ASSOLUTAMENTE PROMOSSA
Riceviamo e come sempre volentieri pubblichiamo la partecipazione al Redone di Valeria, lettrice senza blog.
“Di nuovo pane?” Mi sono chiesta scegliendo la ricetta per la mia partecipazione bis allo Starbooks Redone…Ebbene sì, di nuovo pane, per il quale ho un amore immenso anche se non sempre corrisposto visti gli esiti di certi esperimenti!
Questo però è un pane speciale: ho voluto provarlo perché affascinata dalla sua storia, perché non avevo mai assaggiato un pane di mais e perché mi sembrava così bello e solare ma mi ha sorpresa perché è stato curiosamente ed inaspettatamente familiare nel gusto… mi ha riportata indietro nel tempo e ricordato qualcosa assaggiato da bambina, chissà quando e chissà dove, forse una torta della zia sempre sorridente che amava preparare e regalare dolci…
EXTRA-LIGHT BUTTERMILK CORNBREAD
(Da “ Jubilee” di Toni Tipton-Martin, traduzione di Biagio D’Angelo)
INGREDIENTI
per 8-10 porzioni
120 g di farina di mais
120 g di farina comune
24 g di zucchero (2 cucchiai)
1 cucchiaio di lievito in polvere
½ cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino di sale
1 uovo grande, sbattuto
250 ml di latticello
85 g di burro
PROCEDIMENTO
Preriscaldare il forno a 220 ° C. In una ciotola grande, mescolare insieme la farina di mais, la farina, lo zucchero, il lievito, il bicarbonato di sodio e il sale. Incorporare l'uovo e il latticello fino a quando non si saranno amalgamati.
Mettere il burro in una padella di ghisa da 23 cm e scaldare in forno fino a quando il burro non sia diventato spumoso. Agitare il burro intorno per ricoprire il fondo e l'interno della padella calda, quindi versare il burro caldo nell’impasto e mescolare fino a quando non sia ben amalgamato. L’impasto risulterà un po’ denso. Versarlo subito nella padella imburrata calda e rimettere in forno. Cuocere fino a doratura, circa 20 minuti.
NOTE
. Il procedimento per realizzare questa ricetta è davvero semplice: basta mescolare gli ingredienti per ottenere rapidamente un impasto omogeneo.
. Ho sostituito il latticello ( che difficilmente riesco a reperire) con 125g di latte parzialmente scremato mescolato con 125g di yogurt greco.
. Invece di una padella in ghisa da 23 cm ho usato una padella antiaderente con manico removibile da 24 cm di diametro. Il rivestimento della padella ed il burro hanno evitato che il composto si attaccasse sul fondo: una volta cotto e raffreddato ho sformato il cornbread sollevandolo direttamente con le mani.
. È un pane soffice ma compatto, con una consistenza particolare. A casa lo abbiamo mangiato come accompagnamento per un secondo ed è piaciuto molto.
. Quello avanzato lo abbiamo conservato in un contenitore ermetico per un paio di giorni durante i quali ha mantenuto la consistenza originaria.
Come è facilmente intuibile sin dalla premessa, questa ricetta per me è ….
PROMOSSA A PIENI VOTI!!!
Valeria
Una pie classica del sud degli Stati Uniti che unisce un guscio croccante e friabile ad un ripieno, si, fatto principamente di zucchero ma sorprendentemente non stucchevole.
Un gusto caramellato e una consistenza interessante, cremosa ma rustica allo stesso tempo grazie alla presenza della farina di mais nel ripieno.
Un mistero il nome: infatti il dolce non ricorda in alcun modo una scacchiera come il titolo potrebbe far pensare.
L'origine potrebbe risiedere nel fatto che il dolce poteva essere conservato a lungo fuori dal frigo in un "chest", ovvero un contenitore e da qui il passaggio a "chess".
O ancora pare che qualcuno a cui ne fu chiesto il nome rispose "it's jes' pie" ovvero it's just pie, è solo una pie, nello slang del sud degli USA.
Comunque sia sarà pure solo una pie...ma che pie ;)
BROWN SUGAR CHESS PIE
per uno stampo da pie da 24cm
283 g di dark brown sugar
30 g di farina di mais finissima
113 g di uova intere (circa 2 grandi)
85 g di tuorli
230 ml di latte intero
28 g di burro fuso
un cucchiaino e mezzo di estratto di vaniglia
mezzo cucchiaino di sale
un guscio da pie da 23 cm di diametro, parzialmente cotto,spennellato con albume e completamente freddo
CARAMELIZED PIE CRUST
per l'All Buttah Pie Dough
150 g di farina
1 g di sale fino
113 g di burro freddissimo tagliato a cubetti di circa 1 cm
60 ml di acqua ghiacciata (ma può servirne meno, o di più a seconda della farina)
zucchero semolato, circa 50 g per caramellare
WHIPPING CREAM SAUCE
235 g di panna liquida da montare
50 g di zucchero semolato (facoltativo, non l'ho usato)
1 e 1/2 cucchiaino di estratto di vaniglia
Preparare la base: mescolare sale e farina. Unire i cubetti di burro freddissimo sfregandoli tra le dita in modo che si intridano per bene di farina e finchè avranno la dimensione di mezzi gherighi di noce. Ora creare uno spazio al centro ed unire l'acqua (attenzione che potrebbe non servire tutta, unitene meno della metà per iniziare). Mescolare con le dita in modo da idratare la farina ed appena l'acqua è assorbita compattare il panetto tra le mani senza impastare.
L'impasto non dovrà essere troppo secco nè troppo morbido, quindi regolatevi con l'acqua.
Formare un disco spesso circa un paio di cm, avvolgerlo in pellicola per alimenti e mettere in frigo per almeno 30 minuti o fino a due giorni.
Per caramellare semplicemente spolverizzare l'impasto con lo zucchero mentre lo si stende con il mattarello.
Foderare quindi uno stampo da pie da 24 cm di diametro stendendo la pasta a circa mezzo cm. Bucherellare la base con i rebbi di una forchetta quindi foderare con carta forno e riempirla di sfere in ceramica da forno facendo attenzione a salire anche sui bordi.
Mettere in forno preriscaldato a 205 gradi per circa 15-17 minuti, finchè i bordi saranno coloriti, quindi togliere carta e pesi e continuare la cottura per due-tre minuti.
Far raffreddare completamente e spennellare con un sottile strato di albume. Far asciugare completamente.
Per il ripieno:
Mescolare zucchero e farina di mais, quindi unire uova e tuorli e sbattere per un paio di minuti finchè il composto risulterà più chiaro.
Unire il resto degli ingredienti amalgamando benissimo quindi versare nel guscio di pasta parzialmente cotto e completamente freddo.
Cuocere in forno preriscaldato a 165 gradi, posizionando la teglia nella parte bassa, per circa 35-40 minuti o comunque finchè i bordi del ripieno risulteranno sodi mentre al centro sarà ancora leggermente tremolante.
Far raffreddare completamente a temperatura ambiente quindi passare in frigo per almeno un'ora prima di servire.
Per la copertura:
Montare la panna con lo zucchero, se lo si usa, finchè il tutto addensa. Dovrà avere la consistenza di una salsa densa ma non montare. Unire infine la vaniglia. Conservare in frigo anche fino a 24h ma potrebbe smontarsi un po'. Nel caso, frullare nuovamente prima di servire.
NOTE
- il dolce non è complicato ma la base richiede un po' di manualità ed esperienza nel maneggiare impasti ricchi di burro che una lavorazione sbagliata può rendere duri ed indigesti invece che friabili e leggeri. Nel libro la sezione sulla lavorazione delle basi è fatta molto bene, arricchita da foto esplicative ed addirittura un elendo di errori ed eventuali soluzioni. Molto interessante anche che per ogni realizzazione sia possibile abbinare più basi (nel libro presenti anche in versioni gluten-free e vegan!), la mia scelta è andata a un super classico con solo l'aggiunta di poco zucchero sulla superficie che non tanto addolcisce, ma più che altro rende ancora più interessante ogni morso.
- dettagliatissimo anche il capitolo su quanto impasto e ripieno servano a seconda della teglia usata. Tenete presente che una teglia classica da pie da 24cm ha una capienza diversa da, per esempio, una teglia a cerniera delle stesse dimensioni che invece ne richiederà di più. Avendo usato una piatto da pie mi sono attenuta alle dosi indicate che si sono rivelate precise al grammo.
- il brown sugar, ormai lo sapete, non è zucchero di canna ma zucchero melassato, ovvero zucchero semolato addizionato di melassa. A seconda di quanta melassa è presente lo zucchero diventa light o dark brown. Qui viene usato il brown, ovvero quello a più alta concentrazione di melassa, che regala un fantastico gusto di caramello.
- nel mio forno il dolce ha dovuto cuocere qualche minuto in più del previsto perchè dopo 35 minuti il ripieno era ancora completamente liquido. Ho molto apprezzato che oltre al numero di uova/tuorli da utilizzare fosse presente anche il peso: infatti qui non trovo spesso uova grandi ed ho dovuto aggiungerne uno per raggiungere la quantità necessaria.
- la copertura è semplice panna semimontata. Non serve aggiungere zucchero, secondo me, dato che fa tutto già il ripieno. La vaniglia direi imprescindibile.
- il profumo in cottura è da tortura dantesca, come il non poter assaggiare il dolce finchè ben freddo di frigo. Ma vale veramente la pena: guscio croccante e friabile, un ripieno cremosissimo.
Uno di quei dolci da una fettina sola, per carità, che non ce la faccio per poi ritrovarsi in cucina a...livellarne i bordi per amor di geometria mentre i ritaglia finiscono in bocca.
Insomma, un successone!
PROMOSSA CON LODE
Note personali
- come nelle ricette dei giorni scorsi, anche per questa pie c'è la possibilità di scegliere quale base utilizzare, sia per il tipo di impasto e la sua lavorazione, che per gli ingredienti. Questa opportunità mi è piaciuta tantissimo: stesso ripieno ma con basi diverse, e viceversa. Non ci si annoia!
- la ricetta è ben spiegata e non complicata. Se preparerete e cuocerete la base la sera precedente, il giorno dopo vi rimarrà poco da fare. Io ho fatto così, e la base si è conservata bene senza diventare molle, anzi è rimasta croccante. L'autrice scrive che, se anche dovesse ammorbidirsi un po', il nuovo passaggio in forno rimetterà tutto a posto
- sale kosher non ne avevo (e non l'ho mai avuto), ed ho usato quello in fiocchi
- se non trovate la doppia panna, usate tranquillamente quella normale, la quiche sarà comunque buonissima
- ho dovuto prolungare la seconda cottura per quasi 10 minuti, perché il ripieno non era ancora cotto
- lo strato di Parmigiano sulla base prima di aggiungere le verdure, aiuta ad impermeabilizzare il fondo, che rimane croccante, oltre a donare gusto
- temevo che il formaggio dell'impasto, quello sopra la base, e quello finale di Parmigiano e Gruyère, si sarebbe fatto sentire troppo, ma mi sbagliavo è tutto perfettamente in equilibrato. La crosticina che si crea è una cosa che dovete provare!
- non è prevista l'aggiunta di sale alle verdure, ed ho avuto la tentazione di metterlo (ma non l'ho fatto), perché pensavo che ne avrei sentito la mancanza. Non l'ho sentita per niente. La sapidità dei formaggi ha fatto il suo egregio lavoro.
- mi è piaciuta moltissimo la ricca scelta degli ingredienti del ripieno, che si sentono tutti, senza che ce ne sia uno dominante sugli altri
- questa quiche è veramente buonissima, al di sopra delle mie aspettative, tanto che è entrata nella lista delle mie preferite!!! E c'è qualcuno in famiglia che ne ha mangiato tre porzioni, e si è portato via l'ultima fetta :)))
Come avrete già capito, la ricetta è:
PROMOSSA CON LODE
ROUGH PUFF PASTRY (pasta sfoglia grezza)
Questa pasta sfoglia grezza risulta leggera, sfogliata e deliziosa come una tradizionale pasta sfoglia, ma si ottiene con minor sforzo e stress. E' talmente versatile - perfetta per pie senza stampo e mini pie - che potrete usarla per qualsiasi ricetta di questo libro, seguendo il metodo indicato. Con questa quantità otterrete cca 454 g di pasta sfoglia pronta da usare o congerlare.
In un libro pieno di ricette di bellissime pie decorate, geometriche, super precise, la mia prima scelta è ricaduta su una delle poche free-form o galette, cioè da cuocere senza stampo. In verità non ci avevo quasi fatto caso, perché quello che mi è subito piaciuto è stato l'accostamento pomodorini-formaggio morbido. In ogni caso, se pensate che Erin McDowell lasci qualcosa al caso, anche quando si tratta di galette, vi sbagliate di grosso.
Erin Jeanne McDowell, The Book on Pie
Che i social siano oggi lo strumento più influente nella comunicazione è un dato così incontrovertibile che neppure ci si fa più caso, o meglio: ci si fa caso solo quando questi vengono a mancare, che si tratti di cancellazioni illustri o di crash più democratici: è solo allora, infatti, che ci si accorge all'improvviso che il mondo da cui si è improvvisamente tagliati fuori ci importa più di quanto si sia inclini ad ammettere, con buona pace della contrapposizione fra reale e virtuale che, lungi dall'essere la consolazione di chi ce l'ha fatta, nel concreto della vita vera, suona piuttosto come la sconfitta di chi non sa padroneggiare la contemporaneità.
Il vero problema, però, non è tanto l'uso che si fa dei social, quanto il rischio di essere a nostra volta usati, finendo per diventare da fruitori consapevoli a vittime sempre meno lucide, all'inseguimento di una visibilità che rischia di ridurre, se non addirittura di contaminare, la veridicità dei nostri contenuti. E' un problema annoso e dibattutissimo, fortunatamente estraneo allo Starbooks che, da progetto di nicchia quale è, può ancora permettersi di non scendere a patti con nessuno. Se lo affronto qui, però, è perché il libro che abbiamo scelto per il mese di Aprile ci impone una riflessione in questo senso.
Stiamo infatti parlando di un argomento (le pies, ovvero le torte casalinghe per eccellenza) che in questi ultimi anni ha pesantemente risentito delle esigenze dell'immagine e della necessità di un rinnovamento che le strappasse alla dimensione confortevole del fatto in casa per ammantarle di un nuovo appeal, tanto più seducente quanto più instagrammabile.
Il superamento dello story telling nel nome della fruibilità immediata di una fotografia ha infatti privato queste torte dell'ingrediente fondamentale per il successo sui social: e visto che una pie senza una storia rischia di essere più anonima di una minestrina in brodo, ecco che lo sforzo dei nuovi guru della comunicazione si è concentrato sul rimpiazzo di questo elemento, da cercare naturalmente nel catalogo delle novità, nei termini di una eleganza e di una ricercatezza inusuali, finalizzate a quell'"effetto wow" a cui sembra miseramente ridursi tutto lo sforzo di chi cucina.
E così, dopo i mille strati di friabilità delle nuove sfoglie, dopo il vuoto cosmico dei nuovi croissant, in un susseguirsi di nuove mode che neppure hanno la pretesa di definirsi tali, da tanto nascono e muoiono con rapidità (dai pan banging cookies alle cream tart, dalla burnt cheese cake agli unicorni), tocca ora alla cara, vecchia frolla subire la stessa sorte: pie che sembrano opere d'arte, gusci che nascondono arcobaleni di consistenze diverse, intrecci che nemmeno Rapunzel- e poi reels, tutorial, corsi e, naturalmente, libri che ci raccontano di questa seconda vita delle pie, un po' come Adele dopo la dieta o Ozzy Osborne dopo il rehab.
Il dubbio- tanto legittimo quanto mai confessato- è se queste meraviglie che si presentano come vere delizie per la vista lo siano anche per il palato: e questa è la vera sfida a cui sottoporremo The Book on Pie, ultima opera di Erin Jeanne McDowell, food writer famosissima negli USA, il cui curriculum di tutto rispetto, ci fa ben sperare a riguardo.
Tuttavia, come ben sanno i nostri lettori, sperare non basta: è la prova dello Starbooks, la sola attendibile e la sola definitiva: e qui siamo pronti, con bilance e mattarelli, a cimentarci con le varie ricette, per metterle alla prova. Se questo Aprile sarà incantevole o crudele, insomma, lo scopriremo alla fine di una carrellata che si annuncia come la più golosa della stagione, per la quale vi diamo appuntamento da domani, per le prossime tre settimane.
Non mancate!
Alessandra
Comincia Aprile e torna il nostro consueto appuntamento con il Redone.
Se avete rifatto
una delle ricette dai libri da noi testati dovete per forza partecipare!
Potreste vincere uno dei graziosissimi gadget firmati Starbooks.
Nel Regolamento completo trovate le modalità per partecipare.
Ricapitolando:
- avete tempo da oggi fino al 26 Aprile compreso per pubblicare le vostre ricette
- le ricette possono essere scelte solo dai libri che abbiamo già testato, escluso il libro del mese in corso
- le ricette vanno eseguite esattamente come scritte nel libro, perché delle modifiche non permetterebbero un giudizio veritiero
- è necessario esprimere un giudizio finale: promossa, bocciata o rimandata, e un'introduzione alla ricetta, nella quale potrete illustrate i motivi della vostra scelta
- se avete un blog, nel post che pubblicherete, dovrete inserire un link a questa pagina, e il logo del Redone, lasciando poi un commento qui sotto per avvisarci della partecipazione. Ricordatevi di inserire il link che porta al vostro blog
- se non avete un blog mandate la ricetta, introduzione, giudizio ed almeno una foto a lostarbook@gmail.com
- potete partecipare con quante ricette volete
Buon lavoro!
PARTECIPANTI DI APRILE 2021
Pollo al limone con zaatar, La Apple Pie di Mary Pie
Pralines, Gioca Sorridi e Mangia
Chicken with Anchovies, Lemon and Rosemary, Gioca Sorridi e Mangia
Pollo speziato alla turca con insalata araba, La Apple Pie di Mary Pie
Buttermilk Cornbread, Cooking with Marica
Kouluri, Il bosco di alici
Buttermilk Cornbread, Valeria (via email)
Qualche anno fa, grosso modo a metà della storia dello Starbooks, avevamo concluso il periodo di prova di un libro con un Tiriamo le Somme negativo (è un eufemismo per "l'abbiamo massacrato senza pietà", ma siamo entrati nel periodo più santo dell'anno e almeno le apparenze, cerchiamo di salvaguardarle)
Nulla di sorprendente, se non fosse stato per la sfilza di promozioni che erano toccate alle ricette provate: a guardar quelle, nessuno avrebbe potuto prevedere un esito così desolante, in special modo le groupies dell'autrice che, difatti, scatenarono una shit storm indegna della loro mentore, ma che ancora ricordiamo come uno dei momenti più significativi in merito alla percezione dei nostri giudizi da parte dei lettori dello Starbooks.
Una delle preoccupazioni costanti del nostro lavoro, infatti, è il tentativo di comunicare un giudizio, oltre al voto. Lo facciamo sistematicamente nelle ricette, cerchiamo di farlo in modo ancora più esplicito nel Tiriamo le Somme, non a caso percepito come essenziale, sin dalla nascita di questo progetto, sulla scia di quei ricordi di scuola in cui il professore che ti dava un brutto voto motivandolo ti era più simpatico di quello che ti faceva sentire un numero- e niente più.
E' per questo motivo che la sfilza di "promossa" che è toccata alle ricette di Jubilee non deve trarre in inganno. E non perché i giudizi non siano fondati, non perché le ricette non siano riuscite.
Ma perché Jubilee è molto, molto, molto di più di quella sequela di promozioni che ha scandito le scorse settimane e che potrebbe trarre in inganno un lettore distratto, facendolo equiparare ad altri libri che, allo Starbook, hanno avuto la stessa sorte.
Per usare una metafora, Jubilee sta agli altri ottimi libri visti in questi anni come un fuoriclasse sta ad un campione. Sul quale non c'è nulla da eccepire, naturalmente: ma per lasciare un segno, serve molto di più. Quel "molto di più" che, nella fattispecie, è concentrato nell'enorme lavoro di ricerca da cui sono scaturite le ricette e che trasforma questo libro da un ottimo manuale di cucina ad una pietra miliare nella storia tutta degli Afro-Americani.
Quella che a noi, lettori bianchi ed europei, appare come una pregevole ricerca storica, da affiancarsi alle altre per una migliore comprensione della tradizione gastronomica di questo popolo, ha ben altra valenza se letta con gli occhi dei discendenti di quegli schiavi a cui furono negati non solo tutti i diritti, ma anche una identità di popolo. Dietro un colore, usato nella sua accezione più dispregiativa di "niger", infatti, i Bianchi pretesero che non ci fosse altro. Non un passato, non una storia, non una cultura- e meno ancora una diversità, di lingue, di tradizioni, di usanze. Una volta deportati nelle Low Countries, tutte queste persone perdevano le loro radici, uniformate nel nulla più assoluto, a dispetto di una crescita e un arricchimento evidenti, che andavano ben oltre il dato materiale: basti pensare alle tante colture introdotte dall'Africa e sviluppate materialmente da schiavi che, ben lontani dall'essere una semplice forza lavoro, erano i soli depositari di competenze altrimenti introvabili.
Non è un caso che gran parte degli sforzi delle comunità afro-americane, in questi ultimi decenni, siano tesi alla riaffermazione e alla tutela delle singole culture, nella consapevolezza che la riparazione dei torti passi da lì, dal riconoscimento di una identità di popoli, con le ovvie conseguenze di un rispetto e di una dignità che nulla hanno a che fare con l'odiosa moneta della compassione: in questo senso, la prefazione di Toni Tipton-Martin, che insiste da subito sulle sue origini alto- borghesi, status symbol inclusi, va letta come la prima picconata a quegli stereotipi melensi e fastidiosi del "povero nero", demoliti senza polemiche, ma con l'evidenza dei fatti.
Dopodiché, inizia la ricostruzione, nelle forme di una indagine minuziosa attraverso 200 anni di libri di cucina, nella convinzione che la cucina sia essenzialmente un fatto di cultura e le ricette espressione di quella catena di trasmissione che oggi si chiama tradizione e che da sempre è il vero filo diretto con la nostra storia, di popoli, di famiglie, di persone.
Un'operazione che ha sicuramente dei precedenti ma che in questo caso è resa unica e straordinaria dalla commovente volontà di voler fissare su carta quello che tutto il resto era determinato a voler cancellare e a cui ora la Tipton-Martin dà voce, in un'opera corale che restituisce agli Afro-Americani una parte preziosa del loro passato e a noi lettori una ricchezza mai immaginata- oltre che uno spunto importante di riflessione e un nuovo modo per chiedere scusa.
Ci vediamo ad Aprile, con il prossimo Starbook
Due ricette dolci e due salate, questo mese.
Al solito ci mettete in difficoltà ma dato che il vincitore può essere solo uno facciamo le congratulazioni a...
MOLOTOV PUDDING
di Gioca Sorridi Mangia
Chiediamo al vincitore di inviare una mail a: lostarbook@gmail.com con l'indirizzo a cui inviare il gadget dello Starbooks.
A tutti gli altri: vi aspettiamo per il Redone di Aprile!