho smadonnato a più riprese per ottenere un bordo uniforme ma posso giurarvi che è umanamente impossibile con un coltello qualunque. Però poi ho lavato le uova con cura e non ho finito col romperle per cui sono comunque orgogliosa del risultato, qualunque sia.

- La crema è di una facilità imbarazzante ed io confesso di essere una persona che si entusiasma facilmente per le cose facili, soprattutto quando alla facilità corrisponde eguale bontà.
Quando ho versato la crema pronta nella ciotola ed ho scucchiaiato sul fondo della casseruola per mangiarmi gli avanzi (brutto vizio), ho avuto una visione di angeli ed arpe Birmane. Velluto liquido.
Ho pensato che forse era l'effetto della fame. Tiepida è da colpo al cuore. Fredda è da osceni mugolamenti. Se pensate che le foto dell'inzuppo si siano limitate alla posa, dimenticatelo.
Trovo questa crema più buona di qualsiasi chantilly e soprattutto meno rischiosa. Sono già qui che progetto millefoglie destrutturate e accompagnamenti di vario genere.
Ho servito la crema dopo cena ed ho ammutolito i miei ospiti. Non succedeva da tempo.
Non è dolce, non è stucchevole, meravigliosa con il caramello, assolutamente perfetta.
Da fare e rifare (senza bisogno dei gusci).

PROMOSSA CON LODE




martedì 23 settembre 2014

PAN-FRIED SEA BASS "HEAVEN AND EARTH" WITH CAVIAR CREAM


La mia scelta questa volta è stata decisamente guidata dalla ricercata poesia del titolo: un branzino "Paradiso e Terra" non può lasciare indifferenti gli amanti del pesce! 
Ogni singolo ingrediente è una delizia, a cominciare dalle patate (ne ho in dotazione delle ottime di Pignone), per proseguire con le mele (anche qui, ne ho portate una scorta di eccellenti e appena colte, dalla Valtellina), continuare con il pesce più amato in casa, il branzino e terminare con il ricercatissimo caviale, un lusso da concedersi ogni tanto, in qualche speciale occasione. 
E l'occasione c'era: una cena con amici amanti del sapore ricco del mare, che dal mare abitano molto distanti.
Quindi, colta la palla al balzo, mi sono dedicata volentieri alla preparazione di questa meraviglia.
Non è un piatto rapidissimo da cucinare, ma non è complicato e regala molte soddisfazioni, a cominciare dall'espressione sognante dei commensali! 
L'equilibrio tra i sapori semplici e quelli ricercati è il principale ingrediente del successo della ricetta: e l'armonia che ne deriva è una gioia per il palato.


PAN-FRIED SEA BASS "HEAVEN AND EARTH" WITH CAVIAR CREAM
Branzino (spigola) saltato "Cielo e Terra" con crema al caviale



"Il titolo di questa ricetta mi rende romantico: la mela cade dal cielo e la patata è portata da terra. Ma romanticismo a parte - insieme funzionano. Le mele acidule sopra le patate burrose formano un grande matrimonio, e con il branzino fresco e il lussuoso caviale è come vivere un sogno" G. Purnell

In corsivo ho aggiunto le osservazioni personali

Ingredienti per 4 persone

3 patate medie, pelate e tagliate a dadini cotta (500 g ca.)
150 g di burro (per me 100 sono stati più che sufficienti)
sale
1 mela grande adatta per la cottura,  sbucciata, detorsolata e tagliata a dadini (200 g, pulita)
6 foglie grandi di salvia tagliate a strisce, più qualcuna per decorare
olio vegetale
150 ml di vino bianco
300 ml di panna fresca 
1 cucchiaio abbondante di caviale
1 limone spremuto
4 filetti da 125 g di branzino senza lische, con la pelle leggermente incisa
1 cucchiaio di farina

Preriscaldate il forno a 180°C
Cucinate le patate tagliate a dadini in un'ampia pentola di acqua bollente salata per circa 10 minuti, in modo da renderle morbide ma non sfatte e scolatele bene.

In una padella separata, fondete una noce di burro a fate ammorbidire le mele a fuoco basso. Aggiungete la salvia, le patate, altri 50 g di burro e saltatele insieme.

Ungete 4 cerchi rotondi di acciaio di 7 cm di diametro e profondi 3 cm (mi sono trovata meglio con una misura leggermente più piccola, 5 cm di diametro per 2,5 cm di altezza, perchè è più agevole girarle durante la cottura) con un po' del burro restante. Riscaldate un po' di olio vegetale in una larga padella. quando è bollente mettete i cerchi nella padella e mettete il composto di patate con un cucchiaio all'interno, schiacciando bene per livellarlo. cuocete ogni lato per circa 3 minuti, fino a quando non saranno molto ben dorati. Manteneteli in caldo.

Versate il vino bianco in una casseruola, mettetelo sul fuoco e fatelo ridurre della metà. Aggiungete la panna e fate ridurre ancora il tutto fino a quando non velerà il dorso di un cucchiaio (in totale ci vorranno circa 25-30 minuti).

Lasciate raffreddare la crema leggermente e poi aggiungete il caviale, mescolando bene (Assicuratevi che la crema non sia troppo calda, altrimenti il calore cuocerà il caviale e lo renderà duro).  Aggiungete un pizzico di sale e una spruzzata di succo di limone. Tenete al caldo.

Infarinate delicatamente i filetti di branzino, scaldate una padella che possa andare anche in forno, aggiungete un po' di olio vegetale e cuocete i filetti di branzino dal lato della pelle, per 3 o 4 minuti finché non risulti croccante e dorata.
Trasferite la padella nel forno e continuate la cottura per 2 minuti. Sfornate e girate i filetti. Aggiungete la rimanente noce di burro e irrorate il pesce con il suo sughetto.  Salate.

Mettete una cucchiaiata di crema al caviale sul piatto di servizio e poi appoggiate il "paradiso e terra", togliendolo dagli stampi rotondi vicino alla crema. Appoggiate su tutto i filetti.

Non ho davvero osservazioni da fare su questo piatto. E' semplicemente squisito, gli ingredienti si sposano perfettamente, la cottura è azzeccatissima, croccante e succosa al tempo stesso; il sapore finale risulta eccellente. I miei ospiti ne sono rimasti conquistati, ragazzi compresi e la presentazione è chic, al di là della foto, che non rende giustizia al piatto, data la velocità necessaria per portarlo in tavola ancora caldo e croccante.

Pur rispettando le "noci" di burro richieste, il mio quantitativo finale è stato considerevolmente inferiore ai 150 g, direi che si aggira sui 90-100 al massimo e devo dire che questo mi ha fatto molto piacere.

La ricetta ha diversi passaggi, ma non risulta complicata da seguire: si possono preparare le patate-mele con un po' di anticipo per poi friggere le "crocchette" all'ultimo momento. 

Lo stesso vale per la squisita crema al caviale: si può preparare prima la base vino-panna e poi aggiungere il caviale poco prima di servire, così non si corre il rischio di doverla riscaldare una volta pronta. 

Quindi non posso che giudicare questa ricetta

PROMOSSA

lunedì 22 settembre 2014

CONFIT CHERRY TOMATOES (POMODORINI CONFIT)


Al pari di molti libri del genere "chef che scende dalle stelle", anche Cracking Yolks and Pig Tales è corredato da una sezione "for dummies" in cui sono racchiuse le preparazioni di base contenute nel libro. Brodi, salse, qualche fondo e una serie di conserve, per così dire, a cui attingere per la guarnizione dei piatti, secondo il principio principe dell'alta ristorazione, per cui si deve poter mangiare tutto quello che c'è nel piatto. Il che, considerato quello che si spende, trova il mio spirito genovese assolutamente d'accordo. 
Di solito, questa è la sezione da cui parto sempre, ogni volta che provo un libro di cucina.
 I fondamentali.
Un po' perché più imparo e più mi rendo conto di non sapere. 
Un po' perché più invecchio e più mi piace prendermi cura di quello che faccio con passione- e la cucina è indubbiamente nell'elenco
E un po' perchè ritengo che il vero biglietto da visita di chiunque stia nelle fondamenta. 
Perché non sempre "trucco" ha un'accezione positiva. 
Non sempre la foto figa corrisponde alla realtà.
Non sempre funzionano ricette in cui la maggior parte dei passaggi vengono spiegati in poche parole o addirittura omessi. 
Mentre, se ci sono le basi, si può ragionare. 
Si può capire da dove cominciare, dove si può ragionevolmente finire e, soprattutto, ci si può fare una cerchia di amici scelti, capaci di venire in tuo soccorso, nel momento del bisogno. 
E che ti mostrano dove finisce il "food"- e dove inizia il "foof"...

POMODORINI CONFIT

"confit" è termine francese che in Italia è stato tradotto in maniera un po' ambigua con "candito", ingenerando pericolose crisi di identità da fare invidia agli ermafroditi. In origine, infatti, la parola indicava una tecnica di conservazione basata sulle lunghe cotture degli alimenti in un ingrediente capace di preservarli, che poteva essere lo zucchero, nel caso della frutta, ma anche il grasso, nel caso delle carni che sono attualmente il confit per eccellenza, Oltralpe: fatevi un giro per gli scaffali dei supermercati (con le mani legate strette dietro la schiena) e sarà tutto un susseguirsi di barattoli di vetro che racchiudono carne di oca e di anatra, ma anche di maiale e di tacchino. 
Qui in Italia, invece, ha dilagato la frutta candita, per molti secoli, grazie agli Arabi e ai Genovesi- e da qualche tempo dilagano i pomodorini confit, grazie ai blog. 
Ora, propriamente, questo tipo di preparazione è una delle guarnizioni classiche dei piatti dell'alta ristorazione: l'idea di preparare un contorno o un condimento o un qualsiasi altro piatto che abbia i pomodorini confit come ingrediente principale non esiste. Così come è piuttosto raro che si utilizzino nella cucina di tutti i giorni. 
C'è da dire, però, che sono maledettamente fotogenici. 
Oltre che maledettamente buoni...

per 4 persone
20 pomodorini ciliegia
500 g di burro salato (*)
120 g di muscovado
rametti di timo

Riempire d'acqua una casseruola di media grandezza e portare a bollore. 
Con un coltellino dalla lama affilata, indicere a croce il fondo dei pomodorini e farli scottare a 5 per volta nell'acqua bollente per 10 secondi. Scolarli con una schiumarola e sistemarli subito in acqua ghiacciata. eliminare la pelle con cautela, badando a non punzecchiarli. 
Sciogliere il burro in un'ampia padella: quando è completamente sciolto, aggiungere lo zucchero e far sciogliere a calore moderato. Quando si è del tutto sciolto, aggiungere i pomodorini e il timo. Proseguire la cottura per 30 minuti. 
Lasciar raffreddare lentamente e servire tiepidi. 

Premetto che, se nella tastiera del pc, ci fosse stata una croce, in stile "vade retro, Satana!" avrei usato quella, al posto dell'asterisco, per contrassegnare la quantità di burro. 
Perché 500 g di burro, ancorchè salato e quindi leggermente meno grasso, sono contrari alla mia religione. 
Purtroppo, temo di dover escludere l'errore di stampa, perchè 120 g di zucchero son tanti, in una preparazione del genere: e la foto del piatto presenta i pomodorini che galleggiano in una densa crema arancione, la stessa in cui poi si è trasformato il liquido in cui sono immersi i miei (vedi foto) una volta che si è indurito. 
Sentendomi un essere abietto, ho dimezzato le dosi. 
120 g di muscovado, 250 g di burro salato. 
Ho ottenuto 20 pomodori confit più mezzo barattolo di burro pseudo chiarificato con cui condire un piatto di spaghetti, la prossima volta che sono di fretta, magari agghindandoli con i pomodori di cui sopra. 
Consistenza, colore, riuscita finale, tutto come da foto
Il sapore, invece, come da copione. 
Visto che ho pesantemente modificato le proporzioni, non mi aspettavo altro. 
Ma già con 250 g di burro, il grasso si sente- e al mio palato stona, con un prodotto come il pomodoro che immediatamente associo a grassi vegetali o a preparazioni in purezza. Sul momento, mi sembravano buoni. Il giorno dopo, erano davvero pesantissimi da mandar giù. E queste son preparazioni che, come dice il termine, devono poter durare nel tempo. 
Per cui, dò uno zero spaccato a me, che ho voluto provare e poi non ho osato andare fino in fondo. 
E alla ricetta un bel 
NON CLASSIFICATO

venerdì 19 settembre 2014

MARSHMALLOW



A mia figlia piacciono tantissimo i marshmallow, ma a me no, e per di più mi sono sempre parsi delle orrende schifezze amerikane, piene di coloranti, addensanti, -anti così -anti che proprio non gliele avrei comprate mai...
Ogni tanto però mi è toccato cedere, anche perché da quando alcune marche ostentano la scritta SENZA GLUTINE diventa molto difficile dire di no. Ovviamente solo qualche volta, perché nella mia mente sono o restano schifezze.

Però quando avevo scoperto che si potevano fare in casa (grazie Araba!) ho cominciato a tornare sui miei passi. Certo, tanto zucchero, e il glucosio, sicuramente non si possone definire un cibo salutista, però una volta ogni tanto...

Così quando ho visto su Cracking Yolks and Pig Tales la ricetta, non ho potuto resistere. Per scoprire (in fondo uno chef stellato non ti dà ricette banali) che non era la ricetta più conosciuta, ma una versione a base di meringa italiana. Io sono una fan della meringa italiana, e quando si tratta di semifreddi la metterei davvero ovunque, ma mai avrei immaginato di poterci fare delle caramelle...
Facendo una ricerca ho scoperto che anche David Lebovitz appartiene alla stessa scuola di pensiero... Insomma, mi sono buttata! Il risultato è quello che vedete in foto: dei perfetti marshmallow, che ovviamente andranno conservati in frigorifero, perché, per quanto pastorizzati, sempre di albumi d'uovo si tratta, e non si potranno conservare più a lungo di una settimana. Una settimana?!?! Ma secondo voi con due ragazzini in casa dei marshmallow possono durare più di una settimana?!?!?! 

MARSHMALLOW

Ingredienti
(per circa 80 60 pezzi)
olio d'oliva, per ungere
3 bianchi d'uovo, grandi (io 120 g)
i semi di un baccello di vaniglia oppure un cucchiaino di estratto di vaniglia (¶)
24 g di gelatina in fogli (¶), idratata in acqua fredda per 10 minuti
1 cucchiaio di acqua
225 g di zucchero semolato
qualche goccia di colorante viola (¶)
semola amido di riso (¶) per spolverare

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione.



IngredientiUngete leggermente una teglia rettangolare di circa 25 cm x 30 (io 23 m x 35), profonda circa 7 cm e rivestitela con pellicola trasparente.
Versate gli albumi e la vaniglia in un mixer (io in planetaria), con la frusta per montare gli albumi.
Strizzate bene i fogli di gelatina dal'acqua in eccesso, metteteli in un pentolino, aggiungete un cucchiaio d'acqua e scaldate a fiamma bassa, mescolando delicatamente, fino a scioglierla del tutto. Spegnete il fuoco e mettete da parte, in un luogo tiepido.
Versate lo zucchero in una casseruola dal fondo spesso e versatevi sopra tanta acqua quanto basta a ricoprirlo: scaldate a fiamma bassa, fino a quando lo zucchero si è del tutto sciolto. Mettete nella casseruola un termometro da cucina, alzate leggermente la fiamma e portate a bollore: da questo momento in poi, girate la casseruola per mescolare lo sciroppo di zucchero e mantenerne la temperatura il più possibile uniforme e spennellate le pareti con un pennellino intinto nell'acqua fredda per evitare che si formino cristalli di zucchero.
Iniziate a montare gli albumi a media velocità, fino a quando raddoppieranno di volume.
Quando lo sciroppo raggiunge i 121°C di temperatura, togliete il termometro, spegnete il fuoco e versate lentamente e con attenzione lo sciroppo sugli albumi, evitando di versarlo direttamente sulle fruste. Continuate a montare, fino a quando il composto si raffredda.


Una volta raffreddato, riducete al minimo la velocità e versateci la gelatina sciolta.
Mescolate a bassa velocità per 30 secondi. A questo punto io ci ho aggiunto qualche goccia di colorante viola e ho mescolato molto velocemente, in modo da ottenere un composto marezzato.  Aiutandovi con un leccapiatti, versate il marshmalow direttamente sulla teglia e livellatelo velocemente con una spatola, prima che il composto si rassodi troppo. Lasciatelo un po' raffreddare, poi coprite con pellicola trasparente e mettete in frigo per due ore.
Spolverate un tagliere con un po' di semola amido di riso e scaravoltateci sopra l'impasto. Spolverate di nuovo con la semola l'amido di riso. Immergete la lama di un coltello in acqua calda e poi asciugatela e con il coltello caldo, tagliate a strisce di 3 cm di larghezza e poi ancora a cubetti.

Si conservano in un contenitore a chiusura ermetica, nel frigo, per una settimana.

NOTE
Ed ecco le mie note
- me ne sono venuti una sessantina, invece che gli 80 indicati dall'autore, ma sicuramente dipende dalle dimensioni dei cubetti. I miei erano effettivamente piuttosto grossi 
- per ovvie ragioni ho sostituito al semola con l'amido di riso. Sarebbe andato bene anche l'amido di mais. Personalmente, pur non avendo fatto il confronto, ritengo un amido più adatto alla bisogna, perché ho l'idea che la semola, di grana più grossa, si percepisca maggiormente. Ma magari è un errore madornale il mio.
- vista la precisione solitamente richiesta in pasticceria, a maggior ragione da uno chef stellato, mi sarei aspettate che ci fornisse i quantitativi di albume in grammi, piuttosto che scrivere semplicemente tre albumi. Io avevo degli albumi in freezer e visto che diceva "grandi" ne ho usati circa 120 g.
-come tempistiche mi sembra poco razionale preparare con cotanto anticipo la colla di pesce e poi lasciarla lì in un fantomatico luogo tiepido. Personalmente l'ho preparata all'ultime, lasciando da parte la meringa italiana pronta, e mi sono trovata bene così
- ho aggiunto del colorante alla fine della preparazione, per ottenere dei marshmallow marezzati. 
- il risultato sono dei marshmallow decisamente più morbidi di quelli che si trovano sul mercato, più morbidi e più buoni, ovviamente. Personalmente li preferisco decisamente così. 
- altre note non ce ne sono, sono piaciuti moltissimo anche ai ragazzi quindi la ricetta è assolutamente
- se proprio ci dev'essere una nota negativa, è il fatto che essendo fatti con la meringa italiana debbano essere conservati in frigo. e questo cozza un po' con l'utilizzo che se ne potrebbe fare, tipo portarli a scuola ai compagni. 

PROMOSSA


giovedì 18 settembre 2014

WARM CHOCOLATE MOUSSE WITH CHOCOLATE CRUMBLE, TUILE AND MINT ICE CREAM





Per natura mi fido. E se qualcosa non va come dovrebbe, prima cerco la causa in me stessa. Lo stesso accade in cucina, mi fido. Che sia di un’amica, di una blogger, di uno chef stellato o della verduraia, se la ricetta di turno non riesce, è probabile che abbia sbagliato qualcosa io.
Lo Starbooks mi aiuta ad uscire dai miei preconcetti e mi obbliga ad essere obiettiva, coraggiosa e anche un po’ kamikaze. Ho scelto per questo giro un dolce, fresco ma ricco, un dolce che sembra voglia unire due stagioni, l’estate con un fresco gelato alla menta e l’autunno, con tutto il calore del cioccolato declinato in tre consistenze diverse. Pur avendo letto e riletto la ricetta, mi sono soffermata sulle parole “espuma gun” soltanto quando avevo già tutti gli ingredienti pesati e pronti sul banco da lavoro.. non so quante di voi abbiano una “espuma gun” – sarebbe un sifone - in cucina.. beh, io no! Ma ormai ero in ballo ed ho voluto ballare ugualmente.. Ecco come ho proceduto, in corsivo le mie note.


 WARM CHOCOLATE MOUSSE WITH CHOCOLATE CRUMBLE, TUILE AND MINT ICE CREAM
Da: Glynn Purnell - Cracking Yolks and Pig Tales – Kylebooks


Ingredienti (per 4 persone):

per la mousse al cioccolato
 
200 gr. cioccolato fondente (al 70% cacao)
150 gr. doppia panna – per me panna fresca
150 ml. albumi di uova da allevamento all’aperto – per me 4 albumi di uova grandi
 
per il crumble al cioccolato
 
210 gr. di farina
15 gr. di cacao amaro
60 gr. di zucchero semolato
110 gr. di burro freddo a pezzetti

per le tegoline al cioccolato
 
100 g di zucchero semolato
85 g di burro
35 g di glucosio liquido
35 ml di latte intero
10g di cacao amaro

per il gelato alla menta
 
500 ml. panna – per me panna fresca
100 gr. zucchero semolato
65 ml. crema di menta verde – per me sciroppo alla menta
50 gr. zucchero invertito – per me miele
4 gr. gomma xantana
5 ml. essenza di menta – io l’ho omessa – per dare un maggior gusto ho messo un mazzetto di menta in infusione nella panna una notte prima di utilizzarla
5 gocce di colorante verde – io l’ho omesso

Per la mousse al cioccolato: tagliare a pezzi il cioccolato e metterlo in un contenitore. Portare la panna a bollore, quindi versarla sul cioccolato e mescolare finchè il cioccolato non è completamente sciolto.
Aggiungere gli albumi al composto e mischiare con la frusta finchè emulsionato.
Mettere il composto in un sifone e caricare con il gas, seguendo le istruzioni della casa produttrice. Mettere in un contenitore con acqua calda finchè non siamo pronti a servire. – dal momento che non ho il sifone, ho montato gli albumi a bagnomaria e li ho aggiunti al composto di cioccolato, dopodichè ho tenuto in caldo fino al momento di servire

Per il crumble: preriscaldare il forno a 180°. Mischiare insieme farina, cacao e zucchero. Unire il burro e strofinare il composto tra le dita fino ad ottenere un composto sbriciolato.
Cuocere in una teglia coperta con carta forno in forno a 180° per 10-15 minuti, mescolando ogni due minuti. Rimuovere dal forno e far raffreddare.

Per le tegoline: abbassare la temperatura del forno a 160°. Mettere zucchero, glucosio, burro e latte in un pentolino e portare a bollore. Unire il cacao, mescolando finchè ben amalgamato.
Versare il composto in un teglia coperta con carta forno stendendolo sottile. Cuocere in forno per circa 10-12 minuti. Togliere dal forno e lasciar raffreddare e indurire

Per il gelato alla menta: mischiare tutti gli ingredienti insieme in un pentolino e gentilmente scaldare il composto fino a 82°. Rimuovere dal fuoco e passare attraverso un colino, quindi far raffreddare.Passare in gelatiera e far mantecare. Trasferire in un contenitore e conservare nel freezer fino al momento dell’uso.


Assemblaggio del dolce: versare una parte del crumble in una ciotolina, rompere il composto delle tegoline ormai freddo in pezzi irregolari, adagiarvi sopra una cucchiaiata di gelato alla menta. Spruzzare la mousse calda sul gelato. Completare con altro crumble.


Osservazioni:

- I passaggi da fare sono diversi, ma sono facili e ben spiegati, si può fare tutto tranquillamente in un pomeriggio oppure portarsi avanti con il lavoro ed assemblare il tutto all’ultimo momento

- Ho dimezzato le dosi del crumble ed è stato perfetto, mentre per le tegoline ho lasciato dose intera, in realtà sarebbe bastata mezza dose anche per le tegoline, ma così i ripetuti assaggi durante la preparazione non sarebbero potuti avvenire.

- Caldo, freddo, morbido, croccante, dolce, amaro, in questo dolce c’è una completezza di sapori, contrasti e consistenze che in poche ricette ho incontrato.

- La mousse, data la mancanza del sifone, nonostante gli albumi montati a neve, era sicuramente meno spumosa di come sarebbe dovuta essere. Peccato, avrebbe dato una spinta in più al gioco di consistenze.

- Non mi è chiaro il motivo per cui, nella preparazione del gelato, l’autore dice di portare gli ingredienti ad 82°. A quanto so lo xantano, che è un addensante, non ha bisogno di essere portato ad alte temperature per svolgere la sua funzione, come invece la farina di semi di carrube o l’agar agar. Quindi mi viene da pensare che sia per una questione di pastorizzazione.. ma se così fosse, pastorizziamo la panna, che peraltro dovrebbe già essere pastorizzata, e usiamo gli albumi “nature” ? Esperte, illuminatemi!

La ricetta funziona, per me è PROMOSSA con una piccola riserva sull’uso degli albumi.

Dolci & Dintorni

mercoledì 17 settembre 2014

WAFFLES DI PATATE



Ho sempre avuto timore a preparare gli waffles. 
Ne vado pazza, al punto da imporre al futuro marito il viaggio di nozze in Belgio, tirando fuori la scusa delle birre, delle abbazie, della bellezza delle Fiandre e altri argomenti più persuasivi: ma la realtà era un'altra, come ha immediatamente realizzato il futuro sposo, appena messo piede in terra fiamminga.
Di prepararle a casa, però, neanche a parlarne: ero arrivata ai punti di NON comprare la cialdiera e quando alla fine mi è stata regalata, l'ho tenuta tre anni in macchina, limitandomi a cambiarle posto ogni tot, dal bagagliaio al sedile posteriore a quello del passeggero- senza aver mai il coraggio di portarla in cucina. 
Poi, è arrivato Glynn Purnell. 
Ed è stato amore a prima vista. 
E allora, tanto valeva dargli una prova, come si conviene in questi casi e attaccare proprio dalla ricetta più temibile, per me, di tutto il libro. 
D'altronde, i waffles son sinonimo di viaggio di nozze, in casa mia. 
E anche questa volta, l'atmosfera era la stessa. 
E ne è bastato solo un morso...

WAFFLES

"Questo è il 'vostro' libro, che io ho scritto per voi", assicura Purnell, presentando questa ricetta, "per cui, fate di questi Waffles l'uso che preferite, da un grandioso spizzico al posto del pane alla base di un pudding, con frutta e panna". E non fatevi demoralizzare, se non possedete l'apposita cialdiera: anche una padella comune per friggere può andar bene. Vi risparmio la citazione di Shrek, mentre meritano gli altri possibili utilizzi, come complemento delle uova col bacon o di uno stufato di carne, vista la loro delicata spugnosità, che li rende perfetti per raccogliere sughetti e golosità affini. Noi abbiamo scelto una versione classico-goduriosa, annegandoli nello sciroppo d'acero per colazione: ma li avremmo anche graditi nel cestino del pane a pranzo e come crostini per la zuppa la cena. Se solo non fossero finiti in un fiat....

Di seguito, la ricetta originale e sotto le mie annotazioni
In corsivo, i termini su cui non concordo completamente- e alla fine vi spiego perchè.

Per 20 pezzi
265 g di patate, sbucciate e ridotte in cubetti
200 g di farina 0
1 cucchiaio di lievito istantaneo
1/2 cucchiaino di sale
225 ml di latte intero
25 g di zucchero di canna (soft light brown sugar*)
60 g di burro fuso
6 albumi, grandi
grasso per ungere (lui usa quello semi professionale, nella bottiglietta)

1. cuocete le patate in una casseruola piena d'acqua a bollore leggero, per 20-25 minuti o fino a quando risultano tenere, se punzecchiate con la forchetta. Scolatele e schiacciatele con una forchetta, in modo che abbiano una cobsistenza un po' granulosa. Mettete da parte. 
2. in una terrina capiente, mischiate farina, sale e lievito.
3. in un'altra terrina, mescolate bene le patate con il latte, il burro fuso e lo zucchero; aggiungete la farina e mescolate vigorosamente, per amalgamare bene gli ingredienti fra di loro.
4. Montate a neve i bianchi (devono formarsi i ciuffetti di albume) e incorporateli alla pastella, un terzo alla volta: la pastella si addenserà**
5. Ungete leggermente la piastra per waffles  e scaldarla a calore moderato. Versatevi il composto, badando a che questo non strabordi oltre le forme degli stampi, poi chiudete il coperchio e cuocete per 5-6 minuti o fino a quando le cialde saranno leggermente dorate. Staccatele dalla piastra e servitele immediatamente oppure tenetele in caldo nel forno, fino ad esaurimento dell'impasto

Ed ecco le mie note
al solito, partiamo dagli ingredienti
- le patate sono quelle a pasta gialla, piuttosto farinose: a differenza di Purnell, io le ho fatte cuocere intere e con la buccia, per limitare l'assorbimento di acqua, considerato anche che in proporzione c'è tanta farina. 
- ero parecchio perplessa sull'utilizzo della farina forte e alla fine ho usato la 0 della Coop, di tutte la meno forte che avevo , ma mi son dovuta ricredere. In ogni caso, voglio provare con la 00 e vedere cosa succede
- lo zucchero è uno zucchero di canna leggero: da noi non abbiamo tutte le varietà che ci sono in Inghilterra, io ne ho usato uno "basico", poco profumato.
- sul lievito, faccio ammenda, ma non ne ho messo un cucchiaio: ci sono 6 albumi, la cottura è velocissima, la paura era quella di portarsi dietro un retrogusto sgradevole: ho ridotto ad un cucchiaino ed è andata benissimo ugualmente. La prossima volta, quando uso la farina debole, provo ad eliminarlo del tutto. 
- ovviamente, ho unto con olio (nel mio caso, sempre extravergine di oliva)
- per il resto, come da ricetta. l'unica perplessità è sul "thick" dell'impasto, dopo l'aggiunta degli albumi. L'impasto è tutto fuorchè "denso": semmai è arioso e soffice. Ma l'errore è talmente macroscopico che temo in una distrazione dell'editor...
- ogni piastra ha le sue istruzioni: l'importante è cuocere sempre a calore moderato e senza esagerare con la quantità di impasto. Dovete prenderci un po' la mano (con tutta che gli stampi che ho io sono rettangolari, son riuscita a fare degli waggles perfettamente rotondi, per dire...) e controllare dopo 3-4 minuti a che punto siamo. 
- per l'uso che ne fa Purnell, è indispensabile che le cialde siano molto morbide. Se preferite un effetto più croccante, riducete il lievito e prolungate di qualche minuto la cottura. Senza farle bruciare, naturalmente...

Per quanto riguarda il verdetto finale, faccio una media fra il "meno" della quantità del lievito (la vera incognita) e il "plus" della semplicità della ricetta e della bella idea dell'impasto di patate, non proprio genialissima ma comunque originale, se applicata ad una cialda e comunico urbi et orbi che a parer mio questa ricetta è

PROMOSSA


martedì 16 settembre 2014

LAMB BAKLAVA WITH COURGETTE PUREE


Partecipare allo Starbooks è sempre una grande emozione. Perché si imparano sempre tante cose nuove, si scoprono libri di cucina interessanti, ci si mette in gioco, si testano ricette che probabilmente altrimenti non si sarebbero mai preparate.
Alla notizia che il libro di questo mese era una raccolta di ricette di uno chef stellato inglese, Glynn Purnell, non ho potuto fare a meno di gioire. Adoro la cucina d’oltremanica (per dir la verità ancora devo capire quale cucina non mi piaccia), troppo spesso bistrattata e sottovalutata, soprattutto in passato, sta ora prendendosi una bella rivincita.
Scorrendo l’indice delle ricette sono stata attratta da una che mi ha incuriosito immediatamente, Lamb Baklava with courgette purée. Lamb Baklava? Un baklava d’agnello? Ero sicura che lo chef avesse voluto giocare sulla parola baklava per proporre probabilmente un normale fagottino di pasta fillo con all’interno dell’agnello. Tutto ciò prima di leggere la ricetta. Perché dopo ho avuto quasi un mancamento. Ma che diamine avevo scelto? Ecco cosa succede a partire subito in quarta ad occhi chiusi lasciandosi trasportare dall’istinto e senza ragionare! Avrei dovuto insospettirmi nel leggere baklava. Sì, perché del baklava originale aveva davvero molto, se non tutto, ovvero frutta secca, zucchero, miele (ben tre cucchiai!), pasta fillo. Ma come poteva starci pure l’agnello in tutta questa dolcezza? Vabbè, ho pensato, ormai è fatta, buttiamoci. Oltretutto, proprio questa ricetta era priva di foto, cosicché non potevo nemmeno trovare aiuto da un’immagine del piatto finito.


Leggere l’introduzione dello stesso chef alla ricetta non mi risollevava il morale, anzi. Queste le sue parole: il baklava è un dolce (ma va?) non dico di mangiare l’agnello come se fosse un dolce, anche se non avrei nessun problema a farlo essendo io stesso un grande mangiatore di carne. Ho preso il dolce e ne ho fatto un piatto principale (aiuto) è un lavoro un po’ complicato ma lo sforzo ne vale la pena. Mischiato con le zucchine dà vita a un bell’abbinamento, ma anche con la pastinaca funzionerebbe, mentre variando il sapore del miele potrebbe cambiare molto il risultato finale, come la lavanda d’estate o un miele naturale dal sapore intenso d’autunno. Così questo piatto può essere per tutte le stagioni (mah…)
Non mi restava che mettermi ai fornelli.
In rosso le mie variazioni e in fondo le mie note.


LAMB BAKLAVA WITH COURGETTE PURÉE – BAKLAVA DI AGNELLO CON PURÈ DI ZUCCHINE
Da: Glynn Purnell - Cracking Yolks and Pig Tales – Kylebooks

Ingredienti per quattro persone
olio vegetale per  cuocere le verdure olio extra vergine d’oliva
2 cipolle pelate e tritate
1 carota pelata e tritata
1 porro tritato
2 spalle d'agnello con l'osso e il grasso

3 rametti di rosmarino
3 rametti di timo
8 g di gelatina in fogli ammollata in acqua fredda per 10 minuti
3 cucchiai di miele alla lavanda miele di mandorlo
100 g di mandorle in lamelle
10 albicocche secche reidratate tagliate a piccoli cubetti
100 g di pistacchi sgusciati tritati
sale
1 cucchiaio di cumino in polvere
1 uovo grande da allevamento all'aperto
8 fogli di pasta fillo
3 zucchine medie
3 spicchi d'aglio pelati e tritati
1 spruzzo di double cream panna fresca da montare
zucchero a velo da spolverizzare



Preriscaldare il forno a 180° C. Riscaldare un po’ di olio in una casseruola resistente al fuoco e fare sudare una delle due cipolle, la carota e il porro a fuoco dolce finché si ammorbidiscono.
Aggiungere l’agnello nella casseruola con i rametti di rosmarino e di timo. Coprire con acqua, mettere il coperchio, quindi trasferire nel forno e cuocere per 2 ore e ½ o fino a che la carne sarà molto tenera al punto da disfarsi.
Rimuovere la casseruola dal forno e lasciare raffreddare. Quando è ancora caldo, levare l’agnello dalla casseruola e tenerlo da parte. Versare il liquido in un tegame e farlo sobbollire finché comincia ad addensarsi, dovrebbe rimanerne una piccola quantità. Strizzare la gelatina per togliere l’acqua in eccesso, aggiungerla nel tegame e mescolare finché si scioglie. Mettere da parte.
Rimuovere le ossa dalla carne e sminuzzarla. Metterla in un recipiente e aggiungere il miele, le mandorle, le albicocche, i pistacchi e la mistura di gelatina. Aggiustare di sale e aggiungere il cumino.

Foderare una teglia con i bordi alti almeno tre centimetri con una pellicola trasparente e distribuire il composto in uno strato uniforme di circa 2 o 3 centimetri di profondità. Coprire e lasciare in frigorifero per almeno 4 ore prima dell’utilizzo. Togliere dal frigo, rimuovere dalla teglia e tagliare in quadrati di 8 cm per lato.
Sbattere le uova con un po’ d’acqua e spennellare un foglio di pasta fillo. Mettere un quadrato di composto di agnello e avvolgerlo nella pasta, assicurandosi che sia completamente chiuso.



Ripetere con la restante pasta fillo e agnello. Mettere i pacchettini di agnello (baklava) in una teglia e spennellare con le uova con l’acqua e fare riposare.
Tagliare le zucchine a metà longitudinalmente, scavare e scartare la parte centrale di ciascuna e tagliate a pezzetti il resto.
Scaldare un po’ di olio vegetale in una padella e far sudare la cipolla rimanente tritata e l’aglio a fuoco lento fino a farli ammorbidire. Aggiustare di sale.
Cuocere le zucchine in una pentola in acqua bollente per circa cinque minuti fino a che sono tenere. Scolarle, metterle in un mixer con la cipolla e l’aglio e la panna e frullare fino ad ottenere un composto liscio. Passare in un setaccio e mettere da parte.
Cuocere i baklava per 10-12 minuti fino a farli scurire. Toglierli dal forno e spolverarli con lo zucchero a velo.
Mettere un cucchiaio di purè nel centro di ciascun piatto e sopra posizionarci un baklava. Servire con insalata verde e panna acida.


NOTE
La preparazione di questo piatto richiede parecchio tempo, forse l’autore avrebbe fatto meglio ad indicare i tempi, considerando che l’agnello deve cuocere 2 ore e 1/2 e che successivamente deve riposare in frigo almeno per altre quattro ore, siamo già a 6 ore e ½ senza contare la preparazione di tutto il resto.

 Nonostante la questione tempo ho trovato la ricetta di facile esecuzione. Facilissima direi. Ogni passaggio è spiegato alla perfezione. Sono rimasta particolarmente meravigliata dalla precisione delle dosi. Purnell dà le dosi per quattro persone, poi dice che servono 8 fogli di pasta fillo e che bisogna fare con ciascun foglio un pacchettino d’agnello, quindi, se la matematica non è un ‘opinione, a ciascuna persona devono essere serviti due pacchettini di pasta fillo. E poi dà anche le misure del ripieno dei pacchettini, devono essere alti tre centimetri e tagliati in quadrati di otto centimetri per lato. Ebbene, dubitavo fortemente del risultato, anche perché l’ingrediente principale è l’agnello di cui non viene nemmeno specificato il peso, si dice di impiegare due spalle d’agnello e basta. Invece, la carne cotta, sminuzzata, mischiata agli altri ingredienti, fatta gelificare, tagliata seguendo le misure descritte, dava esattamente il numero di pacchettini da lui indicato (io per la verità ho dimezzato le dosi di tutto e infatti mi sono venuti esattamente quattro baklava).

 Nutrivo dei dubbi anche sul fatto che di dover aggiungere la colla di pesce al ripieno posto che successivamente il ripieno va richiuso nella pasta fillo per poi essere cotto in forno, con il risultato che la gelatina inevitabilmente con il calore si scioglie nuovamente. E invece, l’utilizzo della colla di pesce rende il composto una mattonella abbastanza soda, passaggio che consente di tagliarla in fette molto regolari e precise, in maniera tale che racchiudendole poi nella pasta fillo i pacchettini possano essere tutti della stessa identica e geometrica forma. Ovviamente durante i dieci minuti in forno la gelatina si scioglie e il ripieno torna ad essere morbido e succoso ma la pasta fillo, cuocendosi, fa in modo che i pacchettini rimangano in forma.

 Una sola cosa non mi è sembrata chiara. Prima di mettere in forno la carne dice di aggiungere il timo e il rosmarino ma poi non dice di toglierli dal sugo che si sarà formato prima di amalgamarlo agli altri ingredienti. Io li ho tolti ed è stato anche un po’ laborioso visto che durante la cottura tutti gli aghi di 
 rosmarino e le foglioline di timo si erano staccate dai rametti. Normalmente in questi casi io o li lego con uno spago da cucina o li chiudo in una garza.
Ero molto perplessa anche sulla quantità di cumino indicata, un cucchiaio mi sembrava eccessivo e quindi l’ho aggiunto gradatamente assaggiando per poi rendermi conto che insieme agli altri ingredienti, forse per la dolcezza dell’insieme, non solo non era una quantità eccessiva ma era anzi perfetta.
Mi ha piacevolmente sorpreso il modo in cui dice di trattare la pasta fillo. Il fatto di spennellare con uovo mischiato ad acqua ciascun foglio e poi la superficie, fa sì che la pasta non si secchi eccessivamente, che rimanga bella croccante e che nel chiudere ciascun pacchettino, i vari strati di pasta rimangano ben separati tra loro, dando poi quasi la sensazione, quando li si addenta, di una pasta sfoglia, senza però averne la pesantezza. Credo che utilizzerò questa tecnica anche per altre preparazioni.
La cottura della carne dà luogo ad un risultato fenomenale. L’agnello cuoce a lungo coperto d’acqua in forno a 180° sobbollendo leggermente. Il risultato è una carne tenera come il burro (le ossa si staccavano praticamente da sole) e succosissima.
Per quanto riguarda la quantità mi è parsa un po’ eccessiva, due baklava a testa secondo me sono troppi. Nonostante io abbia dimezzato le dosi, che quindi sarebbero dovute andar bene per due persone, erano perfette per quattro persone.

Il suggerimento di accompagnare i baklava con insalata e panna acida è assolutamente vincente, soprattutto la panna acida trovo che sia indispensabile per equilibrare i sapori.
Per tutto quanto sopra esposto, soprattutto per la facilità dell’esecuzione nonostante la complessità del risultato finale, non posso che dire che questa ricetta è assolutamente

PROMOSSA (a pieni voti)
E per finire una considerazione che non c’entra nulla con quelli che sono i parametri di giudizio dello Starbook - che mirano esclusivamente a stabilire se una ricetta è ben spiegata al punto da riuscire senza nessuna difficoltà - ma che riguarda esclusivamente l’aspetto per lo più soggettivo del gusto. Qualcuno si chiederà, come mi chiedevo io prima di assaggiare questo baklava un po’ particolare, che sapore possa avere un piatto del genere. Ebbene, posso solo dire che raramente ho mangiato in vita mia qualcosa che, secondo i miei gusti, potesse avvicinarsi alla perfezione come questo piatto. L’equilibrio incredibile dei sapori è particolarissimo e travolgente. In questi fagottini c’è tutto, il dolce, il salato, l’amaro, l’acido, la cremosità, la croccantezza, la freschezza, l’untuosità, non so neanche come descriverlo, quello che mi sento di suggerire a chi volesse replicarlo è di seguire alla lettera tutte le indicazioni dell’autore.
Perché questo è un piatto veramente da ristorante stellato e io, per una volta, mi sono sentita una vera chef.

Lasagnapazza