sabato 31 gennaio 2015

STARBOOKS REDONE DI GENNAIO 2015: I VINCITORI!


 Come ogni mese Starbooks Redone si conclude e finalmente ecco i vincitori, che ci affiancheranno nell'analisi del prossimo libro.
Rullo di tamburi e.....
 
Prima classificata
 
Pane alle olive di Luciana C.
 

 


Seconda classificata
 
Pizza bianca di SosiDolceSalato 
 


 Terza classificata

Lemon Ginger Bundt Cake di Il bosco di alici
 

 Chiediamo alla prima classificata di inviare una mail a: lostarbook@gmail.com con l'indirizzo a cui spedire il premio.
A tutte e tre di prepararsi ad un nuovo libro da... starbookare ;)

venerdì 30 gennaio 2015

MARTHA STEWART- SCUOLA DI CUCINA: TIRIAMO LE SOMME?



E' un tiriamo le somme su un doppio binario, quello che ci accingiamo a scrivere oggi, né, d'altro canto, potrebbe essere altrimenti, dovendo valutare un libro non in edizione originale, ma tradotto. E' la sorte che tocca a tutte le operazioni editoriali del genere che, se da un lato hanno il pregio di investire in scelte intelligenti e mai troppo lodate, dall'altro si accollano tutti i rischi connessi ad una riproposizione dell'opera  in una lingua diversa da quella dell'autore e per un pubblico di lettori conseguentemente differenti. 

Il pubblico della Stewart, si sa, è quello dell'americano medio- laddove la medietà è da intendersi non tanto in un senso sociale, quanto in un senso culturale: chiunque abbia voglia di imparare a cucinare, cioè, trova nella Stewart la risposta a tutti i suoi interrogativi,  che si tratti di sbucciare un limone o di montare una torta a strati. La conseguenza più logica, anche se meno percepibile nell'immediato, della scelta di questo target è che la "medietà" di cui sopra si applica in modo trasversale a tutti i ceti della popolazione americana, nessuno escluso. E quindi, se da un lato la Stewart risponde con la stessa completezza, a tutte le richieste dei lettori, dalle più elementari alle più complesse, dall'altro utilizza registri di comunicazione alti, gli unici che possano non alienarle le simpatie delle fasce più elevate del suo pubblico, che è poi quello che all'atto pratico può permettersi di spendere e quindi di alimentare quell'impero economico che fa capo a questa stratega del marketing in caschetto biondo . 

La premessa è doverosa per quanti, fra i nostri lettori, non riescono a digerire la Martha, non tanto per i libri che scrive, quanto per il personaggio che è diventata, al centro di una ricchezza e di un potere mediatico che non tutti riescono ad accettare. 
Tuttavia, il motivo per cui noi Starbookers continuiamo a proporvi libri di questa autrice esula dalle considerazioni di cui sopra. Le comprendiamo, le facciamo, a volte ci studiamo pure un po' su, per capire come diamine abbia fatto, 'sta qui, a divnetare così ricca, ma poi le mettiamo da parte, in nome di un rapporto di fiducia che ormai si è consolidato e che è fatto di chiarezza, trasparenza ed onestà.

Ciò che rende i libri di Martha Stewart dei best sellers, ciò che li trasforma in investimenti, ciò che li riduce a testi unti e bisunti, da tanto li abbiamo consumati nelle nostre cucine èinfatti  l'atteggiamento che lei da sempre ha nei confronti del suo pubblico, centrato su un patto di assoluto rispetto, di assoluta corrispondenza fra teoria e pratica, fra promesse e realtà e che si traduce in modo concreto nelle sue pubblicazioni. 
A diferenza di altri autori che abbiamo "starbookato" qui sopra, Martha Stwart ha dalla sua la cifra della credibilità, da un lato, e dell'umiltà, dall'altro: è "una di noi"- e lo è soprattutto in questo libro che si differenzia dalle monografie che l'hanno fatta schizzare in cima alle classifiche delle vendite in questi ultimi anni, proprio per l'approccio paziente, cortese, completo e competente con cui viene proposto di avvicinarsi alla cucina.
Nessuna spocchia, nessuna cattedra, nessun tono da prima della classe. 
E, soprattutto, nessun passaggio tralasciato, con la consapevolezza e l'umiltà di chi sa che è l'autore che deve guadagnarsi la fiducia del suo pubblico, non il contrario. E quindi, ben venga una pagina dedicata a come montare ill burro, ben vengano sequenze fotografiche su come tagliare un pollo, ben vengano tabelle sui tempi di cottura, sulle misure delle teglie, su tutto quanto sembra facile e per questo trascurabile mentre, in realtà, è ciò che spesso frena dall'imparare e ci fa sentire frustrati e incapaci. 
Con questo libro sul piano della vostra cucina, non avrete davanti a voi lo chef pluristellato che omette sfilze di passaggi, perchè non è lui che deve abbassarsi a tanto;  non avrete la maestra di bon ton che vi fa spendere mezzo stipendio in wursteln del macellaio biologico e panini del fornaio organico, per poi inorridire se uno stupido hot dog non è servito su un piatto d'argento; e neppure avrete la leziosaggine di chi decide di togliere l'anima alla cucina francese, calpestando tecniche e sapori centenari, in nome di un minimalismo che va tanto di moda. Al contrario, troverete una maestra che prima di tutto è vostra compagna, capace di rendere semplice ciò che sembra impossibile, di accompagnarvi per mano lungo tutti i procedimenti, spianando gli ostacoli e gioendo con voi del risultato finale, come solo un vero didatta sa fare. Rispettando la cucina, da una parte, e voi stessi, dall'altra. 

E alla fine, vi accorgerete che il regalo più grande non è il miglior brodo di pollo della vostra vita o il curry più profumato del mondo - quanto semmai la capacità di saper stare sui vostri piedi. Che è una cosa tanto, tanto  americana, ma  che dovremmo metterci in testa di imparare, specialmente qui sopra, fra blogger, dove la condivisione è l'argomento all'ordine del giorno, ma i modi per metterlo in pratica non sempre ne rispettano il significato. In questo libro, la Stewart condivide il suo sapere perché ciascuno possa introiettarlo, rielaborarlo, farlo suo- e poi da lì, decidere cosa farne, scoprendosi non solo più esperto, ma più indipendente, più libero, più autonomo. 
Esattamente come ogni scuola dovrebbe fare. 
Anche se si tratta "solo" di cucina.

La dolente nota, al solito, è la traduzione. 
Fermo restando che se non avete grande dimestichezza con l'inglese, è sempre meglio acquistare un libro tradotto in italiano, a maggior ragione se si tratta di un manuale come questo, gli errori ci sono e in certi casi pure gravi. 

Il problema generale è sempre quello- e cioè che ancora non si è maturato il concetto che la cucina sia una disciplina a sé stante, dotata, al pari di tutte le sue discipline, di un suo linguaggio. 
Tecnico, anzitutto. Non si può leggere "fondo scuro" invece che "fondo bruno", "semolino" al posto di "farina di semola", "sale grosso", al posto di sale, visto che "coarse" è una indicazione che ha senso nei mercati anglosassoni, dove i gradi di raffinazione del sale e dello zucchero sono diversi.
Poi, come diciamo ogni volta, se il libro è destinato ad un pubblico italiano, il traduttore ha anche il compito di tradurre il carrello della spesa: non ha senso consigliare pesci  come lo snapper e l'halibut, se poi nei nostri mari non si trovano e i nostri pescivendoli neppure sanno che cosa siano; non ha senso parlare di "cavolo verde", senza chiedersi a che cosa corrisponda in italiano e così via. 
 
L'aspetto più grave, però,  sono gli errori di conversione, da cups in grammi: chi ha potuto, ha aggiustato "in corsa", ma abbiamo una ricetta non riuscita, proprio per questo motivo.

Lo diciamo con sincero dispiacere, perché abbiamo talmente apprezzato sia l'operazione editoriale, sia la disponbilità di Giunti che mai avremmo voluto scrivere nulla di meno che positivo su questo libro. 
Ma lo Starbook ha senso solo nel rapporto di lealtà che abbiamo costruito negli anni con i nostri lettori, che è la stessa con la quale da un lato ci sentiamo di consigliare a tutti questo libro- e in italiano, per chi non ha un inglese più che fluente, perchè comunque il testo è validissimo. Dall'altro, per la prima volta in vita nostra, rompiamo gli indugi e facciamo una proposta: siamo sette signore laureate, tutte con un'ottima conoscenza dell'inglese: fra noi ci sono laureate in lingue, interpreti, insegnanti (di inglese), agenti di viaggio, espatriate (due, stabilmente, più altre con lunghe esperienze di soggiorni all'estero) e tutte con una solidissima competenza in materia. il nostro sogno è trovare un editore disposto a comprare  i diritti diMastering the Art of French Cooking, di Julia Child e a farne  un'edizione italiana come si deve, con una traduzione corretta e, perchè no?, con note critiche, laddove necessario. E, visto che si sogna, ci piacerebbe che fosse lo Starbook, a curarla.
Lo abbiamo detto- ora ci rintaniamo per i prossimi dieci anni nel nostro solito silenzio operoso, pronte a dedicarci al prossimo Starbook, che ci terrà compagnia per il mese di febbraio. 
A breve, i risultati del Redone, per sapere chi si unirà a noi nella prossima avventura. 
Buona giornata
 


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giovedì 29 gennaio 2015

SHORTCAKES


Un dolce, un classico.
Le shortcakes sono un classico della pasticceria inglese, adottato dagli americani e se li si assaggia una volta si capisce il perchè: sono buonissime!
La versione classica è proprio quella illustrata da Martha Stewart nel suo Scuola di Cucina, ovvero con fragole e panna montata.
La composta di rabarbaro ci deve stare benissimo, ma da me è purtroppo introvabile.


SHORTCAKES

3 cups -345 g di farina 00
1 cup- 115 g di farina per torte
1/4 cup- zucchero
1 cucchiaio di lievito in polvere
un cucchiaino di bicarbonato
225 g di burro freddo
un cucchiaino di sale
1 e 1/2 cup - 300 ml di latticello freddo
3 cucchiai di panna per spennellare
cristalli di zucchero fini 
un baccello di vaniglia

per servire

panna montata
composta di rabarbaro
fragole macerate

Rivestire una teglia con carta forno.
Incorporare il burro negli ingredienti secchi dopo averli amalgamati. Con la punta delle dita o un pastry blender incorporarlo finchè i pezzi più grandi avranno la dimensione di piccoli piselli.
Aprire il baccello e versare i semi nel latticello, quindi unirlo al composto di farina usando una forchetta.
Versare l'impasto su un piano infarinato e schiacciarlo leggermente per amalgamarlo, ma senza lavorarlo troppo. Piegare l'impasto in tre parti partendo dal lato corto. Questo passaggio rende i dolci più friabili.
Picchiettare l'impasto finchè raggiungerà 3 cm di spessore quindi tagliare con un tagliapasta rotondo dei cerchi  di 6,5 cm di diametro.
Metterli sulla teglia, spennellarli con la panna e cospargerli con i cristalli di zucchero quindi mettere in frigo per 20 minuti.
Cuocere per 10 minuti a 200 gradi quindi abbassare il forno a 190 gradi, ruotare la teglia e proseguire la cottura finchè saranno dorati e ben cotti, altri 12 minuti circa.
Farli raffreddare, dividerli in due e servirli con panna montata, fragole macerate in zucchero e limone e composta di rabarbaro.

NOTE

- la ricetta è dettagliatissima e corredata da foto passo passo, in modo da illustrare come debba risultare l'impasto. A prova di errore, viene perfettamente ed è molto gustosa.

- addirittura viene spiegato come macerare le fragole, quanto zucchero aggiungere alla panna, se lo si desidera: una scuola di cucina a tutti gli effetti.

- molta enfasi viene data all'indicazione di non lavorare troppo l'impasto pena la perdita di friabilità dei dolci finiti, spiegando che meglio ottenere un composto sbriciolato che molto compatto.

- molta perplessità sulle conversioni tra cups e grammi. Una cup e mezzo di latticello è ben più di 300 ml, così come la farina sarebbe dovuta essere più abbondanti. Eppure dato che entrambi gli ingredienti sono stati diminuiti il risultato non ne risente perchè le tortine vengono bene comunque.

- la ricetta quindi nonostante questo particolare viene benissimo, è quindi

PROMOSSA


mercoledì 28 gennaio 2015

PANE ALLE OLIVE PER STARBOOKS REDONE



Pubblichiamo oggi la ricetta per la partecipazione a Starbook-Redone arrivata via mail da una lettrice senza blog.
Grazie Luciana! :)




Pane senza impasto, leggendo il titolo del libro non ci avevo creduto...cioè non pensavo ne uscisse qualcosa di buono e non l’avevo degnato nemmeno di uno sguardo (cosa per me rara).
Provando un paio di ricetta dallo Starbooks mi son dovuta ricredere, son corsa in libreria e mi sono accaparrata l’ultima copia .
Me ne sono letteralmente innamorata e in un mese ho provato un bel po’ di ricette. Ho scelto il pane alle olive, uno dei miei preferiti.
Ingredienti
400 gr di farina tipo 0 per pane (io W330 Molino Rossetto) 200 gr di olive denocciolate tritate grossolanamente
3 gr di lievito di birra secco
350 gr di acqua fredda (13/18 gradi) 


 
La prima cosa che ho notato è che manca il sale, ma vista la presenza delle olive ho avuto fiducia.
In una ciotola capiente (io contenitore di plastica con coperchio) mescolare la farina, le olive ed il lievito. Aggiungere l’acqua e mescolare con le mani o un cucchiaio di legno per circa 30 secondi, fino ad ottenere un impasto appiccicoso. Coprire (pellicola o coperchio) e fare lievitare a temperatura ambiente per 12/18 h , finché il composto non sarà più che raddoppiato e la superficie sarà ricoperta di bollicine.
Completata la prima lievitazione cospargere il piano di lavoro con abbondante farina e rovesciare l’impasto aiutandosi con una spatola, sollevare la parte esterna e ripiegarla verso il centro, e modellare dando una forma rotonda.
Spolverare con crusca, o farina di mais o di tipo 0 un canovaccio pulito e senza profumi, appoggiarci il pane con la chiusura verso il basso ed eventualmente cospargere con altra farina.
Chiudere con i lembi del canovaccio e far lievitare al riparo da correnti d’aria per 1 o 2 ore, fin quasi al raddoppio.
 
Mezz’ora prima che la seconda lievitazione sia completata accendere il forno a 245° (io 250 statico) e posizionare su di una griglia sistemata all’ultima tacca una pentola con coperchio (coccio, ghisa o pyrex). Quando il forno sarà arrivato a temperatura, tirar fuori la pentola (facendo attenzione a non ustionarsi) e rovesciare il pane che ora sarà con la chiusura in alto, mettere il coperchio e infornare per 30 minuti.
Togliere il coperchio e proseguire la cottura per 15/30 minuti. Sfornare e fare raffreddare su una griglia.
Note:
  1. 1)  Il mio forno produce molto vapore, quindi la parte di cottura senza coperchio la faccio con la funzione ventilato e abbasso a 220° la temperatura.
  2. 2)  Ho usato olive verdi denocciolate e già a rondelle perché pane senza impasto per me vuol dire senza fatica, nemmeno quella di denocciolare o tritare le olive.
    Il pane è ottimo e la ricetta è PROMOSSA 


    Luciana C.

martedì 27 gennaio 2015

POLLO AL CURRY



Pochi giorni prima di scegliere questa ricetta, ho cenato in uno dei migliori ristoranti indiani di Genova- quelli che non finiscono sulle guide, per capirci- assistendo ad una scena a dir poco eloquente, che la dice lunga  su come venga recepito il cibo etnico dall'altra parte del mondo.
 Il pollo al curry ordinato dai miei commensali, infatti, era stato scartato al primo sguardo e rimandato indietro "perchè marrone".
Perchè si sa, ovviamente, che il curry è giallo.
Anzi, i più esperti discettavano anche sulle cinquanta sfumature, dall'ocra all'oro, finendo comunque per concordare che quello che era stato loro servito non poteva corrispondere a quanto scritto nel menu, stante la palese differenza cromatica.

Quindi, se il vostro amore per la cucina etnica non va oltre lo zenzero, se per voi il curry è una spezia in polvere che si compra al supermercato, se l'aglio no e il peperoncino neppure, passate oltre.
Perchè questo pollo al curry è quanto di più fedele ai sapori indiani si possa trovare su un libro di cucina di ispirazione occidentale.
Rigorosamente speziato
Rigorosamente cremoso
E rigorosamente marrone....

POLLO AL CURRY
da La Scuola di Cucina di Martha Stewart 





per il garam masala
1 bastoncino di cannella, in pezzi di 2, 5 cm
2 chiodi di garofano interi
1 cucchiaio di semi di coriandolo
1 cucchiaio di semi di finocchio
1/2 cucchiaino di pimento intero, non macinato

per la pasta
3 cipolle dorate medie, pelate e tritate grossolanamente
10-12 spicchi d'aglio, pelati e affettati finemente
1 pezzo (115 g) di zenzero fresco, pelato e tritato grossolanamente 
3 cucchiai di olio di semi di girasole o altro olio dal sapore neutro
1 cucchiaio di semi di cumino
1 cucchiaio di semi di senape nera o marrone
2 cucchiai di concentrato di pomodoro

per lo stufato
250 ml di brodo di pollo di base
1 cucchiaio di curcuma
6 foglie di curry fresche (facoltativo)
2 foglie d'alloro secche
2 peperoncini rossi secchi, macinati finemente
sale grosso *
9 cosce di pollo (1,5 kg circa, tagliate a metà passando dall'osso e lasciate intere)
2 patate a pasta gialla medie, pelate e tagliate a dadini di un cm
un ciuffo di coriandolo tritato, più qualche rametto per guarnire

per servire (facoltativo)
riso basmati cotto (pag. 420)
yogurt naturale
spicchi di lime

preparate il Garam masala
Tostate le spezie in una padella a secco su fuoco medio, finché sono fragranti. Lasciatele raffreddare un poco, poi macinatele nel macinaspezie o in un macinacaffé pulito. dovreste averne circa 30 g


Preparate la pasta

Frullate le cipolle, l'aglio e lo zenzero fino ad avere un composto liscio. Mettete una casseruola di ghisa o un'altra pentola pesante su fuoco medio. Quando è calda, aggiungete l'olio, i semi di cumino e quelli di senape e mescolate senza interruzione con un cucchiaio di legno finchè sono fragranti e iniziano a diventare ben dorati, e i semi di senape iniziano a scoppiettare, per 30-60 secondi. Unite la pasta di cipolle e cuocete finchè è caramellata, per 45 minuti circa. Durante la cottura, dovrete mescolare solo ogni tanto, all'inizio, ma a mano a mano che l'umidità evapora dovrete mescolare di più e più spesso e, alla fine, quasi senza interruzione, per evitareche diventi troppo scura. Quando la pasta è pronta, incorporate il garam masala e il concentrato di pomodoro e continuate la cottura mescolando per altri 5 minuti

preparate lo stufato

Versate il brodo nella pentola e deglassatela, mescolando con vigore per incorporare la pasta. Aggiungete la curcuma, le foglie di curry, le foglie di alloro, il peperoncino in polvere e il sale. Portate a ebollizione, poi abbassate la fiamma e lasciate sobbollire, mescolando ogni tanto, finchè il brodo si è ridotto leggermente(e i sapori si sono amalgamati), per 45 minuti. Unite pollo e patate, immergendoli il più possibile nel liquido. Lasciate sobbollire finché il pollo è tenero (ma non si stacca dall'osso) e ben cotto (bucate la carne per assicurarsi che i succhi siano limpidi) e lepatate sino morbide (non disfatte, ma si dovrebbero forare facilmente con un coltello affilato). Ci vorranno circa 30 minuti.

servite
aggiungete il coriandolo tritato e mescolato. Guarnite lo stufato con rametti di coriandolo e servitelo con riso, yogurt e spicchi di lime a piacere

Note mie


A dispetto di un procedimento lungo, la ricetta è piuttosto semplice. La parte più ostica può riguardare la cottura della cipolla- e qui mi chiedo perchè l'autrice non abbia suggerito il vecchio trucco del mestolino d'acqua, per evitare di bruciare tutto. Non è affatto garantito che il solo atto del mescolare impedisca alla cipolla di bruciarsi: questo dipende dal tipo di ortaggio che utilizzate (quanta percentuale di acqua contiene, intendo dire), dal tipo di pentola (c'è ghisa e ghisa), dalla forza del calore della fiamma.

In tutti i casi, eccezion fatta per questa parte, il piatto si fa praticamente da solo e, come dicevo all'inizio, è davvero un'ottima ricetta, diversa da quelle alle quali siamo abituati in Occidente: la salsa è molto più ricca di sapori, più densa (qui c'è anche il concorso delle patate), più avvolgente.

 La Stewart ammonisce, in una nota, a non farsi scoraggiare dalla tipicità degli ingredienti e io non posso che concordare. Quelli veramente difficili da trovare, oggi, possono essere i semi di senape nera (che si possono sostituire con quelli gialli), le foglie di curry (che però sono facoltative) e il Pimento (che non è il nostro pepe in grani, ma quello largamente usato nella cucina britannica, sotto il nome di Allspice): nelle drogherie più fornite e nei negozietti etnici oggi si trova di tutto e comunque ricordatevi sempre che una ricetta univoca di curry non esiste: ognuno ha il suo e nulla vi vieta di elaborarne uno vostro, al pari delle massai indiane, dosando le spezie secondo il vostro estro e il vostro gusto. Nel mio caso, ho ridotto l'aglio della metà, per esempio, anche se mi riservo di provare la versione originale, appena avrò commensali più coraggiosi

Quello che importa è il procedimento, che sovverte quelli a cui siamo abituati in Occidente, dove riserviamo la maggior parte del tempo alla cottura del pollo: qui, è il contrario:prima le spezie- e poi tutto il resto. E se avete anche solo un sentore di conoscenza della cucina indiana, avete capito il perché di questa scelta.


Più in generale, questa ricetta è uno degli esempi più chiarificatori del modus operandi della Stewart: si parte da una ricetta non particolarmente originale, né particolarmente esaltante, sulla carta, e la si trasforma in un piatto alla Mary Poppins- praticamente perfetto. Questo dipende, primariamente, dall'approccio così accurato dell'autrice, che non lascia nulla al caso. Anche il passaggio in apparenza più banale o più superfluo viene considerato, analizzato, vivisezionato al punto tale che, leggendo, ci si rende conto che tanto banale e tanto superflo non era, visto che di volta in volta si apprendono cose nuove. Il suo messaggio, forte e chiaro, è che tutti possono imparare a cucinare, se si ha un buon maestro, capace di prenderti per mano e di accompagnarti, con pazienza, nei meandri di questo mondo, senza lasciare che nulla ti scoraggi. Ogni frase, ogni parola, ogni avverbio, nei testi della Stewart, hanno importanza, in deroga alla legge del "less is more" che, se è sempre apprezzata dagli esperti, può rivelarsi fatale per i principianti.

A questo proposito, faccio un'osservazione sulla traduzione: nella fase iniziale del procedimento, quella dedicata all'operazione di tostatura delle spezie, viene omesso l'avverbio "gently". Le omissioni sono due, a dire il vero (la seconda riguarda il tipo di macinatura che deve risultare, "in polvere finissima") e saltano entrambe agli occhi, se si ha un po' di dimestichezza con questi ingredienti. Le cotture sono sempre un argomento delicato, specie se avvengono in modo diretto, come in questo caso: far tostare le spezie a fiamma media, direttamente in padella, può sigificare anche una operazione aggressiva, che finirebbe per privarle sul nascere di tutte quelle sfumature di sapore che rilasciano poi quando sono in pentola. Aggiungere "delicatamente", oltretutto in pieno rispetto del testo, dà un'indicazione di metodo importante, a maggior ragione se si considera la destinazione del manuale, che è per i principianti e non per gli esperti.

Il limone che vedete nella foto è solo per esigenze fotografiche: mi serviva un tocco di colore e non avevo lime, a casa. Le foglie che vedete sono il kaffir lime, utilizzato a crudo, sempre per ravvivare un po' il piatto, visto che le foglie di curry in cottura hanno perso tutto il loro fascino.
Faccio ammenda e me ne scuso, ma o lavoravo in condizioni di fortuna (vale a dire di sera e fidandomi ciecamente della mia dispensa) o "saltavo" lo starbook, cosa che sinceramente mi sarebbe dispiaciuta non poco. Preciso qui le differenze, che sono davvero minime e che, soprattutto, non hanno partecipato alla realizzazione del piatto, avvenuta invece in maniera fedele al testo (numero di spicchi d'aglio a parte)
L'accompagnamento è stato con un pilaf, fatto secondo la ricetta del libro, che non è stato immortalato (vedi sopra) ma che è riuscito benissimo e che costituisce il naturale complemento di un piatto che, neanche a dirlo, risulta pienamente

PROMOSSO





lunedì 26 gennaio 2015

CONIGLIO BRASATO





Per la prima volta nello Starbook: onore! Forse sarà anche l’ultima, visto la situazione di totale confusione mentale della sottoscritta. In più ho scoperto che nell’aria aleggia un amore sviscerato nei confronti della Martha Stewart, la super signora dei fornelli che invece a me  non hai mai suscitato tanta simpatia. Ma come succede nella vita: mai giudicare dalle prime impressioni. A furia di sfogliare Scuola di cucina si sta instaurando un certo feeling…se son rose fioriranno!
La ricetta che ho scelto rientra nel capitolo dei brasati e degli stufati. Anche in questo caso vengono date delle linee guida sui due metodi.
La differenza più evidente tra i due tipi di cottura è che negli stufati gli alimenti da cuocere sono coperti per la totalità da liquidi, mentre nei brasati la carne, il pesce e il pollame vengono ricoperti per i due terzi. Caratteristica comune è che entrambi prevedono dei tempi di cottura piuttosto lunghi. Avendo scelto il coniglio, che prevede cotture più veloci, i tempi si accorciano.
Per chi avesse una certa difficoltà nel mangiare questo tipo di carne, la stessa Martha suggerisce di sostituirla con cosce o zampe di pollo.
Una precisazione sulle pentole da utilizzare in questo tipo di cotture. Visti i tempi di cottura lunghi meglio optare per pentole e fondo spesso, come quelle in ghisa, e calcolare bene le dimensioni: gli ingredienti dovrebbero stare in un solo strato senza sovrapporsi, ben circondati dal liquido. Inoltre considerate che molte cotture proseguono in forno, quindi sarebbe meglio scegliere un prodotto che possa essere utilizzato in entrambe le situazioni.



CONIGLIO BRASATO ALL’ARANCIA
Per 4 persone

Per rosolare il coniglio
1 coniglio intero fresco (1, 25 kg), tagliato in 5 pezzi (4 zampe e 1 sella disossata; chiedete al macellaio di farlo per voi) (1,3 kg) disossato e tagliato a casa
sale grosso e pepe macinato al momento (sale fino)
30 g di lardo, tagliato in due strisce di 12,5 x1x0,5 (facoltativo, serve a dare più sapore alla carne) 50g di prosciutto (non avevo né lardo né pancetta)
1 rametto di rosmarino per la sella più un altro rametto per brasare
olio d’oliva olio extra vergine di oliva

Per gli aromi
1 cucchiaio di olio d’oliva olio extra vergine di oliva
2 cipolle medie, pelate e tagliate a spicchi di 2,5 cm (lasciata intatta l’estremità e il gambo) cipolle dorate
3 spicchi d’aglio, pelati e affettati finemente
un pizzico di peperoncino rosso a scaglie
un pizzico di cannella

Per brasare il coniglio
½ cup (140) di vino bianco secco
½ cucchiaino di scorza d’arancia finemente grattugiata
275 ml di succo d’arancia spremuto al momento arancia navel
200 g di olive verdi, preferibilmente siciliane denocciolate con il nocciolo

Per servire
1 arancia navel tagliata a spicchi 

 Preparate il coniglio. Disponete la sella disossata con la pelle verso il basso sul piano di lavoro, salatela e pepatela. Stendete la pancetta lungo il centro, da un capo all’altro e poi stendetevi sopra il rametto di rosmarino. Salate e pepate generosamente (ho solo aggiunto pepe). Piegate i lembi della sella, avvolgendola a formare un cilindro. Legate con dello spago.


Rosolate il coniglio. Salate e pepate i pezzi di coniglio su entrambe i lati. Scaldate la padella su fuoco medio alto per 1 minuto, poi aggiungete olio sufficiente a velare il fondo e scaldate finché si increspa. Cuocete i pezzi di coniglio (pochi alla volta in modo tale che la carne venga ben “sigillata”). Ci vorranno 4-5 minuti per parte. Se il fondo della padella diventa troppo scuro abbassate la fiamma. (Se restano pezzetti bruciacchiati deglassate con un po’ di acqua e scartate liquido e pezzetti).
Cuocete gli aromi. Abbassate la fiamma a media intensità ed aggiungete l’olio, le cipolle e l’aglio (se avevate tolto dei pezzi di carne per farli rosolare bene, rimetteteli nella padella). Salate e pepate leggermente se volete (ho preferito farlo alla fine per valutare il grado di sapidità).
Cuocete, mescolando ogni tanto, per 2 minuti, poi aggiungete il peperoncino e la cannella. Continuate a cuocere fino a che le cipolle non saranno traslucide, per circa 3 minuti.
Brasate il coniglio. Riscaldate il forno a 90° (consiglio di accenderlo dopo 15 minuti, visto che la cottura sul fuoco richiede 30 minuti circa…giusto per farvi risparmiare!).
Deglassate la padella con il vino (non viene specificato, ma il coniglio nel frattempo è stato tolto dalla padella), raschiando i pezzetti rosolati dal fondo, e continuate a bollire finché il liquido è leggermente ridotto, per 1 minuto circa. Unite la scorza e il succo d’arancia, le olive e il rametto di rosmarino rimasto. Disponete i pezzi di coniglio in uno strato solo, portate a ebollizione, poi abbassate la fiamma e lasciate sobbollire. Chiudete bene il coperchio e cuocete finché la sella è ben cotta, per 30 minuti circa. Trasferite la sella su un vassoio che vada in forno, copritela e tenetela in caldo in forno. Continuate a cuocere le cosce finché non saranno tenerissime, con la carne che quasi si stacca dall’osso per altri 10-15 minuti (dipende dal metodo di allevamento del coniglio, quello che ho cucinato proviene da un allevamento a terra e ho dovuto allungare di qualche minuto i tempi di cottura). Unitelo alla sella.
Finite la salsa. Fate bollire il liquido di brasatura nella padella finché si addensa e diventa sciropposo, per 6-7 minuti.
Servite. Togliete il rametto di rosmarino dalla salsa e dalla sella. (Togliete lo spago) e tagliate la sella a fette di 2,5 cm. Mettete una coscia con un paio di fette di sella su ogni piatto, poi versateci sopra un po’ di olive, cipolle e salsa. Guarnite con gli spicchi d’arancia.




Note personali. La ricetta è ben scritta e molto dettagliata nei particolari. Ho avuto una certa difficoltà nella comprensione di certi passaggi, ma credo che il problema sia nella traduzione dell’originale…ma non avendo l’originale non posso esprimermi. Quello che inizialmente non avevo capito era legato all’accensione del forno, ho dovuto leggere una seconda volta per capire che in realtà veniva acceso solo per tenere in caldo la sella.
Viene suggerita molte volte l’aggiunta di sale, ma vista la presenza delle olive meglio non esagerare. Anche in questo caso, come nella ricetta dei tacos di Mari, viene tradotto sale grosso, ma credo si tratti anche qui di un errore di traduzione.
Altro piccolo errore, che non va ad inficiare il risultato, è la conversione dei cup.
½ cup equivale a 120 ml e non 140.
A parte queste piccole difficoltà la ricetta è perfetta. Un equilibrio di sapori ben calibrato. La delicatezza del coniglio viene esaltata dalla dolcezza delle cipolle e dell’arancia, il tutto arricchito dalla nota sapida delle olive. 
 Per me ricetta
 PROMOSSA.    

venerdì 23 gennaio 2015

LONZA DI MAIALE ARROSTO



È con un sentimento misto tra onore e paura che inizio a scrivere questo post. La paura di non essere all'altezza, e l'onore di far parte per la prima volta della splendida squadra dello Starbooks.

Rubo un minuto in più del vostro tempo per darvi un'idea più precisa di cosa significhi per me, oggi, prendere in mano la tastiera.

Uno degli aspetti più difficili del mio semestre universitario in terra tedesca, due anni fa, è stato il dover convivere con una struggente e costante nostalgia di casa. I tedeschi la chiamano appropriatamente Heimweh, letteralmente il dolore della patria, un dolore che nasce dalla lontananza e dall’assenza. Tuttavia, dopo qualche tempo, avevo sviluppato un rituale che mi aiutava ad affrontarlo. Tutte le mattine, senza eccezioni, puntavo la sveglia esattamente alle nove, e per un solo motivo: sapevo che, così facendo, appena aperti gli occhi mi sarei potuta collegare a questo sito. Per me era un po' come ritornare a casa, come riannodare ogni mattina il filo che mi lega, ovunque io sia, all'Italia. E per questo non posso far altro che ringraziarvi ancora, questa volta con la gioia di poterlo fare da qui.



D'accordo, do un taglio ai sentimentalismi e vengo al dunque. Ho appreso con gioia il titolo del libro delmese, perché è da diverso tempo che volevo provare una ricetta di Martha Stewart, ma per qualche motivo non se n'era mai presentata l'occasione. Ben prima di interessarmi di cucina conoscevo la Martha per i suoi problemi con il fisco (argomento di numerose battute sarcastiche nelle serie tv di quel periodo), ma negli ultimi anni ho imparato a collegare il suo nome a liste inesauribili di ricette perfettamente riuscite.

Ed è proprio in virtù della fiducia di cui la Stewart gode che ho deciso di metterla alla prova preparando questo arrosto per un'occasione particolare, il pranzo del primo gennaio, e per un pubblico decisamente tropp..ehm molto esigente, cioè la mia famiglia al gran completo!

Visto che sono qui a scrivere, potete ben immaginare come sia andata ;)


LONZA DI MAIALE ARROSTO



I tagli magri e teneri del maiale, come la lonza, si arrostiscono spesso con l’osso, che dà sapore ed evita che la carne si asciughi in cottura. Anche il maiale senz’osso è buono arrosto, a patto di non cuocerlo troppo – ritornello comune in ogni lezione sugli arrosti – e di esaltare il sapore con varie tecniche, come la bardatura con la pancetta. Siccome la parte esterna del maiale non farà la crosta nel forno se è coperta con la pancetta, deve essere rosolata prima sul fornello e poi strofinata con le erbe aromatiche.



Se arrostite il maiale senza bardatura, non rosolatelo prima sul fornello; il calore forte iniziale del forno lo farà scurire a sufficienza. Per garantire un risultato ricco di gusto, salate e pepate generosamente e massaggiatelo con un po’ di olio d’oliva ed erbe aromatiche; o praticate piccole incisioni nella parte superiore della lonza e infilateci delle fettine d’aglio (la cosiddetta “lardellatura” con l’aglio, invece che con il lardo). 







Ingredienti

1 Lonza di maiale senz'osso (circa 900gr)

Sale grosso e pepe macinato al momento *vedi nota

1 cucchiaio di rosmarino tritato finemente, più un rametto intero

Olio d'oliva *per me extravergine

340 gr di pancetta a fettine molto sottili (circa 20 fette) *vedi nota


Rosolate il maiale Riscaldate il forno a 230° C. Lasciate riposare la carne a temperatura ambiente per un'ora. Asciugatela tamponando con la carta da cucina, poi salate (non troppo, perché la carne sarà avvolta nella pancetta) e pepate. Scaldate una padella di ghisa su fuoco medio-alto, poi aggiungete olio sufficiente a coprire appena il fondo della padella e scaldate finché è caldo ma non fumante. Rosolate la carne finché è scura su tutti i lati, girandola via via con le pinze, per 6-8 minuti in tutto. Toglietela dalla padella e lasciatela raffreddare per 15 minuti (se cercate di avvolgerla mentre è molto calda, la pancetta scivolerà).

Versate via il grasso in eccesso dalla pentola.



Avvolgetelo nella pancetta Strofinate la carne con il rosmarino tritato. Stendete sei pezzi di spago da cucina su un piano pulito, quattro in un verso (avvolgeranno il maiale per il largo, perciò dovrebbero essere lunghi quanto il diametro della carne) e due perpendicolari a questi. Disponete 12 fette di pancetta sugli spaghi, leggermente sovrapposte, in un rettangolo (dovrebbe superare di 2,5 cm la carne su ogni lato). Mettete la carne sulla pancetta e stendeteci sopra le fette rimanenti, sempre sovrapponendole un po’, per coprire tutto il maiale. Appoggiateci il rametto di rosmarino. Per avvolgerlo, fissate la pancetta con lo spago, legando prima i due nel senso della lunghezza, poi gli altri. (L’arrosto sarà più compatto e arrostirà in modo uniforme e la pancetta non si sposterà.)


Arrostite Rimettete la carne in padella e infornate. Arrostitela, bagnandola ogni tanto con i suoi succhi, finché il termometro a lettura istantanea nella parte più spessa segna 59° C, per il 40-50 minuti.

Tagliate e servite Togliete lo spago. Tagliate il maiale a fette e servite.


Note
  • Ho due appunti da fare sugli ingredienti. Il primo riguarda la dicitura “sale grosso”: come è già stato fatto notare da Stefania, il sale grosso americano è in realtà più sottile del nostro, e d’altronde non avrei trovato agevolissimo massaggiare la carne con il sale grosso a mia disposizione, quindi ho usato quello fine.
    La mia seconda osservazione riguarda la pancetta: nella lista ingredienti, infatti, si legge che sono necessari 340 gr di pancetta tagliata “a fettine molto sottili”. La mia supposizione è che negli Stati Uniti la pancetta venga di norma tagliata piuttosto spessa, il che spiega una precisazione di questo tipo e indica che il “molto sottile” della Martha corrisponde ad un nostro “sottile ma non troppo”, tanto più che poi ci viene detto che dai 340 gr di pancetta dovrebbero risultare circa 20 fette. Adesso non so voi, ma se io chiedo al mio salumiere italiano di affettare sottilmente 340 gr di pancetta, ne vengono fuori ben più di venti! Questa considerazione, unita al fatto che la Martha si premura di ricordare, in una nota laterale, di non far affettare la pancetta troppo sottile, per evitare che scompaia del tutto in cottura, mi ha convinta ad utilizzare delle fettine non sottilissime, e il risultato mi sembra simile (almeno visivamente) a quello del libro.
  • Non avendo a disposizione una pentola di ghisa, ho sigillato la carne su una piastra di ghisa e l’ho poi trasferita in una pirofila di pyrex precedentemente fatta scaldare in forno. Non mi sembra che questa procedura abbia causato problemi.
  • I tempi di cottura suggeriti sono perfetti. Ho dovuto combattere strenuamente con mia madre che provava a convincermi ad aggiungere acqua, temendo che la carne non rilasciasse succhi a sufficienza per poterla bagnare in cottura. Resistete alla tentazione e abbiate pazienza, la carne rilascerà i succhi e il grasso della pancetta si scioglierà producendo abbastanza liquido per procedere al bagno suggerito.
  • La carne riesce semplicemente alla perfezione. Per niente asciutta, rischio considerevole in tutti gli arrosti, si scioglieva in bocca ed era estremamente saporita. Gaudio e giubilo dei commensali, che si servivano generose seconde porzioni.
  • Fra parentesi, aggiungo che avrei voluto provare ad arrostire delle mele o altra frutta insieme al maiale, così come suggerito dalla Martha, ma la famiglia al gran completo ha posto il veto e ha preferito le più banali patate. Ubi maior… Devo però ammettere che anche le patate, insaporite dai succhi della carne e dalla pancetta, erano ottime!

    Tutto ciò considerato, non posso far altro che dichiarare, senza ombra di dubbio, questa ricetta

    PROMOSSA

giovedì 22 gennaio 2015

DROP COOKIES

Inizialmente avevo scelto, come mia seconda ricetta per questo Starbooks, la crema di zucca e pere: interessante abbinamento, e mi incuriosiva molto proporla in casa, visto che la crema di zucca è in assoluto la ricetta più amata in questa magione.
Però mi è sembrato che questo Starbooks fosse, soprattutto all'inizio, un po' sbilanciato sul versante zuppe, creme e minestre, quindi ho deciso di cambiare proponendovi uno dei classici della cucina americana: i COOKIES!!!
Martha è famosissima per i suoi biscotti, sui quali ha scritto anche un intero libro, che è una vera Bibbia sull'argomento. Volevo quindi sperimentare la sua versione di questi evergreen.

Come al solito il testo è ricco di suggerimenti e trucchi per ottenere i risultati migliori.

A partire da una vera e propria esegesi sullo sbattere il burro a crema, che potrebbe sembrare un'operazione semplice, ma in realtà va portata a termine con la dovuta pazienza, se si vogliono ottenere i risultati voluti.
Ve la riporto per darvi un'idea del livello di precisione che raggiunge Martha nelle sue spiegazioni: spiegando le cose così dettagliatamente diventa davvero difficile sbagliare.
Lo scopo di lavorare a crema il burro con lo zucchero è creare delle sacche d'aria, o cellule, che si formano quando i granuli di zucchero si mescolano al grasso. Poi, durante la cottura al forno, i gas provenienti da qualsiasi lievito chimico si mescolano con l'umidità che evapora per gonfiare le sacche, dando un prodotto finito leggero, dalla bella consistenza. Per lavorarlo a crema, è importantissimo che il burro sia a temperatura ambiente, perché le sacche d'aria non si formano nel burro freddo. Se vi dimenticate di tirarlo fuori dal frigorifero, ci sono alcune scorciatoie per accelerare il processo (vedi nota), ma usatele con attenzione. Se il burro diventa troppo caldo o morbido, non terrà abbastanza bene la sua struttura, e dovrete metterne un po' ancora in frigo prima di lavorarlo a crema (ndr in realtà nel testo originale dice che dovremmo metterlo tutto un po' in frigo, non solo una parte...)
Si può lavorare a crema a mano - alla vecchia maniera, con un cucchiaio di legno - il che richiede un bel po' di muscoli (e di perseveranza) o con lo sbattitore elettrico. Ci sono alcuni vantaggi nel farlo a mano almeno alcune volte: potrete osservare da vicino l'interazione del grasso con lo zucchero e imparare a sentire quando si è raggiunta la consistenza giusta (senza correre il rischio di lavorarlo troppo). Alcune ricette danno un'indicazione di quanti minuti lavorare il burro a crema, ma gli indizi visivi saranno i più importanti: il composto dovrebbe diventare più chiaro - color panna -, aumentare di volume ed essere spumoso. Una volta raggiunto questo stadio, non continuate a lavorare, perché se è troppo lavorato le cellule d'aria che si saranno formate collasseranno.
Il testo continua spiegandoci dettagliatamente come fare ad aggiungere altri ingredienti

E se ci siamo dimenticati di tirare il burro fuori dal frigo per tempo?

Assolutamente non metterlo nel micro-onde, o al caldo, meglio tagliarlo a fette sottili o grattugiarlo con una grattugia a fori grandi.

Io quella della grattugia non la sapevo! Dalla Martha c'è sempre da imparare!!!!

I suggerimenti utili non si fermano qui: buona l'idea di surgelare una parte dell'impasto, se ci sembra troppo, o meglio surgelare le palline già formate, in modo tale da averle pronte per ogni evenienza.

Se dovessero venire troppo compatti e duri,  forse possiamo aver usato ingredienti troppo freddi o non abbiamo lavorato il burro a sufficienza. Per evitare che si allarghino troppo in forno si possono mettere le palline in frigo prima di infornarle.

Insomma, davvero un'approfonditissima disanima De biscoctis, o, meglio About cookies.

L'autrice ci informa che i biscotti vengono piuttosto duri, e che volendo ottenere una consistenza più elastica (for a chewier texture) si può ridurre di 60 g la farina e cuocerli 2 minuti in meno.
 Conoscendo le farine senza glutine, ho provato subito questa seconda versione, senza però rendermi conto che così facendo il mio impasto sarebbe stato composto da 225 g di burro per 285 g di farina, e che le farine senza glutine avrebbero faticosamente sopportato un tale rapporto burro:farina.

E in effetti così è stato (vedi note sotto) e per verificare la ricetta sono stata costretta (sic!) a rifarli una seconda volta con le dosi originarie. Decisamente migliori, almeno con le mie farinacce!

Ed eccoci finalmente alla ricetta!


Gluten free drop cookies DROP COOKIES
Per 40 biscotti
Da: Martha Stewart - Scuola di cucina - Giunti
3 cup (345 g) di farina (io 75 g di amido di tapioca (¶)+ 70 g di amido di mais (¶)+ 140 g di farina di riso (¶) + 40 g di fecola di patate (¶) + 20 g di farina finissima di mais (¶) + 5 g di xantano (¶)) (VEDI NOTE IN FONDO)
1 cucchiaino e mezzo di sale grosso (VEDI NOTE IN FONDO)
1 cucchiaino e 1/4 di bicarbonato
225 g (2 sticks) di burro a temperatura ambiente 
1 cup (180 g) di zucchero di canna chiaro (o scuro, per un sapore più intenso) (VEDI NOTE IN
FONDO)
1/2 cup (115 g) di zucchero
2 uova grandi a temperatura ambiente
1 cucchiaino di pura essenza di vaniglia (¶) (VEDI NOTE IN FONDO)
150 di aggiunte a piacere (gocce o pezzetti di cioccolato fondente (¶); noci pecan, noci o arachidi tritate grossolanamente; uvetta; mirtilli rossi secchi, amarene secche o frutta disidratata a pezzetti, come albicocche datteri o fichi (¶))

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione.

Preparate il forno e le teglie. Riscaldate il forno a 180° con una griglia al centro del forno e una nella parte inferiore. Rivestite due teglie da biscotti grandi con la carta da forno.

Mescolate gli ingredienti secchi. Mescolate farina (io le polveri), sale e bicarbonato.

Lavorate a crema il burro e gli zuccheri. Mettete il burro e i due tipi di zucchero in una ciotola. Schiacciatelo e mescolate con un cucchiaio di legno finché il composto è molto leggero e spumoso (ci possono volere fino a 6 minuti a mano, e 2-3 minuti con lo sbattitore elettrico). Aggiungete le uova, una alla volta, mescolando finché sono incorporate dopo ogni aggiunta. Unite la vaniglia.

Unite gli ingredienti secchi e le aggiunte. Unite gli ingredienti secchi in tre volte. Unite le aggiunte desiderate. Se invece preparate biscotti di tipi diversi, dividete l'impasto in parti uguali e incorporate le dosi adeguate di aggiunte: 180 g circa per metà impasto, 135 g circa per un terzo di impasto.

Infornate e raffreddate. Con un dosatore per gelato da 4 cm, fate delle palline di impasto e posizionatele sulle teglie a circa 5 cm di distanza. Infornate, invertendo e ruotando le teglie a metà cottura, finché i biscotti sono ben dorati sui bordi e solidificati al centro, per 13-15 minuti. Lasciateli sulle teglie per 5 minuti, poi fateli raffreddare del tutto sulle gratelle. Si conservano in un contenitore a chiusura ermetica a temperatura ambiente per una settimana, o in freezer per un mese.

MIE NOTE
  • Come ho già scritto sopra, ricetta dettagliatissima, descritta approfonditamente in ogni passaggio, e per la quale vengono studiate tutte le possibili cause di "fallimento" e suggeriti i possibili rimedi. Più didattico di così!!!!
  • Dosi perfette: ho fatto questi biscotti due volte, la prima dose intera, la seconda metà dose, e mi sono venuti 40 biscotti la prima volta, 20 la seconda.
  • Ho voluto provare entrambe le versioni, quella fornita nel testo e quella chewier con meno farina e tempi di cottura ridotti. Almeno con le mie farine, decisamente migliore la ricetta in versione originale. Quella con meno farine è risultata decisamente molto, troppo burrosa, e il giorno successivo i biscotti una volta messi in bocca hanno rilasciato il burro, sensazione per niente piacevole. Ma questo credo dipenda davvero più dalle mie farine senza glutine che dalla ricetta in sé: questo ad esempio è un tipico problema che si può riscontrare nella pasta sfoglia senza glutine, se non si usano le farine giuste. Quindi il suggerimento è: se usate farine deboli, fate la ricetta standard
  • Come si vede dalla foto, ne ho realizzate tre versioni: una con uvetta e frutti rossi, una con pezzetti di cioccolato fondente, un'altra con arancia candita (hand made) e pezzetti di cioccolato fondente. Responso: i miei figli, ça va sans dire, hanno preferito quella con i pezzetti di cioccolato, io quella con i mirtilli rossi e l'uvetta, anche perché, trattandosi di biscotti molto burrosi, trovo che stiano meglio con la frutta disidratata che con il cioccolato.

Questo per quello che riguarda la ricetta in quanto tale, sulla quale c'è poco da dire.

Ho invece riscontrato alcune imprecisioni nella traduzione e nelle conversioni:
  • conversioni cup --> grammi. Per me, 1 cup = 120 g di farina, quindi le 3 cup della ricetta corrisponderebbero a 360 g e non 345 g di farina. 15 g sono pochi, direte. Però un po' contano, a mio avviso, e penso che in questi biscotti non ci sarebbero stati male.
  • coarse salt. Tradotto come sale grosso, come segnala Stefania, in realtà è un sale grosso americano, più fine del nostro sale grosso. Non sarebbe facile far sciogliere il sale grosso nostrano in questa ricetta. Io ho usato il sale fine, e penso che sia una scelta corretta.
  • zucchero di canna (chiaro). Nel testo originale è scritto parla di (light) brown sugar, che NON è lo zucchero di canna, ma uno zucchero a cui viene mescolata una percentuale di melassa. Usatissimo nella pasticceria americana, e anglosassone in genere, adesso è abbastanza facilmente reperibile nei negozi etnici o biologici. Si può anche fare da sé, come ci insegna Laurel Evans, mescolando un cucchiaio di melassa con una tazza di zucchero. Se proprio si vuole si può usare lo zucchero di canna, ma consapevoli che il sapore è diverso: la melassa conferisce al brown sugar un forte retrogusto di liquirizia, totalmente assente dallo zucchero di canna, chiaro o scuro che sia. 
  • pura essenza di vaniglia: nel testo originale si parla di pure vanilla extract, intendendo che si deve trattare di essenza di vaniglia pura e non di un sostituto di origine chimica. Da noi non è facilissimo reperirla, io la sostituisco usando al posto dello zucchero uno zucchero vanigliato home made, che ottengo conservando lo zucchero in un barattolo chiuso insieme a delle bacche di vaniglia.

Malgrado le imprecisioni nella traduzione, che potrebbero rischiare in alcuni casi di compromettere la buona riuscita dei biscotti (vedi questione sale) la ricetta è comunque

 PROMOSSA

mercoledì 21 gennaio 2015

CREME BRULE'

Nel mio personale metro di giudizio, quando mi capita di uscire a cena in qualche nuovo ristorante, il peso che muove il braccio della bilancia verso il sorriso o la delusione, è la carta dei dolci. Immancabilmente.
Si, lo so che magari ci sono tanti aspetti che andrebbero valutati prima di farsi un'opinione, ma per me un ristorante che mi propina la carbonara del secolo e poi mi scivola sul tortino al cioccolato, non si merita il mio totale apprezzamento.
Che ci volete fare, sono una "sweet tooth", come dicono gli inglesi, e questo termine mi piace perché esprime esattamente una predisposizione di gusto.
L'ho detto tante volte che sono golosa ma in realtà amo appassionatamente la pasticceria e la trovo un'arte complessa ed entusiasmante.
Ecco perché di fronte ad una carta dei dolci in cui appare un'ordinaria "crème brulé" o la sua cugina mediterranea "crema catalana", io finisco sempre col caderci. La ordino con la speranza di trovare finalmente quella che mi farà dimenticare tutte le altre (delusioni).
Nulla, niente. Ma in generale è triste notare come sul fronte "dolce"anche i migliori ristoranti abbiano ancora tanta strada da fare. Come se la pasticceria fosse qualcosa che non ha nulla a che vedere con la cucina.
Vabbè, sul tema probabilmente ci scriverò un post a parte.
Dal voluminoso manuale "Scuola di cucina" di Martha, protagonista di questo Starbooks, ho chiesto di poter testare questa ricetta, che si trova ovviamente nella sezione "Dessert".
Martha d'altronde cavalca la sua personale predisposizione, quella nei confronti della pasticceria, verso la quale ha già ampiamente  dichiarato eterno amore con la pubblicazione degli inossidabili "Cookies", "Cakes", "Pies and tarts" e il "Baking Handsbook"(libri meravigliosi, ve lo giuro).
Forse proprio per questo la sezione del manuale contiene esclusivamente i fondamentali come ogni scuola di cucina che si rispetti, ma con passo passo ben chiari e piccoli trucchi di grande aiuto per gli absolute beginners.
Tornando alla nostra crème brulé, io non l'ho mai fatta prima.
Chiamatela soggezione, chiamatela paura di concenti delusioni.
Una l'ho già avuta ai tempi del Crème Caramel della Rachel Khoo con una ricetta completamente sbagliata. Quindi sono la principiante perfetta.
Per chi non la conoscesse, la crème brulé è un super classico: deliziosa crema vellutata a base di panna,  servita rigorosamente fredda, coperta da una vetrosa crosticina di zucchero caramellato.
L'emozione di mangiare questo dolce intramontabile, sta anche nel violare la crosta con il cucchiaino attraverso un piccolo colpo deciso, e scoprire il cuore morbido e voluttuoso.
Non è un piacere fantastico?
Ma andiamo alla ricetta
Ingredienti per 8 persone
800 g di panna fresca
170 g di zucchero
1 baccello di vaniglia inciso nella lunghezza
7 tuorli grandi
1/4 di cucchiaino di sale grosso
Preparate il forno e gli stampi: riscaldate il forno a 150°. Portate ad ebollizione una pentola o un bollitore d'acqua. Mettere gli stampi da 140 g in una teglia per arrosti grande.
Scaldate la panna a fuoco dolce: mescolate la panna e meta dello zucchero (55 g + 2 cucchiai) in una pentola media. Raschiate i semi di vaniglia nella pentola poi aggiungete il baccello. Scaldate su fuoco medio finché iniziano a formarsi le bollicine intorno alle pareti, per 7/8 minuti (non fate prendere il bollore).
Nel frattempo sbattete i tuorli: sbattete i tuorli con il resto dello zucchero ed il sale in una ciotola capiente.
Stemperate le uova: usate un mestolo per versare una piccola quantità di composto di panna caldo nelle uova, poi sbattete (così le uova si stemperano evitando che impazziscano). Aggiungete altri due mestoli di panna, uno alla volta, sbattendo bene dopo ogni aggiunta.
Incorporate gradualmente il resto della panna. Filtrate il composto attraverso un clini fine (per eliminare il baccello di vaniglia ed eventuali pezzetti di uovo cotto) in una caraffa graduata grande.
Informate: distribuite la crema negli stampi, mettete la teglia in forno e versateci l'acqua bollente, quanta ne basta per arrivare a metà degli stampi. Cuocete finchè la crema è rappresa (dovrebbe tremolare un poco se la si scuote), per 30/40 minuti.
Raffreddate: tirate fuori la teglia dal forno e trasferite gli stampi con le pinze daòl bagnomaria a una griglia. Lasciateli per 30 minuti, poi copriteli con la pellicola e metteteli in frigo per almeno 2 ore (fino ad un massimo di 3 giorni) prima di servire.
La crema finirà per rapprendersi in frigorifero. Se volete, trasferite la crema in freezer 15 minuti prima di servire per essere sicuri che resterà fredda dopo essere stata "bruciacchiata" (questo è particolarmente importate se usate il grill).
Caramellate e servite: cospargete 1 cucchiaino 1/2 c.ca di zucchero su ogni crema. Passate la fiamma del cannello con un movimento circolare 2,5 cm al di sopra della superficie finché lo zucchero non forma le bollicine, diventa color ambra e si indurisce. Servite subito.

La crème brulé che mi è capitato di mangiare in giro si presentava così:
- la crema è dura e gelatinosa
- la crema sa di uova 
- la crosta è morbida e granulosa
- la crosta è dura ma sa' di combustibile, alcool o altro elemento che non sono ancora riuscita ad identificare
- la crosta fa schifo, la crema fa schifo.
Preparare questo dolce è stato di una facilità disarmante. 
Talmente facile che ho già in programma di rifarla questo week end. 
La Martha chiaramente non sbaglia un colpo e la ricetta è spiegata con molta cura ma ci sono piccoli aggiustamenti che farei, così come consigli per facilitare le operazioni, che vorrei condividere con voi qui di seguito. In aggiunta ad un dubbio relativo alla quantità.
- Sale grosso: 1/4 di cucchiaino mi è sembrato comunque tanto. Ho usato sale fino e giusto la punta del cucchiaino.
- Stemperare le uova: usate una frusta e versate la panna calda a filo. Il rischio non è che le uova impazziscano ma semplicemente che si cuociano. La frusta aiuta ad amalgamare velocemente i liquidi senza che questo accada
- quando preparate la teglia per il bagnomaria, consiglio di porre sul fondo della teglia due fogli di carta assorbente che bagnandosi impediranno alle cocottine di scivolare sulla base della teglia quando la solleverete, e resteranno ben ferme.
- Consiglio inoltre di posizionare la teglia con le cocotte nel forno prima di avere versato l'acqua. Una volta sulla griglia, versate l'acqua calda dentro la teglia ed eviterete di doverla trasportare con il rischio che l'acqua schizzi nelle cocotte.
- Io ho alzato la temperatura a 160° perché so che il mio ha bisogno di un po' più di "calorie" su questo genere di cottura. Valutate con il vostro forno.
- I tempi sono corretti. In 40 minuti secchi le creme erano pronte.
- Io ho aspettato che le creme fossero completamente fredde prima di coprirle con la pellicola e metterle in frigo, per evitare la formazione di condensa che resta all'interno della pellicola e finisce con l'inumidire la crema.
- Ho usato zucchero di canna demerara chiaro perché a me piace molto il suo sapore una volta caramellato. Non ne ho messo uno strato alto perché non mi piace una crosta troppo spessa. 
- L'operazione della caramellatura con il cannello è fondamentale: deve essere fatta nel più breve tempo possibile per evitare che la crema si scaldi quindi ho tenuto la fiamma alta e mi sono avvicinata un po' di più. Più velocemente si fa l'operazione, migliore è il risultato ed il sapore. Meglio il cannello del grill sicuramente. 
- La crosta si fredda e si indurisce in pochi istanti. Attendete che si sia indurita prima di servire. Fate toc toc con il cucchiaino per verificare se è pronta.
IL DUBBIO:
- Essendo in famiglia solo 3 anime, ho deciso di dimezzare la quantità ed ho esattamente diviso a metà le dosi indicate così da avere creme per 4 persone. Ho utilizzato 4 cocotte ad hoc che vedete in foto e le ho riempite bene, e mi è nonostante tutto, avanzata crema per riempire altre 3 ciotoline più piccole ma più profonde. I 400 g di panna fresca sono quasi mezzo litro di panna che unita alle uova produce un bel volume di crema. Le dosi indicate da Martha, se si utilizzano cocotte non grandissime, sono per un piccolo esercito. Non penso che questo sia un problema di conversione perché il risultato comunque è ottimo, solo che probabilmente la dose corretta della ricetta è per 10/12 persone. 

Dopo tutto sto papier, posso solo dire con soddisfazione 

PROMOSSA!