venerdì 31 gennaio 2014

STARBOOKS MAGAZINE: LIVING DI MARTHA STEWART


Copertine accattivanti.
Colori tenui.
Uno studio dietro c'è, è ovvio.
Ed è fatto per far cadere in estasi persone esattamente come me.
Non so voi, io non ho resistito quella primissima volta che vidi un numero della rivista Living nella biblioteca della mia scuola.
Un giornale di cucina, si.
Ma nel tempo è cambiato, diventando più un manuale del vivere quotidiano in ogni suo aspetto.
Ricette, tante.
E per essere un giornale americano, esattamente parte del grande impero di Martha Stewart, una voce fuori dal coro rispetto a ciò che ci si può aspettare da una rivista d'Oltreoceano.
Dolci, certo, tanti e burrosi.
Però anche molta attenzione a piatti leggeri e più salutari, in un subdolo, oso dire, ma costante tentativo di educare il palato made in USA a sapori ed abbinamenti che molto hanno a che fare con la nostra amata dieta mediterranea.
Esce ogni mese, quasi sempre: infatti i numeri di Gennaio e Febbraio sono stati uniti in un unico "winter issue", numero invernale.
Cosa c'è dentro? Di tutto.
Dalla rubrica "From Martha", in cui la poliedrica Ms. Stewart dispensa consigli della più varia natura, dalla bellezza alla coltivazione del prezzemolo, al bellissimo calendario che ricorda quando piantare gli spinaci e quando fare trenta minuti di aerobica!
Abbiamo anche la pagina  "Ask Martha", in cui i lettori possono porre quesiti su ogni parte dello scibile domestico, e state sicuri che ci sarà una risposta.
La scuola di cucina per stendere perfetti sticky buns ed i consigli per non avere fame durante le diete.
Persino la spiegazione della tecnica perfetta per spalare la neve così da non ricavarne un mal di schiena!
Molta enfasi al giardinaggio e alla cura degli animali domestici, oltre a mille idee, mangerecce e no, per qualunque festa sia in arrivo: e infatti nel winter issue troviamo idee su come incartare graziosamente regali di San Valentino fino agli immancabili biscotti a forma di cuore.
Tanta pubblicità, ovvio, e soprattutto dei prodotti di Martha, che oltre a show di cucina e riviste varie produce una serie di oggetti che farebbero la gioia di ogni cuoca, e una linea di arredamento per tutta la casa che comprende persino le carte da parati, per non parlare della recente linea di bellezza naturale.
Come si vede dalla copertina si enfatizza un concetto di detox dopo le feste, quindi via a molte ricette con gli agrumi, spremute, smoothies e piatti light.
Per non smentirsi, qualche dolce imperdibile.
Uno ve lo propongo qui sotto: dei biscottini croccanti e deliziosi, facilissimi, e dall'aroma molto interessante per via della buccia di pompelmo nell'impasto.
Che dopo tanto detox, uno ci sta tutto ;)
Ah, se voleste leggerla anche in Italia ne esiste anche la versione per Ipad, come da foto.




SPEEDY BISCOTTI BITES
da Living di Gennaio/Febbraio

75 g di farina
75 g di farina di mais tipo Fioretto
90 g di zucchero 
un pizzico di sale
mezzo cucchiaino di lievito per dolci
45 g di burro
un uovo intero
un cucchiaio di buccia di pompelmo grattugiata
60 g di farina di cocco
70 g di cioccolato fondente grattugiato


Battere il burro finchè chiaro e montato, quindi unire lo zucchero e battere per altri 3 minuti.
Unire quindi l'uovo sempre battendo.
A parte mescolare farina, farina di mais, buccia di pompelmo, sale e lievito ed unirli mescolando a mano solo finchè il tutto è amalgamato. Unire quindi farina di cocco e cioccolato grattugiato.
Formare i biscotti aiutandosi con un cucchiaino: farli piccoli perchè si allargano in cottura e distanziarli molto bene in teglia.
Farli raffreddare molto bene in frigo per almeno mezz'ora ( o un quarto d'ora in freezer) quindi cuocerli in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 18-20 minuti.
Ogni forno è diverso, dovranno essere dorati sui bordi.
Farli raffreddare quindi, se si vuole, intingere la base in cioccolato fuso e far rapprendere prima di servire.
I biscotti durano una settimana in una scatola di latta.


martedì 28 gennaio 2014

STARBOOKS RETRO'



Devo ancora capire bene come mai è stata assegnata proprio alla sottoscritta la rubrica “vintage” :-) … scherzo! me la sono “presa” al volo questa opportunità fantastica : guardare le riviste di cucina con occhi diversi.
La Cucina Italiana degli anni 60 non era una rivista sola di cucina, anzi!
Su circa 128 pagine queste erano le rubriche più o meno fisse di ogni mese :
i personaggi nella loro casa : attori, cantanti, scrittori fotografati nelle loro case.
la difficile vita matrimoniale: consigli per rendere perfetto il menage
la cucina nella storia : ricette di vari periodi storici
la saggia zia Maria ovvero “le cose indispensabili per la casa” : si parla dell’importanza del frigorifero, della lucidatrice …
cronache della bontà: imparare dalla fatica e dalla sofferenza
Economia domestica: come si organizzano le famiglie : ogni mese foto e intervista di una donna di casa che spiega come fa ad organizzarsi tra marito (in primis!) figli e faccende domestiche …
I consigli di Guglielmina : consigli per gli acquisti
La posta di Caterina : non solo domande di cucina ma di tutto un po’ compreso galateo e letteratura!

Oltre a queste , ospitava anche articoli su :
bar e ristoranti : articoli approfonditi con foto, menu e curiosità e interviste su ristoranti e locali alla moda
Arredamento
Moda
Animali
Maglia/uncinetto
Barzellette

Alle ricette quindi era riservata meno della metà della rivista.
Un giornale quindi da leggere, con calma, da cima a fondo che avrebbe tenuto compagnia alle massaie di allora, per tutto il mese .
Un giornale ricco, moralmente integerrimo e nello stesso tempo “alla moda” nel quale ogni donna amava ritrovarsi.
Una rivista di costume perché anche di questo trattava La Cucina Italiana dei tempi e dispensava consigli e idee per rendere la vita delle donne di allora migliore, sia che si trattasse di lucidatrici , di frigoriferi, di consigli sul bucato, sia di vita matrimoniale.

Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che la mia curiosità femminile è stata letteralmente rapita.
Io in quegli anni c’ero! Certo ero piccina ma mi ricordo bene come vivevano i miei genitori, i miei zii ; ma ero ben lontana da immaginare quale strani “equilibri” mantenessero le coppie inossidabili (all’apparenza), almeno stando a quanto recita la cucina italiana…


Aprirei questo post con un articolo pubblicato nel mese di ottobre 1963 nella rubrica “La difficile vita matrimoniale” dal titolo (favoloso) : I problemi inutili.
Non pensate però a ragionamenti in puro stile zen della serie “l’acqua mi bagna il vento mi asciuga” grazie ai quali la coppia supera insieme le grandi e piccole difficoltà, nossignori, anzi, nossignore il nocciolo della questione si riassume nell’introduzione dell’articolo:

"Spesse volte dei difetti, non veramente gravi, avvelenano la vita in comune e distruggono un matrimonio."

E i difetti sappiate che in quegli anni li avevano, ebbene si, solo le donne : siete avvisati!
Riprendendo l’articolo mi addentro nel merito e scopro che il tema clou è il seguente :
come si deve porre la moglie troppo ordinata e quella troppo disordinata nei confronti del marito?
Noiosa ed esagerata la prima, “sciatta e disgustosa” la seconda : entrambe una delusione!
Come salvare il matrimonio????

Ma andiamo con ordine, iniziamo con le mogli ordinate e “chiacchierone” (altro difetto imperdonabile…):

"vi sono certe mogli che al ritorno del marito da un viaggio, lo ricevono non con l’amore e l’entusiasmo dovuto ma letteralmente investendolo, appena in casa, raccontando cose sciocche e insignificanti che sono successe. Alla fine il marito, scocciato, va a leggere il giornale …

se una moglie è molto precisa non deve scocciare il marito disordinato , ma lasciargli una certa libertà d’azione ."

Nell’articolo si parla di bagni lasciati in disordine, di pavimenti rigati per cui la moglie precisa e petulante non concede tregua al povero marito, al quale non resta che stare fuori casa il più possibile oppure arrivare in casa e sedersi sulla poltrona a leggere il giornale senza parlare.
Questa donna sta dietro a cose “insignificanti” rovinando l’armonia della famiglia.

Nel caso in cui invece fosse la donna quella disordinata non la si perdonava, ma non solo :
"…la donna disordinata è sciatta e quindi poco femminile , finisce con il disgustare.
Il disordine, mentre è un difetto che in genere tutti perdoniamo ad un uomo, diventa molto più spiacevole in una donna."

E come fare a trovare l’armonia di coppia in queste situazioni antipatiche in cui la donna, ordinata o disordinata che fosse, non doveva in alcun modo “disturbare” il marito con lamentele e lagne ?

Semplice !!…Tacendo , sempre,senza rim roverare mai il marito, non solo sopportando, ma accettando e comprendendo e soprattutto

"…senza tentare di cambiarlo…"

perché solo così si può essere felici e godere dell’atmosfera serena e gioiosa in casa!
Una brava moglie doveva accettare il disordine e la mancanza di rispetto perché era normalissimo accettare il caos maschile, ma imperdonabile quello femminile.
Gli unici dialoghi attribuiti alle donne erano quelli relativi ai pettegolezzi del condominio, ai fastidi con la cameriera e, ovviamente, come potevano essere accettati dagli uomini di casa, dai quali dipendeva il benessere della famiglia di cui beneficiava, in primis, la moglie stessa ?
Quindi care le mie signore degli anni duemila sappiate che uno dei segreti per salvare il matrimonio è:
tolleranza .

l’articolo si conclude infatti con questa frase:
"… e cos’è la tolleranza se non un modo per voler bene?"

Devo ammettere che, a parte l’assoluta disparità tra uomo e donna di quegli anni, la tolleranza è un buon consiglio per un rapporto a due, purché sia scambievole e non univoco come nei favolosi ’60.
Alle povere mogli degli anni sessanta non restava che dedicarsi alla casa, al marito, ai figli senza ribellarsi. Dove trovare conforto e comprensione allora?
Cucinando, diventando ottime cuoche e amministratrici casalinghe meglio di un commercialista, psicologhe e…
E’ davvero irrefrenabile la voglia di scrivervi subito tutte le “chicche” trovate su queste storiche riviste, le dovrò centellinare mese per mese e vi parlerò di economia domestica, dei personaggi famosi ritratti nelle loro case, di buona educazione, di posta delle lettrici e di risposte impensabili ai giorni nostri , di vite casalinghe di donne qualunque intervistate e fotografate nella loro quotidianità e anche di moda, arredamento, arte, pubblicità…

lunedì 27 gennaio 2014

LO SCAFFALE DELLO SB



Tra il dire e il fare...

Il Dire: "facciamo una rubrica mensile, in cui passiamo in rassegna le novità editoriali del mese? tutti i libri che vediamo sugli scaffali delle librerie e che non riusciamo a starbookare, ma che secondo noi meritano di essere segnalati?"
(sottofondo di trombette, petardi, cori da stadio, a significare la composta approvazione del resto del gruppo)

Il Fare: "Ale, sono uscita da Feltrinelli senza comprare niente, per la prima volta in vita mia"
(in coro)
Io, ovviamente, ho dato il la.

Insomma, se non lo aveste capito: l'intenzione c'era (e tranquilli, che qualcosa si è trovato), ma il mercato editoriale di gennaio è fiacco, un po' per tradizione (le cartucce, si sparano tutte a Natale), un po' per saturazione (una volta che ho collezionato dieci monografie sui dolci americani, è inutile comprarmi l'undicesima, considerato poi che neppure mi piacciono e mai li farò). Nello stesso tempo, dar buca già al primo appuntamento ci sembrava una scortesia e così approfittiamo dell'occasione per raccontarvi il perché e il percome di questa novità.

Si sa che la gente dà buoni consigli...

I libri che passano la prova dello Starbook sono testi sulla cui affidabilità mettiamo la mano sul fuoco: li leggiamo, li studiamo, li proviamo sul campo, ciascuna con le sue competenze, limiti compresi e se alla fine diciamo "visto, si compri!" è perchè siamo ultra sicure del nostro giudizio.
Sui libri che passeremo in rassegna qui, invece, la valutazione è sospesa. Ovvio che non vi consiglieremmo mai un prodotto che nessuna di noi comprerebbe ed è altamente probabile che qualcuno sia anche già stato acquistato, se non proprio da tutte, almeno da qualcuna: ma non prendete i nostri consigli con la stessa fiducia che riservate ai libri sottoposti allo Starbook. Questi, possono sempre dare cattivo esempio....

Nè marketing, nè marquetting

Vexata quaestio, alla quale di solito rispondo in privato, quando gli autori chiedono una recensione ai loro libri. Le segnalazioni sono bene accette, anzi: grazie per tenerci aggiornate. Ma per il resto, decidiamo noi. Abbiamo i nostri parametri, i nostri criteri, un nostro palinsesto (parolone), un codice etico che si rafforza di mese in mese: non regalateci libri, non inviateci rassegne stampa, non chiedeteci "mi piace" sulla pagina che pubblicizza le vostre creazioni, non fate nulla che possa ingenerare il sospetto che il vostro libro non abbia da solo la forza necessaria per essere preso in considerazione dai potenziali lettori a cui si rivolge.
A questo proposito, ribadiamo il concetto: tutti i libri di cui abbiamo parlato in questi anni sono stati acquistati autonomamente. Non abbiamo contatti con case editrici, rispondiamo di no a chi si offre di mandarci dei libri. L'indipendenza del nostro giudizio passa anche attraverso il nostro portafoglio- e non abbiamo intenzione di smettere.

E ora, la rassegna veloce dei libri del mese

Edgarda Ferri, Il Cuoco e i suoi re
Ed Skira, 15 euro

Erano gli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione francesce, quando un ragazzino di 12 anni varcava la soglia di un'osteria, chiedendo lavoro: poco prima, il padre gli aveva offerto un pranzo completo, forse l'unico della sua vita, come penultimo gesto d'amore: l'ultimo, era abbandonarlo al destino che quella città e quell'epoca avrebbe offerto all'unico dei suoi 25 figli che avesse dimostrato un'intelligenza fuori dal comune. Il resto, è Storia, di quella con la S maiuscola, visto che senza Marie - Antoine Careme le sorti della gastronomia sarebbero state tutte diverse. Per una singolare e per noi fortunata coincidenza, egli prestò il suo genio alla cucina: ma avrebbe potuto occuparsi anche di architettura o di scultura, o di scrittura- e avrebbe lasciato comunque il segno. Con Careme, si passa dal "bello" al "buono",si spiana la strada al senso del gusto, si rivoluziona la ristorazione, si fa risorgere un nuovo concetto di cibo che verrà poi perfezionato dai suoi epigoni (Escoffier in testa), fino ai nostri giorni. Però, ne parlano in pochi- e ben venga quindi questa biografia curata da Edgarda Ferri che per la prima volta in Italia racconta le prodezze di quest'uomo, in modo completo e con uno stile piacevole, che scorre via come un romanzo.

Conte, G., Teodori, M.R.
La Cucina dell'Anima- Ponte alle grazie, 12,00

E' uscito lo scorso novembre, per la collana curata da Allan Bay, questo libro di ricette a metà fra il manuale di cucina e il saggio di antropologia: sei percorsi, in tutto il mondo, alla scoperta del significato del cibo, imprescindibile tramite culturale, nella misura in cui è espressione dell'identità di chi lo produce. Non solo materie prime, quindi, ma tecniche, gesti, rituali, nello sviluppo di quella intuizione che è alla base dell'antropologia e che vede non nel fuoco, ma nella pentola la grande rivoluzione dell'umanità."Questo libro dà la parola al mito (il grande racconto universal delle origini e dei perché) che viviamo in cucina. Il miracolo che avviene ogni volta che mangiamo. Qualunque cosa mangiamo. A casa, in una trattoria modesta, nel più famoso ristorante stellato. In ristrettezze o nella più grande opulenza. Che è un miracolo semplice ma anche segreto e dimenticato. Tanto che per svelarcelo non basta la cultura specialistica anche vastissima di un gastronomo, di un nutrizionista, di un sociologo. Occorre qualcosa di più." 

Buone letture
Alessandra

domenica 26 gennaio 2014

REDONE DI GENNAIO 2014: I VINCITORI!


Anche lo Starbooks Redone di Gennaio è volto al termine, con tante nuove partecipazioni di cui vi siamo grate.
Ricette non solo rifatte, ma soprattutto giudicate: ricordiamo che infatti lo Starbooks Redone non vi chiede semplicemente di replicare un piatto, ma di esprimere un giudizio in merito.
Su cosa? Su tutto!
Nel bene e nel male, sia chiaro ;)
Ecco quindi le vincitrici di questo mese, coloro che più sono entrate nel puro spirito Starbooks.

Prima Classificata


Tuna Noodle Casserole di Lasagnapazza



Seconda Classificata

  Upside Down Onion Tart di A little place to rest



Terza Classificata




Chiediamo quindi alla prima classificata di mandare una mail a lostarbook@gmail.com con il suo indirizzo per ricevere il premio che stavolta....sopresa! Non sarà il solito grembiule ma un nuovo pezzo del corredo Starbooks.
A tutte e tre invece di stare in campana, a breve riceverete news sul libro del prossimo mese che ci aiuterete a testare.
Ancora complimenti alle tre Starbookers-per-un-mese.
A tutti gli altri: vi aspettiamo al prossimo giro :)

sabato 25 gennaio 2014

51 - RISO E PORRI DEGLI ORTOLANI DI ASTI - GOSETTI DELLA SALDA


Questa ricetta per me è stata amore a prima vista.
Io i libri comincio a leggerli dall'introduzione, tutti, senza eccezione; poi mi metto a sfogliarli con calma leggendo i titoli delle ricette e guardando le immagini, se ve ne sono. In questo libro le immagini sono le grandi assenti, ma mi credete se vi dico che me ne sono resa pienamente conto solo dopo aver letto il post di Alessandra? Perché vedete, è tanta la sapienza ivi contenuta, che davvero delle foto non ho sentito la mancanza.

Ero dunque armata di post-it per segnare le ricette, e la prima che ha catturato il mio occhio è stata proprio questa semplicissima minestra di riso e porri. Mi sono quindi soffermata a leggerla, e ne sono rimasta incantata. Conoscevo l'esistenza dei fondi, ricordo che a un corso che ho seguito anni fa con Danilo Angè, lui ci aveva detto che ogni volta che vede dei begli scalogni li compera e ci prepara un fondo, da tanto gli piace; L'idea avrebbe dovuto entrarmi in testa prima, ma ci è voluto il prezioso volume di Anna Gosetti Della Salda per piantarmela saldamente nel cervello.

Quel fondo di porri che suda dolcemente per 20 minuti regala a questa minestra un sapore e una corposità meravigliosi, tanto che ho cominciato a usare questa tecnica anche con altre preparazioni, usando la cipolla o lo scalogno al posto dei porri e includendo sempre un pochino di lardo.
La patata lessata insieme agli altri ingredienti e poi schiacciata addensa la minestra in modo semplice e naturale (oltre che gluten-free, il che non guasta mai!), il lardo dà sapore, la noce moscata (che mai avrei impiegato in una preparazione del genere) ci sta benissimo e i formaggi donano cremosità, morbidezza e gusto.
Me la sono preparata diverse volte, da quando l'ho provata: è un piatto umile, semplice e gustoso, che scalda nelle fredde serate invernali.


51 - RISO E PORRI DEGLI ORTOLANI DI ASTI



Per 4 persone:

200 g di riso Vialone o Arborio (io ho usato un Vialone Nano IGP)
200 g di porro mondato
100 g di patata pelata
60 g di burro
50 g di Parmigiano grattugiato
50 g di Groviera (io Gruyère svizzero)
50 g di Fontina
25 g di lardo
Alloro
Aglio
Noce moscata
Sale
Pepe di mulinello
1,2 litri di acqua


Tagliare il porro a rondelle piuttosto spesse.
Far sciogliere 30 g di burro in una casseruola (meglio se di coccio, aggiungo io), aggiungere la metà dei porri, 1 foglia di alloro, mezzo spicchio di aglio (che poi andrà tolto), ed il lardo tagliato a minuscoli dadini. Mescolare e soffriggere dolcemente a recipiente coperto per circa 20 minuti, rimestando di tanto in tanto.
Questa parte dei porri formerà il cosiddetto fondo della minestra: aggiungere successivamente i restanti porri e la patata tagliata a metà. Dopo qualche minuto versare nella casseruola un litro e 200 g di acqua fredda. Salare leggermente, pepare e sobbollire per 15 minuti, poi aggiungere il riso e lasciarlo cuocere mescolando di tanto in tanto, e aromatizzando la minestra con una grattatina di noce moscata.
Poco prima di toglierla dal fornello, schiacciare la patata con i rebbi di una forchetta ed incorporarvi i formaggi tagliati a pezzettini.
Fuori dal fuoco mantecare la minestra con il restante burro, versarla nella zuppiera, farla riposare qualche istante e poi servire.

Nota (presa dal libro):    L'origine di questo piatto risale al Medioevo. Fin da quell'epoca alcuni orti cingevano la periferia di Asti, nella fertile piana del Tanaro, ed erano coltivati soprattutto ad aglio e porri. Gli ultimi vecchi ortolani d'Asti ci hanno dato questa ricetta; essi dicono che il porro fa bene agli occhi e "pulisce" il sangue. Questo, comunque, è un piatto rinfrescante e digeribilissimo, oltre che economico, perché si possono utilizzare tutti gli eventuali avanzi di formaggio.



Nota mia: questa ricetta è assolutamente perfetta.
L'unica avvertenza che mi sento di dare è quella di preparare il fondo in un tegame di coccio (io a dire il vero ho preparato l'intera minestra nel coccio), perché il calore vi si diffonde più lentamente ma rimane costante più a lungo. L'unica volta che ho usato una normale pentola in metallo, nonostante l'avessi messa sul fornello piccolo e con la fiamma al minimo, il fondo si è bruciacchiato. Colpa mia che mi sono distratta, sia chiaro, ma come scriveva Gaia noi moderni siamo tutti un po' dummies. :-)

Ricordatevi di togliere il mezzo spicchio d'aglio! La Gosetti non lo ricorda più nel corso della ricetta, voi fatelo. ;-)

venerdì 24 gennaio 2014

1419- CODA ALLA VACCINARA- GOSETTI DELLA SALDA

  

Terzo  appuntamento con Le Ricette Regionali Italiane di Anna Gosetti Della Salda e primo e finora unico appuntamento della mia lunga vita ai fornelli con la coda.

Mai preparata una coda in vita mia, né alla Vaccinara, né in altri modi.

Anzi, già che siamo in tema di confidenze: neppure mai mangiata. e neanche assaggiata: il quinto quarto fa parte di quegli ingredienti con cui so di dovermi riconciliare, ma per un motivo o per l'altro, ogni volta che passa il calumet della pace non sono pronta e finisco sempre per rimandare.
In compenso, mio marito ne va matto: di code, di interiora, di lingue, di tutte quelle robe che fan tanto "Hannibal the Cannibal" e che riesce sempre a mettermi nel carrello della spesa, appena giro l'occhio.
E' andata così anche l'ultima volta, quando nel sistemare la carne in frigo è saltato fuori l'intruso, subito seguito dalla pronta spiegazione del marito che, ha detto, aveva voglia di Coda alla Vaccinara.
Da brava moglie, ho obbedito.
Non solo: credo anche di essermi magicamente trasformata in una brava Starbooker, visto che per la prima volta in vita mia ho seguito una ricetta alla lettera, impossibilitata com'ero dalla mia ignoranza a farmi guidare dall'ispirazione del momento: neppure c'è stato bisogno di correggere di sale, visto che era perfetta così.
E tale è rimasta anche al momento di servire: mio marito se l'è fatta fuori da solo in due riprese, mugolando soddisfatto, neanche l'avesse preparata la mamma sua.
Fortuna del principiante- o infallibilità del ricettario?
Leggete qui sotto- e fate un po' voi...


1419 - Coda alla vaccinara



per 8 persone
1 coda e guancia di bue, kg 2
lardo, g 100
strutto, g 30
prezzemolo, g 30
1 carota
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
1 sedano bianco e tenero
vino bianco: circa 1 bicchiere
salsa di pomodoro
sale pepe


Mondare, lavare e tritare finissimi prezzemolo, aglio, cipolla e carota. Tritare il lardo. Tagliare la coda e la guancia a pezzetti, lavarli e immergerli in acqua in ebollizione; quando l'acqua alzerà di nuovo il bollore togliere la carne. Mettere in una casseruola di terracotta il lardo, lo strutto e tutto quanto è stato tritato. Lasciare soffriggere per un istante, poi unire i pezzetti di coda e guancia, mescolare e rosolare sino a che la carne si sarà leggermente colorita. Allora salare, pepare, continuare la rosolatura bagnando poco per volta con il vino bianco. Quando questo sarà evaporato unire una o due cucchiaiate di salsa di pomodoro sciolta in circa mezzo litro d'acqua calda. Incoperchiare il recipiente e cuocere il tutto a fuoco moderatissimo per circa 4 ore. Pulire le coste del sedano, lavarle, tagliarle a pezzetti ed unirle alla carne dopo le 4 ore di cottura, lasciandola sul fuoco ancora per mezz'ora. Versare la carne sul piatto di portata, irrorarla con il suo sugo e servirla subito ben bollente. 

Variante: la coda alla vaccinara, nata nel Rione Regola, abitato da vaccinari, si prepara anche rosolandola (dopo averla sbollentata) in olio, aglio e peperoncino rosso piccante. Dopo mezz'ora si aggiungono i pomidori spezzettati e il vino bianco. A tre quarti di cottura si unisce il sedano. Portata popolare, in auge ancor oggi.


 Note mie

1. Quella proposta dalla Gosetti è una delle tre versioni  più comuni della ricetta classica: oltre a questa, che prevede una iniziale rosolatura in padella e poi una cottura lunghissima, in umido, esistono quelladi tradizione più povera, ricordata da Ada Boni (per cui prima si lessa la coda, per fare il brodo, e poi la si fa insaporire in tegame con un battuto di verdure per il soffritto e gli immancabili lardo e pomodoro, per mangiarla come secondo piatto) e quella più ricca, che prevede la cioccolata amara, l'uvetta, i pinoli e cannella o noce moscata. La ricetta della Gosetti prevede anche la presenza della guancia, complemento ricco del piatto, che io però non ho usato, causa imperdonabile  negligenza del macellaio (l'"imperdonabile" è un'aggiunta del marito, ovviamente)

2. Anche se l'autrice non lo dice, la vera difficoltà del piatto è nella fase iniziale della rosolatura: commettere un errore in questa prima parte significa correre il rischio di far lessare la coda che invece, deve essere sì morbidissima, ma non bollita. Tuttavia, le indicazioni per aggirare l'ostacolo ci sono tutte, non ultima l'avvertenza a bagnare la carne col vino bianco poco per volta, aggiungendo il resto solo a dealcolizzazione avvenuta. 

3. Anche se io ho usato una pentola di ghisa, l'indicazione della terracotta è corretta, perchè anche questo è un materiale che ben si resta alle lunghe cotture. 

4. Altro passaggio che ho apprezzato è lo sbollentamento preliminare, veloce, quel tanto che basta per sgrassare la coda (non indicato nei ricettari che possiedo): magari, avrei preferito che l'autrice spiegasse anche il perché di questa procedura, ma qui torniamo al discorso che facevamo ieri- e cioè che trenta e passa anni fa, certe cose si davan per scontate. 

5.  Volendo proprio trovare qualcosa che non va, il mezzo litro di acqua in cui si è fatta cuocere la coda si è rivelato insufficiente, per reggere quattro ore di cottura, anche se la fiamma era al minimo: ho dovuto aggiungerne un mestolino, almeno due volte. E, forse, le dosi sono un po' ridotte, per otto persone. Ma, ripeto, è proprio per non perdere il vizio della petulanza, nulla di più.

Poi, come sempre, trattandosi di una ricetta di tradizione (e che tradizione...) è ovvio che ci siano decine e decine di varianti, tutte ugualmente buone e degne di essere assaggiate: ma non è questo l'argomento all'ordine del giorno, visto che il Classico di quest'oggi non è una monografia sulla Coda alla Vaccinara, ma un libro fedele al titolo che porta. Questa è la versione scelta dall'autrice e quello che vedete nella foto è il risultato di una pedissequa esecuzione, il cui risultato è stato sobriamente apprezzato, fra inquietanti mugolii di soddisfazione e invereconde puccette nella pentola. 
Quasi quasi, la prossima volta la assaggio anch'io...
A domani, con un'altra ricetta
Ale

giovedì 23 gennaio 2014

459 - FRITTATA DI RISO - GOSETTI DELLA SALDA


Il libro Classico del primo mese di questo nuovo appuntamento dello Starbook, è un libro che amo da tempo. Uno di quelli che sfoglio spesso, anche solo per il piacere di sentire quella carta così familiare tra le mani. E' il mio libro di fiducia quando sono alla ricerca di ricette della tradizione italiana. 
Le Ricette Regionali italiane mi fa compagnia ormai da diversii anni, da quando lo ricevetti in regalo da una delle mie più care amiche, che me lo regalò in occasione di un compleanno... regalo graditissimo!!!
Ho pensato parecchio a quale ricetta scegliere, non è mica facile farlo tra le 2161 ricette presenti nel libro, più le 13 ricette di base! Poi ho pensato che mi sarebbe piaciuto preparare qualcosa con il riso, e l'occhio è finito sulla Frittata di riso, ricetta che si trova nel capitolo dedicato alla Lombardia, dove la coltivazione del riso abbonda.
La ricetta è semplice ma ricca, dal sapore confortevole, che sa di casa e di pasti consumati in famiglia. E si prepara velocemente!

Frittata di riso

da: Le Ricette Regionali Italiane di Anna Gosetti della Salda - Casa editrice Solares 

tra parentesi le mie note

Ingredienti per 4 persone

150 di riso (per me Carnaroli)
100 g di burro
6 uova
mezzo litro di latte
Parmigiano grattugiato (per me 100 g circa)
sale

Porre sul fuoco una pentolina con il latte, appena alzerà il bollore versarvi il riso, mescolarlo e lasciarlo cuocere a recipiente scoperto. Quando sarà pronto salarlo ed amalgamarvi la metà circa del burro, sei tuorli e un poco di parmigiano grattugiato; mescolare bene, poi incorporarvi gli albumi montati a neve ben soda. Soffriggere in una tortiera il restante burro, versarvi il composto, livellarlo, quindi porre il recipiente in forno già caldo - temperatura normale (180 - 190°C) lasciandovelo finché si vedrà la "frittata" ben cotta e colorita in superficie (per me,sono stati necessari 30 minuti circa). Capovolgerla sul piatto di portata e servirla subito. E' però ottima anche gustata fredda.

E' deliziosa :)



Note personali 

  • Quando il riso sarà cotto avrà assorbito tutto il latte e sarà abbastanza cremoso. Attenzione a non stracuocerlo, visto che poi cuocerà anche in forno. Tenete il fuoco medio basso durante la cottura in modo che avvenga in modo dolce. 
  • Ho unito il burro subito dopo la cottura come da ricetta, in modo che si sciogliesse e si amalgamasse bene al riso. Per i tuorli ho preferito aspettare che il riso si intiepidisse, per evitare che i tuorli "cuocessero" subito.
  • Non viene specificata la quantità di parmigiano da utilizzare, io ho abbondato, perché nel riso mi piace che si senta il gusto del formaggio :) E poi ci sono anche sei uova, quindi 100 g di parmigiano non sono poi così esagerati...
  • Quando unite gli albumi montati, procedete come di norma, cioè unendone una prima parte, mescolando senza particolare attenzione. Questa prima aggiunta serve solo per ammorbidire il composto. Gli albumi restanti uniteli poco per volta, e mescolando con un cucchiaio di legno dal basso verso l'alto, per non smontarli, visto che poi daranno una sorta di effetto soufflè alla frittata. 
  • Non viene indicata la temperatura del forno, ma del resto all'epoca non è che molti forni fossero provvisti di termostato con l'indicazione delle temperature... Anche la dimensione della tortiera non viene fornita. Io ne ho utilizzata una di 26 cm di diametro, ed è andata bene. Vi consiglio di soffriggere il burro e aggiungere il riso in un tegame a parte (magari lo stesso dove avete già cotto il riso)  e versarlo dopo nella tortiera, foderata con carta forno. Io no l'ho fatto e ho avuto qualche difficoltà nello sformare la frittata.

martedì 21 gennaio 2014

1072 - TORTA DI MELE FERRARESE - GOSETTI DELLA SALDA



Strana coincidenza, questo mese. Mi sono trovata a dare inizio alle danze sui motociclisti capelloni, e, agli antipodi, anche sul Gosetti della Salda.
Questo libro, veramente un capisaldo, nella sua stessa fisicità (è anche più grosso del Talismano, che è tutto dire), mi intimoriva. Lo sfogliavo, lo sfogliavo, e non sapevo da dove cominciare.

Poi, per quegli strani e tortuosi meccanismi mentali che governano le nostre vite, sono capitata su un post di Stefano Arturi, sulla Bolzano Apple Cake, e ho capito quale sarebbe stata la mia prima ricetta del libro.

1072 - Torta di mele (specialità ferrarese - 2° versione)

Non c'erano dubbi. Anche perché somigliava tantissimo alla Torta di mele della Lela, una vera ricetta di casa mia, da sempre, una delle pochissime torte che mia madre fa e rifa ossessivamente: quella della Gosetti ne era una versione essenziale. L'idea platonica della torta di mele, oserei dire, o almeno di quel filone di torte di mele poco lievitate, con tantissime mele e l'impasto molto umido: penso che ognuno di noi ne abbia una versione nel ricettario di famiglia, o comunque l'abbia sperimentata e fatta sua.

In realtà non sapevo, prima di sperimentarla, che sarebbe stato un bel banco di prova per il libro, ma prima ancora che per il libro per il mio (nostro?) modo di rapportarci alle ricette e alle indicazioni, poche o tante che siano, che sui libri si trovano.

Questa è l'epoca dei dummies, e, volenti o nolenti, lo siamo diventati un po' tutti: se ti prendono per mano e ti dicono quello che devi fare, per filo e per segno, ti abitui, e poi riacquisire un po' di autonomia non è più tanto facile.

Un esempio per tutti? Quando ho cominciato a cucinare io non pesavo la pasta, andavo a occhio. E il mio occhio funzionava benissimo. Poi, un giorno, ho cominciato a pesarla. Non l'avessi mai fatto! Adesso non sono più in grado di misurare la pasta senza una bilancia, ho perso la mano, l'occhio. Succede così ad affidarsi alle macchine, e, in parte, mi è successo lo stesso da quando mi sono affidata ai libri.
I libri di cucina moderni ti dicono tutto. Un po' perché si pretende professionalità, un po' perché siamo, forse, un po' meno esperti. Esperti di quella praticaccia che ti fa capire al volo quanta pasta buttare per 4 persone, intendo. 
Insomma, per farla breve, questa torta l'ho dovuta fare due volte: la prima è stato uno spatascio completo. E se leggete la ricetta, vi sembrerà impossibile. Invece...
L'ho spatasciata perché avevo fretta di assaggiarla, e non ci ho pensato due volte, a sformarla quand'era ancora tiepidina. Avrei dovuto ricordarmelo, dalla Torta di mele della Lela, che queste sono torte che si sformano, SE si sformano, solo quando sono perfettamente fredde, meglio ancora se gli si è data una mezza giornata di riposo, per sedersi.
Perché non c'era scritto, essendo un libro di altri tempi, "Lasciarla raffreddare completamente nella teglia prima di sformarla". No, non c'era scritto. Ed io, oramai super-dummy, ho toppato.  

Per le altre mie note, vi rimando in fondo.

1072 - Torta di mele (specialità ferrarese - 2° versione)
Da: Anna Gosetti della Salda – Le ricette regionali italiane – Casa Editrice Solares

1 kg di mele
5 cucchiaiate colme di farina, circa 130 g (per la versione senza glutine ho usato il seguente mix di farine: 90 g di farina di riso finissima (¶), 20 g di fecola di patate (¶), 20 g di fecola di tapioca (¶)
1 grossa cucchiaiata di zucchero semolato (vedi note in fondo)
mezza bustina di lievito (¶)
2 uova
poco burro
un poco di latte (150 g circa) (vedi note in fondo)

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o riportare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE.

Fare una pastella con la farina, i tuorli, lo zucchero, un pizzico di sale, il lievito in polvere e latte quanto basta, circa 150 g. All'impasto aggiungete le mele, pelate e tagliate a fettine sottili.
Mescolare bene e per ultimo incorporarvi delicatamente gli albumi montati a neve ben soda.
Versare il composto in uno stampo precedentemente imburrato e cuocere la torta in forno a calore basso (170°) per circa 45 minuti.

Nota: la frutta dell'Emilia-Romagna è tra le migliori d'Italia sia per la fertilità del terreno che per la cura con la quale viene coltivata. Anche i dolci preparati con tale frutta ne conservano lo squisito sapore.

MIE NOTE
  • Quantità di farina: non so se dipenda dalle mie farine senza glutine, ma entrambe le volte che ho fatto la torta ho dovuto aumentare un po' la dose di farina, pena una pastella decisamente troppo, ma troppo liquida. Ci ho aggiunto una cucchiaiata di farina (25 g circa).
  • Quantità di zucchero: sarà che le mele non sono più quelle di una volta, soprattutto se non vengono dall'Emilia-Romagna, ma la prima volta che ho fatto la torta, e ho messo il singolo cucchiaio previsto dalla ricetta, era una torta davvero troppo poco dolce. La seconda volta ne ho messi tre, ho spolverato la torta di zucchero a velo, e ci si ragionava molto meglio. Ma si sa, il dolce è questione di gusti.
  • Burro: quel poco di burro indicato fra gli ingredienti serviva giusto per imburrare la teglia. Io ho usato la carta forno e quindi di burro non ne ho usato per niente. Usare la carta forno ha anche il vantaggio di permettere di sformare la torta per bene, cosa che, essendo comunque la consistenza morbida, diventerebbe difficile altrimenti.
  • Dimensione della teglia: non viene specificata. La prima volta ho usato una teglia rotonda da 25 cm di diametro, ed è venuta per i miei gusti troppo alta, per questo genere di torte. La volta successiva ho usato una teglia rettangolare da 22 cm X 30 cm ed è venuta alta come volevo io.
  • Tempo di cottura: per come piacciono a me queste torte, 45 minuti, a maggior ragione a 170 °C, sono pochi. Io l'ho tenuta in forno un'ora abbondante, e mi è sembrato un tempo molto più ragionevole. Sappiamo però che ogni forno è fatto a modo suo. E il mio mantiene tantissimo l'umidità, che con una torta così non è il massimo. 
  • Importantissimo: lasciar raffreddare completamente la torta nella teglia prima di sformarla, dandole il tempo di "sedersi" per bene. Quanto alla sformatura, vedere note sopra in merito alla carta-forno.

Fatte tutte queste precisazioni, la torta, nella sua essenzialità d'altri tempi, vera cucina di casa, mi è piaciuta molto, ed anzi mi ha fatto molto piacere trovare una torta così in un libro.

PROMOSSA CON RISERVA 
(dove la riserva è più che altro for dummies. Tipo me)

lunedì 20 gennaio 2014

NUOVO APPUNTAMENTO: I CLASSICI DELLO STARBOOKS



Ve lo avevamo promesso, no? che ci sarebbero state delle sorprese su questi schermi.
E infatti....
 Prima, abbiamo compattato la pubblicazione delle ricette dello Starbook del mese in due settimane, sabati e domeniche comprese.
Poi, il nuovo look.
Oggi, questa.
E se pensate che abbiamo finito, vi sbagliate di grosso.

Ma andiamo con ordine.
Che ci fosse "voglia di classici" era risaputo: ce lo avevate chiesto a più riprese e in varie forme, di riproporre qualche testo sacro, sia sotto forma di consigli per una biblioteca ideale, sia come strenna natalizia, sia come risorsa affidabile tout court, da tener sempre aportata di mano sugli scaffali della cucina, quando manca l'ispirazione o quando il dubbio ancor ci assale.
Che però uno qualsiasi dei nostri libri storici potesse essere raccontato in poche righe, non era cosa. Ce ne siamo rese conto subito, appena chiamate a rispondervi, che per quanto si cercasse di essere chiare ed esaurienti, una recensione senza l'ausilio delle ricette sarebbe stata sempre mutila e inefficace.
Da qui, allora, l'idea: perchè non dedicare una settimana al mese, per tre mesi di fila, alla presentazione di un classico della letteratura gastronomica italiana- e di farlo alla maniera dello Starbook, cioè mostrandovi il suo valore sul campo, attraverso l'esecuzione di alcune delle ricette che ne hanno decretato fama imperitura?
Detto, fatto: da oggi, per ogni terza settimana dei prossimi tre mesi (gennaio/febbraio/marzo) scorreranno su questi schermi i piatti più famosi o più rappresentativi  del contenuto e dello stile di quelle opere che hanno scritto la storia della cucina italiana. L'approccio resterà lo stesso- vale a dire, riprodurremo le ricette seguendo il testo pedissequamente- cambierà naturalmente il fine: perchè questi sono i libri su cui ciascuna di noi si è formata, molti dei quali sono stati direttamente ereditati dalle mamme o addirittura dalle nonne e se le novità si testano, con occhio critico e sopracciglia aggrottate, i classici si amano, senza se e senza ma. Di uguale resta il desiderio di far conoscere e di divulgare gli strumenti che hanno dato forma alla nostra passione, permettendole di crescere e di perfezionarsi e che oggi trova un ulteriore stimolo nella condivisione con chi segue questo blog.




Anna e le sue sorelle

C'erano una volta tre sorelle, Fernanda, classe 1914, Anna, classe 1916 e Gugliemina, classe 1918, originarie di Viadana, un paese della Bassa Lombardia, in cui rimboccarsi le maniche era il precetto principe con cui si tiravan su i figli, da generazioni. Lo stesso fecero anche Anselmo Gosetti, un battirame della Val di Non e Maria Della Salda, la cui famiglia, invece, si dedicava da sempre alla produzione del formaggio: le loro tre ragazze vennero cresciute nell'esempio di una famiglia laboriosa, che tale restò anche col trasferimento nel capoluogo lombardo, successivo alla morte precoce della loro mamma.
Erano gli anni che precedevano lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e Milano era già una città all'avanguardia: la modernità aveva cessato di far paura da un po' e si guardava al progresso con fiducia, entusiasmo, ottimismo. Le note del jazz si diffondevano fra i Navigli, a far da sottofondo ad una brama di novità e di cambiamento che per la prima volta dopo secoli faceva scorgere al nostro giovane  Paese l'opportunità di essere protagonista. Milano, fra tutte le città italiane, fu la più pronta ad aggiudicarsi il primato nel campo della comunicazione: editori, giornalisti, pubblicitari si diedero presto appuntamento sotto la Madonnina e non stupisce allora se il primo vero impiego di Anna fu in una delle agenzie pubblicitarie più famose dell'epoca, attorno alla quale ruotavano aziende importanti come Cirio e Arrigoni. 
La giovane Gosetti entrò quindi in contatto con un mondo nuovo, in cui seppe destreggiarsi con abilità e competenza. Nel frattempo, le sue sorelle non stavano certo con le mani in mano: Fernanda eccelleva nei corsi di cucina e di economia domestica organizzati dalla Gioventù Italiana e Mina si dedicava con passione alla fotografia.
La storia non ci dice che cosa accadde alle tre ragazze nel corso del conflitto mondiale e negli anni  immediatamente successivi: di sicuro, furono capaci di resistere e di organizzarsi, visto che nel 1951 Anna e le sue sorelle fecero il passo più determinante della loro vita, quello che le consacrò come campioni dell'editoria e legò per sempre i loro nomi alla cucina- e a La Cucina Italiana, in particolare.



Le Tre Moschettiere

Era il 15 dicembre 1929 quando, dalla sede di via Montenapoleone 45, uscì, fresco di stampa, il primo numero della prima rivista di cucina a grande diffusione edita in Italia: "La Cucina Italiana" era il nome di questa pubblicazione, rivolta espressamente alle famiglie e ai buongustai , otto pagine senza illustrazioni su cui da subito riversarono inchiostro le più grandi firme della intellighenzia  del tempo,tutte accomunate dalla passione per la cucina. Negli anni successivi, il mensile si arricchì di pagine e di rubriche, diventando il principale strumento di diffusione della cultura gastronomica fra il ceto medio del nostro Paese, oltre che un modello di comportamento e di stile per la donna e la vita domestica. Ai fasti degli anni Trenta seguì purtroppo l'inevitabile declino del tempo di guerra e quando, nel 1943, la rivista dovette chiudere i battenti, non furono in molti ad accorgersene. Ma nn appena la vita tornò alla normalità e, poco alla volta, si ripresero le antiche abitudini, il vuoto lasciato da La Cucina Italiana iniziò a farsi sentire e innumerevoli furono le lettere che le massaie di tutta Italia scrissero all'editore, lamentando la mancanza di quella che, ormai, era diventata LA rivista per eccellenza.
Mancava però un editore coraggioso, capace di affrontare una così difficile sfida con il giusto piglio e la giusta competenza: almeno finchè non spuntarono alla ribalta Anna e le sue sorelle: e allora, non ce ne fu più per nessuno.



Era il 1951, quando Anna inaugurava il nuovo corso de La Cucina Italiana, tenendo saldo un timone che non avrebbe più abbandonato fino al 1981: nei trent'anni della sua direzione, la rivista diventò un caposaldo nel settore editoriale, punto di riferimento imprescindibile per tutti gli esperti di gastronomia, fedele alleata per tutte le massaie d'Italia, capace com'era di tenere il passo con gli imponenti cambiamenti a cui la nostra società andò incontro in quegli anni, senza mai perdere in autorevolezza e in credibilità: è di Anna la geniale intuizione di avvalersi di un cuoco in redazione, pronto a provare tutte le ricette destinate alla pubblicazione ed è sempre di Anna la rubrica sulla cucina regionale- una scelta coraggiosa, negli anni in cui il fascino del nuovo finiva per travolgere quanto di buono aveva fatto il vecchio. Proprio a questo argomento,  Anna dedicò gran parte dei suoi studi, consegnando alle stampe, qualche anno dopo, quella che ancora oggi è considerata la Summa della cucina delle regioni d'Italia e con cui oggi diamo il via a questa nuova rubrica




Pubblicato per la prima volta nel 1967, per la Casa Editrice Solares (la stessa per cui scriveva Fernanda) e giunto oggi alla diciassettesima edizione, Le Ricette Regionali Italiane è stato per decenni un testo di immediato riferimento per chi volesse ampliare i propri orizzonti in cucina: la triade  classica lo vede accanto all'Artusi e all'Ada Boni, sebbene esso si discosti da entrambi per epoca storica (passano più di cinquant'anni dalla prima edizione del Talismano e cento tondi tondi da La Scienza in Cucina e l'Arte di mangiar bene) e per un'ispirazione più consapevolmente colta e raffinata. Con quest'opera, infatti, la Gosetti si proponeva un duplice fine: da un lato, una raccolta capillare e minuziosa di tutte le ricette più rappresentative delle regioni d'Italia; dall'altro, la dimostrazione sul campo che, per quanti sforzi si facciano nel sostenere il contrario, la cucina italiana è primariamente regionale. L'autrice sostiene la sua tesi con ben 2174 ricette, raccolte in un volume di oltre mille pagine, frutto di un lavoro sul campo che la portò a farsi il giro d'Italia per due volte in quattro anni, alla ricerca non tanto di testi, quanto di persone, come lei stessa ricorda nell'introduzione:

Un lavoro di ben quattro anni: due volte il giro gastronomico attraverso l’Italia. Tutto questo per perfezionare questa raccolta di ricette regionali, attingendo a fonti ben precise ed attendibili. Da chilometro a chilometro anche la ricetta più tradizionale può variare, perché ogni famiglia la elabora a modo suo e naturalmente ognuna ritiene valida la propria preparazione. Ricerca quindi non solo di ricette, ma di persone che ne fossero le fedeli e riconosciute depositarie, assicurandomi la possibilità di poter riproporre delle esperienze gastronomiche assolutamente autentiche e originali. Cibi che corrispondono ad un clima, ad un costume, che a volte non si possono neppure concepire oltre i limiti geografici del loro consumo, ma che sono spesso irripetibili”.

Nessuna fotografia, nessuna frase ad effetto, nessun gastrofighettismo, neppure d'antan: e bene ha fatto  Solares a riproporre il volume con la stessa grafica di allora, confidando nell'affidabilità che le cucine di generazioni di Italiani hanno riconosciuto al suo contenuto: il risultato è un libro graficamente bellissimo ed evocativo che riflette sin dalla copertina la stessa intenzione sottesa a questo ricettario- e cioè, che la tradizione va difesa, custodita, rispettata, anche se le tendenze editoriali  del momento remano in tutt'altra direzione.


A voler essere onesti, questo libro un limite ce l'ha: ne è consapevole la sua stessa autrie quando, nel brano dell'introduzione appena richiamato, ricorda che ogni famiglia ha la sua ricetta, che viene difesa a spada tratta come l'originale. Le 2174 testimonianze della cucina regionale raccolte nel libro, cioè, fissano una e una sola delle decine, se non centinaia di variazioni sul tema che si sono elaborate nel corso dei secoli, su un territorio geopoliticamente  parcellizzato per oltre un millennio. Ma possiamo star certi che la versione proposta è fedele al territorio e alle linee generali della tradizione e, quel che piu conta, riesce: perchè l'onestà intellettuale che indusse Anna Gosetti a volere le cucine all'interno della redazione della rivista non venne meno neppure nella compilazione di questo libro, che raccoglie solo ed esclusivamente ricette provate, ovviamente con successo.

Ed è questo il pregio che, sommato agli altri già elencati,  rende Le Ricette Regionali Italiane il miglior libro che sia mai stato scritto sull'argomento e che, come si diceva all'inizio, vede le Starbookers impegnate in una nuova veste, quella di divulgatrici entusiaste, appassionate e- perchè no?- pure un po' più rilassate.
Ce la faremo?
Speriamo di sì!

domenica 19 gennaio 2014

CHOCOLATE TARTE


Questa ricetta inizia così:
"Se amate il cioccolato - e noi lo amiamo - dovete fare questa torta".
E chi sono io per resistere a un imperativo del genere??
Certo, e lo ammettono pure gli Hairy Bikers, è un dolce molto ricco, che va servito a piccole fette, magari accompagnato con frutti di bosco freschi e una crema leggera. Io vi posso soltanto dire che a casa mia la torta non è certo durata molto... anche perché un paio di amiche mi hanno aiutato a mangiarla! ;)

Chocolate Tarte ai due cioccolati
 
Ingredienti per uno stampo rettangolare di 10,5 x 34 cm,
possibilmente con fondo amovibile
 
per la frolla dolce:
175 g di farina 00 + quella per stendere l'impasto
115 g di burro freddo non salato, tagliato a dadini
2 cucchiai di zucchero semolato
1 uovo medio, leggermente sbattuto
 
per il ripieno al cioccolato bianco:
200 g di cioccolato bianco
100 ml di panna fresca, a temperatura ambiente
 
per il ripieno al cioccolato fondente:
200 g di cioccolato fondente
150 ml di panna fresca, a temperatura ambiente
 
per la decorazione:
50 g di cioccolato bianco
 
Appoggiate lo stampo sopra una teglia da forno.

Preparate la frolla: mettete la farina setacciata, il burro e lo zucchero in un robot da cucina e azionatelo con modalità “pulse” fino a ottenere un impasto bricioloso. Con le lame sempre in azione aggiungete l’uovo sbattuto e continuate finché non si formerà una palla. Trasferite l’impasto su un grande foglio di carta forno infarinata e rotolandolo con i palmi delle mani formate un grosso salsicciotto circa 2 cm più corto della teglia (cioè lungo circa 32 cm). Poi con un mattarello infarinato appiattite il salsicciotto finché è circa 4 cm più largo della teglia (cioè circa 15 cm).
 
Sollevate l'impasto insieme alla carta forno, giratelo con delicatezza e appoggiatelo sullo stampo. Staccate piano piano la carta forno e con la punta delle dita premete l'impasto sul fondo e sui lati dello stampo. Non tagliate l'impasto che esce dai bordi! Nel caso la frolla si fosse strappata, riparate i danni riunendo i lembi. Bucherellate il fondo con i rebbi di una forchetta e mettete in frigorifero per 1 ora.
 
Scaldate il forno a 200°C.
Cuocete la base della torta in bianco procedendo in questo modo: Appallottolate un foglio di carta forno un po' più grande dello stampo e ridispiegatelo. Mettete il foglio sull'impasto, poi riempitelo con gli appositi pesini in ceramica (oppure con del riso o con dei legumi secchi). Cuocete in forno già caldo per 20 minuti, poi sfornate e togliete i pesini e la carta forno. Rimettete in forno e cuocete per altri 5-10 minuti, finché la pasta è cotta e color marroncino chiaro.
Sfornate e soltanto a questo punto eliminate la pasta eccedente dai bordi con l'aiuto di un coltello ben affilato.
 
 
Mentre la base si raffredda, preparate il ripieno al cioccolato bianco.
Tritate il cioccolato bianco, poi scioglietelo a bagnomaria insieme a 50 ml di panna. Togliete dal fuoco prima che il cioccolato si sia sciolto del tutto e mescolate fino a ottenere un composto liscio. A questo punto aggiungete la panna restante (50 ml), mescolate bene e versate il cioccolato sulla base di frolla. Mettete a rassodare in frigorifero per 1 ora.
 
Allo stesso modo preparate il ripieno al cioccolato fondente e versatelo su quello bianco. Livellate la superficie e mettete a rassodare in frigorifero per 1 ora.
 
Togliete molto delicatamente la torta dallo stampo e fatela scivolare sul piatto di portata.
Preparate la decorazione finale: tritate il cioccolato bianco e fatelo sciogliere a bagnomaria. Finché è ancora caldo versatelo sulla torta aiutandovi con un cucchiaino e formate delle strisce irregolari. Aspettate che si asciughi e poi servite.
 
 
Note:
Solitamente riempio i miei ricettari di annotazioni, scarabocchiandoli tutti con modifiche sulle quantità e i tempi di cottura, cambiando l'ordine degli ingredienti o delle procedure... ma la pagina di questa Chocolate Tart è rimasta assolutamente intonsa.
L'unica raccomandazione che vi faccio è di utilizzare cioccolato di ottima qualità, altrimenti compromettereste il risultato finale. Sicuramente conoscete un negozietto che vende buon cioccolato: spenderete un po' di più, ma ne varrà senz'altro la pena!
La torta non è difficile da fare, è soltanto un po' lunga a causa dei tempi di riposo: 1 ora per la frolla, 1 ora per il cioccolato bianco e 1 ora per il cioccolato fondente... Tenetene conto, è perfetta da preparare per il giorno successivo.
 
La ricetta è perfetta e gli Hairy Bikers per me sono
 
P R O M O S S I

sabato 18 gennaio 2014

ROASTED VEGETABLE TART


Avete presente quelle torte salate dell'ultimo minuto.
Quelle dell'ultima risorsa.
Per cui si gratta il fondo del frigo, reparto verdure.
Tutto insieme in un guscio di pasta, magari surgelata.
Via che la cena è pronta.
E sembra pure che abbiamo faticato.
Beh, scordatevele.
Questa non è una torta salata.
E' LA torta salata.
Normale che un minimo di tempo le vada dedicato.
Ma sarà un piacere sentire il profumo delle verdure che sfrigolano in forno.
Un piacere preparare la frolla integrale per il guscio che si fa in un attimo e risulta lavorabilissima anche alle temperature della mia latitudine.
Un piacere scoprire che dopo il passaggio in freezer e la cottura in bianco conserva magnificamente la forma ed è perfetta per esaltare il ripieno con il suo sapore divino, dato da quel tocco di farina integrale.
Un piacere seguire i consigli dei due autori, che saranno pure motociclisti e capelloni ma curano ogni minimo dettaglio delle istruzioni in modo che il procedimento non presenti intoppi, pronti a condividere trucchetti e dritte.
Un piacere scoprire che devono avere un forno esattamente come il mio, dato che le temperature di cottura dei vari passaggi spaccano il secondo.
Un piacere, scusate, ammirare la foto del libro e dire che si, sono soddisfazioni quando la versione casalingà è praticamente identica.
Soddisfazioni, e merito di chi ha scritto un libro chiaro.
Del quale si vede ha realizzato per davvero ogni ricetta.
Un piacere servirla ad una cena importante.
Un piacere che nella stessa cena vengano chieste, nell'ordine.
Seconde fette.
Terze fette, piccole per carità.
La ricetta, quando la quarta fetta è sembrata di cattivo gusto :)
Allora, una roba così a casa mia non si era mai vista.
Un sapore perfetto, le verdure a fondersi nel ripieno con quel gusto un po' arrostito.
Le erbe aromatiche con un profumo che mi sembra sia primavera nella mia cucina.
La frolla, non voglio dirvelo: fatela e scoprirete perchè non ne avrò altra all'infuori di lei.



INGREDIENTI
per una teglia da 25 cm con fondo amovibile

per il ripieno

2 cipolle rosse medie
2 zucchine medie
un piccolo peperone rosso
un piccolo peperone giallo
2 cucchiai di olio d'oliva
4-5 rametti di timo fresco
un rametto di rosmarino fresco
mezzo cucchiaino di sale marino tipo sale di Maldon
200 ml di panna fresca da montare
200 ml di panna acida
3 uova grandi
75g di formaggio Gruyère
pepe nero
foglie di basilico per guarnire, facoltative

per la frolla integrale

125 g di farina bianca
125 g di farina integrale
150 g di burro freddo di frigo
un uovo grande

Tagliare le cipolle pulite a spicchi, le zucchine a fettine in diagonale di circa 1,5 cm, i peperoni a pezzetti di circa 4 cm dopo averli privati dei semi.
Mettere tutte le verdure in una teglia, irrorare con l'olio e condire con timo e rosmarino. Cuocere in forno preriscaldato a 200 gradi per 15 minuti, quindi girarle con una spatola e cuocere altri 15 minuti, o comunque finchè saranno tenere e leggermente abbrustolite. Far raffreddare.

Preparare la pasta: mettere le farina ed il burro ben freddo a cubettu nel frullatore con le lame. Azionare a scatti finchè il composto risulterà un insieme di grosse briciole, quindi con le lame in funzione unire l'uovo leggermente battuto a parte. Lavorare davvero per pochi secondi, giusto finchè il tutto comincia a stare insieme. Rimuovere il composto dal robot, compattarlo leggermente con le mani (senza assolutamente impastarlo!) e stenderlo subito con un mattarello aiutandosi con poca farina perchè non si appiccichi al piano di lavoro.
La pasta va usata subito perchè, come dicono gli autori, non le piace aspettare ;)

Stendere la pasta a circa 3mm di spessore (o circa lo spessore di una sterlina, scrivono) e usarla immediatamente per foderare la teglia scelta (che ho leggermente imburrato anche se antiaderente). Pressare bene in modo che anche i lati siano ben ricoperti. Bucherellare il fondo un una forchetta e mettere la teglia in freezer per 30 minuti.
Dopodichè coprirla con carta forno che andrà riempita con fagioli secchi in modo che non si alzi e perda la forma e cuocerla in forno preriscaldato a 180 gradi per 25 minuti.
Togliere carta e fagioli e continuare la cottura per altri 5-10 minuti.
Tirare fuori dal forno e far intiepidire.

Per il ripieno unire in una caraffa (così poi sarà più facile da versare nel guscio) la panna, la panna acida e le uova intere. Mescolare con un cucchiaio di legno ma non sbattere, per evitare che il composto diventi schiumoso. Aggiustarlo di sale.
Mettere le verdure nel guscio di pasta, versarvi quindi anche il formaggio grattugiato ed infine una parte del composto di panna e uova.
Infornare la teglia nel forno a 170 gradi e versare il resto del composto quando è già sul ripiano del forno, così si può riempire fino all'orlo evitando che cada sui lati.

Cuocere a 170 gradi per 35-40 minuti, finchè il ripieno comincerà a scurirsi e diventerà più solido. Premendo con il retro di un cucchiaino nel centro non si deve vedere più il liquido venir fuori.
Sfornare e lasciar raffreddare per almeno 15 minuti prima di toglierla dalla teglia.
Servire tiepida o fredda, decorata con qualche foglia di basilico.

NOTE:

- la torta secondo me è più buona fredda, ed addirittura è stata apprezzata anche il giorno dopo fredda di frigo. Si taglia da subito perfettamente in fette.

- le erbe aromatiche sono fondamentali: se non le avete fresche gli autori suggeriscono l'uso di quelle secche, ma non omettetele.

- la pasta è lavorabilissima e molto semplice da gestire. Non saltate il passaggio in freezer o non terrà bene la forma. Invece dei fagioli secchi ho gli appositi "pie weights", ovvero palline di ceramica fatte apposta per la cottura in bianco e che trovo molto più pratiche dei fagioli.

- la dose di ripieno è perfetta per la teglia indicata, ma seguite il consiglio di riempirla fino all'orlo solo quando è già nel forno: se ne cade di lato ammorbidirà la pasta.

- i tempi di cottura si sono rivelati perfetti per il mio forno, ma come sempre potrebbe servire un'aggiustatina nel vostro.

La ricetta è PROMOSSA A PIENI VOTI

venerdì 17 gennaio 2014

BAKED RICOTTA PIE

Con l'aplomb di un pavone che mostra la sua coda a 360 gradi, mi accingo a pubblicare la mia prima ricetta Starbooks del 2014, in quella che è la nuova veste di questo (da me) molto amato blog.
Adesso, con la modestia che mi si confà, dico che non solo Starbooks è un posto interessante, utile, curioso e ricco, ma da questa settimana anche bellissimo e lasciatemi gongolare un pochino che ogni tanto ci vuole.
Come al solito c'entra lo zampino di quel genio creativo di Sara e quando uno è bravo, è bravo!
Sono certa che anche il vostro occhio scorrerà queste pagine con un piacere maggiore, orientandovi nelle numerose sezioni del sito senza l'ansia di un pellegrino che affronta il deserto privo di mappa.
Torniamo a bomba.
Del voluminoso e stimolante lavoro dei nostri motociclisti capelloni, avevo adocchiato diverse ricette, tra cui un paio di pie di carne a lunga cottura.
Dopo una ponderata valutazione, alla luce di un altro impegno mensile in cui la carne la fa da padrona con le medesime modalità di cottura, ho deciso di passare e mi sono orientata su un dolce (te pareva).
Un dolce che ha molti legami con la nostra tradizione perché di torte e crostate di ricotta la nostra penisola è piena (grazie anche alla bontà della materia prima facilmente reperibile), ma in questa splendida proposta c'è la novità del coperchio.
Si, perché nella maggior parte dei casi, le nostre preparazioni prevedono un guscio di frolla morbida, aperto, o addirittura nessun guscio, dove la ricotta miscelata con uova e zucchero, produce un dolce umido, caramellato e succoso molto simile ad un budino (questo specialmente nel nostro meridione).
La mia curiosità era soprattutto nei confronti del ripieno: come sarebbe stato il risultato dopo la cottura? Si sarebbe asciugato, diventando massiccio e compatto? O avrebbe mantenuto la sua texture cremosa e soffice?
Mi sono messa al lavoro e la prima sorpresa l'ho avuta preparando la frolla.
Confesso che tra tutte le basi di pasticceria, la frolla ed i suoi derivati sono il mio cavallo di battaglia. Ho le mie ricette consolidate che non falliscono un colpo e conosco trucchi e tecniche per ottenere una frolla perfetta, per cui mi sono avvicinata alle ricette dei Bikers, lo ammetto e scusatemi, con un po' di presunzione. Immediatamente messa a cuccia dopo la preparazione di questo guscio!
La ricetta prevede che l'impasto venga steso immediatamente, senza riposo, ad uno spessore molto sottile. Due prove fondamentali per capire la qualità della base!
Ma prima delle mie considerazioni, passo immediatamente alla ricetta.
PIE ALLA RICOTTA
Ingredienti per 12 persone.
750 g di ricotta fresca
150 g zucchero semolato
6 uova medie
100 ml di panna fresca
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata
25 g di uva sultanina
25 g di canditi misti
zucchero a velo per guarnire 
Per la frolla
400 g di farina 00 + extra per stendere
250 g di burro freddo tagliato a dadini
2 cucchiai di zucchero semolato
1 uovo grande leggermente sbattuto
2 cucchiai di acqua fredda
1 cucchiaio di panna o tuorlo sbattuto per spennellare
E’ necessario uno stampo quadrato da 20 cm di lato, possibilmente a cerniera, imburrata e foderata di carta da forno. 
Scolate la ricotta e mettetela in una larga ciotola con lo zucchero e sbattetela con un frullino elettrico fino a che non sarà cremosa. Aggiungete le uova, una alla volta, mescolando bene dopo ogni aggiunta. Aggiungete la panna e la scorza di arancia e mescolate bene.
Accendete il forno a 180°C.
Preparate la pasta mettendo la farina, il burro e lo zucchero in un mixer a attivatelo con modalità “pulse” per ottenere una miscela di briciole sottili.
Con il mixer acceso aggiungete l’uovo sbattuto e l’acqua senza interrompere l’impasto, e continuate fino a che non si formerà una palla.
Togliete l’impasto, pesatelo e dividetelo, tenendo 300 g di impasto per il coperchio di pasta.
Stendete la palla più grande su una spianatoia ben infarinata fino ad ottenere una sfoglia di c.ca 3/4mm di spessore e di almeno 5 cm più larga della teglia.
Appoggiate la teglia su una griglia da forno.
Foderate la teglia con la frolla facendo in modo che la pasta oltrepassi i bordi della teglia. 
Non tagliateli.
Versate delicatamente il ripieno nella frolla (io ho bucato la frolla con una forchetta prima di versare il ripieno). Adesso aggiungete l’uvetta che avrete fatto ammorbidire in acqua calda, ed il mix di canditi con garbo sulla superficie, e questi scenderanno lentamente durante la cottura.
Stendete la pasta rimasta allo stesso spessore del guscio, e coprite il tutto facendo sbordare il coperchio di almeno 2 cm dal bordo.
Con il pollice chiudete il coperchio pressando lungo le pareti dello stampo (io ho rifilato il bordo con un coltello e sigillato arricciando il bordo su se stesso mentre nella ricetta dice di tagliare il bordo in eccesso a cottura avvenuta.)
Spennellate la superficie con l’uovo sbattuto e se volete decoratelo con i ritagli della frolla.
Sistemate con cura la griglia con la teglia al centro del forno (piano che tremola) e cuocete per 50/60 minuti fino a che la pasta non sarà dorata.
Potete notare che la pasta si gonfierà e crescerà ma è normale in cottura e ritornerà piatta a raffreddamento. Se dovesse gonfiarsi in modo anomalo, abbassate un poco la temperatura e continuate a cuocere.
Per vedere se è cotta, scuotete leggermente la teglia ed il centro non dovrebbe tremolare.
Lasciate raffreddare la torta completamente nel suo stampo quindi copritela e passatela in frigo per diverse ore (almeno 2 o tutta la notte) quindi sformatela e cospargetela con lo zucchero a velo. Tagliatela a quadrotti e servitela, magari con una coulis di frutti rossi.
Sono assolutamente entusiasta del risultato. Senza indugiare oltre vi lascio con le mie considerazioni.
  • La frolla è favolosamente elastica: si stende con estrema facilità, restando bella omogenea, compatta e liscia. Si può portare a spessori molto sottili, il che mi ha fatto immediatamente venire voglia di riutilizzarla per preparare i nostri tradizionali budini di riso, che vogliono sfoglie sottilissime e fragranti. Non ha bisogno di riposo ma la condizione è che lavoriate il tutto con materie fredde. Burro molto freddo, uova fredde, acqua gelata. Se potete, utilizzate un mixer con lame e cercate ottenere briciole molto sottili, che sono la premessa per avere una grana molto omogenea. Fate tutto questo cercando di essere molto veloci.
  • Nello stendere la frolla, infarinate bene le superfici. Cercate di spandere la farina in un velo ma non lasciate che la pasta si attacchi (difficilmente lo farà comunque).
  • Il ripieno è favoloso: se amate i dolci di ricotta, vi innamorerete di questa torta. Dopo la cottura resta umido, cremoso, vellutato. Il tutto nei tempi di cottura indicati dai bikers. Inoltre, a mio personale gusto, aggiungerei la scorza di due arance, perché il profumo dell'arancia esalta l'intera torta.
  • Sull'aggiunta di panna all'impasto di ricotta, sono dell'idea che si possa tranquillamente sostituire con la stessa quantità di yogurt bianco cremoso, che dona un lieve tono di acidità smorzato immediatamente dalla dolcezza della ricotta
  • Io ho sostituito i canditi (che non avevo) con la stessa quantità di uvetta, facendola ammollare in acqua calda ed infarinandola prima di aggiungerla alla torta. L'uvetta non si è completamente affossata nel ripieno e si è armoniosamente disposta nella farcia. 
  • Fondamentale per apprezzarla al meglio: lasciatela riposare in frigo dopo che si è completamente raffreddata, almeno per tutta la notte. Toglietela dal frigo un'ora prima di servirla (anche due), che riprenda la temperatura ambiente e darà il meglio di sé. Accompagnatela davvero con un bel coulis di frutti rossi o di melagrana. Ha sicuramente bisogno di un tono di freschezza ed acidità per valorizzare quel magnifico ripieno. Che accompagnerei con un bicchierino di Malvasia o Moscato di Pantelleria (la morte sua). Per il resto, è un dolce da rifare, bello da vedere e da presentare. Un dolce da grande festa e perfetto per la Pasqua.
Ovviamente non posso che dire:

PROMOSSA A PIENI VOTI!