Non so se succede anche a voi ma dalle mie parti, ogni volta che si riceve una delusione da chi si stima, parte subito il toto-giustificazioni, alla ricerca della causa che possa aver scatenato condotte tanto inattese quanto inspiegabili. Naturalmente, più grave è il misfatto, più arzigogolata è la pseudo-spiegazione, a conferma di quanto sia difficile, per chi ripone la propria fiducia in qualcuno, dover accettare con serenità che ci siamo sbagliati. E cosi, la compagna di banco che si dimentica di avvisarti che, quando eri a casa malata, è stato fissato un compito in classe a sorpresa proprio nel giorno del tuo ritorno, il collega che firma solo col suo nome le relazioni fatte solo da te, il fidanzato che scrocca casa-macchina-cinema-libri e pure vestiti e che quando ti invita a cena seziona il conto con la precisione di un anatomopatologo, non sia mai che finisca per scoprire di averti offerto un pizzico di sale, dalle mie parti finiscono tutti per trovare una giustificazione esterna che ne allevi il peso schiacciante delle loro responsabilità.
Con le dovute eccezioni, questo è quello che è successo nelle scorse settimane, nell'officina dello Starbooks. Perché, credetemi, tutto ci aspettavamo da Greenfeast fuorché la desolante disfatta di cui voi siete stati spettatori e noi, nostro malgrado, artefici. Ricette piatte e banali, errori grossolani, omissioni imperdonabili (dal pc dell'editor deve essere sparita la parola "sale") sono solo alcuni dei difetti di un libro che, in sintesi, potremmo definire "brutto senz'anima": laddove il "senz'anima" ha un peso triplo rispetto a tutto il resto, visto che se mai c'è un autore che cucina con il cuore questo è proprio lo Slater che amiamo di un amore infinito e di cui non abbiamo ritrovato nulla, in queste pagine. Tant'è che, pur muovendo ciascuno da considerazioni diverse, tutti siamo approdati al più ovvio dei dubbi, quel "non può averlo scritto lui" che, sono certa, è balenato anche nella testa di chi, fra i nostri lettori, conosce Nigel Slater come uno degli autori più affidabili del panorama editoriale mondiale.
Tuttavia, per quanto possa essere doloroso dirlo, questa non è la risposta appropriata: potrebbe rivelarsi esatta, alla prova dei fatti, potrebbe essere "giusta" per chi, come noi, non vuole credere ad altro, ma non è quella che dobbiamo dare, qui allo Starbooks. L'autore è chi firma e questo vale sempre, che si tratti di un comportamento, di un gesto, di una abitudine o, come nel nostro caso, di un libro E se, nella vita reale, l'intricato sistema di relazioni ci regala l'opportunità di un chiarimento, questo è escluso nel rapporto fra autore e lettore: fra loro, infatti, è il libro l'unico tramite, il vero anello di congiunzione fra chi ha un messaggio da comunicare e chi è pronto per riceverlo, ed è sul libro e nel libro che tutto si gioca e si esaurisce.
Qui, ad esaurirsi, è stato il nostro sistema nervoso, sottoposto ad una trafila estenuante di banalità e di insuccessi, con una delusione resa ancora più acuta non solo dalle aspettative legate alla bravura di Slater ma anche e soprattutto dall'amarezza di chi, dopo anni di frequentazioni assidue, viene brutalmente deluso.
Inevitabile, quindi, la bocciatura che però, sia ben chiaro, proprio per quanto appena detto, si circoscrive a questo libro: se siamo cosi avviliti, intendo dire, è perché prima di Greenfeast ci sono state decine di capolavori che non perdono nulla del loro smalto, della loro profondità, della loro bellezza. Rifiutarsi di leggere uno qualunque di questi volumi per "colpa" dell'ultimo nato, insomma, significherebbe rinunciare al tepore confortante che solo Nigel Slater sa regalare con le sue ricette e la sua idea di cucina, come centro di affetti, di protezione, di creatività che nasce dal bisogno di amare e di essere amati. Questo è il Nigel che adoriamo, che predichiamo, che diffondiamo, devoti adepti di un messaggio e di una scrittura che vorremmo si estendesse in modo universale. Questa è la regola, insomma.
E Greefeast è l'eccezione.
Ci vediamo a Febbraio, con il prossimo Starbook!
Grazie Alessandra!! Alla prossima! Sempre meraviglioso leggerti, anche quando bocci, perché lo fai con classe.
RispondiEliminaCome non condividere questa "sofferta" recensione?
RispondiEliminaE aggiungo: Nigel noi ti amiamo, ma per favore, non sbagliare più! 😉
Questo fallimento insieme alla recensione mi hanno incuriosita e sono andata a ripescare lo Starbooks di Slater fatto in passato. Ho trovato 2 o 3 cosine interessanti che mi hanno stuzzicato.
RispondiEliminaDevo dire che ho una "to do list" piuttosto lunga e Slater, forse, dovrà attendere.
Comunque posso dirvi che in questo mese ho fatto per ben 2 volte l'Amazing Apple Pie di Jamie Oliver ed ho goduto alla grande. Avrei voluto postarla per partecipare al Re-done ma la prima era leggermente bassina e non ero contenta, la seconda era perfetta ma l'ho servita ad una cena e non ho potuto fotografarla perchè il pezzetto rimasto era impresentabile. Parteciperò un'altra volta, magari proprio con Slater...chissà...!
Peccato, peccato davvero!
RispondiEliminaCome ex Starbooker amo Slater, e come appassionata di cucina eviterò TUTTI i suoi libri futuri da ora in poi! Quelli passati li ho già, e mi accompagnano spesso. <3
Grazie a tutti voi!
Impeccabile come sempre, cara Ale, anche se so quanto ti sia costato scrivere queste parole. Del resto però, era proprio indifendibile :(
RispondiEliminaChe peccato, rovinarsi così...ma che motivo c'era poi.
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