venerdì 28 settembre 2018

HOW TO EAT A PEACH: TIRIAMO LE SOMME?




Il miglior Tiriamo le Somme relativo a questo libro è stato scritto da Mapi, qui, e se ancora non aveste letto il suo post, questo è il momento buono per farlo. Nè d'altronde poteva essere diversamente, visto che la Henry è una sua scoperta (qui me la vedo vestita da Pippo Baudo, che dice "l'ho scoperta io!" agitando il parrucchino), dai tempi di A Bird in the Hand: una folgorazione a prima vista, consolidatasi poi con il conforto delle altre Starbookers e delle successive pubblicazioni esaminate qui sopra. 
Se parto con questo incipit non è perchè voglia passare il testimone ma solo per darvi la misura del valore di questa autrice: se ci seguite da un po', saprete tutti che di noi cinque Mapi è il giudice più inflessibile e più rigoroso e una sua nota di apprezzamento è sempre la risultante di un processo di valutazione attento e severo, che tien conto di tutto e a cui nulla sfugge. Definire How to Eat a Peach "preziosissimo", insomma, è qualcosa di più unico che raro, se detto da lei. 
Neanche a dirlo, siamo tutte d'accordo. E non perchè le ricette siano riuscite ma per quella sensazione di armonia e di pace che deriva dalla lettura di un libro che non tradisce le aspettative. 
Come avevo scritto all'inizio, la vera sfida di quest'opera stava tutta nella decisione della sua autrice di spostare il tiro, mirando non più al solito frusto libro di ricette e neppure al genere del memoir, con le ricette che fanno da filo conduttore dei ricordi, di cui Ruth Reichl è l'indiscussa maestra. L'intuizione della Henry combinava semmai questi due filoni (ricette di qui, rimembranze di là), facendoli confluire in uno degli argomenti più ostici da trattare, sia nella pratica che nella teoria, vale a dire i menu. Perchè un conto è raccontare un piatto, un altro è mantenere l'ispirazione su una serie di portate che, ancor prima che dai sentimenti, sono legate fra loro da rigide ed asfittiche regole che poco hanno a che fare con gli accenti di sincera commozione e di pura poesia che costellano le pagine di questo libro. La Henry ci è riuscita, regalandoci un libro vero che si rivolge non tanto a chi è in cerca di ricette, quanto a chi ha fatto del cibo uno dei cardini della propria vita affettiva e uno strumento per comunicare emozioni, al di là delle dosi, delle bilance, di quella cosa orribile che si chiama impiattamento e di tutte le altre aberrazioni che ci tocca subire e che al nostro orecchio suonano stridule e forzate. Con How to Eat a Peach, Diana Henry ci restituisce l'armonia di una sintonia e il conforto di non essere rimasti i soli a pensarla cosi.
E scusate se è poco. 

giovedì 27 settembre 2018

STARBOOKS REDONE DI SETTEMBRE 2018: IL VINCITORE!


Questo mese ci avete inondato di dolci, e per la maggior parte dal meraviglioso Sweet di Yotam Ottolenghi.
Ed è proprio da questo libro che arriva la ricetta vincitrice che è....




Dalla vincitrice, Alessandra,  aspettiamo l'indirizzo alla mail lostarbook@gmail.com.
E per tutti gli amici dello Starbooks, è in arrivo una sorpresa che siamo certe vi piacerà e vi coinvolgerà.
Stay tuned :)

mercoledì 26 settembre 2018

SILVIAKAKA PER STARBOOKS REDONE DI SETTEMBRE 2018


Non c'è due senza tre...e Biagio manda addirittura una terza partecipazione al Redone del mese!



Il libro di Brontë Aurell, Fika & Hygge, è diventato per me quasi una lettura quotidiana. 
Ho scoperto tra l’altro che questo dolce proviene, molto probabilmente, da un omaggio di uno chef svedese all’attuale Regina di Svezia, di nome Silvia, appunto, che è di origine brasiliana. Viste le mie condizione di italiano in Brasile, nulla di meglio che provarlo subito. 


Silvia Cake (Silviakaka)

Ingredienti

3 uova grandi intere, più 1 tuorlo
160 g di zucchero semolato
80 g di light brown sugar*
semi di 1/2 baccello di vaniglia
200 g di farina 00
2 cucchiaini di lievito in polvere
un pizzico di sale
100 ml di acqua fredda**

Per la glassa:

150 g di burro
150 g di zucchero semolato
semi dall’altra metà del baccello di vaniglia usato nell’impasto
2 tuorli d’uovo
qualche goccia di succo di limone***
75 g di cocco grattugiato essiccato

una teglia quadrata da 20 x 20 cm unta e rivestita con carta da forno

SERVE 12-16

Preriscaldare il forno a 180° C.
In un mixer sbattere le uova con lo zucchero semolato, il light brown sugar  e i semi di vaniglia fino a ottenere un composto soffice e leggero.
Setacciare la farina, il lievito e il sale, quindi aggiungere il tutto nella miscela di uova e zucchero. Aggiungere lentamente 100 ml tazza di acqua fredda, fino a incorporarla bene.
Cuocere in forno preriscaldato per circa 25-30 minuti o fino a quando l’impasto non risulti ben lievitato, di colore ambrato ed elastico al tatto. Uno spiedino inserito nel centro dovrà comunque risultare pulito.

Non appena la torta è pronta, fuori dal forno, fare la glassa. Sciogliere delicatamente il burro in una casseruola, facendo attenzione a non farlo dorare. Aggiungere lo zucchero, la vaniglia e incorporare. Poi rimettere sul fornello, a fuoco basso, e aggiungere i tuorli e mescolare velocemente fino a quando la crema non diventi vellutata.
Togliere dal fuoco e aggiungere 50 g di cocco grattugiato essiccato e mescolare. Si otterrà una glassa piuttosto densa.
Accendere il grill. Spargere la glassa sulla torta, e reinserire la torta sotto il grill ben caldo per qualche minuto (2-3 massimo), cioè fino a quando diventi leggermente caramellata. Togliere dal grill e cospargere il cocco restante per coprire la parte superiore.
Lasciare raffreddare prima di tagliare in quadrati per servire.

NOTE

La torta è buonissima. Ha un sapore di casa, di dolce della merenda, perché la consistenza ricorda il pan di spagna della nonna… Ma ricorda specialmente un dolce brasiliano, ovviamente a base di cocco, chiamato qui “toalha felpuda”, che potrebbe tradursi maldestramente con “panno vellutato”. Probabilmente l’omaggio alla Regina Silvia viene da qualche ricordo d’infanzia in Brasile.

La ricetta non presenta difficoltà. È importante versare l’acqua fredda molto, ma molto lentamente e farla assorbire bene, per non avere un risultato poco morbido. Il passaggio sotto il grill è una “genialata” perché il dolce assume un particolare sapore “brûlé”, se mi faccio capire…

Una nota personale, permettetemela: Brontë Aurell era contentissima, quando le ho scritto che avevo fatto la Silviakaka…

* come ho imparato qui su Starbooks, il “light brown sugar” indicato nella ricetta non è zucchero di canna, ma zucchero semolato con aggiunta di melassa. La melassa brasiliana, chiamata “melado de cana”, è abbastanza scura ed è simile al “black treacle” inglese. Per questa ricetta ho usato uno zucchero tipo Demerara.

** nel libro c’è un errore di stampa; tra gli ingredienti non è inclusa l’acqua fredda, che, invece, è ricordata nel procedimento ed è ritenuta obbligatoria affinché la torta sia morbida e gonfia.

*** non vi è nella ricetta nessun richiamo a queste poche gocce di limone. Perciò sono assolutamente dispensabili.

La ricetta è BRASILIANAMENTE PROMOSSA

martedì 25 settembre 2018

MENU MONSIEUR MATUCHET PLAYS THE PIANO - FIG AND HONEY CAKE

Il fico è il frutto simbolo di un passaggio tra due stagioni: è bello come un tramonto estivo ma prelude già ai rossori autunnali.
E' una golosità senza limiti: io ne ho una piccola dipendenza.
Non mi stanco mai di sorridere ogni volta che ne addento uno, consapevole di star mangiando un fiore: mi sembra una cosa piena di poesia.
Nonostante io li preferisca freschi e mangiati al naturale, mi lascio corrompere dalla loro bellezza decorativa, dal loro cuore lucido che occhieggia vanesio dalla superficie di torte, crostate e dolci al cucchiaio.
La meraviglia di questo fiore/frutto sta la sua inesauribile dolcezza che ricorda miele, agrumi, vaniglia e caramello in un colpo solo e che, incredibilmente, non stanca mai.
A chiusura del menu "M. Matuchet plays the piano", c'è questo sontuoso dolce autunnale che mi ha convinto al primo sguardo.
Non è un dolce raffinato o ricercato:  direi una piccola Cenerentola pronta a regalare delle sorprese.
Ingredienti per 8 persone
175 ml di Porto o Madeira
Il succo di mezzo limone, una lunga striscia della scorza di un limone non trattato e la scorza finemente grattugiata di 1/3 di limone non trattato.
1 rametto di rosmarino
250 g di miele liquido
12 fichi (potrebbero servirne qualcuno in più, dipende dalla dimensione)
175 g di burro non salato morbido, ed extra per imburrare
225 g di farina, ed extra per la tortiera
30g di soft light brown sugar
1/2 cucchiaino di estratto di vaniglia
3 uova grandi a temperatura ambiente, leggermente sbattute
2 cucchiaini di lievito
1 pizzico di fiocchi di sale marino
50 g di noci o nocciole macinate
crème fraiche per servire (panna acida)

Mettete il vino, il succo di limone, la buccia di limone ed il rosmarino in una padella con metà del miele e portate gentilmente a bollore.
Allo stesso tempo, eliminate il picciolo dai fichi e tagliateli a metà sulla lunghezza. Immergete i fichi nella miscela di alcool e miele per 5 minuti o fino a che non siano appena morbidi, girandoli una volta durante questo tempo. (i fichi cuoceranno maggiormente più tardi, questo aiuterà a conferire un po' del loro sapore al liquido).
Sollevate i fichi dal liquido di immersione e lasciateli raffreddare sistemandoli su un unico strato, uno lontano dall'altro.
Fate bollire il liquido fino a che non si sia addensato un poco e cominci ad essere sciropposo (si addenserà di più raffreddandosi.). Tenere da parte

Preriscaldate il forno a 180°.
Imburrate uno stampo a cerniera di 23 cm di diametro, foderate la base con della carta da forno quindi spolverate con la farina ed eliminate gli eccessi.
Montate il burro con lo zucchero fino a che non sia chiaro e spumoso, quindi aggiungete il resto del miele e continuate a montare, aggiungendo poi la vaniglia e la scorza grattugiata del limone.
Aggiungete gradatamente le uova, poco alla volta, montando bene dopo ogni aggiunta.
Setacciate la farina con il lievito. Incorporatela nel composto insieme alla farina di noci, fino a che non sarà ben amalgamata.
Versa l'impasto nello stampo. Vi sembrerà che il composto non sia molto ma questa torta non deve essere troppo alta.
Sistemate con cura i fichi sulla superficie del dolce, con il lato del taglio a vista. Mettete in forno e cuocete per 45 minuti. Alla prova stecchino al centro del dolce (evitate i fichi), dovrà uscire asciutto e pulito.
Lasciate il dolce nello stampo per circa 15 minuti, quindi togliete con attenzione il cerchio ed eliminate la carta dalla base.
Spennellate la superficie del dolce con lo sciroppo e lasciate riposare fino al momento di servire.
Questo dolce è perfetto servito tiepido (anche se sarà più friabile).
Servitelo con panna acida, perfetta per contrastarne un po' la dolcezza

NOTE PERSONALI 

  • Per questa ricetta devo dire poco: è spiegata alla perfezione e molto semplice nelle varie fasi. La parte più complicata è trovare dei fichi buoni ed a giusta maturazione (non troppo molli perché rischiano di spappolarsi nella prima cottura. 
  • Cercate di utilizzare un miele non troppo caratterizzato o balsamico: un millefiori o acacia sono consigliati, anche perché la parte alcolica ci mette già del suo. 
  • La cottura è importante: non bisogna asciugare troppo il dolce. La texture è fondente, intensamente profumata, assolutamente poco dolce. Il contrasto è presente solo con la parte fruttata in superficie, e con la quale si può abbondare con la lucidatura. 
  • Decisamente la presenza della panna acida è una spinta che valorizza il dolce al suo meglio. 
PROMOSSA IN PIENO! 


lunedì 24 settembre 2018

MENU MONSIEUR MATUCHET PLAYS THE PIANO - ROAST QUAIL WITH AILLADE AND WILD MUSHROOMS & POTATOES

La storia legata a questo menù, mi ha fatto innamorare di questo libro.
Ancora una volta cucina francese, questa volta legata ad una fuga gastro-amorosa in quella Francia da cartolina su cui ho spesso sognato.
Un viaggio in Dordogna con il fidanzato dell'epoca in pieno mood autunnale, porta la nostra autrice in un piccolo villaggio arroccato e circondato da una meravigliosa campagna, in cui si nasconde un piccolo Hotel dai soffitti dipinti come una notte stellata.
Il proprietario, M. Matuchet, dall'inverosimile somiglianza con Alain Delon, non solo è l'addetto alla cucina, ma dopo cena, allieta i suoi ospiti con un jazz intrigante e complice improvvisato al piano.
E se mentre leggo questo breve racconto di viaggio, ho ben in mente la bellezza dei luoghi, riesco contemporaneamente ad assaporare la bontà dei piatti del menù che Diana Henry ha pensato per noi.
Aperitif Agenais
Onion, spinach et bleu d'Auvergne tart
Roast Quail with Aillade
Wild mushrooms and potatoes
Green salad with hazelnut dressing
Fig & honey cake 

Di questo menù ho realizzato le quaglie con i funghi e le patate e per concludere, la Fig and honey cake.

Quaglia arrosto con Aillade
Ingredienti per 6 persone 
Per le quaglie 
2 foglie di alloro sminuzzate
le foglioline di 4 rametti di timo
la scorza finemente grattugiata di mezzo limone non trattato
4 cucchiai di brandy
fiocchi di sale marino e pepe nero macinato fresco
9 cucchiai di olio extravergine
12 quaglie
50 g di burro tagliato in 12 piccoli pezzi
350 ml di Vermouth secco
500 ml di brodo di pollo profumato

Per l'Aillade 
2 grossi spicchi d'aglio pelati
80 g di noci sgusciate
150 ml di olio di noce
1 cucchiaio di prezzemolo finemente tritato

Marinate le quaglie il giorno prima. Mescolate le erbe, la scorza di limone, il brandy, sale e pepe con 6 cucchiai di olio extravergine.
Condite gli uccelli e con un cucchiaio versate un po' di marinata anche negli incavi, quindi immergeteli nella marinata cospargendone bene la superficie e sistemateli su una larga teglia coperti con pellicola e mettete in frigo.
Per l'aillade, pestate in un mortaio gli spicchi d'aglio con le noci ed un pizzico di sale.
Una volta che le noci sono ben schiacciate, aggiungete l'olio di noce a filo come si fa per la maionese.
Aggiungete due cucchiai di acqua tiepida (qualche volta io uso brodo di pollo che conferisce al tutto una reale struttura). Aggiungete pepe e il prezzemolo tritato e mettete da parte.
Preriscaldate il forno a 200°.
Per cuocere le quaglie, togliete le erbe depositate sul petto dell'uccello. Scaldate i rimanenti 3 cucchiai di olio extravergine in una larga padella e, solo quando veramente caldo, dorate velocemente gli uccelli, in più tempi, su tutta la superficie, in particolare sul petto. Non dovrete cuocerli ma solo dare loro colore.
Infilate un piccolo pezzo di burro nella cavità di ogni uccello e sistemateli in una larga pirofila o due, non dovranno essere affollati.
Arrostiteli per 15/20 minuti, a secondo di quanto rosa preferite la carne, aggiungendo un quarto del vermouth a metà cottura.
Rimuovete gli uccelli sistemandoli su un piatto caldo e coprite.
Mettete la pirofila su una fiamma vivace ed aggiungete il resto del vermouth. Portate a bollore quindi lasciate ridurre il liquido fino a che non avrete c.ca 150 ml di liquido rimasto.
Aggiungete il brodo caldo e bollite fino a quando non otterrete una salsa leggermente sciropposa sufficiente da versare in un paio di cucchiate su ogni quaglia.
Sistemate due quaglie su ognuno dei 6 piatti caldi, versatevi sopra la salsa e l'aillade accanto.
Servite con i funghi selvatici e le patate, così come con l'insalata verde se non la servirete con la tarte.

Funghi selvatici e patate
Ingredienti per 6 persone

2/3 cucchiai di olio d'oliva
400 g di patate novelle cotte e affettate spesse
fiocchi di sale marino e pepe nero macinato al momento
400 g di funghi selvatici o coltivati, affettati abbastanza spessi
25 g di burro
una manciata di prezzemolo tritato finemente

Scaldate un cucchiaio d'olio in una larga padella e fate dorare le patate (probabilmente dovrete farlo in due tempi), e condite mentre cuocete.
Togliete le patate una volta che sono belle dorate.
Aggiungete un altro cucchiaio d'olio e fate saltare metà dei funghi a fiamma vivace. I funghi dovranno colorarsi uniformemente.
Aggiustate di sale e pepe.
Continuate a cuocere ad una temperatura sufficientemente alta fino a che il liquido rilasciato non sia asciugato (i funghi ne rilasciano molto e deve evaporare).
Trasferiteli in una ciotola e continuate a cuocere la restante parte nella stessa maniera.
Rimettete i funghi nella padella ed aggiungete il burro che conferisce un sapore delizioso.
Incorporate le patate, mescolate bene il tutto fino a quando non abbiano ripreso un bel calore.
Aggiustate di sale e pepe se necessario, aggiungete il prezzemolo e servite.

NOTE PERSONALI

  • Confesso di non aver preparato l'Aillade. Dell'intero menù è l'unica cosa che non sono in grado di tollerare causa il disagio profondo che mi provoca l'aglio crudo. Sono certa che sia assolutamente complementare al servizio della quaglia, ma lascerò a voi il piacere di scoprirlo. 
  • Ero intimorita dalla preparazione della quaglia, che ho già affrontato in più di una occasione, ma sempre in padella, con tempi di cottura diversi. La cottura in forno ad alta temperatura mi provocava visioni di volatili rinsecchiti e mortificati quindi sono stata estremamente cauta. Ho seguito pedissequamente le indicazioni della Henry, irrorando abbondantemente la quaglia a metà cottura e tenendola 20 minuti in forno. Una volta pronta, l'ho tolta dalla teglia e l'ho avvolta nella carta di alluminio per preservare il calore e la perdita di succhi, mentre finivo con la salsa. La polpa, generalmente più tenace di quella del pollo, aveva mantenuto bene i suoi succhi, era tenera e saporita con un aroma elegante e lievemente agrumato. 
  • Quando dorate la quaglia nell'olio, fate in modo che questo sia davvero ben caldo e lavorate velocemente, girandola spesso ed insistendo sul petto. Utilizzate cucchiai di legno o comunque, fate molta attenzione a non bucare la pelle né la polpa in nessun modo, altrimenti rovinerete il risultato e la carne perderà parte dei suoi succhi. 
  • Soltanto dopo averla rosolata, legate le estremità delle cosce, in modo che l'animale mantenga una forma aggraziata e sia bella al momento di servirla. L'autrice non lega le cosce ma a me non piacciono le zampe all'aria ;) 
  • La preparazione del contorno è decisamente facile. Per le patate, usate patate novelle non troppo grandi, lessatele il giorno prima facendo in modo che non siano stracotte e conservatele in frigo tutta la notte prima di friggerle.  Per i funghi, se avete la fortuna di trovare porcini o altri funghi selvatici, siete dei privilegiati. Io ho usato un mix tra pioppini, finferli e prataioli e mi sono accontentata. L'insieme è ovviamente delizioso. Non lavate i funghi: puliteli accuratamente con carta assorbente inumidita o li rovinerete. Il tutto si preparare in un attimo. 
  • Il piatto è davvero buonissimo e nell'insieme molto facile da preparare, vi spaccerà per grandi chef e soprattutto sorprenderete con qualcosa di diverso dal solito pollo, una volta tanto! 
APPASSIONATAMENTE PROMOSSA! 




domenica 23 settembre 2018

LEMON AND POPPY SEED CAKE PER STARBOOKS REDONE DI SETTEMBRE 2018




Biagio, il nostro lettore senza blog dall'altro emisfero, manda la sua seconda partecipazione al Redone del mese che pubblichiamo volentieri:


Da un paio di settimane mi sono letteralmente innamorato di Sweet, di YotamOttolenghi, specialmente dopo aver visto la sessione dedicata alle mini cake… di cui sono un fan e un modesto collezionatore di stampi… Questo plum-cake al limone con i semi di papavero è tra le più strabilianti e perfette golosità che abbia mai gustato.

Per 8 persone (se si utilizza uno stampo di plum-cake regolare - 23 x 13 x 7 cm ) o 9 (se si utilizzano gli stampi di mini plum-cake)

3 uova grandi
225 g di zucchero semolato
120 ml di panna ad alto contenuto di grassi
75 g di burro non salato, a cubetti, più  burro extra per ungere lo stampo
10 g semi di papavero
la scorza finemente grattugiata di 3 limoni (1 cucchiaio)
170 g di farina
¼ cucchiaino di lievito in polvere
¼ cucchiaino di sale

Per la glassa
100 g di zucchero a velo, setacciato
2 cucchiai di succo di limone

Procedimento: 

1 Preriscaldare il forno a 180°C. Imburrare lo stampo e mettere la carta da forno.

2 Mettere le uova e lo zucchero nella ciotola di un mixer e sbattere a velocità medio-alta per circa 2 minuti, fino a quando il composto non diventi chiaro e spumoso. Aggiungere la panna e continuare a sbattere per circa 2 minuti ancora, o comunque fino a quando l'impasto non si è perfettamente amalgamato, addensato un po’ e diventato chiaro.

3 Nel frattempo, sciogliere il burro in una piccola casseruola a fuoco basso, aggiungere i semi di papavero e la scorza di limone e mettere da parte.

4 Setacciare la farina, il lievito e il sale insieme in una ciotola, quindi utilizzare una spatola di silicone per unire il tutto al composto ottenuto dalle uova con lo zucchero, e finalmente incorporare il burro con i semi di papavero e la scorza dei limoni.

5 Versare il composto a cucchiaiate nello stampo in modo che arrivi a circa 3/4 dal bordo e cuocere per circa 50 minuti o fino a quando, verificata la cottura con la prova stecchino, inserito nel centro della torta, tutto risulterà pulito.

6 Fare la glassa sbattendo lo zucchero a velo con il succo di limone in una ciotola. Versare la glassa sopra la parte superiore della torta non appena esce dal forno, distribuendola in modo che affondi e crei una bella copertura. Lasciare raffreddare per 30 minuti prima di rimuovere dallo stampo. Lasciare a temperatura ambiente prima di servire.

Usando degli stampi per mini plum-cakes, ridurre il tempo di cottura a 25 minuti.

***
Il procedimento di questo plum-cake è veramente semplice e il risultato eccezionale.
Imbattibile.
La glassa non può essere omessa. Altrimenti si otterrà una torta normalissima e insipida, senza glamour…
Una volta versata sopra la torta calda, senza rimuoverla dallo stampo, la glassa comincerà a solidificarsi.
La carta forno dovrà essere, dunque, abbastanza resistente, se non si vuole rompere incautamente la torta, visto che la glassa arriverà nei meandri più impensati della base… Questo, però, è veramente il buono (anzi, il buonissimo) della ricetta.
Ottolenghi chiama questo plumcake “patrimonio nazionale”, una gloria anglo-mediorientale… e lo è veramente. La ricetta è evidentemente

SUPER PROMOSSA

venerdì 21 settembre 2018

MENU CIDER AND GITANES - CRÊPES DENTELLES WITH SAUTÉED APPLES & CARAMEL

Terza e ultima ricetta dal menu Cider and Gitanes. Ed è il momento del dolce: crepes sottili, accompagnate da mele caramellate e creme fraiche... Non avete già l'acquolina???

Il nome di queste crepes "dentelles" (lace in inglese), significa pizzo, e si riferisca al bordo fine e delicato che le caratterizza. La Henry racconta che, la ricetta delle crepes, è più di una semplice ricetta, visto che le è stata insegnata, quando aveva 15 anni, dal suo primo boyfriend francese, Christophe.
L'autrice, sempre nell'introdurre la ricetta, afferma che le crêpes non sono una preparazione difficile da realizzare, ma ci sono dei piccoli trucchi da seguire: inclinare velocemente la padella in modo che la pastella rivesta completamente la base con uno strato sottile, versare fuori dalla padella l'eccesso di pastella ogni volta che si aggiunge, e fare attenzione a non versarne troppa.
Per la cottura servirà una padella che, grazie all'uso, è diventata antiaderente (la classica padella in ferro pesante), oppure una padella antiaderente. La prima crêpe che cuocerete sarà un disastro. Non preoccupatevi, è normale che sia così.




Crêpes Dentelles with Sautéed Apples & Caramel

Ingredienti per 4 persone

per le crêpes

125 g di farina bianca
30 g di zucchero semolato
un pizzico di sale 
300 ml di latte intero
1 uovo intero più un tuorlo
30 g di burro fuso non salato, più quello per la cottura

crème frâiche, per servire

per il caramello

50 g di burro non salato
125 ml di doppia panna
100 g di soft light brown sugar
½ di cucchiaino da tè di sale in fiocchi
¼ di cucchiaino da tè di estratto di vaniglia

per le mele

2 mele adatte alla cottura, sbucciate, tagliate a metà e private del torsolo
50 g di burro non salato
1 cucchiaio da tavola di zucchero semolato

In una ciotola setacciare la farina. lo zucchero, il sale e fare una fontana al centro. In una caraffa battere il latte, l'uovo intero e il tuorlo con 100 ml d'acqua. Versare gradualmente i liquidi nel mix con la farina, mescolando con una frusta finché la pastella non sarà liscia. Aggiungere il burro fuso, sempre mescolando. Coprire e lasciar riposare per un'ora. Si può preparare la pastella anche con il frullatore, frullando tutti gli ingredienti per un minuto, raschiare i bordi e frullare ancora per 5 secondi.

Nel frattempo preparare il caramello. Mettere il burro in una padella larga - la salsa bollirà e ci sarà bisogno di spazio - e farlo sciogliere su fuoco medio. Unire la panna, lo zucchero e il sale. Portare a bollore, mescolando per far sciogliere bene lo zucchero. Ridurre il fuoco e far sobbollire per 10 minuti, mescolando ogni tanto. Unire la vaniglia.

Tagliare le mele a spicchi sottili 5 mm circa, partendo dal lato più spesso. Scaldare il burro in una padella e mettere le mele, non troppe per volta, altrimenti le mele cuoceranno al vapore invece di friggere. Saltare le mele da entrambi i lati fino a quando non saranno dorate, ma non troppo morbide al centro. Spolverizzare con lo zucchero e cuocere, su fuoco medio, fino a caramellare leggermente - 3 minuti circa. Disporre le mele su un piatto piano, senza sovrapporle, altrimenti continueranno a cuocere, e si  rischierà di perdere la caramellizzazione.  Sciogliere un piccola noce di burro nella padella antiaderente, muovendola per distribuire meglio il burro. Con un mestolo, versare solo la quantità di pastella necessaria a coprire il fondo, versando fuori quella in eccesso. Queste crêpes devono essere davvero sottili. Cuocere su fuoco medio fino a quando la crêpe non sarà dorata nella parte inferiore. Capovolgere con un spatola e cuocere anche l'altro lato. Aggiungere altro burro - poco- se necessario. Se la padella dovesse surriscaldarsi e bruciare il burro, eliminarlo e ricominciare.



Tenere le crêpes in caldo in forno a bassa temperatura fino a quando non avrete esaurito la pastella.
Servire con le mele, il caramello - se avete preparato la salsa in anticipo riscaldatela leggermente - e la crème frâiche.

Note personali

 - Ricetta semplice, seguendo i consigli dell'autrice. Chi non ha mai preparato le crepes, tenga bene a mente che, se vuole ottenere delle crepes veramente sottili e uniformi, deve essere molto veloce ad inclinare e far roteare la padella, dopo aver versato la pastella. In questo modo si eviteranno anche i buchi

- gli ingredienti in questa ricetta convivono in perfetta armonia. Ho apprezzato particolarmente la scelta della creme fraiche che riequilibra la dolcezza del caramello e delle mele. A proposito di mele, la crosticina che si crea dopo la frittura nel burro e la caramelizzazione è deliziosa

- l'autrice non parla delle dimensioni della padella da utilizzare. Io di solito ne utilizzo una con un diametro di 20 cm e, con mezza dose di pastella, ho ottenute 9 crepes

- se vi piace la cannella, provate a spolverarne un po' su una crepe, non ve ne pentirete :)


La ricetta è:

PROMOSSA A PIENI VOTI


giovedì 20 settembre 2018

MENU CIDER AND GITANES - LEEKS WITH BRETON VINAIGRETTE E MOUCLADE

Il menu che ho scelto dal libro di Diana Henry - How to eat a Peach è il Cider and Gitanes, che si trova nel capitolo "Primavera e Estate", capitolo con cui inizia il libro.
Le portate del menu sono:
Kir Breton
Leeks with Breton Vinaigrette
Rillettes
Mouclade
Crêpes Dentelles witn Sautéed Apples & Caramel

Il menu è ispirato alla Francia, paese di cui la Henry è innamorata, e in cui ha vissuto come ragazza alla pari, vicino a Bordeaux. Durante i suoi soggiorni in Francia, è riuscita a visitare quasi tutto il paese e ad innamorarsi della sua cucina, il cui primo approccio è avvenuto nelle cucine delle case in cui era ospitata. Quando la Henry viveva a Londra, ha frequentato per anni le coste francesi, quelli più vicine a lei: Bretagna e Normandia.
Un tempo, secondo l'autrice, buon cibo significava cibo francese. Il cibo francese è semplice e complesso allo stesso tempo, quindi bisogna prestare molta attenzione nella preparazione dei piatti.

La prima ricetta che ho deciso di provare è uno dei piatti che ha fatto innamorare la Henry della cucina francese, ed è l'esempio di come la semplicità in cucina sia spesso la strada migliore...




LEEKS WITH BRETON VINAIGRETTE

Ingredienti per 4 persone

un cucchiaio scarso di aceto di vino bianco, o a piacere
¼ di cucchiaino di senape di Digione, o a piacere
un pizzico di spezie miste
sale marino in fiocchi e pepe nero macinato
8 cucchiai di olio extravergine d'oliva
un bel pizzico di zucchero semolato
1 cucchiaio e ½ di capperi, sciacquati e asciugati 
½ cucchiaio di scalogno tritato molto finemente
1 cucchiaio di prezzemolo tritato finemente
½ cucchiaio ognuno di cerfoglio e erba cipollina, tritati finemente
porri medi

Preparare la vinaigrette mescolando, in una piccola ciotola, aceto, senape e un po' di sale e pepe. Unire l'olio con una forchetta. Aggiungere i capperi, lo zucchero, lo scalogno e le erbe. Assaggiare e regolare il condimento. Potrebbe essere necessario unire altra senape o aceto. Sarebbe meglio preparare il condimento 30 minuti prima, in modo che i sapori si possano amalgamare bene.

Rimuovere ed eliminare le foglie più esterne e dure dei porri. Eliminare anche la base del porro e la parte superiore verde scuro. Tagliare i porri in pezzi lunghi circa 4 cm e lavarli molto bene, anche tra una foglia e l'altra, dove si potrebbero trovare residui di terra. Cuocere al vapore per 4-6 minuti e testare la cottura con la punta di un coltello: i porri dovranno essere teneri.  La cottura al vapore evita che i porri risultino troppo umidi.  Eliminare l'umidità eccessiva tamponando delicatamente i porri con un canovaccio pulito perché, così facendo, il condimento riuscirà ad aderire meglio. Trasferire subito i porri, ancora caldi, nella ciotola da portata e condirli con la vinaigrette. Assaggiare ancora e regolare il condimento, se necessario. Servire tiepido o a temperatura ambiente.






MOUCLADE

Ingredienti per 4 persone

un bel pizzico di pistilli di zafferano
2 kg di cozze
30 g di burro non salato
1 cipolla piccola, tritata finemente
2 spicchi d'aglio, schiacciati
¾ di cucchiaino di polvere di curry media 
4 cucchiai di brandy
2 cucchiaini di di farina bianca
200 ml di vino bianco secco
200 ml di doppia panna
sale marino in fiocchi e pepe nero macinato
una manciata generosa di prezzemolo, tritato finemente


Mettere lo zafferano in una tazza e aggiungere 5 cucchiai di acqua bollente. Lasciar riposare per 30 minuti.
Pulire le cozze raschiandole bene con un coltello ed eliminare il bisso. Picchiettare leggermente le cozze contro il lavandino ed eliminare quelle che rimangono aperte. 
Sciogliere il burro in in tegame e far rosolare la cipolla fino ad ammorbidirla, senza che si colori. Unire l'aglio, il curry e cuocere altri due minuti, in modo che il curry rilasci il suo aroma. Versare il brandy e lasciar bollire fino ad avere un paio di cucchiai. Ridurre il fuoco, incorporare la farina e mescolare fino a quando il composto non sarà ben liscio. Cuocere per un minuto poi togliere la padella dal fuoco e aggiungere lo zafferano e la sua acqua, gradualmente. Mettere da parte.
Mettere il vino e le cozze in una casseruola grande e cuocere,  coperto e a fuoco medio-alto,  per 4 minuti circa. Filtrare le cozze, usando un colino grande, e raccogliendo il loro liquido in una ciotola posizionata sotto il colino. Eliminare le cozze che non si sono aperte metterle nella casseruola, coprendo per tenerle in caldo. Filtrare nuovamente il liquido, rivestendo un colino con della mussola, in modo da eliminare residui di sabbia. Riscaldare dolcemente il liquido con lo zafferano e unire il liquido delle cozze. Portare a bollore e far sobbollire per 3 minuti circa. Aggiungere la panna e cuocere, a fuoco lento, per altri 4 minuti, finché la salsa non si sarà ridotta e addensata. Assaggiare e regolare il condimento, se necessario. Unire il prezzemolo. Trasferire le cozze in una ciotola da servizio, riscaldata, oppure lasciarle nella casseruola e versarci sopra il condimento. Servire subito.

Note personali

Entrambe le ricette sono di semplice esecuzione e non ho avuto problemi durante la preparazione. Fondamentale è la qualità delle materie prime che utilizzate, che è sempre importante in ogni preparazione, ma ancora di più, a mio parere, in ricette semplici come queste. 

I porri con la vinaigrette mi hanno stupito positivamente; sono veramente deliziosi! Li ho già preparati un'altra volta :) Gli ingredienti sono dosati perfettamente, e i capperi ci stanno benissimo. A proposito di capperi, io ho utilizzato quelli sotto sale di Pantelleria (belli cicciotti, che ho tagliato a metà), non quelli sottaceto, che non amo molto.

Riguardo la Mouclade, è la seconda ricetta che provo. La prima la trovate qui. Questa della Henry è sicuramente buona, ma quella di Shaun Hill, con la Curry Paste e la Creme Fraiche al posto del Curry in polvere e della semplice panna, è la mia preferita: più ricca in profumo e gusto.
Non vi resta che provarle entrambe e scegliere la vostra preferita :)

Le ricette sono entrambe:

PROMOSSE

mercoledì 19 settembre 2018

MENU SUMMER BEGINS WITH AN APRICOT TART - APRICOT TART

La scelta su questa torta è stata istintiva.
In genere leggo attentamente la ricetta e valuto le difficoltà e la reperibilità degli ingredienti, ma in questo caso l'ho infilata nella selezione dei piatti in maniera automatica.
Per poi rendermi conto soltanto dopo, leggendo l'introduzione al menu "Summer begins with an Apricot Tart", che quanto scrive la Henry io lo esercito da una vita.
Non è necessario stabilire un menù partendo dall'antipasto.
Nel mio caso, siccome il dolce mi impegna sempre più del normale, molti dei miei menu partono proprio da questa scelta.
Il che mi rende divertente pensare al resto come qualcosa di facile e veloce "tanto ormai il peggio è fatto".
Mi sono rivista nella Henry, nel suo amore per le albicocche, che è anche il mio: "le mie preferite sono quelle arrossate e spruzzate di piccole lentiggini brunate in cui puoi vedere l'estate".
Su questa definizione mi sono innamorata.
Perché è proprio vero: se c'è un frutto che ama essere inserito in un dolce, è proprio l'albicocca: alla sua giusta maturazione, sviluppa in cottura quella deliziosa acidità che mitiga la dolcezza, ma poi si fonde all'impasto con una consistenza mielosa e avvolgente.
L'albicocca ama le mandorle, l'idea di una punta di amaro.
E' il mio personale campanello che l'estate è finalmente arrivata.
Ingredienti per 6 - 8 persone
170 g di farina 00
50 g di zucchero semolato
35 g di mandorle tritate
un pizzico di fiocchi di sale marino
170 g di burro freddo ridotto in pezzetti
1 tuorlo d'uovo
1/2 cucchiaino di amaretto

Per la frangipane
35 g di di burro morbido non salato
35 g di zucchero semolato
35 g di farina 00
35 g di mandorle pelate e macinate di fresco
un uovo grande leggermente battuto
1/2 cucchiaino di amaretto

Per il ripieno
1 kg di albicocche mature, tagliate a metà e private del nocciolo
4 cucchiai di zucchero semolato
35 g di fiocchi di mandorle
zucchero a velo per rifinire

Per fare l'impasto, metti farina, zucchero, farina di mandorle ed un pizzico di sale in un mixer con lama e frulla per qualche secondo.
Aggiungi il burro e frulla nuovamente fino a che il composto non sembrerà bricioloso.
Aggiungi il tuorlo e l'amaretto. Mescola fino a che non otterrai una palla.
Dagli la forma di un salame (stando attenta non maneggiare troppo l'impasto), di c.ca 5 cm di diametro. Avvolgilo nella pellicola trasparente e raffredda il tutto per almeno 2 ore.
Per la frangipane, monta il burro con lo zucchero fino a che non sarà leggero e cremoso.
Gradatamente aggiungi l'uovo, amalgamando bene dopo ogni aggiunta.
Aggiungi l'amaretto quindi le mandorle e la farina.
La frolla di mandorle è un po' complicata da stendere quindi non ci provare neanche.
Affetta il tuo cilindro di pasta in fettine dallo spessore di una moneta da 1 sterlina (c.ca 3 mm).
Sistema le fette sovrapponendole, in uno stampo dal fondo amovibile di 23 cm di diametro, rivestendo di carta i bordi.
Dai la forma alla base premendo con delicatezza e lasciando i bordi più spessi della base.
Copri con pellicola e metti nel congelatore per c.ca 20 minuti (o comunque nella parte più fredda del frigo) per impedire che si ritiri.
Spalma la frangipane nel guscio: non ti sembrerà abbastanza ma poi si gonfierà in cottura.
Accendi il forno a 180°.
Cospargi le metà di albicocca con zucchero e sistemale quasi verticalmente e leggermente sovrapposte in cima alla frangipane. Caleranno cuocendo. Cuoci per 30 minuti.
Rimuovi la torta dal forno e riduci la temperatura a 150°.
Cospargila con le mandorle e spolvera con lo zucchero, quindi rimetti la torta in forno per altri 45 minuti.
Lascia raffreddare a temperatura ambiente e trasferiscila in un piatto. Spolvera con zucchero a velo.
Da' il suo meglio il giorno in cui è preparata.

NOTE PERSONALI

  • E' un dolce delicatissimo da gestire. La frolla ha una alta quantità di burro ed una minima quantità di zucchero il che prelude ad un impasto che sarà friabilissimo e delicato. E così è stato. Difficile prepararla d'estate (io l'ho fatta a luglio con temperature tropicali), lavorando velocissimamente e prolungando i tempi di raffreddamento in frigo e freezer. 
  • L'escamotage di tagliare la frolla a fette è di grande aiuto proprio per questa ragione e per appiattire il tutto potrete usare un pestacarne ben freddo e leggermente infarinato, così non dovrete toccare l'impasto che si ammorbidisce in un nano secondo. 
  • Quando sarà stagione, scegliete albicocche degne di questo nome e che siano giustamente mature. Soltanto così creeranno quell'effetto cremoso all'assaggio. 
  • Stampo con fondo amovibile: fondamentale. Io non lo avevo di questa dimensione quindi ho usato uno stampo da tarte e l'ho foderato bene. Ma al momento di sformarla, nonostante fosse ben fredda aiutandomi con la carta da forno, ho rovinato un po' i bordi (e nella foto si vede) perché come vi dicevo, la frolla è friabilissima e si rompe con grande facilità. 
  • Avrei potuto prolungare i tempi di cottura per caramellare maggiormente la frutta, ma avevo paura di rovinare il risultato quindi ho seguito le istruzioni dell'autrice. Premettendo che amo visceralmente le preparazioni che prevedono la frangipane, trovo che frangipane ed albicocche sia un binomio imbattibile. Delicata, fragrante, sabbiosa in bocca ma cremosa al tempo stesso, questa è una tarte che sparirà dal piatto in tempi brevissimi. In più la quantità di frangipane è bilanciatissima e non vi farà venire troppi sensi di colpa. Va assolutamente mangiata il giorno stesso perché dopo 24 ore perde la sua fragranza ammorbidendosi senza pietà. 
  • Sono quindi felice di dire
PROMOSSA CON LODE 

martedì 18 settembre 2018

MENU SUMMER BEGINS WITH AN APRICOT TART - MARCELLA HAZAN'S ROAST CHICKEN


Come scrive Alessandra nella sua splendida introduzione, allo Starbooks abbiamo scoperto Diana Henry relativamente di recente, ma come per Ottolenghi è stato amore al primo assaggio. Quello che ce la fa amare così profondamente è la sua profonda conoscenza della materia, il suo amore sconfinato per il cibo e la cucina e la sua curiosità, che la spinge a girare il mondo e a gustare la cucina di ogni Paese, valorizzandola in tutti i suoi elementi e cogliendone lo spirito più profondo.

How to Eat a Peach è un libro a mio avviso preziosissimo, e non solo perché la Henry ci dà delle dritte sulla composizione dei menù, insegnandoci a cogliere l'atmosfera che vogliamo creare per tradurla in pietanze che delizieranno il palato dei commensali. Cito dall'introduzione: "Questo libro [...] parla anche di luoghi. C'è poesia, nei menù: possono trasportarti nelle coste della Bretagna o in un sabato sera a Manhattan; sono dei racconti. E tuttavia, finché non mi sono messa a scrivere i menù per questo libro, non mi ero resa conto quanto sia importante per me evocare un luogo attraverso il cibo: è uno dei motivi per i quali cucino. [...] Parte della mia cucina riguarda il rivisitare i luoghi e perfino esprimere i miei sentimenti per quei luoghi. "

I primi due menù che abbiamo presentato sono l'esemplificazione di questo concetto, ma un menù non ha solo il compito di portarci lontano, può anche prefiggersi di celebrare una stagione, e naturalmente la Henry ci ricorda che avere gente a cena non è solo una questione di cibo, ma di cura dei dettagli: un menù molto semplice può essere valorizzato dall'apparecchiatura della tavola, dall'acqua servita in una brocca anziché lasciata nella bottiglia di plastica, da un centro tavola, etc.

Per celebrare l'arrivo dell'Estate, la Henry ha ideato questo menù ed è partita dal dolce, per costruirlo. "Non bisogna per forza iniziare dalla portata principale, per la pianificazione del menù: [...] cominciate dalla portata che vorreste fare e vedete dove questo vi porta." In questo caso, come suggerito dal titolo, è partita da una deliziosa crostata di albicocche, la cui preparazione però è un po' lunghetta. Per questo motivo, ha scelto una portata principale semplicissima e veloce da fare, ma non per questo meno deliziosa. Preceduto da un'elegante insalata e seguito da un sontuoso dolce alla frutta, il pollo al limone è una pietanza sempre gradita.

Questi i piatti di cui si compone il menù (in corsivo quelli che presenteremo in queste pagine): Frittelle di zucchine, ricotta e pecorino; Insalata di spigola cruda con ravanelli e nasturzi; Pollo arrosto al limone di Marcella Hazan; Crostata alle albicocche.
Come vedete la portata principale non è nemmeno della Henry, la ricetta è della grandissima Marcella Hazan, e la Henry come tutte le grandi food writer del momento, non teme di citarla.

POLLO ARROSTO AL LIMONE DI MARCELLA HAZAN
Da: Diana Henry - How to Eat a Peach - Mitchell Beazley


Per 6 persone:

1 pollo di 2 kg (il migliore che vi possiate permettere - io ho trovato un magnifico pollo ruspante)
2 piccoli limoni non trattati
Sale
Pepe appena macinato

Accendete il forno a 180 °C in modalità statica.
Togliete il grasso in eccesso attorno all'apertura posteriore del pollo. Asciugate bene la pelle del pollo tamponando con carta da cucina, per evitare che l'umidità la faccia attaccare alla teglia. Insaporite bene con sale e pepe il pollo all'interno e all'esterno.

Sciacquate i limoni ed asciugateli. Fateli rotolare sul piano da cucina in modo da ammorbidirli (la Henry li schiaccia anche con il mattarello, ma senza farli aprire; io con le mie manacce non ho osato 😅) , quindi bucherellateli con uno spiedino e inseriteli nella cavità del pollo. Chiudete l'apertura aiutandovi con due o tre stuzzicadenti, legate le zampe non troppo strettamente (in questo modo non si separeranno in cottura strappando la pelle, e il pollo risulterà più aggraziato), quindi posizionatelo con il petto rivolto verso il basso in una teglia che lo contenga giustamente ma non troppo grande, per evitare che i deliziosi succhi evaporino in cottura. 

Fate cuocere il pollo per 30 minuti, quindi giratelo e fatelo cuocere altri 30 minuti. Aumentate la temperatura a 200 °C e fate cuocere per altri 15 minuti: la pelle sarà gonfia e dorata e i limoni avranno favorito la formazione del delizioso sughetto di cottura, intorno al pollo. 

Verificate la cottura inserendo uno stuzzicadenti tra la coscia e il corpo del pollo: i succhi che ne fuoriescono devono essere trasparenti, senza la benché minima traccia di rosa. Se così non fosse, proseguite la cottura per qualche altro minuto prima di ricontrollare. 

Portate in tavola intero con il suo delizioso sughetto e tagliatelo alla presenza dei commensali. 
Può essere accompagnato da un contorno semplicissimo: patate arrosto, insalata di pomodori, etc. 

OSSERVAZIONI 

- La ricetta è così semplice, da essere adatta anche ai principianti. I tempi di cottura, riportati dall'Autrice all'inizio della ricetta, sono di 15 minuti ogni 500 g di pollo + altri 15 minuti di doratura. La Henry precisa però che i tempi dati da Marcella Hazan sono diversi: 20 minuti ogni 450 g di carne. ma senza la doratura finale. Io mi sono trovata benissimo con i tempi della Henry. 

- Il pollo in cottura rilascia grassi a sufficienza da ungerne la pelle e renderla dorata e croccante. Non è pertanto necessario ungere la teglia. 

- Non ho nient'altro da aggiungere, se non che questa ricetta è assolutamente 

PROMOSSA




lunedì 17 settembre 2018

MENU TAKE ME BACK TO ISTANBUL: SWEET PICKLED CHERRIES AND TURKISH COFFEE ICE CREAM



Continua il menù di ispirazione turca di cui avete già visto le melanzane al caprino  e le kofta di agnello.
In teoria questi piatti non nascono seguendo una successione ma andrebbero serviti tutti insieme, accompagnandoli con dello yogurt greco.
Le ciliegie di cui mostro la ricetta qui non sono poi nemmeno turche, ma francesi (cerises au vinaigre) ma stanno benissimo, assicura l'autrice, con il formaggio di capra delle melanzane, con lo yogurt greco e con l'agnello.
Rendendo questi piatti veramente speciali sono parte essenziale del menù, non semplice complemento.




SWEET PICKLED CHERRIES
per un barattolo da un litro

500 g di ciliegie
325 ml di aceto di vino bianco
450 g di zucchero semolato
1/2 bastoncino di cannella
6 grani di pepe nero
2 chiodi di garofano

Pungere le ciliegie con un ago da cucito o uno spiedino (questo eviterà che scoppino) ma lasciare il picciolo almeno ad alcune perchè saranno più belle da vedere.
Scaldare l'aceto con le spezie e lo zucchero girando di tanto in tanto finchè questo sarà sciolto.
Aggiungere quindi le ciliegie e far sobollire piano per quattro minuti quindi scolarle usando un mestolo forato e metterle in un barattolo (ovviamente sterilizzato se le ciliegie vanno poi conservate).
Togliere anche tutte le spezie dal liquido di cottura e farlo bollire finchè diventerà un po' sciropposo, addenserà poi di più man mano che raffredda.
Una volta freddo versarlo nel barattolo con le ciliegie, lasciando qualche centimetro di spazio tra il bordo ed il tappo che andrà ben chiuso.


NOTE 

- l'autrice raccomanda la sterilizzazione dei barattoli prima di invasarle. Usate il metodo preferito, lei raccomanda o il lavaggio a mano e l'asciugatura in forno molto basso oppure quello in lavastoviglie. E non scordate i tappi che dovranno essere resistenti all'aceto!

- questa ricetta, fatta con ciliegie nate in USA ed arrivate in Arabia Saudita ma nonostante questo inaspettatamente buone, è una rivelazione. Anzi è LA rivelazione. Rifatte già almeno tre volte dopo che ho scoperto che in pratica alla fine l'aceto non si sente più ma rimane uno sciroppo che a parte le indicazioni del menù stesso è ottimo sul gelato, sui dolci, lo yogurt.
Con le melanzane sono state assolutamente strepitose ma anche, ehm, direttamente in bocca dal barattolo.

- siamo di nuovo davanti all'idea di cucina turca, anzi all'idea dei sapori, più che ad una realizzazione fedele in tutto e per tutto all'originale. Il tocco vincente di Diana Henry ha con queste ciliegie a complemento del menù un colpo da maestro, a ricordarne in un attimo (ed in un boccone) i favolosi contrasti.
Assolutamente PROMOSSA



TURKISH COFFEE ICE CREAM


Un dessert a chiudere il menù e di nuovo Diana Henry sorprende.
Invece di proporre uno dei tanti, tantissimi ed elaborati, spesso, dolci turchi torna di nuovo al concetto dell'idea, più che della mera riproduzione.
E quindi è il caffè, bevanda tipica di cui non potete non sentire il profumo camminando per Istanbul, simbolo della grande tradizione di ospitalità del Paese, a farsi dessert per completare il pasto.




TURKISH COFFEE ICE CREAM
per circa mezzo litro di gelato

2 cucchiai di caffè espresso solubile
semi pestati o macinati provenienti da 10 bacche di cardamomo
300 ml di doppia panna da montare
175 di latte condensato zuccherato

Mescolare il caffè con due cucchiai di acqua bollente ed i semi macinati di cardamomo. Lasciare raffreddare.
A parte montare la panna ed il latte condensato insieme, finchè si otterrà un composto piuttosto sodo, quindi unire il caffè aromatizzato.
Versare il tutto in un contenitore, chiudere con un coperchio o con della pellicola e mettere in freezer.
Non c'è bisogno di sbatterlo ogni tot numero di ore.
Unica accortezza, diventando molto duro congelando necessita di essere tirato fuori circa 20 minuti prima di quando si intende servirlo.

NOTE

- niente di nuovo sotto il sole, con un esempio di un buon no-churn ice cream come quelli che spopolano da anni (Martha Stewart e Nigella Lawson, solo per citare chi li ha utilizzati più addietro).
Ma è il cardamomo a fare la differenza: se avete mai avuto modo di assaggiare il caffè in Medio Oriente il suo profumo non può non esservi familiare.
Ne vengono messe un paio di bacche nella tazza, il caffè bollente sopra e poi quel sorbirlo lento, tanto diverso dalla visione europea dell'espresso ingurgitato in piedi al volo, che fa sì che si arrivi a percepirne l'aroma in tutta la sua pienezza.
Il menù non sarebbe potuto terminare in modo più magistrale.

PROMOSSA




sabato 15 settembre 2018

TAHINI AND HALVA BROWNIES PER STARBOOKS REDONE DI SETTEMBRE 2018


Il contributo di oggi per il Redone del mese arriva dal nostro fedelissimo Biagio, che ci legge addirittura dal Brasile.

Il libro Sweet di Yotam Ottolenghi è una miniera di delizie che hanno l’unico rischio di farmi ingrassare a perdita d’occhio. In questo caso specifico, “galeotto fu” un viaggio a São Paulo, terra di popolose comunità emigrate dal Libano e da altri luoghi del Medio Oriente, che mi fece sprofondare nel peccato di gola dei brownies...

16 pezzi

per una teglia quadrata da 23 cm

250 g di burro non salato, tagliato a cubetti da 2 cm, più un extra per ungere lo stampo
250 g di cioccolato fondente al 70%, suddivisi in pezzi di 3-4 cm
4 uova grandi
280 g di zucchero semolato
120 g di farina
30 g di cacao di ottima qualità
½ cucchiaino di sale
200 g di halva, spezzati in pezzetti di 2 cm
80 g di pasta tahini


1 Preriscaldare il forno a 200 ° C. Ungere e foderare una teglia rettangolare da 23 cm o una teglia rettangolare da 30 x 20 cm con carta da forno e mettere da parte.

2 Mettere il burro e il cioccolato in una ciotola resistente al calore sopra una pentolino di acqua bollente, assicurandosi che la base della ciotola non tocchi l’acqua. Lasciare per circa 2 minuti, per sciogliere il cioccolato nel burro, quindi rimuovere la ciotola dal fuoco. Mescolare, fino ad ottenere una salsa densa e brillante, e mettere da parte fino a temperatura ambiente.

3 Mettere le uova e lo zucchero in una ciotola capiente e frullare fino a quando il composto non diventi chiaro e cremoso, circa 3 minuti con delle fruste elettriche. Il composto dovrà ricadere a nastro quando si alzano le fruste. Aggiungere il cioccolato, incorporandolo delicatamente con una spatola, senza mescolare eccessivamente, né troppo in fretta.

4 Setacciare la farina, il cacao e il sale in una ciotola, quindi incorporarli delicatamente al composto di cioccolato, zucchero e uova. Infine, aggiungere i pezzi di halva, sempre delicatamente, quindi versare il composto nella teglia foderata, usando la spatola per uniformarla. Versare un cucchiaino di pasta tahini in 12 diversi punti dell’impasto, poi far roteare uno spiedino per creare un effetto marmorizzato.

5 Cuocere per circa 23 minuti, finché il centro non risulti ancora un po’ morbido, gelatinoso, e l’interno ancora appiccicoso. La superficie deve risultare, comunque, asciutta. Potrebbero essere necessari, diciamo, tra i 22 e 25 minuti. Se si utilizza lo stampo 30 x 20 cm, il dolce sarà pronto in un paio di minuti in meno. All’inizio possono sembrare un po’ poco cotto, ma il dolce si rassoda quando inizia a raffreddarsi. Se si desidera servirlo sul tiepido e ancora mezzo appiccicoso, aspettare solo 30 minuti prima di tagliare in 16 pezzi. Altrimenti, aspettate per più tempo affinché raffreddi completamente a temperatura ambiente.


NOTE

Come sempre in questo libro di Ottolenghi, la ricetta è spiegata con dovizia di particolari in ogni passaggio. La puntigliosità dei tempi di cottura è un esempio di serietà professionale e precisione quasi alchemica.

La parola “halva”, che vuol dire letteralmente “dolce”, è un prodotto molto diffuso in Medio Oriente ma anche in tutto nel Maghreb. Qui a Brasilia, la capitale del paese (e della depressione) non troverei assolutamente nulla, o con somma difficoltà. Ma come dicevo prima, a São Paulo, la vera New York brasiliana, ci sono negozi etnici immensi e meravigliosi. Là ho comprato, dunque, una halva al pistacchio che assomigliava, da lontano, un pochino al nostro torrone.

La pasta di sesamo, poi, la “tahini”, è veramente la sorpresa di queste brownies. Sta benissimo col cioccolato.

Per chi non ama le cose troppo zuccherate, magari potrebbe non sembrare vero, ma in questa ricetta tutto è perfettamente armonico, anche la marmorizzazione apparentemente caotica.

La ricetta è ovviamente

PROMOSSA CON LODE

venerdì 14 settembre 2018

MENU TAKE ME BACK TO ISTANBUL: LAMB KOFTA


Nell'introdurre il lettore a questo menù, Diana Henry si dilunga a parlare dei suoi diversi viaggi in Turchia; racconta con passione l'amore per il cibo che ha incontrato nel Paese, e che dalle leggendarie cucine del Topkapi si è riversato per le vie della città. A Istanbul, scrive la Henry, ho l'impressione di poter allungare il braccio e toccare il resto del mondo. La città è al confine con tutto e anche il resto del mondo viene a lei. La cucina turca in effetti è un crocevia delle cucine di tutto il mondo, e se a prima vista appare semplicissima, in realtà è la felice fusione dei semplici piatti nomadi con le vestigia della sofisticata cucina di palazzo.
Nel costruire questo menù Diana Henry ci conduce nei vicoli della città, facendoci letteralmente gustare la sua atmosfera allegra e multiforme, grazie ai piatti scelti.
I kofta di agnello che ho preparato oggi costituiscono la terza, saporita portata e si accompagnano alle ciliegie in agrodolce preparate da Stefania.


KOFTA DI AGNELLO
Da: Diana Henry - How to Eat a Peach - Mitchell Beazley


Per 6 persone:

1 kg di spalla di agnello tritata
1 cipolla
20 g di foglie di prezzemolo
15 g di foglie di menta
2 spicchi d'aglio
1,5 cucchiaini di cumino in polvere
1,5 cucchiaini di cannella
1,5 cucchiaini di pepe garofanato (pimento)
1,5 cucchiaini di sale
1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata
Pepe nero abbondante
Olio extravergine di oliva

Grattugiare grossolanamente la cipolla, metterla in un colino posto sopra a una ciotola e premendo con il dorso di un cucchiaio eliminare il liquido quanto più possibile. 
Mettere la cipolla così spremuta in una ciotola capiente, unirvi la carne, le spezie, l'aglio finemente tritato, il prezzemolo e la menta finemente tritati e lavorare a lungo con le mani, in modo da distribuire erbe e spezie in modo omogeneo.
Scaldare un po' d'olio in una padella, friggervi una pallina di composto, farla raffreddare leggermente ed assaggiarla: solo a questo punto regolare di sale o di spezie a piacere.
Formare le polpette, da sole o attorno a uno spiedino preferibilmente metallico, disporle in un piatto a mano a mano che vengono pronte, quindi coprirle con pellicola e farle riposare in frigo per un'ora, in modo che si rassodino.
Scaldare la griglia, ungerla con poco olio, ungere anche i kofta e cuocerli da entrambi i lati, fino al punto di cottura desiderato: potete farli al sangue, medi o ben cotti. 
Servire i kofta accompagnandoli con un flatbread o del bulghur, yogurt greco e ciliegie in agrodolce.


Osservazioni

- La ricetta è molto semplice e ben spiegata. La parte più laboriosa consiste nella spremitura della cipolla, che personalmente vedo per la prima volta: ho sempre fatto i kofta con la cipolla finemente tritata.

- La dose è estremamente abbondante: diciamo che ci possono mangiare tranquillamente 6-8 persone.

- Per il mio gusto personale il cumino è troppo: il suo sapore pungente tende a prevalere su tutti gli altri. La prossima volta dimezzerò la quantità. In compenso ho scoperto che si sposa meravigliosamente con la menta.

- Per ragioni logistiche ho impastato la carne la sera prima, e a mio avviso il riposo notturno ha grandemente giovato al mix dei sapori: la menta è riuscita a esprimersi appieno bilanciando un poco il cumino, che comunque rimane predominante. Consiglio quindi caldamente un riposo di diverse ore prima della cottura.

- Nel tentativo di bilanciare ulteriormente il cumino nelle polpette, ho accompagnato i miei kofta non con semplice yogurt greco, ma con una versione semplificata della Raita (salsa indiana di cui ho preso la ricetta qui, e che toh, accompagnava giusto dei kofta 😄). Nello spirito di questo menù, che come diceva Stefania non vuole essere precisamente turco ma vuole ricreare un'atmosfera, ci stava. 😉

- Non ho fatto in tempo a preparare le ciliegie in agrodolce quest'estate, quindi ho accompagnato i miei kofta con rucola e pomodori ciliegini.

La quantità di cumino ovviamente è una questione di gusto mio personale; l'insieme comunque mi è piaciuto tantissimo, così come delizioso era il profumo che si è sparso per tutta la casa.

Insomma, per me questa ricetta è 

PROMOSSA


giovedì 13 settembre 2018

MENU TAKE ME BACK TO ISTANBUL- ROAST SPLIT AUBERGINES WITH GOAT'S CHEESE




Riportatemi ad Istanbul, dice il titolo di questo menù.
Città che Diana Henry ama moltissimo, ha visitato molte volte ed ogni volta nella stessa stagione: l'estate.
Ed all'estate sono legati i ricordi che di questo luogo porta con sè: il blu, intensissimo, del cielo che poi si rivede nei soffitti, nelle decorazioni, nello scialle che ha acquistato come souvenir.
Il verde ed il viola, invece, per quello che riguarda il cibo.
Crocevia della cultura non solo gastronomica del Medio Oriente, dei Balcani, del Caucaso e di alcune zone del Nord Africa, appare ovvio come questa grande ricchezza non possa che tradursi in piatti epocali, solo all'apparenza semplici, conditi con spezie ed ingredienti spesso introvabili altrove che ne fanno quindi sapori da poter essere assaggiati solo in loco.
Sicuramente verde e viola in questo menù, che vedrete da oggi illustrato da me e da Mapi, e una solo apparente semplicità dove è il sapore quello autentico a trionfare a dispetto di tanti,  a volte inutili, orpelli ed artifici.
I piatti sono pensati per essere serviti tutti insieme, a completarsi l'uno con l'altro.
Questa che apre il menù (che continua poi con Grilled Squid with Chilli, Dill and Tahini Dressing, Lamb Kofta, Sweet Pickled Cherries e Turkish Coffee Ice Cream) è a detta della stessa autrice forse la ricetta più semplice di tutto il libro.




ROAST SPLIT AUBERGINES WITH GOAT'S CHEESE
per 6 persone

6 melanzane medie
sale e pepe macinato al momento
olio extravergine d'oliva
300 g di caprino delicato o ricotta di capra
un po' di sumac

Preriscaldare il forno a 190 gradi e mettervi una teglia a scaldare. Adagiarvi le melanzane intere dopo averle lavate e cuocerle per 45 minuti/un'ora.
Dovranno essere completamente morbide.
Dividere le melanzane a metà per il lungo,  condirle con poco olio, sale e pepe quindi versarvi un po' del caprino o della ricotta di capra.
Fare un ulteriore giro d'olio, spolverizzare con un po' di sumac e servire subito.


NOTE

- la ricetta non è buona: è sublime. Di una semplicità disarmante, ma l'abbinamento del caprino con la polpa dolce, morbida e succosa della melanzana, il sumac con il suo tocco agrumato ed il tocco dell'olio rendono la combinazione irresistibile. L'olio deve essere buono, buonissimo ed intenso, raccomanda l'autrice.
Se non lo si accompagna al resto del menù è in effetti un ottimo piatto unico.

- molto viola, in questo piatto. Scegliete melanzane lunghe e soprattutto un sumac degno del suo nome: la strana polvere viola che non sa di nulla che vedo spesso in Italia mi inquieta perchè non so assolutamente cosa sia. Quello vero dove vivo io non si fa fatica a trovarlo e credetemi, fa molta differenza.

- questo, così come i prossimi piatti di questo menù, non sono forzatamente turchi, se mi permettete il modo di dire, o meglio non cercano di ricreare sapori e ricette perfette come da originali.
Diana Henry ne riprende lo spirito, l'ispirazione, l'idea, creandone una versione che non è vera al cento per cento senza per questo diventare una bugia.
Per fare un esempio, il caprino usato non è certo tipico di Istanbul  ma ispirato al Tulum, formaggio turco di latte di capra, molto morbido, che viene servito quasi sbriciolato e dal sapore pungente. Buonissimo, ma probabilmente quasi introvabile nella forma autentica al di fuori dai confini della nazione.
Mi sembra chiaro che con queste premesse la ricetta sia 

ASSOLUTAMENTE PROMOSSA