martedì 30 aprile 2019

THE MODERN COOK'S YEAR - TIRIAMO LE SOMME?


Una manciata di anni fa, quando ancora imperava la polemica fra giornalisti e foodblogger, ero stata invitata a partecipare ad un evento loro riservato, ufficialmente per fare un passo avanti sulla strada della comprensione, ufficiosamente per partecipare a una gara al massacro, con la sottoscritta al posto del bersaglio. 
Fra le cose che mi avevano contestato c'era stata quella dei modelli di scrittura. 
Avevo sostenuto, infatti (e lo sostengo ancora) che la scrittura dei food blogger italiani aveva una matrice chiaramente anglosassone. Anthony Bourdain, Ruth Reichl, Nigella Lawson, Nigel Slater erano i nomi più ricorrenti, , Jonathan Gold, Craig Claiborne, Michael Pollon e molti altri quelli per i più maniaci o per gli addetti ai lavori. 
Che poi i food blogger italiani in larga maggioranza non sapessero scrivere di cibo e, in larghissima maggioranza, non sapessero nemmeno scrivere questa era un'altra faccenda che,ai tempi,  discutevo con passione dalle pagine del mio blog. Tant'è che, all'epoca, mentre difendevo a spada tratta la categoria, brividi di paura mi scendevano lungo la schiena, al pensiero che sarebbe bastato aprire un blog a caso e leggere il primo paragrafo, se non la prima frase, se non addirittura il titolo per smontare le mie teorie, senza lasciarmi neppure l'onore della resa. 
La strategia, però, era quella di andare dritti al cuore del problema, vedere la reazione e poi, da lì, capire come andare avanti. 
Col senno di poi, avrei dovuto studiare meglio i testi sacri, dall'Arte della Guerra ai diari di Rommel: non solo ero andata a parlare di corda in casa dell'impiccato, ma avevo anche sostenuto impavidamente che bisognava impiccarsi con le corde della concorrenza- per giunta su un tema come il cibo. 
Come dire, pazienza se avessi citato i Francesi. 
Ma Britannici e Statunitensi, quella era un'offesa cosmica. 
La reazione, ahimè, fu un rosario di nomi italiani. 
E Veronelli, e Carnacina, e Soldati e Bonaccorsi e via dicendo 
(via dicendo non è il nome di un giornalista gastronomico italiano). 
Li abbiamo avuti anche noi- sostenvano- è che voi (foodblogger) non li conoscete. 
Il che è verissimo, se non fosse per un piccolo dettaglio. 
E cioè, per esempio, che la sottoscritta ha dovuto penare anni per recuperare sulle bancarelle dell'usato i suddetti ed altri autori e, in qualche caso, mi son dovuta arrendere (Gianni Brera, per esempio): i loro volumi, sgualciti, macchiati e con un puzzo di cantina umida che offende le narici ogni volta che li apro sono stati per anni accanto alle nuove edizioni dei libri degli autori stranieri appena citati, lucide, nuove, profumate,  oltre agli annuari dei migliori articoli di cibo, pubblicati regolarmente negli USA. 
Perchè, vedete, se si vuol conservare la memoria di qualcosa l'unico modo  è mantenerne vivo il ricordo. E su  questo, purtroppo, noi Italiani ancora abbiamo da imparare. 
Quando mi sono laureata, più di 30 ani fa, scegliendo il cibo come argomento della mia tesi di laurea, ero una mosca bianca e una delle tante lamentele nella mia carriera da insegnante riguardava proprio il vuoto assoluto legato a questo argomento negli studi di Storia prima e di Italiano poi. Possibile?, mi chiedevo da studente prima e da insegnate poi- Possibile che su un argomento su cui dovremmo aver speso fiumi di inchiostro, rivendicando paternità legittime e ruoli di assoluto dominio, non si sia scritta una riga? Possibile che la nostra cultura in materia di cibo sia affidata ancora alle mani delle mamme e delle nonne e manchino studi che diano un fondamento alle ricette, che ne spieghino la storia e lo spessore? Possibile che non ci siano tracce di una cultura ultramillenaria, che ci appartiene in modo cosi esclusivo da aver plasmato il nostro stile di vita?
Possibile si, anzi, dolorosamente vero. 
Tanto che se i libri di cucina italiani di questi ultimi anni- e qui arrivo al punto- sono cosi deboli e cosi impersonali, il motivo è proprio questo. 
Che chi di dovere (programmi scolastici, giornalisti, editoria) non ha saputo coltivare la nostra memoria in merito di cibo. 
Lo hanno fatto e continuano a farlo gli Anglosassoni, con il risultato che la loro scuola sforna talenti, ogni anno. Nessuno di loro è un prodotto totalmente nuovo, ma tutti hanno le spalle sufficientemente coperte da poter osare qualcosa di nuovo. Sono questi gli eredi di Nigella, di Ottolenghi, di Jamie Oliver- e Anna Jones è di sicuro la più brillante di tutti. 
Eravamo scettici, all'inizio, un po' infastiditi da quel "modern" così ostentato nelle copertine dei suoi libri, quasi che suonasse come una sbruffonata giovanile, quelle che abbiamo perdonato ad un irresistibile Jamie e a lui solo. 
In realtà, ci siamo dovute ricredere e proprio nell'ottica di questa eredità che le permette di imporre la sua personalità, in un patrimonio genetico ben riconoscibile. Pensate a un figlio, che porta in sè i tratti dei genitori ma riesce comunque a sviluppare una personalità propria ed avrete il ritratto di Anna Jones e dei suoi libri: una ventata di giovinezza, una nuova primavera, un rigoglioso fiorire di teneri boccioli su un albero che trae la sua forza dalle radici, ben piantate nel terreno, una voce nuova, nella quale risuonano echi antichi, di voci amiche. 
Consigliatissimo, insomma.

lunedì 29 aprile 2019

STARBOOKS REDONE DI APRILE 2019: IL VINCITORE!


Si conclude anche questo Starbooks Redone di Aprile, come al solito ringraziamo tutti i partecipanti.
Qualcuno è un vero affezionato di questo appuntamento, quindi doppio grazie ;)
Ma al solito bando alle ciance ed il vincitore è....

di Le mie avventure in cucina e non



Dalla vincitrice  aspettiamo l'indirizzo alla mail lostarbook@gmail.com per l'invio del gadget Starbook.
E per tutti gli amici dello Starbooks, vi aspettiamo tra pochi giorni per il prossimo giro con il Redone di Maggio.

mercoledì 24 aprile 2019

EASTER EGG AND SPRING VEG TART

Mi sento sempre un po' a disagio a svelare certe mie manie in particolare sul cibo e so già che oggi mi attirerò l'inimicizia di molti: devo ammettere di essere un po' snob sulla pasta sfoglia.
La realtà è che ogni volta che su qualche buffet vedo queste torte salate in gusci di pasta sfoglia, nella maggior parte dei casi sofferenti di cotture mal fatte, bordi sbruciacchiati e basi crude, mi parte una malinconia senza limiti.
Così come mi hanno sempre fatto tristezza i Vol au vent, i finti strudel, i panzerotti, le cazzatine arrotolate intorno ai wurstel o imbiancate di parmigiano, ecc. ecc. ecc, preparati con prodotti immangiabili, che ti scialbano il palato di grasso non ben identificato ma che fanno la felicità di massaie senza fantasia.
La pasta sfoglia purtroppo mi fa tanto "anni ottanta" e da quando ho scoperto che una sfogliatura fatta in casa non ha nulla a che vedere, neanche una briciola, con ciò che ci propina la grande distribuzione, ho smesso di comprarla e anche di mangiarla.
Già, lo sapevo. "E perché cavolo ti sei scelta questa ricetta allora?".
Beh, perché è lo Starbooks baby!
Avevo voglia di capire se inserire la ricetta di una tart sfogliata con uova e verdure in un libro che celebra l'Anno del Cuoco Moderno, fosse veramente moderna come l'autrice vuole farci credere.

Ingredienti per 4 persone 
5 uova biologiche fredde di frigo
320 g di pasta sfoglia
8 cipollotti tritati
6 zucchine novelle tagliate a metà sulla lunghezza
olio d'oliva
100 g di favette sgusciate (400 g nel baccello)
200 g di crème fraiche (panna acida)
2 cucchiai di senape di Digione
1 limone non trattato

Per rifinire 
Erbe aromatiche fresche (erba cipollina, prezzemolo, cerfoglio, dragoncello), nocciole tostate e sminuzzate.

Preriscaldate il forno a 220°. Rompete una delle uova in una ciotolina con un bel pizzico di sale, sbattete e lasciate da parte. Riempite d'acqua il bollitore e portate a bollore.
Sistemate la pasta sfoglia su una teglia fredda e stendetela della dimensione un po' più grande di un foglio A4, quindi tagliate una striscia di  1 cm di spessore da ogni lato e mettete da parte.
Lavorando velocemente, bucherellate la base della sfoglia con una forchetta quindi spennellate bene con l'uovo. Sistemate le strisce di pasta lungo ogni lato formando dei bordi rialzati che possano mantenere il ripieno sulla torta. Lucidate con l'uovo anche i bordi.
Mettete i cipollotti e le zucchine novelle su una teglia, cospargeteli di olio e condite con sale e pepe.
Cuocete contemporaneamente alla pasta per 20/25 minuti fino a che le verdure non siano dorate e la sfoglia bella croccante.
Nello stesso tempo, versate l'acqua bollente sulle fave e lasciatela raffreddare, quindi sgusciate le fave dalla propria pellicina. Se trovate delle favette piccole, probabilmente non avrete bisogno di fare questo.
Non appena la sfoglia esce dal forno, pressate il centro del rettangolo sulla base (che si sarà gonfiato un po') lasciando un bel bordo intorno ai lati.
Mescolate la creme fraiche con la senape ed un pizzico di sale e pepe e spalmatela su tutta la superficie croccante avvicinandovi ai bordi.
Sistemate le zucchine, i cipollotti lasciando 4 piccoli spazi dove andrete a sistemare le uova. Fermatevi qui se volete preparare la tart in anticipo, quindi copritela e mettetela in frigo.
Quando sarete pronti a servire a tavola, togliete le uova dal frigo e con molta attenzione, rompetene ognuna dentro una ciotolina.
Quando un uovo invecchia, parte del suo albume diventa acquoso e dovremo eliminare questa parte lasciando solo la sua parte più fresca.  Questo significa che l'albume manterrà la sua forma durante la cottura senza colare lungo tutta la tart.
Versa il primo uovo nella tua mano a coppa con le dita chiuse e lascia colare via solo la parte acquosa. Con delicatezza sistema l'uovo in uno degli spazi e ripeti lo stesso per gli altri 3, quindi spargi le favette e cuoci per 15/20 minuti fino a che i bianchi non siano cotti e i tuorli ancora leggermente morbidi.
Rimuovete la tart dal forno, grattugiatevi sopra la scorza del limone e spargetevi sopra le erbe e le nocciole.

NOTE PERSONALI
  • Nell'introduzione la nostra Anna Jones fa una premessa che mi fa intuire che forse in qualche maniera la pensi come me circa l'uso della pasta sfoglia industriale: se proprio non avete tempo di farvela in casa, cercate la migliore in commercio, magari quella congelata in larghi panetti da stendere poi da soli. Io ho fatto così. 
  • La novità di questa torta sta nella doppia cottura: la prima per ottenere una base super croccante con bordi belli gonfi, che è ciò che ci si dovrebbe aspettare quando si mangia una torta rustica. Il secondo passaggio è per la cottura delle uova, che non pregiudica la prima cottura, anzi, aiuta a rassodare un po' la creme fraiche che comunque mantiene la sua texture cremosa e fa fondere i sapori.  
  • Non si tratta della solita tart che prevede un "appareil", ovvero una farcitura liquida che si addensa in cottura tenendo insieme tutti gli ingredienti e la sensazione può essere quella di mangiare qualcosa di troppo asciutto: mai idea fu più sbagliata. Una volta pronta, vi troverete sul piatto una fetta di tart croccante, che non si piega sotto il peso della farcitura e che al morso risulterà piena, friabile, cremosa, fresca grazie al tocco della creme fraiche e croccante per le verdure ancora al dente. L'idea di mischiare la creme fraiche con senape di Digione è favolosa: la spinta di sapore è intensa e ben si bilancia con la delicatezza delle verdure. 
  • Ammetto di essere partita prevenuta ma non c'è nulla di più bello quando il risultato ti fa cambiare completamente idea con entusiasmo: credo che se in futuro dovrò preparare delle torte rustiche con verdure, utilizzando la sfoglia, mi affiderò a questa modalità, per altro estremamente versatile come la Jones afferma, basta scegliere le giuste verdure di stagione. In casa sua risulta essere la super favorita di Pasqua, ma vista l'accoglienza del mio critico più importante, che in un attimo se n'è spazzolata metà mugolando "ma buona, ma buona" con la bocca piena, credo che lo sarà anche per me. E' chiaro che non posso che dire:
PROMOSSA A PIENI VOTI


venerdì 19 aprile 2019

GREEN BAKED EGGS




Quando ho sfogliato il libro di Anna Jones, sono state diverse le ricette che a prima vista mi hanno incuriosita. Del resto però, ho un debole per le uova. Perciò, quando ho visto queste uova cotte in forno in mezzo a tante verdure di primavera al profumo di zafferano, ho capito di aver trovato la ricetta che avrei voluto testare.
Nell'introduzione alla ricetta, l'autrice definisce questo come un piatto perfetto per un brunch di fine primavera. 
E come darle torto? E' sostanzioso, gustoso ma tutto sommato leggero.
 
 

GREEN BAKED EGGS
per 4 persone

4-5 scalogni
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
600 g di zucchine tagliate a rondelle
2 spicchi di aglio tritati
2 cespi di cavolo novello affettato finemente (vedi note - io ho utilizzato cavolini di Bruxelles)
4 cuori di carciofo in salamoia, tagliati a metà (o anche freschi, vedi note)
Un pizzico di zafferano sciolto in 50 ml di acqua bollente
1 cucchiaio di aceto di sidro di mele
4-6 uova, a seconda della fame che avete
Sale

Per servire:
Un mazzetto di menta
Un mazzetto di prezzemolo
Yogurt
Peperoncino in scaglie
 
 
Preriscaldate il forno a 220° o 200° se ventilato.
Pelate gli scalogni, quindi tagliateli in quattro parti nel senso della lunghezza. Scaldate l'olio in una padella piuttosto capiente e dal fondo spesso, che poi possa andare in forno. Aggiungete gli scalogni, un bel pizzico di sale e fate rosolare bene su fuoco medio.
Quando gli scalogni saranno morbidi metteteli da una parte e aggiungete in padella le zucchine e l'aglio. Cuocete per qualche minuto finché le zucchine non inizieranno a dorarsi. A seconda della grandezza della padella, potreste dover fare questa operazione in due o tre riprese, per assicurarvi che le zucchine non si sovrappongano.
Aggiungete quindi il cavolo novello, i carciofi, l'acqua in cui avrete sciolto lo zafferano, l'aceto di sidro di mele e un altro pizzico di sale. Cuocete per un minuto o due, finché i cavoli non saranno appassiti, quindi trasferite la padella in forno. Cuocete le verdure per 15 minuti finché le zucchine e gli scalogni non saranno morbidi e ben dorati, quindi rimuovete la padella dal forno.
Ponete la padella sul fuoco per tre minuti, per far ridurre l'eventuale liquido in eccesso (io non ne ho avuto bisogno, non c'era affatto liquido), quindi fate 4, 5 o 6 "fossette" e in ciascuna sgusciatevi un uovo. Rimettete la padella in forno per 7-8 minuti, finché l'albume non sarà rappreso e il tuorlo ancora liquido.
Servite le verdure con le uova cosparse di prezzemolo e foglie di menta e, volendo, una cucchiaiata di yogurt e un pizzico di peperoncino in scaglie.

NOTE:
 
- Riguardo la verdura utilizzata, non avendo trovato il cavolo novello, facendo parte della stessa famiglia ho optato per dei cavolini di Bruxelles, che devo dire hanno fatto la loro figura. Ne ho aggiunti alcuni sfogliati, altri a fettine.

- L'autrice dice che si possono utilizzare carciofi in salamoia o freschi. Io ho usato i freschi, essendo di stagione e vivendo nella patria del carciofo romanesco. Come consiglia anche la Jones, in caso di carciofi freschi dategli una sbollentata di 10 minuti prima di aggiungerli al resto delle verdure, altrimenti non si troveranno con la cottura.
 
- Non amo l'aceto e lo evito come la peste, ma mi sono fidata e l'ho aggiunto. Ha dato alle verdure un leggero retrogusto acidulato e una dolcezza che alla fine erano molto piacevoli al palato.

- Lo zafferano non l'ho percepito molto, onestamente. Ha dato colore, ovvio, ma non saprei dire se abbia cambiato qualcosa in termini di gusto. Forse ne ho messo io troppo poco, avendo paura di esagerare.
 
- Con queste dosi ci mangiano tranquillamente 3-4 persone. Come detto anche dall'autrice, il numero di uova utilizzato dipende da voi e da quante uova a testa mangeranno i vostri commensali.
 
- La ricetta è semplice ma gustosa e le verdure sono ottime anche fredde.
 
- Un consiglio: non stracuocete le uova, ma toglietele dal forno quando l'albume sarà ancora poco rappreso. Continueranno a cuocersi ma il tuorlo resterà liquido e alla fine si fonderà meravigliosamente alle verdure.

E visto che anche il Fred Flinstone di casa si è leccato i baffi, la ricetta è naturalmente

PROMOSSA
 
 

giovedì 18 aprile 2019

TURMERIC AND COCONUT BAKED ALOO GOBI



Il curry di cavolfiore e patate è uno di quelli più consumati in India e anche fuori dall'India. Le versioni sono davvero tante, forse infinite... Se frequentate ristoranti indiani, avrete sicuramente letto nel menu questa proposta.
L'interpretazione di questa ricetta da parte di Anna Jones, l'autrice del libro Starbooks del mese, si caratterizza soprattutto per la scelta di utilizzare il latte di cocco, ingrediente per cui ho una fissazione in questo periodo!
La scelta di provare questa  ricetta, letti anche gli altri ingredienti, è stata semplice ;)
Rispetto alla maggior parte delle ricette che ho trovato nella mia ricerca, quella della Jones si differenzia (oltre che per il latte di cocco), per la cottura in forno e per l'assenza di cipolle e pomodoro.

La ricetta di oggi, è il modo in cui l'autrice preferisce mangiare il cavolfiore: chissà se lo diventerà anche per voi...

Turmeric and coconut baked Aloo Gobi

Ingredienti per 4 persone

1 cavolfiore grande o due piccoli
600 g di patate con la buccia, lavate (per me sode a pasta gialla, non farinose)
4 cucchiai di olio di cocco
un pezzo di zenzero, grande come un pollice, pelato
4 peperoncini verdi, tritati finemente
4 spicchi d'aglio schiacciati 
1 cucchiaio da tavola di semi di senape nera
2 cucchiaini da tè di curcuma in polvere
400 ml di latte di cocco
1 limone, non trattato, tagliato a metà

Per servire

yogurt greco denso o yogurt di latte di cocco
mandorle
le foglie di un piccolo mazzetto di coriandolo 


Preriscaldare il forno a 220°C. Portare ad ebollizione dell'acqua in un bollitore. Eliminare le foglie e le parti di gambo più grandi, con l'aiuto di forbici da cucina. Le foglie più piccole vicino alle cime si possono lasciare, risulteranno piacevolmente croccanti dopo la cottura in forno. Capovolgere il cavolfiore e, con l'aiuto di un piccolo coltello, creare un cavità al centro del gambo, con delicatezza. In questo modo cuocerà uniformemente. Riempire a metà con l'acqua del bollitore, una pentola abbastanza capiente da contenere il cavolfiore. Portare al bollore, salare, immergere il cavolfiore e cuocerlo per 6 minuti. Scolare l'acqua, rimettere il coperchio e spegnere il fuoco. Lasciare che il cavolfiore continui a cuocere al vapore per altri 10 minuti. Nel frattempo, tagliare le patate in pezzi di 2 cm, lasciando la buccia.
Prendere una teglia da forno in grado di contenere il cavolfiore. Se si può utilizzare anche sul fuoco meglio ancora. Mettere l'olio di cocco nella teglia, aggiungere lo zenzero grattugiato, i peperoncini e l'aglio, poi cuocere su fuoco medio per pochi minuti, in modo che gli aromi possano sprigionare i loro profumi. Unire i semi di senape e cuocere finché l'aglio non si sarà ammorbidito. quindi unire la curcuma e un pizzico di sale.
Versare il latte di cocco nel mix di spezie, mescolare bene ed unire un po' di pepe nero. Quando il latte inizierà a formare le bolle, togliere dal fuoco e aggiungere il cavolfiore, versandoci sopra il mix di latte e spezie. Aggiungere il limone e sparpagliare le patate intorno al cavolfiore.
Infornare e cuocere per 40-45 minuti, irrorando ogni tanto il cavolfiore con la salsa. Verificare la cottura di cavolfiore e patate, che dovranno risultare teneri inserendoci la lama di un coltello e dovranno aver assorbito la maggior parte della salsa. Sfornare e trasferire su un piatto di portata, quindi spremere i limoni arrostiti sopra alla preparazione. Servire con piccole ciotole di yogurt, mandorle e coriandolo.

Note personali

- ricetta semplice nella preparazione, anche se io ho esagerato con il coltello nel tagliare la base del cavolfiore che si è in parte aperto. Questo ha influito solo sull'estetica finale della preparazione, non certo sul quello al palato

- trovo che sia più semplice utilizzare un padellino per la cottura iniziale di spezie, aromi e latte di cocco, perché sarà poi più pratico versare il mix sopra al cavolfiore prima di infornarlo

- non ho trovato i semi di senape nera, così ho utilizzato quelli di senape bianca che avevo in casa

- il limone che ho utilizzato io era molto grande e no usato solo metà

- non pensate di non spremere il limone a completamento del piatto, perché è il tocco finale perfetto in questa preparazione; provate ad assaggiarne un po' senza e poi con: capirete cosa intendo ;)

- io mi sono innamorata di questo ricetta, mio marito non ha gradito molto la nota dolce del latte di cocco (che non ama), anche se era perfettamente equilibrata da quelle piccanti e aspre degli altri ingredienti.


La ricetta è assolutamente:


PROMOSSA!!!

mercoledì 17 aprile 2019

BAY AND LEMON LACED CREME CARAMEL

Amo il crème caramel.
Sono noiosa e forse anche un po' prevedibile ma le creme addensate servite in coppa o capovolte sul piatto sono la mia passione e nel contempo, ragione di cocenti delusioni.
Perché non resisto ad un menù in cui vedo scritto "crème brulée" o "crema catalana" o "crème caramel" finendo inevitabilmente per ordinare qualcosa che so già in partenza, sarà fonte di successiva arrabbiatura.
Un crème caramel fatto bene è una poesia, velluto dolce avvolto da sfrontata imprevista amarezza, che una volta finito, ti scatena la vergognosa tentazione di appiccicare la faccia sul piattino per raccogliere con la lingua anche l'ultima goccia del suo nettare caramelloso.
Ecco perché sono sempre curiosa di provarne nuove versioni, abbiate pazienza.
La pensa come me anche l'autrice, che dichiara appassionatamente il suo amore per questa sua creazione, del suo mangiarsene due di seguito al primo tentativo.
La combinazione di limone, alloro e vaniglia mi ha fatto sognare soltanto a leggere il titolo.
Ed al mangiarne due di seguito....e che ci vuole!
Ingredienti per 6 persone
una noce di burro per ungere
500 ml di latte intero biologico
1 limone non trattato
2 foglie di alloro
1 bacca di vaniglia
2 uova medie biologiche più 4 tuorli
75 g di zucchero semolato

Per il Caramello
60 g di zucchero semolato
60 g di zucchero muscovado light
il succo di 1 limone

Preriscaldate il forno a 170°. Ungete tutti gli stampini o ramekin con il burro.
Cominciate dall'infusione del latte. Versate il latte in una casseruola.
Ricavate 4 strisce dalla scorza del limone usando un pelapatate ed aggiungetele al latte con l'alloro.
Raschiate i semini dalla bacca di vaniglia ed aggiungeteli al latte con la bacca.
Scaldate dolcemente a fiamma bassa e non appena comincerà a sobbollire, toglietelo dalla fiamma e lasciate raffreddare un pochino lasciano in infusione per 15 minuti.
Successivamente preparate il caramello sciogliendo lo zucchero ed il muscovado in una larga e profonda casseruola con il succo di limone e 2 cucchiai di acqua.
Cercate di non mescolare fino a che non si è scaldato (mescolare incoraggerà lo zucchero a cristallizzare), una scossa gentile ed una smossa alla padella ogni tanto aiuterà lo zucchero a sciogliersi uniformemente.
Lasciate cuocere fino alla formazione di bolle, il colore sarà quello di una ricca melassa ed il profumo sarà biscottoso.
Ci vorranno c.ca 3 minuti da quando comincia a bollire.
Se siete nervosi e volete capire se è pronto, versate una grossa goccia su un piattino e se non cola è pronto.
Versate il caramello negli stampi imburrati distribuendolo uniformemente e lasciate da una parte ad addensare.
Adesso la crema. Rompete le uova intere in una ciotola ed aggiungete i tuorli ed lo zucchero, mescolando bene con una frusta fino a che tutto è ben omogeneo. Gradatamente aggiungete il latte intiepidito e mescolate delicatamente con la frusta.
Riempite un bollitore di acqua e fate bollire.
Versate la miscela di latte e uova attraverso un setaccio dentro una caraffa, versate la crema negli stampini e sistemateli in una teglia profonda.
Coprite bene ogni stampino con dell'alluminio e con attenzione versate l'acqua dal bollitore nella teglia riempiendola fino a metà del livello degli stampini.
Cuocete al centro del forno per 15 minuti quindi rimuovete l'alluminio e cuocete per altri 15/20 minuti fino a che non siano pronti con ancora un leggero tremulo al centro.
Lasciateli raffreddare nella teglia quindi piazzateli coperti in frigo, possibilmente la notte ma in ogni caso per non meno di 3/4 ore.
Togliete dal frigo almeno 30 minuti prima di servire.
Quando sarete pronti, ruotate un coltello intorno ai bordi e capovolgete i ramekin ognuno sul suo piattino.

NOTE PERSONALI

  • Concordo con l'autrice: l'unione di limone, alloro e vaniglia è da sogno. Il bilanciamento dei tre elementi aromatici va tenuto però sotto controllo. L'alloro ha una grande forza aromatica e la sua nota erbacea e "resinosa" rischia di coprire tutto il resto se non controllerete il tempo di infusione. 15 minuti sono il tempo massimo in cui potrete lasciare le foglie di alloro nel latte. Se pensate di dover lasciare più tempo il latte a riposo mentre preparate il resto, dopo 15 minuti togliete semplicemente le foglie dal latte e lasciate il resto. 
  • La procedura è semplice e veloce: sull'aromatizzazione del latte con spezie o aromi "nuovi" abbiamo già avuto modo di innamorarci con le invenzioni di Ottolenghi in Sweet, ma la vera genialata di questa ricetta, e qui va resa giustizia, è il caramello al limone. Non avete idea. O forse si, ma per me è stata una scoperta che vorrei non aver fatto. Lo spunto fresco ed acidulo del limone nel caramello, conferisce all'insieme della crema, quella nota irresistibile e mai  noiosa che vi farà pensare: ma come, già finito? Così poco? altro che due alla volta! Il mio consiglio: tutta quell'acqua non è necessaria. Un cucchiaio sarà più che sufficiente. 
  • Si prepara tutto molto velocemente e sinceramente è una ricetta che non dovrebbe spaventare nessuno, neanche i principianti se non che questa ricetta, pur nella sua originalità ed inventiva davvero interessanti, ha un errore fondamentale ed è nella sua parte più delicata: la cottura. Per ottenere un perfetto crème caramel, la cottura rappresenta il 50% del successo. La pazienza determinata da una cottura a basse temperature (tra i 140° ed i 150° a seconda della capacità degli stampi) facendo molta attenzione che l'acqua non arrivi mai ad ebollizione (ma ovviamente a queste temperature non ci arriverà mai). Abbassare la temperatura di cottura significa allungare i tempi, che in questo caso variano ma che per questi stampini potrebbe attestarsi intorno all'ora e 15/30 minuti. Ma è facile controllare usando la lama liscia di un coltello che immersa nella crema uscirà pulito a cottura ultimata.  Per questa ricetta, posso confermare che la durata indicata dall'autrice è precisa: dopo 30 minuti i miei crème caramel erano cotti, anzi ho notato che la crema si era anche leggermente distaccata dal bordo. Ho lasciato raffreddare nella sua acqua ed ho passato 5 stampini in frigo coperti da pellicola. Non ho resistito ed ne ho sformato uno: era perfettamente addensato e cremoso al punto giusto, senza alcun sentore di uova ma con gli elementi aromatici vivi e intensi. Anche la superficie esterna era uniforme e bella chiara. Quando invece ho sformato le creme il giorno dopo, purtroppo intorno ai lati si erano formati tanti puntini color caramello come se lo zucchero si fosse "coagulato". Una cosa che non sopporto perché antiestetica e segno di una cottura non corretta. Il sapore e la consistenza però, davvero eccellenti. 
  • Proverò sicuramente la ricetta con cottura a 150° perché sono certa che il risultato sarà perfetto ma l'abbinamento è davvero spettacolare e quel caramello, da urlo. Mi malgrado devo dire:
RIMANDATA A SETTEMBRE 

martedì 16 aprile 2019

SAFFRON BREAKFAST KHEER





Il Kheer è un risolatte della tradizione indiana. 
Si usa mangiarlo durante le feste e in altri giorni importanti. In una delle tante lingue del continente indiano, “kheer” vuol dire “latte addensato”. 
Ne parla addirittura anche l’Ayurveda, la medicina tradizionale indiana, che ne indica l’uso come calmante e ottimo acceleratore del metabolismo dell’organismo. 
Insomma, un toccasana. 


Per 4 persone

Ingredienti

150 g di riso integrale, a chicchi lunghi
100 g di anacardi
50 g di mandorle spellate
1 litro di latte di mandorla (senza zucchero)
6 bacche di cardamomo
100 g di uva passa chiara
1/4 di cucchiaino di zenzero in polvere
un pizzico di pistilli di zafferano, immerso in 50 ml di acqua bollente (ho usato 1 cucchiaino di zafferano in polvere)
1 bastoncino di cannella
2 cucchiai di miele 

PER SERVIRE
 la scorza di 1 lime non trattato
una piccola manciata di chips di cocco tostate

Metodo

Immergere il riso in una ciotola, e le mandorle e gli anacardi in un’altra, in acqua fredda per almeno 30 minuti, meglio se una notte intera.

Il giorno dopo, scolare il riso e metterlo in una pentola con il latte di mandorla e 500 ml di acqua e portare a ebollizione. Cuocere per 20 minuti, finché il riso non si sia gonfiato e il liquido non si sia ispessito un po’.

Nel frattempo, scolare le noci e tritarle finemente. Pestare le bacche di cardamomo in un mortaio e con un pestello separare  i semi profumati, dai  baccelli e macinare i semi fino a quando non si ottenga una polvere.

Dopo 20 minuti aggiungere al riso gli anacardi, l’uvetta, le spezie e il miele, e cuocere per altri 15 minuti fino a che non si abbia un riso denso e cremoso, a metà tra il budino di riso e il porridge. Il kheer deve essere morbido, cremoso e non troppo spesso. Se sembra che si stia ispessendo troppo in fretta, abbassare il fuoco e versare un po’ d’acqua bollente da un bollitore. Servire in ciotoline con del lime grattugiato e delle scaglie di cocco tostato. 
Se amate le cose dolci, aggiungete del miele in più o dello sciroppo d’acero. 



NOTE

Da tempo volevo preparare un kheer. Sono nella fase “risolatte”, per ora. Questo di Anna Jones è eccellente.

Ci ho riempito 8 ramequins.

Tutte le spezie si percepiscono intensamente, finemente: lo zafferano e il cardamomo danno il colore e il sapore giusto. Certo, per colazione, potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Ma vi assicuro che è di una morbidezza incredibile e lo zafferano e il cardamomo risveglieranno i vostri sensi.

Le scaglie di cocco tostate sono il tocco geniale di questa ricetta semplice e buona. Non fingete che non ci siano o che siano superflue. Non ve ne pentirete! Tostatele pochissimi minuti (1-2 al massimo!), facendo attenzione a non farle bruciare.

Anna Jones raccomanda il processo di lasciare a bagno il riso per una notte intera. Si tratta – scrive – di un accorgimento di appena 2 minuti ma che ricompensa grandemente durante il processo di cottura del riso.

E se lo zafferano vi sembra troppo intenso come sapore, per una colazione, omettetelo – scrive la Jones. Ma io direi di non farlo. Magari mangiate il kheer in un altro momento della giornata.

PROMOSSA

lunedì 15 aprile 2019

A WEDDING-WORTHY TOMATO TARTE TATIN



Racconta Anna Jones nell'introduzione della ricetta che questo è uno dei piatti che fece parte, poco più di due anni fa, del menù del suo matrimonio.
Si è sposata in Galles o meglio su un'isola di fronte alla coste del Galles che può essere raggiunta solo a piedi e solo in periodo di bassa marea, camminando su di un sentiero di pietre.
Una celebrazione solo per le famiglie e pochi, selezionati amici ed un menù, questo ve lo dico io, tutto vegetariano che è spaziato tra insalate di ogni tipo, crude e cotte, la tating qui sopra in versione solo leggermente più arricchita ed due dolci, la classica torta nuziale ed a complemento delle meringhe al brown sugar servite con lemon curd, ciliegie e crema chantilly.
Quello che non racconta è che la mattina del matrimonio pioveva, e la camminata sulle pietre che separano la terraferma dall'isola deve essere stata una vera avventura...mi auguro avesse scarpe di ricambio.
Il menù non l'ha cucinato da sè ma è stata opera di due amici chef, Sara e Stuart, tranne i dolci che invece sono stati realizzati  da due amiche, note food writer inglesi (manco a dirlo :)
La tatin che vedete qui non è esattamente quella del matrimonio ma ci va molto vicino, e se lo dice la sposa in persona direi che ci possiamo fidare.



A WEDDING-WORTHY TOMATO TARTE TATIN
per una teglia da 24 cm

un kg di bei pomodori maturi
olio d'oliva
3 cipolle rosse, affettate
un cucchiaio di aceto di vino rosso
un cucchiaino di brown sugar o miele fluido
un piccolo mazzetto di timo oppure origano
25 g di burro, per imburrare
farina per spolverizzare
una confezione da 375g di pasta sfoglia di ottima qualità
un uovo bio leggermente battuto
50 g di capperi baby, scolati dal liquido di conservazione ed asciugati con carta da cucina


Preriscaldare il forno a 120 gradi.
Tagliare i pomodori a metà e metterli in una teglia da forno, lato tagliato verso l'alto, e condirli con sale, pepe e due cucchiai di olio.
Farli cuocere per 3-4 ore, finchè risulteranno arrostiti e quasi caramellati.
I pomodori più piccoli potrebbero metterci meno tempo degli altri quindi tenere sempre d'occhio la preparazione.
Preparare quindi le cipolle: scaldare un cucchiaio d'olio su fuoco medio in una padella ed aggiungere le cipolle affettate. Cuocere per dieci minuti finchè saranno ben morbide quindi aggiungere aceto, zucchero, le foglie di qualche rametto di timo o origano, sale e pepe.
Cuocere su fuoco bassissimo per 30-40 minuti finchè il tutto risulterà morbido ed appiccicoso.
Imburrare una padella di ghisa oppure una padella spessa che possa andare in forno da circa 24 cm di diametro e sistemarvi i pomodori, con il lato tagliato verso il basso, quasi a formare un mosaico, cercando di farceli stare tutti e non preoccupandosi se qualcuno risulterà sovrapposto.
Spargervi sopra le cipolle caramellate.
Stendere la pasta sfoglia su un piano infarinato allo spessore di circa un centimetro quindi tagliare un cerchio leggermente più grande della teglia usata.
Posizionarla sui pomodori e cipolle rincalzando i bordi in modo che il ripieno ne risulti racchiuso.
A questo punto può essere messa in frigo.
Quando si è pronti a cuocere preriscaldare il forno a 220 gradi. Spennellare la pasta con l'uovo e cuocerla per 25-30 minuti, finchè dorata ed il ripieno farà qualche bolla lungo il bordo della pasta.
Mentre la torta cuoce preparare i capperi: scaldare qualche cucchiaio di olio in una padella e versarvi i capperi bene asciutti. Diventeranno croccanti e si apriranno in pochi secondi.
Scolarli su carta da cucina.
Appena la torta è cotta farla riposare cinque minuti a temperatura ambiente quindi far scivolare una lama tra il bordo e la teglia prima di invertirla su un piatto da portata.
Cospargere con i capperi e servire.

NOTE

- la tatin è molto semplice nella realizzazione dato che viene usata pasta sfoglia acquistata ed il tempo più lungo è quello dell'attesa di arrostire i pomodori. Ma l'operazione può essere fatta un giorno prima ed effettivamente ripaga moltissimo in termini di sapore. Forse la parte più noiosa è asciugare i capperi, piuttosto!

-  i miei pomodori erano di misura media e sono stati perfettamente nella teglia indicata. L'autrice consiglia di usarne di misure diverse ed anche di colori diversi, se disponibili. L'effetto finale sarà splendido.

- la cottura della tatin è avvenuta in una teglia apposita che possiedo che ha bordi non troppo alti ma stondati ed il piatto che si adatta perfettamente per poterla invertire ma funziona benissimo con qualunque teglia, purchè ne ungiate molto bene la base.

- i capperi fritti sono una bella scoperta anche se di misura mignon non ne ho trovato e mi sono acconteta dei classici. Però come spesso accade il bello è ciò che a prima vista è invisibile agli occhi: ovvero lo strato di cipolle caramellate. Senza, il piatto sarebbe veramente banale, o comunque niente di speciale.

- L'ho cotta leggermente di più di 30 minuti perchè volevo che la sfoglia fosse ben dorata, dato anche che viene indicato di stenderla piuttosto spessa e quindi temevo potesse rimanere cruda all'interno. In effetti più sottile non reggerebbe il peso del ripieno!

- oltre che molto bella da vedere è veramente buona. Tutti hanno fatto il bis! Inutile dire che è

assolutamente 
PROMOSSA


venerdì 12 aprile 2019

BEETROOT BORANI




Ho conosciuto Anna Jones qualche anno fa, durante una fiera di libri. Stava presentando il suo libro A Modern Way To Cook mentre preparava un dhal di patate dolci e cocco.
Per puro caso sono riuscita ad assaggiarne una ciotolina mentre lei parlava e mi ha letteralmente stregata, sia per i modi di quella dolce ragazza biondina che per la ricchezza di sapori di quel dhal. 
Insomma, per me è stato un vero e proprio colpo di fulmine e 5 minuti dopo me ne andavo con la mia copia di A Modern Way To Cook sotto braccio.
Per questo, quando questo mese abbiamo deciso di mettere sotto la lente dello Starbook il suo The Modern Cook's Year sono stata contenta. 
Il libro contiene davvero tantissime ricette ed erano tante quelle che mi incuriosivano, ma alla fine la mia scelta è ricaduta su questo beetroot borani.
Il borani è un dip, una preparazione tipica della cucina persiana, e si tratta di un mix di verdure e yogurt. Tradizionalmente si prepara con melanzane, mentre qui è a base di rape (rosse per me).
Ho scelto questa ricetta perché ogni libro di cucina vegetariana che si rispetti ha almeno 5-6 ricette di dip, hummus e simili, ma non sempre è facile creare qualcosa di nuovo o non già visto.
E se pensate che questo sia un dip come un altro e non abbia niente di speciale, vi rimando alla fine della ricetta ;) 
 

BEETROOT BORANI
per 4 persone

500 g di rape rosse o gialle, crude o già cotte (io ho usato le rosse già cotte, le uniche che ho trovato)
2 datteri Medjool (se non dovessero essere morbidi, fateli prima ammollare in acqua calda)
1 spicchio di aglio piccolo
4 cucchiai di yogurt greco
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
Un mazzetto di aneto sminuzzato (io fatico a trovarlo, ho usato in sostituzione i ciuffi dei finocchi)
2 cucchiai di aceto di vino rosso
Un pizzico di sale
100 g di feta 
Una manciata di noci sgusciate
½ cucchiaino di semi di nigella

Per servire:
Flatbread allo yogurt (vedi ricetta sotto)
Verdure crude
 
 
Se dovete cuocere le rape, lavatele, mettete in una pentola e copritele con acqua, quindi fatele cuocere per circa 40 minuti o finché non sono tenere infilzandole con la punta di un coltello. Scolate le rape e fatele raffreddare, quindi pelatele.
Mettete le rape in un frullatore con l'olio, i datteri senza nocciolo e un pizzico di sale. Azionate il frullatore fino a ottenere una purea molto liscia.
Trasferite la purea in una ciotola e aggiungete buona parte dell'aneto, l'aglio tritato finemente, lo yogurt, l'aceto e ancora un pizzico di sale, se necessario.
Prima di servire completate con le noci sminuzzate grossolanamente, la feta sbriciolata, i semi di nigella, il resto dell'aneto e un giro di olio extravergine.
Servite con i flatbread e/o verdure croccanti.
 
 
FLATBREAD ALLO YOGURT
per 6 pezzi

200 g di farina (io 00, la Jones farro) + altra per lo spolvero
200 g di yogurt greco o 150 ml di acqua
1 cucchiaino di lievito chimico 

Inserite tutti gli ingredienti in un frullatore (o in una ciotola, se lavorate a mano) e azionatelo a impulsi fino a che non si sarà formata una palla. 
Rovesciate l'impasto su un piano di lavoro infarinato e lavoratelo per un minuto circa. Mettete l'impasto in una ciotola leggermente infarinata e coprite con un piatto. Fate riposare per 10-15 minuti. Non aspettatevi che l'impasto lieviti come se fosse un normale pane con lievito di birra.
Infarinate il piano di lavoro. Riprendete l'impasto e dividetelo in 4 pezzi (anche 8, se volete dei pani un po' più piccoli), quindi stendete ciascun pezzo con un matterello fino a ottenere dei dischi di circa 20 cm di diametro e dello spessore di 2-3 mm.
Fate arroventare una padella o una piastra (io ho usato una piastra in ghisa) su fuoco medio. Quando sarà ben calda cuocete i pani, uno o due alla volta. Fateli cuocere per 1-2 minuti su ciascun lato (Una volta cotti conservate i pani coperti con un panno caldo. Così resteranno morbidi, anche se dovrete comunque consumarli entro un giorno al massimo).
 
 
Considerazioni:
 
- La ricetta è a dir poco elementare nell'esecuzione. Tuttavia, la cosa che mi ha colpito è stato l'equilibrio di sapori. E' perfettamente bilanciata: ci sono il dolce delle rape e dei datteri (che viene fuori delicatamente e squisitamente), la leggera acidità data dallo yogurt e dall'aceto e la nota pungente dell'aglio. Fidatevi, io mi ero scordata di metterlo, ho assaggiato e capito che mancava qualcosa... e quel qualcosa era proprio l'aglio, che serviva a dare al dip quella spinta in più.
 
- La feta, le noci e i semi di nigella sono indicati per completare la preparazione e sembrerebbero quasi marginali. In realtà completano il piatto alla perfezione, dando croccantezza e sapidità. Anzi, alla fine io ho dato una mescolata al tutto per amalgamarli al resto e devo dire che ho molto gradito.
 
- L'unico appunto per me riguarda la quantità indicata di rape da utilizzare. Io ne ho utilizzati 500 grammi di quelle già cotte, ma suppongo che se avessi usato quelle crude sarei dovuta partire da almeno 700 grammi per ottenerne 500 grammi di quelle cotte.
 
- La ricetta dei flatbread è molto basic, semplicissima da realizzare e anche molto veloce, proprio come deve essere un pane di questo tipo. Vi consiglio vivamente di servire il borani con i flatbread, sono veramente fatti l'uno per l'altro!

Quindi, nella speranza che le mie aspettative su questo libro non siano deluse, la ricetta è naturalmente

PROMOSSA
 
Alessandra Corona - La Cucina di Zia Ale

giovedì 11 aprile 2019

BREAKFAST CAKE





Esiste una specie di happening meraviglioso, a Brooklyn, New York, denominato, con ironia e intelligenza, “Cherry Bombe Jubilee”.
 Sapete cos’è? Si tratta di una super festa che dura una giornata intera, dedicata a dialoghi, incontri e, naturalmente, al buon cibo e al buon vino. Un vero e proprio festival con un sacco di relatori, invitati, chef, panettieri, produttori di vino e star del mondo della gastronomia. Ma il “Cherry Bombe Jubilee” ha una particolarità. 
Donne, in primo luogo. E unico, quasi (anche se “tutti i generi sono benvenuti”). 
È una rivolta delle donne della culinaria universale. Lasciate fuori spesso dalle conferenze sul cibo che si svolgevano in tutto il mondo, le organizzatrici del “Jubilee” desideravano un luogo speciale in cui incontrarsi, conversare, fare amicizia, costruire una vera “community” e discutere di culinaria – e annessi e connessi – solo, per, e con donne.
Sappiate che l’ultima edizione si è svolta proprio qualche giorno fa, precisamente domenica scorsa 7 aprile. 
Avrei voluto intrufolarmi, come una mosca, o come un ultracorpo (come quelli del film di Don Siegel del 1956, per intenderci), ma invece niente. Tutti i biglietti sono andati a ruba in poche ore, come in un concerto rock. Anche Anna Jones vi è andata l’anno scorso, per celebrare le donne nel mondo della culinaria e del food-market. Vi era anche la mia amata Nigella, tra le altre dive, tra cui Melissa Hemsley e Maxine Thompson. Per celebrare questo momento, la nostra Anna Jones ha preparato questa torta speciale, da colazione, dice lei, ma io avrei qualche dubbio. 
Ma è un dubbio “festoso”, da “Cherry Bombe Jubilee”...

Ingredienti 
Per 6 persone

100 g di olio di cocco o olio d’oliva, più dell’altro per ungere
250 g di yogurt naturale, più dell’altro per servire
150 ml di miele liquido o sciroppo d’acero
2 mele sode e croccanti, grattugiate grossolanamente (ho usato le Gala)
la scorza di 1 limone non trattato
3 uova biologiche, tuorli ed albumi separati
100 g di fiocchi d’avena
100 g di farina di mandorle
50 g di farina integrale
1 cucchiaino di lievito per dolci
200 g di frutti di bosco surgelati, più altri per servire


Metodo

Preriscaldare il forno a 190° C. Se si utilizza l’olio di cocco, scioglierlo delicatamente e lasciarlo raffreddare.
In una ciotola capiente, versare lo yogurt e aggiungere il miele, le mele e la scorza di limone. Aggiungere l’olio di cocco raffreddato o l’olio d’oliva. Aggiungere i tuorli al composto di yogurt.

 Mettere i fiocchi d’avena in un mixer e ridurli a una farina grossolana, poi versarli in una ciotola con la farina di mandorle, la farina integrale, il lievito e mescolare con una frusta per non avere nessun grumo. 

 Aggiungere gli ingredienti secchi al composto di yogurt e mele. Montare gli albumi con un pizzico di sale fino a formare delle onde morbide (“soft peaks”), quindi, un poco alla volta, mescolarli delicatamente all’impasto con una spatola. Fare attenzione a non mescolare più del necessario.


Ungere con dell’olio una padella di ghisa antiaderente, adatta per la cottura in forno, di 23 cm e scaldarla sul fornello per un minuto o due, in modo che, dopo, la base della torta risulti croccante. Togliere dal fornello e versare l’impasto nella padella.Si può comunque usare una normale teglia, nel qual caso non scaldatela prima sul fornello.

Distribuire la frutta surgelata sulla superficie dell’impasto e infornare per 45-50 minuti, finché uno stecchino inserito non ne esca quasi pulito. Se si sta usando una padella in ghisa, ricordarsi che la torta continuerà a cuocere mentre starà riposando, quindi la si può lasciare in forno qualche minuto in meno del previsto.
Servire a tavola, con altro yogurt ed altra frutta surgelata se lo desidera.



NOTE

Questa è una “breakfast cake” e Anna Jones scrive che va bene per sei persone.
Effettivamente, è una “signora breakfast cake” da fare quando avete invitati, e non solamente per la colazione. È deliziosa e va bene, direi, per 8-10 persone.
Ha gli ingredienti di un porridge sofisticato, ma è proprio una torta. Di quelle con cui si fa una bella figura e si prepara in poco tempo.

Anna Jones scrive, nell’introduzione, che la farina di riso funziona bene, al posto della farina integrale, se si vuole un dolce senza glutine. L’ho usata e dà una croccantezza gustosa alla torta.

Inoltre, per i vegani più agguerriti, Anna Jones consiglia di usare l’aquafaba, una specie di miracolo in cucina, che altro non è che il liquido di cottura dei legumi (in particolare di ceci e fagioli cannellini) che può esser usato come sostituto delle uova e che monta a neve, proprio come gli albumi. In questo caso, invece delle 3 uova previste, usare 135 ml di aquafaba.

Nonostante non ci fosse scritto nulla di specifico, ho fatto tesoro di quel che dice mia mamma e che cioè tutti i nutrimenti della mela stanno nella buccia. Dunque, le ho tagliate in quarti, con la buccia, ne ho tolto i semi, e grattugiate grossolanamente, come l’Autrice propone.
Il gusto delle mele grattugiate non sparisce nella cottura, e per di più dà consistenza alla torta, la cui base, mandorlata, è buonissima.
Il miele poi dà tutta la dolcezza necessaria, senza mai essere stucchevole. Anzi, se usate i lamponi, come ho fatto io, sentirete che il loro pizzico ispido e pungente combina magnificamente con il resto.

Ho usato una padella adatta per cottura in forno di 21 cm, e con l’impasto ottenuto ho riempito altri quattro mini stampi di 7 cm circa.

È una torta salutare ed è veramente un incanto di semplicità e delicatezza.
Che vogliamo di più?

PROMOSSA da Jubilee!

Biagio D'Angelo - Glogg the Blog


mercoledì 10 aprile 2019

SUPER CHOCOLATE TIFFIN BITES




L'autrice del libro Starbooks del mese, Anna Jones, ha creato questi dolcetti ispirandosi a due ossessioni della sua infanzia: i Terry's Chocolate Orange Bars e i Chocolate Tiffin. Ogni volta che la Jones ne mangia uno, è un po' più felice. Speriamo che, questi tiffin, riescano a provocare lo stesso effetto anche su di me :)
La Jones pensa che la scorza di qualsiasi agrume, delle spezie dolci, e perfino il peperoncino, lavorino bene in questa ricetta. Il consiglio che lei da per formare i tiffin è di usare degli stampini in silicone. Se però preferite utilzzare una teglia, potete versare il mix con il cioccolato e spargere i semi e l'uvetta sopra, senza unirli al resto del composto. Io ho fatto un via di mezzo: ¾ del mix nel composto di cioccolato, e ¼ sopra. Mi piaceva l'idea di avere la frutta secca sia dentro che sopra i dolcetti :)


Super Chocolate Tiffin Bites

Ingredienti per 20 pezzi circa

400 g di cioccolato fondente, almeno al 70% (di massa di cacao)
100 g di mandorle con la pelle
75 g di semi di zucca
2 cucchiai da tavola di semi di sesamo
1 cucchiaio di olio di cocco
1 cucchiaino da tè di pasta di vaniglia
la scorza grattugiata di 2 arance (non trattate)
un bel pizzico di sale in fiocchi
75 g di uvetta

Preriscaldare il forno a 200°C (160°C se ventilato).Spezzettare il cioccolato in pezzi abbastanza piccoli, perché così si scioglierà in modo più uniforme. Trasferirlo in una ciotola resistente al calore, che si adatti perfettamente alla casseruola su cui verrà posizionata per la cottura a bagnomaria. Mettere dell'acqua bollente nella casseruola scelta, fino all'altezza di un paio di cm, e posizionarvi sopra la ciotola con il cioccolato e lasciarlo fondere.
Tritare grossolanamente le mandorle e metterle su una placca da forno, insieme ai semi di zucca e quelli di sesamo. Trasferire nel forno caldo e far tostare per 4 minuti circa. Le mandorle non dovranno essere troppo tostate, perché la parte bianca interna deve rimanere chiara e burrosa. Trasferire in una ciotola. 
Quando il cioccolato sarà fuso, unire l'olio di cocco e mescolare finché non si sarà sciolto bene. Unire la vaniglia, la scorza d'arancia grattugiata e il sale e mescolare delicatamente. Se non avete stampini in silicone adatti, e utilizzate una teglia per fare i tiffin, foderatela con carta forno, versate il cioccolato e distribuite sopra la frutta secca e l'uvetta. Se invece utilizzate gli stampini, unire la frutta secca al cioccolato, poi versare il mix negli stampini. Lasciar raffreddare e rapprendere. Togliere i dolcetti solo quando si saranno solidificati. Se avete utilizzato uno stampo unico, dopo aver fatto solidificare, tagliare i dolcetti. 
Conservare i tiffin in contenitori ermetici, di plastica o di latta, fino a due settimane.


Note personali

- da parecchio tempo ormai, quando devo fondere il cioccolato, lo faccio sempre nel microonde: è semplice e veloce. Basta procedere gradualmente, mescolando ogni tanto, e facendo attenzione a non surriscaldare il cioccolato
- anche per tostare la frutta secca uso un metodo più veloce, perché mi sembra uno spreco accendere il forno solo per tostare la frutta secca. Metto la frutta secca e/o i semi in una padella antiaderente su fuoco medio, e faccio tostare, senza perdere di vista la padella... basta un attimo per bruciare tutto (già fatto!)
- ho usato degli stampini in silicone per formare i tiffin, ma erano rettangolari. Quindi, dopo aver fatto solidificare i tiffin, li ho semplicemente divisi a metà, ottenendo 24-25 pezzi.
- l'olio di cocco a temperatura ambiente è solido e bianco. Prelevate la parte che vi serve con un cucchiaino, e seguite le indicazioni della ricetta: andrà tutto liscio ;)

La ricetta è di semplice esecuzione e gli ingredienti sono ben bilanciati. La scorza d'arancia ci sta benissimo in questo insieme. Questi tiffin sono uno di quegli "snack da divano" (come li chiamo io) che vi miglioreranno la serata!

La ricetta è:

PROMOSSA

martedì 9 aprile 2019

ASPARAGUS AND COCONUT SOUP



 Ah, la primavera, gli asparagi, le erbette di campo, i fiori che spuntano...
Ma se vivete come me dove le stagioni sono due e dove l'unico cambiamento apprezzabile tra le suddette è da caldo a caldo infernale capirete che la primavera è qualcosa che non vedo da molti, moltissimi anni.
Mi mancano le bancarelle romane con i fiori e le fresie che mamma portava sempre a casa, e la gioia che provavo quando facevano capolino i primi mazzi di asparagi dal fruttivendolo.
Perchè voleva dire farsi una scorpacciata della frittata di cui sono ghiotta.
Ora vivo dove si, non c'è la primavera ma gli asparagi sono disponibili tutto l'anno.
Cari alla morte, potete immaginare, dato che devono farsi tutto il viaggio fino al deserto e non sempre arrivano in condizioni ottimali.
Non comprandoli quindi spessissimo, le ricette scelte per utilizzarli devono veramente valere la pena.
Questa aveva tutte le premesse per essere di mio gradimento utilizzando ingredienti che ho sempre in dispenda come olio di cocco, latte di cocco, persino le chips.
E per una volta non sono tutti andati a finire in un dolce :)




ASPARAGUS AND COCONUT SOUP
per 4 persone

2 cucchiai di burro oppure olio di cocco
un porro, finemente tritato
500 g di asparagi, puliti e tagliati in pezzetti da 1,5 cm
un piccolo mazzetto di basilico, foglie tenute a parte e gambi finemente tritati
400 g di spinaci o altra verdura a foglia verde
una lattina di latte di cocco da 400 ml
500 ml di brodo vegetale
un limone


Mettere il burro o l'olio di cocco in una pentola larga a bordi alti insieme al porro su fuoco medio/alto e cuocere per una decina di minuti, mescolando, finchè il porro sarà morbido.
 Aggiungere quindi gli asparagi, i gambi del basilico e la verdura scelta (per me spinaci) e far cuocere per un altro paio di minuti.
Unire quindi il latte di cocco ed il brodo e far sobollire piano finchè gli asparagi saranno teneri, ci vorranno circa cinque minuti.
A questo punto togliere dal fuoco, aggiungere le foglie di basilico e frullare il tutto con un frullatore ad immersione finchè la zuppa risulterà setosa.
Aggiungere il succo di limone ed a questo punto assaggiare e regolare di sale ed eventualmente il succo di limone.
Servire con uno dei topping proposti ovvero: chips di cocco ed un filo d'olio d'oliva, oppure foglie di basilico ed un po' di latte di cocco, o fagioli bianchi passati in padella con un po' di buccia di lime, o della menta tritata con buccia di limone ed un po' di yogurt, o dell'uovo sodo grattugiato con delle erbette, oppure ancora semi di sesamo tostati e tofu fritto in padella.


NOTE

- l'olio di cocco lo uso spesso quindi non è stata una novità vederlo qui. Ricordate solo di acquistarlo di buona qualità e che a temperatura ambiente è solido. In alcuni piatti può lasciare un leggero retrogusto di...cocco, manco a dirlo, ma dato che è uno dei sapori dominanti della zuppa qui non è certo un problema.

- la ricetta è semplice e molto rapida. Il colore ottenuto è di un verde più scuro rispetto alla foto del libro ed incolpo un po' gli spinaci per questo. Credo l'autrice abbia utilizzato un'altra verdura più chiara al loro posto.

 - col frullatore ad immersione, come consigliato, la zuppa non veniva così liscia come poi l'ho ottenuta versandola nel frullatore.

- temevo fortissimamente che il mio augusto consorte non gradisse  la novità anche se devo dire che il gusto di cocco rimane abbastanza defilato rispetto agli asparagi, non risulta dominante.
Per fortuna ha fatto il bis (ma non parliamo della dimensione della bistecca con cui l'ha corroborata...)
E' molto buona, saporita, ed un buon punto di partenza per far provare una ricetta vegana o meglio ancora un abbinamento inusuale ad uno scettico del settore.
Non omettete per alcun motivo il limone ed uno dei topping consigliati che può renderla un piatto completo! Ho optato per semi di sesamo, un filo di latte di cocco ed un paio di chip di cocco. Inutile dire che è

PROMOSSA



lunedì 8 aprile 2019

LO STARBOOK DI APRILE 2019 E'....


Anna Jones, The Modern Cook's Year

E' la più californiana delle food writer britanniche, l'allieva prediletta di Jamie Oliver, avvolgente come Nigella, creativa come Ottolenghi: stiamo parlando di Anna Jones, da qualche anno al centro della scena internazionale per il suo nuovo approccio alla cucina che fa bene, da lei svelata con in modi gentili, pacati, addirittura allegri. 
Nigella, Jamie e Yotam non sono stati nominati a caso: anche se primi due libri della fanciulla portano nel titolo una sorta di dichiarazione di guerra (A Modern Way to Eat, A Modern Way to Cook), nel modo di cucinare della Jones non c'è nessun taglio col passato, anzi: ad essere sintetici, si potrebbe parlare di un passo avanti nella strada tracciata dai tre suoi maestri- il cibo fresco amato da  Oliver, la fantasia al potere delle verdure cantata da Ottolenghi, la disinvolta e ironica leggerezza di cui la Lawson è indiscussa maestra. Guai, ammonisce Anna Jones, guai a pensare alla cucina vegetariana nei termini ossessivi ed asfissianti a cui spesso - e non per colpa sua- è stata associata. Cucinare è un atto d'amore, cucinare in armonia con sé stessi e con la natura lo è ancora di più. 
La sua vita, d'altro canto, sembra essere un manifesto di questa filosofia: giovanissima, molla un lavoro sicuro per seguire il verbo di Jamie Oliver, all'epoca guru indiscusso del mangiar sano. L'occasione è il reclutamento della nuova brigata del Fifteen e lei passa le selezioni, cucinando bistecche al sangue e uova in camicia. Le passa cosi bene che il termine di un anno da spendere nelle cucine del ristorante di  si dilata fino a comprenderne sette, nel corso dei quali l'amicizia con il suo mentore si salda in un legame sempre più forte, al punto da diventare la personal chef della famiglia (pare che il posto sia vacante, specializzatevi in pasta al forno se volete candidarvi) e a non temere di perdere il suo appoggio, una volta presa la decisione di camminare sulle proprie gambe. I viaggi di rito in Spagna e in Italia diventano palestre di formazione sul campo a cui fa da corollario, al successivo ritorno in patria, la scelta di diventare vegetariana. 
Che nel frattempo gli scenari siano cambiati e alla stella cadente di Jamie Oliver sia subentrato l'astro nascente di Yotam Ottolenghi fa tanto "a pensar male si fa peccato", con quello che segue. Ma siccome siamo allo Starbooks, sarà l'ultimo libro della ancora giovanissima, ancora bellissima e sempre magrissima chef a decretare se oltre all'appeal del tema, c'è anche qualcosa di veramente nuovo. L'impresa è ardua, visti i mostri con cui la Jones si confronta, ma lo sport che preferiamo, qui sopra, è quello di scovare novità vere, al di là dei facili proclami. 
Se son mode, sfioriranno, insomma. 
E lo vedremo da domani in poi. 
Alessandra