venerdì 26 febbraio 2021

CARPATHIA: TIRIAMO LE SOMME?







Ai tempi in cui ancora mi piegavo e frequentavo regolarmente lezioni di yoga, a Singapore, ero diventata amica di una compagna di corso dalla vita a dir poco avventurosa. Più ci frequentavamo, al di là delle contorsioni sui tappetini, più mi beavo delle storie che raccontava, tutte avvalorate da prove inconfutabili, quasi che lei fosse la prima a rendersi conto di doverle fornire, da tanto strabilianti erano le esperienze che aveva vissuto. 

E così, quando mi disse di essere stata allieva di Marcella Hazan, fu subito pronta a mostrarmi le dispense del corso tenuto dalla più famosa divulgatrice della cucina italiana negli Stati Uniti del secolo scorso. Senza di lei, gran parte della conoscenza della nostra tradizione sarebbe ancora al di qua della pur rispettabilissima cucina italo-americana (che, sia chiaro, ha una sua storia ed una sua commovente dignità ma è tutt'altra cosa, rispetto all'originale) o, peggio ancora, legata ad odiosi stereotipi: non a caso, la prima operazione messa in atto da Marcella fu quella di eliminare l'aglio, in modo drastico nei piatti che lo prevedevano, in modo totale da quelli in cui non si sarebbe dovuto mettere. Insegnò a fare la spesa, a comprare cibi freschi, a partire da zero, a gestire frigoriferi e dispense con un occhio al mangiar sano e uno all'anti spreco, secondo l'intramontabile lezione italica del "non si butta via niente". Pretese, con precisione scientifica (era laureata in biologia) che ad ogni preparazione corrispondesse un determinato attrezzo: leggendaria fu la sua reazione quando vide Mario Batali preparare un risotto in una padella- e altrettanto leggendaria fu l'amicizia che ne seguì, con Batali che, da allora, non perse occasione per indicare lei (e non, per dire Julia Child) come la vera guida da seguire. Anche Lidia Bastianich, considerata da molti come la sua erede, insiste ogni volta sulla grandezza della Hazan e se ancora aveste dubbi in merito, vi basta fare una ricerca sulle testate giornalistiche  più importanti del Paese  (su tutte, il NYTimes, dove la signora tenne per anni una seguitissima rubrica) per fugarli del tutto. 

Immaginatevi quindi la mia reazione quando, di fronte a quello che si era annunciato come un semplice caffè fra amiche, mi trovai fra le mani decine di dispense a firma della Hazan, qualcuna persino con annotazioni di suo pugno. Ma immaginatevi anche il disappunto quando lessi, subito, all'inizio, la ricetta della "Bolognese" (mai nome fu più odiato da un Italiano all'estero) o di un sugo di pomodoro soffritto nel burro. 

"This is NOT Italian cooking!" stavo per esclamare, scandalizzata, quando la mia amica, intuendo l'obiezione, aggiunse: "il pregio più grande di Marcella era la sua capacità di mediare. Lei sapeva perfettamente dove insistere e dove chiudere un occhio, dove pretendere un ingrediente e dove concedere un surrogato. La sua vita fra  due mondi glielo aveva insegnato, la sua cultura le aveva permesso di comprenderlo, la sua sensibilità di trasmetterlo. Se oggi gli Americani possono apprezzare l'extravergine nella salsa di pomodoro è solo perché prima c'è stata questa salsa- quella in cui tu, da Italiana, vedi il burro- e inorridisci.  Ma io, da Americana, vedo il pomodoro fresco, la lunga cottura, un attrezzo da cucina che non sia il microonde dove scaldare gli instant tomato spaghetti del supermercato. Fu una rivoluzione, credimi, realizzata poco alla volta, un passo alla volta. Ma è per questo che ancora dura". 

Mutatis mutandis, il succo di questa storia potrebbe essere applicato a quella meraviglia di libro che è Carpathia: un libro che oltrepassa la pur pregevole operazione di una raccolta di ricette di un territorio, per ammantarsi di intelligenza, di sensibilità, di umiltà. Irina Georgescu non solo ci apre le porte della sua casa, offrendoci i piatti della tradizione della sua famiglia e di quelle dei suoi vicini, ma ci invita anche a prepararli, offrendoci ingredienti alternativi, laddove si può, con lo stesso entusiasmo con cui una mamma assiste ai primi passi traballanti del proprio bambino o una maestra giudica le prime lettere storte dei propri alunni. Questa è la vera, incommensurabile ricchezza di Carpathia: una visione che include il dialogo, l'apertura, la mano tesa, l'ampio respiro, lo stesso che rende magico questo titolo, trasformando una barriera in una opportunità o, meglio ancora, in una grande lezione che tutti i talebani de "la Carbonara come la fa la mamma" dovrebbero imparare. 

Perché non c'è dialogo se non si vuole trovare un punto d'incontro.

E non è scandalizzandosi perché "il-formaggio-non-è-quello-lì" e "il-nome-non-è-quello-lì" che si potranno fare passi avanti su questa strada. 

Perchè se, fra dieci anni, tutto il mondo potrà avere a disposizione, nei supermercati sotto casa, tutti gli ingredienti necessari per poter cucinare un piatto rumeno secondo la vera tradizione, non è a chi ha mosso queste obiezioni, che dovremmo dire grazie. Ma alla sensibilità e all'intelligenza di Irina e di questo splendido libro. 

Da tenere sui vostri scaffali, dal lato più vicino a quello del cuore. 

8 commenti:

  1. Splendido approfondimento che condivido ogni in ogni parola
    Non possiamo sempre arroccarci nel nostro campanilismo e difendere con il coltello fra i denti le nostre tradizioni culinarie (che poi siamo sicuri che siano tutte come l'originale) per poi prenderci la libertà di mettere due spezie in un piatto ed essere convinti di aver creato il piatto "asiatico" tradizionale

    In ogni cosa ci vuole sensibilità e rispetto
    Grazie

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  2. Meravigliosa recensione come al solito, anzi più del solito.
    E condivido il commento di Manu, prima del mio.
    Dialogo e intelligenza, capacità di sapere quando chiudere un occhio e quando non transigere, perseguendo l'obiettivo di sdoganare una cultura culinaria: ho ancora tantissimo da imparare sia dalla grande Marcella Hazan, sia da Irina Georgescu, per non parlare di tutti voi di Starbooks.
    GRAZIE.

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    1. É esattamente quello che stavo per scrivere io. Grazie per questo libro, e per la magnifica recensione. É giá nel carrello Amazon :)

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  3. Un tiriamo le somme da incorniciare.
    La strada per la comprensione della cultura (non solo gastronomica) di un popolo, parte dalla sensibilità e dall'umiltà. Irina Georgescu ha capito benissimo il percorso per arrivare ai cuori di chi non sa nulla della cucina Rumena, attraverso il rispetto per la propria origine, senza talebanismi né stravolgimenti, ma con rara intelligenza e generosità. Caratteri che ha ampiamente riservato a noi Starbookers nell'approcciarci al suo libro.
    Avercene di Irine tra il panorama di autori degli ultimi anni.
    Grazie Alessandra, come sempre hai colto nel segno.

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  4. Il mediare è importante, ma è più facile arroccarsi sui principi e le tradizioni, si evitano critiche e discussioni. Una gran bella recensione, complimenti Ale!

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  5. Che questo libro di ricette fosse eccezionale, lo abbiamo visto in questo mese, ma al solito la recensione finale ne porta in evidenza delle caratteristiche che mi hanno aperto gli occhi a una considerazione più alta e completa!
    Il parallelo fatto con la nostra cucina, ormai nota in tutto il mondo, è illuminante. Grazie Alessandra, per condividere il tuo pensiero e riportare l'attenzione sulle cose importanti davvero.

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  6. Credo di aver trovato il miglior autoregalo per il mio compleanno! Grazie Ale.

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  7. Si´, e´ davvero un libro splendido. 
    Ed e´ proprio generosità´ e un "aprirci le porte della sua casa" che trasmette a ogni pagina. Insieme a una gran cura che riflette quanto l´autrice tenga a quello che condivide con chi legge.
    E´ una gioia che questa cucina straordinaria esca finalmente allo scoperto. 
    Un grazie enorme a Irina! :)

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