Brontë Aurell è una delle food writers più amate, allo Starbooks.
I suoi libri sono molto più di una collezione di infallibili ricette o di splendide fotografie: le loro pagine hanno il profumo del pane appena sfornato e delle spezie di un Grande Nord che, grazie a lei, possiamo guardare dai vetri un po' appannati dal calore della sua casa, con il conforto di chi sta ascoltando non una scrittrice lontana, ma una amica vicina, pronta a condividere il suo sapere con la generosità e lo slancio delle amiche vere. E se poi capita di incontrarla dietro al banco del suo negozio a Londra, come è successo al nostro Biagio, ecco che la chiacchierata diventa reale, prendendo la forma dell intervista che pubblichiamo qui oggi, con l emozione della prima volta.
A Biagio tutta la nostra ammirazione, perché uno scoop del genere non poteva che capitare ad un conoscitore esperto come lui. e a Bronte il nostro più grande grazie per averci dedicato il suo tempo è averlo fatto in questo modo.
Da sempre ho una passione
incondizionata per la cucina nordica: scandinava, polacca, ungherese, russa,
eccetera.
Un po’ per esperienze personali, vissute in alcuni dei paesi del Nord
Europa, un po’ per questioni inspiegabili: sono sempre piuttosto misteriose le ragioni
che spingono un siciliano ad entusiasmarsi verso culture diametralmente opposte.
Quando ho cominciato a
sfogliare i libri di cucina di Brontë Aurell, mi ci sono subito affezionato e
ho cominciato a fare veramente una marea di ricette. Passavo il tempo a
leggere, anche prima di dormire, come se fosse un romanzo: un vero e proprio
divertimento, al punto da voler imparare di più le lingue e le culture
scandinave.
Un giorno ho deciso fare
un’azione temeraria: ho scritto a Brontë Aurell in persona, come un adolescente
scriverebbe al cantante pop di cui conosce tutte le canzoni a memoria.
Informandola
che sarei passato da Londra per lavoro, per pochissimi giorni, le ho chiesto di
poterla conoscere, di visitare il suo ScandiKitchen
Bar, e se potevo intervistarla.
La risposta è subito stata positiva
e me ne sono rallegrato moltissimo.
Potete immaginarlo. Non stavo
più nella pelle.
Raccontare del nostro incontro
non è certamente cosa semplice, né riassumibile in poche linee. Abbiamo
dialogato di tante cose in comune: la famiglia, il lavoro, l’essere espatriati,
le tradizioni natalizie, i pistacchi di Bronte...
Le ho regalato delle creme di
bellezza brasiliane, ottenute da frutta amazzonica.
Alla fine ci siamo abbracciati
come fratelli che si sono rincontrati dopo molto tempo. E a Brontë, preoccupata
per i germi del suo forte raffreddore, devo dichiarare che non ho preso nessuna
influenza e che ho adorato la cioccolata con liquirizia, che ha voluto donarmi
come pensierino di Natale. BDA.
Ciao Brontë!
Ciò che mi sembra interessante nella tua cucina nordica è questo tuo
modo amichevole, da comfort-food, o
come si dice in Scandinavia, con termini quasi intraducibili, “fika” e “hygge”.
Mi sembra che traspaia, dai tuoi libri di cucina, l’idea di un ritorno alla
tradizione. Ti pare che dal punto di vista culinario, la Scandinavia sia questa
cultura del passato che si rinnova costantemente nel moderno? Come si integrano
nella cucina la tua tradizione personale e le esigenze e le mode del mercato
contemporaneo ?
BA:
Ciao Biagio!
Bella domanda! In tutta onestà, non ci ho
pensato su troppo. I libri erano semplici perché volevo solo annotare le pietanze
che cucinavo. Le mie figlie (Astrid ed
Elsa, BDA) sono nate nel Regno
Unito e come genitore sento la responsabilità di insegnare loro il nostro
patrimonio culinario. I libri sono stati pensati perché, se Astrid ed Elsa
dovessero un giorno trasferirsi in Scandinavia, potessero avere un’idea di come
fare (o di come si facevano) certi piatti. Credo di aver sempre pensato a loro,
prima che il “business” lo avesse, in qualche modo, reso effettivo.
Senza dubbio, il cibo scandinavo si evolve,
continuamente, come qualsiasi altra cultura alimentare. Ritengo che, come
emigrante, lo percepisco più chiaramente, perché non ci sono “dentro”, immersa,
ma lo vedo oggettivamente - in certe questioni – proprio perché sono all'estero.
Non voglio comunque perdere il nesso con ciò che è antico, tradizionale, pur
continuando, naturalmente, ad andare avanti.
BDA:
So che di recente hai realizzato un bellissimo viaggio all’estremo nord
dell’Europa, a Reykjavik e dintorni. Nei tuoi libri, tutti dedicati alla cucina
scandinava, ci sono pochissimi accenni all’Islanda. Eppure, la cucina islandese
è una cucina che sta prendendo piede ultimamente. Lo si vede da alcuni nuovi
libri che sono stati pubblicati da recente. Pensi di dedicarti anche ad essa,
esplorando la cucina islandese?
BA:
L’Islanda non è Scandinavia, ma fa parte del Nord. Lo stesso vale per la Finlandia. Posso riferirmi molto bene alle cucine della Svezia, della Norvegia e della Danimarca perché io sono danese, mio marito e le mie figlie sono svedesi e ho trascorso un bel po’ di tempo in Norvegia. Con i libri e le cucine tradizionali, specialmente quando si cerca di salvaguardare la storia dell’alimentazione, spesso è stato meglio lasciarla a coloro che realmente ne capiscono. L'appropriazione culturale, beh, è certamente una cosa molto buona, ma autentica, spesso, non lo è. Forse farò qualche ricetta islandese, ma ad essere sinceri, molti dolci islandesi sono comunque simili a quelli danesi e norvegesi, dato che abbiamo un consistente patrimonio che condividiamo. Mi ha fatto certo piacere vedere tutti i miei libri in vendita in Islanda, anche se un po’ sorpresa. Piacevolmente sorpresa.
L’Islanda non è Scandinavia, ma fa parte del Nord. Lo stesso vale per la Finlandia. Posso riferirmi molto bene alle cucine della Svezia, della Norvegia e della Danimarca perché io sono danese, mio marito e le mie figlie sono svedesi e ho trascorso un bel po’ di tempo in Norvegia. Con i libri e le cucine tradizionali, specialmente quando si cerca di salvaguardare la storia dell’alimentazione, spesso è stato meglio lasciarla a coloro che realmente ne capiscono. L'appropriazione culturale, beh, è certamente una cosa molto buona, ma autentica, spesso, non lo è. Forse farò qualche ricetta islandese, ma ad essere sinceri, molti dolci islandesi sono comunque simili a quelli danesi e norvegesi, dato che abbiamo un consistente patrimonio che condividiamo. Mi ha fatto certo piacere vedere tutti i miei libri in vendita in Islanda, anche se un po’ sorpresa. Piacevolmente sorpresa.
BDA:
Esulando un poco dalla culinaria, cosa vuol dire aprire un bar
scandinavo in un luogo multietnico e multiculturale, uno dei realmente
pochissimi al mondo, come Londra ?
BA:
La vera ragione per lo “ScandiKitchen” è
profondamente affettiva: io e Jonas volevamo lavorare insieme e fare famiglia. È
questo, nulla di più. Ci piaceva ed avevamo nostalgia della cucina scandinava. All’inizio
la nostra idea era che fosse solo un bar piccolo, e invece è diventato il più grande
importatore di cibo scandinavo nel Regno Unito. Ne siamo veramente molto
orgogliosi. I libri invece sono “accaduti”, in maniera organica, lungo tutto
questo percorso.
Vivere a Londra è molto emozionante. La
amiamo. Ma la vita qui è estremamente difficile ed è una lotta costante, ed è duro
lavorare per rimanere a galla.
Se non l’amassimo, ci saremmo fermati. Ma
finché ce la faremo, continueremo. Abbiamo il privilegio che le persone
vogliano visitarci e parlare con noi e mangiare il nostro cibo.
BDA:
Cosa fai nel tempo libero, quando non lavori allo Scandikitchen? Che
spazio occupano la famiglia e le tue figlie?
BA:
Casa nostra è il nostro castello. Cerchiamo
di lasciare il lavoro fuori di casa, malgrado non sia sempre possibile. Dedichiamo
del tempo per ritornare in Scandinavia e visitare posti nuovi. Le mie figlie
stanno crescendo e allora possiamo fare cose diverse, dall’approfittare
dell’offerta culturale di Londra a provare nuovi cibi, per tenersi in forma e
in salute, insieme. Insegno loro a far da mangiare: io imparo da loro e loro da
me. Lavoriamo bene insieme, formiamo un’unità e siamo felici qui nel nostro
piccolo nido. Certo, nulla è perfetto, e la vita non lo è – ma noi cerchiamo di
apprezzare la nostra fortuna e la nostra felicità mentre ci sono. La vita
accade mentre sei occupato a fare altri piani, come dicono gli intelligenti,
quindi cerchiamo di fare “hygge” (l’ormai
famoso concetto culturale danese, N.d.T.), cioè fare delle cose semplici
che fanno stare bene, creando un ambiente accogliente dove stare insieme e godere
dei piaceri quotidiani che la vita offre.
Qualche giorno fa, qualcuno parlava di persone
e di “liste del desiderio” – si stava riferendo a coloro che prendono nota di tutte
le cose che vogliono fare prima di morire. A un certo punto questa persona si
chiede: ma perché farlo? Se ti dicono che morirai domani, nessuno salirà
sull'Everest o salterà da un aereo in quell'ultimo giorno. No, lo trascorreranno
con la loro famiglia, amandosi e mangiando del buon cibo. Questo è vivere!
Quindi, penso: viviamo così il più possibile!
Come se fosse l'ultimo giorno. Ama di più, preoccupati di meno. E,
naturalmente, se ti capita di andare sull’Everest, facci un salto.
BDA:
Sono certo che ti piaccia la cucina italiana. Quale piatto italiano ti
piace maggiormente? E per finire, qual è la tua ricetta – ancora non pubblicata
– preferita ?
BA:
Adoro la cucina italiana e adoro l’Italia. Ho
sempre desiderato vivere in Italia ma il mio italiano è talmente modesto che
probabilmente non sarebbe sufficiente per viverci. Inoltre, se vivessi là,
diventerei grassa come una balena. Il mio amore estremo per l’ordine e per le regole
– essendo scandinava – probabilmente farebbe si che non avessi successo!
La mia memoria culinaria preferita
dell’Italia è quando andavo a Procida per scrivere. Per conto mio. Ero solita
stare in una pensione sulla cima di una collina, con un giardino che si
affacciava sulla baia azzurra. Tutt’intorno degli alberi di limoni. Amavo stare
seduta là, di mattina, osservando le barche navigare su e giù per il mare, senza
ascoltare il rumore di nessuna macchina, nessun frastuono. Il ragazzo che
gestiva la pensione era molto gentile - è stato la controfigura di Massimo Troisi
ne Il Postino (quando è purtroppo
mancato, a metà delle riprese). Questo paesaggio rendeva tutto più speciale, e Il Postino è girato in parte a Procida
(ed è uno dei miei film preferiti in assoluto). Sedersi in un ristorante locale
a mangiare spaghetti alle vongole con solo un filo d’olio era come essere in
paradiso. I buoni prodotti non hanno bisogno di nient'altro. Ho mangiato una
torta lì - non ho mai scoperto come si chiamasse, ma era talmente piena di cioccolato
e con tante nocciole, che sapeva di cose divine, da paradiso. Forse c’erano
anche delle castagne, non ricordo. Uno dei miei migliori pasti, in uno dei
posti migliori che abbia mai visto. Nei miei sogni, torno a Procida.
E poi c'è Napoli stessa. Ho incontrato un
tipo strano lì che stava facendo un Master in Filosofia (e passava molto del
suo tempo a riflettere su grandi questioni), ma passava tutta la sua giornata
ad ascoltare jazz classico. Ha avuto pietà di me, cercando di conquistarmi sul
luogo, e con un amore condiviso per il cibo, siamo andati in tutti i piccoli
posti di Napoli per assaggiare il miglior cibo. Non riuscirei a dirti il nome
di nessuno di questi posti, ma posso dirti che è stato una delle esperienze
culinarie più indimenticabili della mia vita.
Abitavo nella parte italiana di Londra,
chiamata Clerkenwell. Il mio era un vecchio appartamento all'ultimo piano,
vicino alla Chiesa italiana. Il più antico ristorante italiano era al
pianterreno (“Terroni”, che proponeva cibo del sud Italia), mentre lungo la
strada c’era “Gazzano’s”, che proponeva roba del Nord. Questa zona è dove gli
italiani si stabilirono quando arrivarono a Londra alla fine del 1800. Ogni
estate partecipiamo del festival italiano, della processione, e mangiamo e
beviamo, approfittando così del patrimonio culinario italiano.
Non riesco a fare il nome di un piatto che
sia il piatto migliore. Ma faccio un ragù, cattivo. La mia pasta fatta in casa invece supera
la prova. Ma non è abbastanza per scrivere un intero libro di ricette!
BDA:
Come sai a novembre ScandikitchenChristmas è stato libro del mese del blog “Starbooks”. Il libro è stato
molto apprezzato. Come hai scelto le ricette? Che messaggio volevi dare al
lettore? Che ruolo ha avuto il food
styling ? Qualche aneddoto?
BA:
Ancora una volta, sinceramente, ho fatto
tutto per le mie figlie. Non volevo includere cose che non avrebbero mai
cucinato - anche perché qui non ci sono carré di agnello essiccato, né stoccafisso
marinato nella soda caustica (il lutefisk).
Ho messo solo il cibo che mangeremmo effettivamente. Nulla di troppo complicato.
Sul “food styling”: sono molto fortunata a
lavorare con una squadra straordinaria. La mia “food stylist” si chiama Kathy
Kordalis, proprio un’esperta in materia. Il fotografo è Pete Cassidy: con lui
il cibo prende vita! fa Non potrei mai fare da sola quello che fanno. Sono
veramente molto fortunata.
BDA:
Lasciando da parte, per un attimo, la culinaria… Come vedi la questione
dell’emigrazione e degli espatriati, e oggi la questione Brexit ?
BA:
“Brexit” è una cosa terribile. Ha causato
così tanto dolore, rabbia e preoccupazione per noi - e per noi intendo i 3,5
milioni di cittadini dell'UE che vivono qui. La maggior parte di noi non si
sente più come prima, come a casa propria. È orribile pensare come sia cambiato
tutto in pochi anni. Ma noi adoriamo il Regno Unito e siamo qui per rimanere e per
farcela. Quindi stiamo a vedere.
Nessuno sa cosa porterà il futuro, ma abitiamo
qui, la nostra vita è tutta qui. Vedremo cosa accadrà dopo il 29 marzo -
speriamo ancora in un miracolo, che possa essere fermato, ma non lo credo più.
Dovremo solo fare del nostro meglio.
Comunque, in entrambi i casi, la storia ci
insegna molte cose. È un ciclo di eventi e siamo su un treno che non abbiamo il
potere di fermare. Affrontiamo la giornata facendo una cosa per volta. Cerchiamo
di non concentrarci sulla scalata delle montagne, ma godiamo semplicemente ciò
che abbiamo nel presente. La vita è la prova generale per uno spettacolo di cui non ci sarà mai la prima, quindi viviamola divertendoci. E mangiando.
BDA: THANKS –
GRAZIE - TAK !!!
Biagio D'Angelo - Glogg the Blog
Ho gustato l'intervista da cima a fondo e mi sono sentita partecipe di questa bella chiaccherata sul cibo e sulla vita reale, perciò non posso che ringraziare Biagio, per la tipologia di domande, che hanno portato in superficie, con molta probabilità, pensieri di Bronte che forse sarebbero rimasti inespressi. Bello aver conosciuto il lato umano di una food writer!!!
RispondiEliminaGrazie, Sonia!!!!
RispondiEliminaè stata veramente una bellissima esperienza per me!!!!
Una lettura piacevolissima che svela una Bronte che va al di là delle belle ricette che propone. Grazie Biagio!
RispondiEliminaGrazie a te, Stefi!
EliminaGrazie, Biagio!!! La tua intervista alla Aurell l’ho letta tutta d’un fiato 😊
RispondiEliminaMamma mia, che bello! grazie! spero che ti sia piaciuta! io ero come un adolescente davanti alla sua diva pop.... hahaha
EliminaRinnovo tutta la mia gratitudine, a Bronte per averci concesso un'intervista che ha il sapore di una chiacchierata fra amici -e a tutti gli dèi, per averci fatto incontrare Biagio :)
RispondiEliminaGrazie, grazie, grazie!
Eliminanon riesco a scrivere (e dire) di più.
Che meraviglia quest'incontro! Ti sei fatto un vero regalo! .... e l'hai fatto anche a noi condividendola! Conoscere la persona deve essere stato fantastico .... e adesso sono nei guai.... ho tante ricette da sperimentare e adesso anche una voglia matta di comprare un libro della Aurell!
RispondiEliminacomprali tutti... e poi fa' tutte le ricette... io ormai sono un maniaco e nel mio blog ne ho un ... paio (diciamo un paio, per non esagerare... hahaha)
EliminaAhahahah.... l'ho visto il tuo blog! Proprio due!!!! Non ti piace proprio.....
EliminaQuale dei suoi libri mi consiglieresti per iniziare?
ovviamente, Fika and Hygge... le ho fatte quasi tutte!... hahahahaah
Eliminae domani ne posto subito un'altra... va' a vedere..
AntoN, hai giá visto il mio nuovo post "brontiano" sul blog?
Eliminaè la settimana Bronte.... hahahahhaah
Si! Mamma mia! La mia reazione? Poco elegante.... 🤤 ma sincera! E si allunga la lista dei dolci da provare....!
Eliminae domani ne posto un'altra... ancora più incredibile ... e buonissima!!! va a ruba.... grazie Anton!
EliminaGrande intervista perché fa emergere la grande umanità di questa donna. Grande Biagio che ha avuto questa gran bella idea, e l'ha portata avanti con tutto l'entusiasmo che traspare dalle sue domande
RispondiEliminaGrazie infinite, Giulietta!!!!!
EliminaChe super intervista! Una vera e propria chiacchierata quasi confidenziale, deve essere stato molto bello invontrarla :-)
RispondiEliminanon puoi immaginare la mia felicità, Alice!
Eliminaciao e ... a presto!
foto meravigliosa e super intervista :-)!!!
RispondiEliminagrazie mille!!!!!
EliminaIntervista bellissima.Ti confido che la Aurell la immaginavo diversa e sapevo pochissimo della sua vita. Invece trovo che sia una donna umanamente fantastica, con i piedi ben piantanti in quelli che sono anche i miei valori di vita, lo sguardo concreto verso le cose importanti ed una serenità e pacatezza di fondo che me la rendono adorabile. Ti ringrazio perché le occasioni per incontrare gli autori sono sempre pochissime e quando dei personaggi così, si rivelano essere persone meravigliosamente normali nella loro umiltà e modestia, la giornata prende tutta un'altra piega.
RispondiEliminaHai la mano del giornalista....adesso ti vogliamo con la Nigella! Un bacio grandissimo.
grazie, Patty ! dai suoi libri ho sempre intuito che fosse una persona lucida, senza grandi vanità e attaccata alla famiglia. Lo ha dimostrato con questa intervista. Aspettami con Nigella. Le ho appena scritto. E con altre.... sorpresa! ciaoooooo
EliminaGrazie per questa intervista!
RispondiEliminaFossi li ti direi tak for i dag!
Tak til dig, Mozanu
RispondiElimina;)
Ho voluto aspettare di avere un po' di tempo per leggere l'intervista, da un PC anziché dal telefono, e ho fatto bene: vi traspaiono spontaneità, amore per il cibo e per la vita e tanta, tanta saggezza.
RispondiEliminaGrazie Bronte, e grazie Biagio!
e grszie a te!!!!
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