martedì 30 novembre 2021

OTTOLENGHI TEST KITCHEN- SHELF LOVE: TIRIAMO LE SOMME?

 

 

Qualche settimana fa, giusto all'inizio dello Starbook di Novembre, un nostro fedele lettore ci accusava, simpaticamente, di essere troppo di parte, con Ottolenghi. 

Inutile accampare scuse: ci dichiariamo colpevoli, vostro Onore- ma con alcune attenuanti. 

La prima, personalissima, è il debito di gratitudine che lo Starbooks ha con questo autore: eravamo agli inizi del progetto, quando lo abbiamo proposto al pubblico italiano e muovevamo passi ancora incerti sulla strada da percorrere. Proporre Ottolenghi, 12 anni fa, ad un pubblico che ancora ondeggiava fra le scatolette della Parodi e la fuffa stellata di Masterchef era stato un azzardo, ma non un bluff: lo conoscevamo da prima, avevamo provato la sua cucina, studiato il suo primo libro, eravamo talmente consapevoli della sua forza che non avevamo usato mezze misure, con i nostri lettori: "se fossi un editore italiano, venderei mia madre pur di comprare i diritti di questo libro", avevo scritto di Plenty, a suo tempo, a corollario di una carrellata di ricette non solo testate, ma soprattutto spiegate, ingrediente per ingrediente, tecnica per tecnica, perché tutti potessero godere di tutta la forza innovativa e geniale di questo allora giovane prodigio della scena culinaria mondiale.

Da quel momento, lo Starbooks è diventato adulto: Ottolenghi ci ha dato sostanza, ci ha dato fiducia, ci ha indicato una direzione che, per quanto nuova, a noi e al pubblico italiano, abbiamo sentito da subito e continuiamo ancora a sentire come nostra. E' la sua cucina, il criterio con cui selezioniamo i libri, è il suo l'orizzonte a cui tendiamo. E, visti i risultati, direi che un grazie sia il minimo che gli si possa tributare. 

La seconda attenuante, più oggettiva, è che quando si è di fronte a un fuoriclasse,i parametri di giudizio cambiano. Non nella direzione della benevolenza, però: dai Maradona, dai Messi, dai Ronaldo non ti aspetti solo che la buttino dentro. Vuoi una lezione di calcio, per tutti i 90 minuti più recupero e se non è così, torni a casa con l'amaro in bocca della delusione, anche se la classifica è migliorata. Con Simply, per esempio, siamo stati severissimi; Flavour non lo abbiamo neppure preso in considerazione, considerandolo troppo solipsistico e poco inclusivo. Logico, parafrasando Jim Morrison, se paragoniamo il primo allo stuolo di libri sulla cucina facile che sono usciti in questi anni, il confronto è esaltante, anzi: non c'è proprio storia. Ma noi lo abbiamo paragonato alla sua produzione, all'Ottolenghi al quale siamo abituati- e non gli abbiamo fatto nessunissimo sconto.

Questa premessa è necessaria perché quello che sto per scrivere, in questo Tiriamo le Somme, potrà forse sembrare esagerato, a chi capitasse qui per la prima volta. Tuttavia, così come non ci sono state esitazioni, la prima volta, non ce ne saranno neppure ora, in questa seconda volta che apre ufficialmente un nuovo capitolo nella produzione del nostro autore e che, in realtà, è il nuovo capitolo nella storia della cucina post Covid. Quella di cui tutti parlano e che Ottolenghi realizza, con il tocco magico che lo contraddistingue da sempre. 

Anche se fa male dirlo, la cucina di questo Ventennio non avrà nulla dell'opulenza sfacciata e fighetta degli anni precedenti. Uscire dalla pandemia si sta rivelando una faccenda complicata, molto più di quanto si potesse prevedere: e se, per fortuna, abbiamo smesso con le scorte compulsive, subito dopo Netflix è la dispensa piena, a darci sicurezza e conforto. Ma il problema più grande, quello che è sul tavolo di tutti i Governi del mondo, è quello delle energie: al di là di che cosa verrà deciso, dovremo abituarci ad una mensa più parca, non nel senso della quantità, ma in quello della varietà degli ingredienti. La scarsità di materie prime che fa tanta notizia qui in Gran Bretagna è, in realtà, un deficit comune a tutto il mondo occidentale e si accompagna ad una maturazione delle coscienze che ci porta ad escludere sempre più convintamente certi cibi a favore di altri. 

In poche parole, la cucina degli anni '20 del Terzo Millennio non sarà più basata sull'ingrediente, ma sull'inventiva- e sull'inventiva domestica, quella di chi vuol dire basta ai gastrofighettismi, a conti al ristorante che, prima che alla miseria, sono un insulto all'intelligenza della clientela, a km0 sfacciatamente predicati sotto strati di cachemire e pance piene, a ricette scelte sulla base dell'algoritmo di Instagram e non su quella delle pupille gustative e tutte quelle amenità da generazione viziata e arrogante che hanno segnato la comunicazione gastronomica di questi ultimi anni. 

Ottolenghi dice basta e lo fa nel modo che gli è proprio e che tanto amiamo: senza polemica e con il sorriso. La sua è una cucina di pace, di armonia, di un miracolo che si rinnova ad ogni ricetta, quando ingredienti assolutamente incompatibili trovano un punto di incontro, fra loro e con noi. Che siano scatolette, ortaggi poveri, spezie dimenticate sugli scaffali, tutto riprende vita, in queste ricette che però, per la prima volta nella sua produzione, aprono all'interscambio: non hai il cavolo?usa gli spinaci. Non hai lo zafferano? usa la curcuma- e via dicendo, in un pacato ma convinto procedere che, a poco a poco, ci accompagna in questo nuovo percorso, dalla lista della spesa a quella delle astuzie dell'intelligenza, sempre nel segno della scoperta, della inventiva, dell'eleganza. 

Non so se vi par poco: per noi, che stavamo annaspando da un po' fra le macerie di una bolla editoriale ormai scoppiata, fra un niente di nuovo e un troppo nuovo, aver trovato la linfa a cui attingere è sinonimo di quella energia rinnovata di cui avevamo bisogno. E' una luce diversa, quella accesa da Ottolenghi, ma è una luce che illumina tratti di strada ancora da esplorare: e noi siamo pronti a ripartire, dopo la pausa che ci prendiamo a Dicembre, sperando di trovarvi altrettanto entusiasti e carichi come lo saremo noi. 

Al 2022, per un nuovo Starbook!



21 commenti:

  1. Dopo la seconda ricetta pubblicata, sono corsa a comprare il libro. Credo che non rimpiangerò mai l'acquisto (come tutti gli altri libri di Ottolenghi). Grazie per il vostro impegno e la vostra obiettività! Buone feste e fateci sognare nuovamente con l'arrivo del prossimo anno!

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  2. Grazie Ale per questa splendida recensione e grazie a tutto il team per regalarci sempre delle emozioni
    Io come potrai immaginare mi ci rivedo proprio in questo libro, non per la sua genialità delle ricette e abbinamenti, ma per il messaggio che trasmette di cucinare con un po' di inventiva. Che poi non è altro la cucina con cui siamo cresciute, quanti piatti sono nati da pochi ingredienti ma ben armonizzati. Ottolenghi ci insegna a tornare a cucinare con passione per il cibo per il gusto di farlo e non solo per l'ingrediente "trendy"
    Grazie Manu

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    1. e di farlo alla Ottolenghi. Lui ci mette sempre del suo- ed è per questo che gli vogliamo cosi bene.
      Grazie!

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  3. Comprato ben prima di queste considerazioni. Io sono la regina delle sostituzioni e modifiche in corso d'opera, per questo mi è impossibile fare questo vostro lavoro di test! Grazie, siete un team stupendo! Vitto

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  4. Cara Ale, oggi tra un cavolo nero e un mazzo di spinaci hai raggiunto vette di lirismo nuove, ispirate di certo da un Ottolenghi che con questo libro ha portato l'inventiva a nuovi livelli di gusto e soprattutto di consapevolezza.
    Le Desperate Housewives di tutti i tempi hanno sempre fatto i conti con la disponibilità di dispensa e portafoglio, e se proprio devo trovare qualcosa di positivo in questa terribile pandemia, è proprio il ritorno all'essenziale a cui ci ha costretti. Essenziale spirituale e anche materiale: non più acciughe del Cantabrico o morte, ma apriamo la dispensa e la mente, e se i viaggi non ci sono consentiti, le avventure del palato sono lì ad attenderci e a sorprenderci con abbinamenti nuovi e mai banali.
    Questo libro mi ha ridato un entusiasmo che avevo perso da un bel po', ed insieme a Falastin si è piazzato nella mia cucina in pianta stabile, pronto per essere consultato e per prendere nuovi spunti.
    Mi auguro che i libri del prossimo anno ci diano la stessa carica!
    Un abbraccio.

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    1. anche a me. mio marito ringrazia, visto che se si è ricominciato a mangiare qualcosa di leggermente più cucinato è grazie a questo Starbooks :)
      Sul resto, sempre troppo buona

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  5. State leggendo in questo libro una conversione alla lateral kitcken? io, sforzandomi,non vedo la novità. IL tema delle sostituzioni è da anni nella penna di Ottolenghi.
    complimenti al team di Starbooks

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    1. Adoriamo Niki Segnit, ma rispetto a Ottolenghi lei si fida di più dei suoi lettori: vi insegno a camminare e poi andate con le vostre gambe, è quello che dice nella lateral kitchen (tant'è che il promo parlava di "infinite elaborazioni"). Ottolenghi e l'infinito non vanno d'accordo: le sostituzioni sono sempre rigorose (se ci sono: in Flavour ha avuto un approccio quasi rigido) e sono soprattutto sempre "nel segno di Yotam". Difficilmente un suo piatto potrebbe essere di chiunque altro. E' questo quello che insegna in questo libro: a cucinare più liberamente, ma senza mai tradire il suo stile. Il che, se ci pensi, è un bell'assist anche per tutti gli altri food writer: lui mostra una strada che chiunque può percorrere, lasciando la propria impronta. Vedremo cosa succederà :)

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  6. Accidenti, questo non è un Tiriamo le somme è un trattato di sociologia che mi trova peraltro d'accordo su tutto, davvero tanta roba complimenti. Certo, non so cosa darei per ascoltare i commenti del gastrofighetto di turno quando Ottolenghi dice di sostituire lo zafferano (rigorosamente in stimmi, rigorosamente di Navelli e rigorosamente raccolto in una notte di luna calante) con la curcuma. Del resto come ben dici, troppo cachemire fa perdere il senso della realtà. Un abbraccio AlbertoMassimo
    P.S. Ho visto che l'Inter della presentazione del libro ha stimolato accostamenti calcistici...:-)

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    1. Appena ho letto Inter ho pensato: speriamo che non arrivi la Mapi, che la neroazzurra è lei :) grazie anche per tutto il resto, questo Tiriamo le Somme è frutto della riflessione successiva al tuo commento. Tre settimane che ci penso, hai voglia a scrivere il trattato 🙂🙂🙂🙂🙂

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    2. Ahahahah, muoio!
      Alberto Massimo, sappi che ti adoro!!! :-D

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  7. Bravissime, vi seguo e vi ammiro e a volte rifaccio anche qualche ricetta, sempre superiore alle mie aspettative che con le spezie orientali non ci andavo molto d'accordo. Adesso piano piano con il fantastico Ottolenghi comincio ad apprezzare! Buone vacanze e ci rivedremo senz'altro ad anno nuovo!!! Irene

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    1. Grazie Irene! Ma perché non partecipi al Redone? Se non hai un blog basta che ci mandi ricetta, foto e giudizio critico alla casella di posta e ti pubblichiamo noi!
      Pensaci, dai! :-)))

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    2. c'è anche un ometto in questo Team di Grandiose e beautiful Girls...so che sono in minoria, ma visto che desideriamo tutti l'eguaglianza, mi prendo lo stesso il tuo complimento! ciao!

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  8. Ho scoperto Ottolenghi proprio grazie a voi, nel lontano 2012 o 2013, non ricordo. Il libro in esame era Jerusalem, che mi affrettai a comprare nonostante all'epoca non mi avvicinassi ai fornelli se non in casi eccezionali.

    La bellezza estetica di quel libro mi conquistò, e col mio entusiasmo contagiai un paio di amiche (loro sì, ottime cuoche: soprattutto una). Era un entusiasmo sincero. Era anche basato più sull'autoconvincimento che sulla pratica.

    Quando mi sono ritrovata più stabilmente in cucina, il mio rapporto con Ottolenghi ha iniziato ad incrinarsi. Quei piatti stupendi che proponeva si rivelavano una corsa ad ostacoli tra ingredienti che in casa mia non solo non si usavano (mia madre non ha neanche il pepe nero, perché le dà fastidio: figuriamoci tutto il resto), ma neanche si trovavano facilmente in giro. Avevo messo in conto che certi procedimenti fossero fuori dalla mia portata di esordiente: ma qui il problema era un altro. Qui mi scoraggiava già la lista degli ingredienti.

    Quando sono andata a vivere col mio ragazzo, e mi sono ritrovata padrona della cucina con onori ed oneri che ne conseguono, la situazione non è particolarmente migliorata. Sì, ora avevo un cassettino delle spezie che cresceva stabilmente (il ragazzo adora il piccante: quando gli ho raccontato la storia del pepe nero quasi sveniva); ora facevo la mia spesa e potevo scegliere gli ingredienti.

    Ma proprio perché facevo la spesa, e vedevo i prezzi; proprio perché dovevo cucinare tutti i giorni, due volte al giorno, per dovere oltre che per piacere, Ottolenghi continuava a sembrarmi proibitivo. Non dubitavo e non dubito che avesse le sue ragioni per proporre ingredienti come la melassa di melograno o lo zhoug, o il grasso d'oca: dal punto di vista della fedeltà ai prodotti locali, è una scelta ineccepibile. Solo che io voglio una ricetta che sia al servizio della mia spesa, non viceversa: e se un prodotto non si trova in uno dei supermercati più grandi della mia città, piccoletta ma pur sempre capoluogo di regione, allora non fa per me.

    A questo si aggiungeva un ulteriore fattore di sconforto: la sensazione (confermata da alcune prove culinarie che ho fatto) che se avessi omesso o sostituito un ingrediente, il risultato finale non sarebbe stato lo stesso, perché le ricette sono pensate nei minimi dettagli, e non tollerano molta approssimazione. Come ho scritto in un altro commento qui, questo approccio mi piace molto quando mangio; e non mi piace affatto quando cucino.

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    1. Tutto questo per dire che a un certo punto mi sentivo un po' a disagio ogni volta che sentivo nominare Ottolenghi (il che avviene praticamente sempre con toni entusiasti, non solo qui). Mi sentivo come se tutti parlassero di un tramonto stupendo che io vedevo in bianco e nero.

      Da "Jerusalem", che mi era sembrato così bello quando lo usavo come libro da salotto, in 8 anni ho fatto forse dieci ricette (ed alcune mi hanno portato via un sacco di tempo a fronte di un risultato così così – sì, "burnt eggplants & mograbieh soup", ce l'ho con te).

      Quando avete iniziato a testare "Shelf Love", quindi, ero più che scettica: ero disincantata. Non credevo avrei riprodotto le ricette e non credevo che mi sarei interessata al libro.

      Be': in un mese (non otto anni) ho già fatto due volte la ricetta dei ceci e pomodori al forno (e voglio riprovarla quest'estate coi pomodori di stagione, perché quelli di serra sono tutti acqua e secondo me la ricetta ne risente) ed ho fatto la pie di cavolfiore al curry proposta da Patrizia (che mi è piaciuta tantissimo). E siccome quest'ultima è venuta anche utilizzando la senape Calvé e l'emmenthal, quasi quasi provo a fare anche la Strata con alcune modifiche, e speriamo bene. E quando le melanzane saranno di stagione farò sicuramente il dip proposto da Mapi.

      Per ora non ho comprato il libro, ma mi è venuta voglia di farlo e non lo credevo possibile. Insomma, magari tra me e Yotam non è proprio scoppiato l'amore, ma siamo decisamente sulla via della riconciliazione.

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    2. non lasciare da parte la sezione dolci, allora, Camilla, mi permetto di dirti, con le banane al miso e al riso tostato... sono una cosa dell'altro mondo, come ho avuto modo di scrivere su queste pagine virtuali. Un abbraccio!

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    3. Ottima cosa :) e visto che poi si tratta del primo libro di una trilogia, chissà che questo primo passo non si trasformi nell'amore incondizionato che proviamo noi ;)

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  9. Cara Camilla, ti confesso che questo tuo "coming out" mi ha fatto molta tenerezza. E' verissimo che Jerusalem conquista già dal punto di vista estetico; è anche vero che a certi sapori occorre abituare il palato, e se sei cresciuta in una casa dove non entrava neppure il pepe, è chiaro che qui parti svantaggiata. Quella delle spezie è un'avventura che inizia quando cominci ad assaggiarle e termina con la tua vita; nel mezzo ci stanno prove e sperimentazioni. Io ad esempio non ho mai amato il cumino, eppure, come hai detto giustamente tu, le sostituzioni con queste ricette non funzionano, specialmente se non conosciamo un certo numero di sapori di base. Come ho fatto? Ho cominciato riducendo del 75% le quantità proposte nella ricetta. La dose era di un cucchiaino? Io ne mettevo un quarto di cucchiaino. Perché se c'è una cosa di cui mi sono resa conto subito, era che senza il cumino in quel piatto mancava qualcosa. Ci ho messo 10 anni per abituarmi, e se adesso uso quasi sempre la dose piena di cumino prevista, è proprio grazie a questo graduale addomesticamento del palato. In questa avventura mi sono buttata con entusiasmo (amo il piccante e i sapori speziati) e mi sono aiutata anche con dei libri (il mio libro di riferimento è La scienza delle spezie di Stuart Farrimond, che indica le componenti aromatiche di ciascuna spezia e come controbilanciarle o esaltarle, usando altre spezie che contengono le stesse sostanze).
    Poi può capitare che una ricetta non ti piaccia e basta: ci sta, siamo tutti diversi e ognuno di noi ha i propri gusti. Ad esempio di questo libro una ricetta non mi è piaciuta, quella del salmone con la salsa tahini. Significa che la ricetta non è buona? No, significa che per il mio palato non va bene. E' stata comunque un'esperienza positiva, ho imparato che per me la tahina con salmone e spinaci non funziona.

    Poi tu accenni al costo delle spezie e alla loro scarsa reperibilità: questo era sicuramente vero 10 o 12 anni fa, ma da allora lo scaffale delle spezie degli ipermercati si è ampliato parecchio: in quello dietro casa mia io trovo sette o otto varietà di pepe, dal cubebe al pepe lungo. Spezie costose, è vero; è anche vero che non se ne usano quantità ingenti. Basta cominciare con un corredo base, fatto dalle spezie che si usano più frequentemente, e cominciare a sviluppare il proprio gusto da lì. E qual è il corredo base? Quello delle ricette che ti sono piaciute di più e che sei invogliata a preparare più spesso. Per me sono cumino, coriandolo, All Spice, pepe nero, cannella, anice, noce moscata, chiodi di garofano, curcuma, paprika (dolce, forte e affumicata) e peperoncino. Io poi, al supermercato preferisco i negozi etnici: di recente ne ha aperto uno vicino casa mia, e lì trovo le spezie in sacchetti di 200 g, molto più economiche dei vasetti da 30 g del supermercato, e soprattutto molto più fresche e profumate (sono le stesse marche che ho trovato a Singapore). In alternativa, mi rivolgo all'on line (non necessariamente Amazon: c'è anche lespezie.net o tuttelespeziedelmondo.it), dove trovo ottime spezie a buon prezzo.

    In sostanza, adesso che hai cominciato ad apprezzare certi sapori, prova a lanciarti e a capire che cosa ti piace e cosa no; prova ad addomesticare il tuo palato a nuovi sapori, e vedrai che nel giro di qualche anno acquisirai una sicurezza e una scioltezza che mai avresti immaginato prima. Soprattutto, accostati alla cucina con leggerezza, come a una cosa che diverte, un'avventura del gusto sempre nuova e sorprendente.

    Un abbraccio e... tienici informati sui tuoi progressi!

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