Sarò breve.
Perchè la ricetta che ho scelto è lunghissima, intanto (e visto che è lunghissima, ne faccio pure un'altra, di accompagnamento)
E perchè l'argomento che si dovrebbe affrontare, di sponda, è talmente vasto che qualsiasi pretesa di affrontarlo, in poche righe di introduzione, susciterebbe il fastidio da saputello di turno, quello che, vivaddio, nè ci appartiene nè ci piace.
Ma parlare di cucina portoghese senza alzare lo sguardo oltre l'Atlantico è più che riduttivo: è antistorico e quasi oltraggioso, nei confronti di un popolo che ha influenzato in maniera massiccia le tradizioni dei Paesi colonizzati. E se le architetture spesso son cadute, nel nome di un odio per i conquistadores che ha spinto a cancellare ogni traccia del passato che fosse in qualche modo riconducibile a loro, la cucina è rimasta. Ed è rimasta soprattutto in due enclavi, quella Peranakan, malese e singaporiana, con influenze marcatamente indocinesi e l'immensa tradizione di Goa, in quella parte dell'India meridionale in cui i Portoghesi giunsero da mercanti e si stanziarono da conquistatori, la cui tradizione gastronomica è il frutto dell'unione (felicissima questa volta) di due culture diverse. Sono in pochi a sapere che piatti presentati come tipicamente indiani sono in realtà portoghesi: il più famoso è il Vindaloo (che è la storpiatura in lingua locale dell'equivalente portoghese di Vino e aglio, ad indicare l'unione fra la marinatura della carne nel vino, tipicamente europea, con l'aggiunta di aglio e altre spezie, tipicamente asiatica), a cui si aggiunge il lungo elenco di piatti a base di un ingrediente altrimenti quasi bandito dalla tradizione indiana come il maiale, alcune miscele di spezie e via dicendo.
Nel caso delle Samosa, invece, il processo è inverso: sono i Portoghesi che le importano, le personalizzano e le rendono una sorta di istituzione nazionale, un po' in secondo piano rispetto agli stereotipi turistici del baccala e del pastel, ma non per questo meno diffuse ed amate. La ricetta originale probabilmente non esiste, visto che la funzione di questi triangolini di pasta ripieni è poi la stessa dei ravioli e delle pie- cioè quella di rendere commestibile o appetitoso quello che commestibile non è. La vera differenza è nell'involucro, molto più sottile rispetto a quello del Nord dell'India, tant'è che oggi c'è chi le prepara addirittura con la pasta fillo.
Vi anticipo subito che nel mio caso ci sono stati dei problemi, in questo campo, per cui il risultato è stato diverso, ma partiamo subito con la ricette originale
GOA CHAMUCAS (SAMOSAS) con GOAN GREEN COCONUT CHUTNEY
Per la pasta
150 g di farina, più un po' per spolverare il piano di lavoro
1/4 di cucchiaino di sale
1 cucchiaio e mezzo di olio insapore (più quello che serve per ungere la terrina)
50-60 ml di acqua fredda
Mischiate farina e sale in una terrina ed incorporatevi l'olio usando la punta delle dita, fino a quando la pasta assumerà una consistenza sabbiosa. Aggiungete l'acqua, poca alla volta, incorporandola via via: quando l'impasto si sarà compattato, senza essere troppo appiccicoso (non dovete utilizzarla tutta) trasferitelo su un piano di lavoro leggermente infarinato ed iniziate ad impastare, fino ad avere una consistenza elastica. Disponetelo in una terrina pulita, leggermente unta, sigillate con pellicola trasparente da cucina e lasciate riposare a temperatura ambiente, mentre preparate il ripieno.
Per la pasta al Masala
1 cucchiaino di semi di coriandolo
i semi di 2 bacche di cardamomo verde
1/4 di cucchiaino di peperoncino macinato
1 cucchiaino di cumino macinato
1/4 di cucchiaino di pepe nero, macinato di fresco
1/2 cucchiaino di curcuma in polvere
1 cucchiaino di pasta di tamarindo
un pezzo di zenzero fresco grande come un pollice, grattugiato
1 spicchio d'aglio grattugiato
Riducete in polvere i semi di coriandolo e le bacche di cardamomo. Aggiungete tutte le altre spezie, poi il tamarindo, lo zenzero e l'aglio e mesclateli con le mani, in modo che formino una pasta
Per il ripieno
(Masala paste)- manca dall'elenco degli ingredienti
500 g di macinato di manzo, con almeno il 10% di grasso
1/2 cucchiaino di sale
2 cucchiaini di aceto di vino bianco
un goccio di olio insapore, più altro per friggere
1 cipolla finemente affettata
mezzo peperone verde, tagliato a metà per il lungo e privato del picciolo e dei semi
1 peperoncino verde, finemente affettato
100 ml di acqua
4 cucchiai di coriandolo fresco, tritato
In una terrina, mescolate la carne con il sale, l'aceto e la pasta di masala, in modo che assorba bene il tutto. Mettete da parte. Scaldate poco olio in un'ampia padella e cuocetevi la cipolla e il peperone, fino a quando la prima non diventerà traslucida (circa 5 minuti, fiamma medio bassa). Aggiungete allora la carne e il peperoncino verde e fatela rosolare bene, aiutandovi con una spatola per rompere gli eventuali grumi. Unite l'acqua, portate a bollore, poi riducete la famma e fate sobbollire per 2 minuti circa, in modo che il liquido si restringa e prenda la consistenza di una salsa. Aggiungete il coraindolo, regolate eventualmente di sale e mettete da parte
A questo punto il libro inserisce un passaggio che logicamente andrebbe dopo
Quando sarete pronti per cuocere, versate circa 5 cm di olio in un'ampia padella e portatelo a 175°C (oppure fate la prova con un pezzetto di pane: se galleggia e frigge, l'olio è a temperatura giusta). la raccomandazione dell'autrice è di non scaldarlo troppo, perchè altrimenti si avranno samosas bruciate all'esterno e crude all'interno
Dividete l'impasto in sei pezzi uguali. Con un mattarello leggermente infarinato stenedete il primo in un cerchio di circa 20 cm di diametro, ad uno spessore di 1 mm: la pasta deve essere quasi trasparente. Tagliate il cerchio a metà e date a ciascuna metà la forma di un cono, ripiegando le due estremità all'interno. Bagnate leggermente i bordi del lato rimasto aperto. Reggendolo con una mano, riempite il cono con il ripieno dal lato rimasto aperto per circa 3/4. Sigillate i bordi e procedete cosi con tutte le altre.
Friggete le samosas due alla volta (altrimenti la temperatura dell'olio scende troppo) e quando la superficie sarà dorata e con qualche bolla, scolatele con una schiumarola e fatele asciugare su carta assorbente da cucina. Servitele con dei sottaceti e il Coconut Chutney
50 g di cocco essiccato (o meglio ancora di cocco fresco, appena macinato)
mezzo mazzetto di coriandolo
mezzo peperoncino verde (anche di più, se preferite un sapore più piccante)
mezza cipolla piccola
uno spicchio d'aglio
mezzo cucchiaino di pasta di tamarindo (facoltativo)
2 cucchiaini di succo di lime
un pezzo di zenzero fresco grande come un pollice,1 spicchio d'aglio (ripetuto, nel testo, ma è un errore di stampa)
1 cucchiaino di zucchero superfine
dai 120 ai 180 ml di acqua
Mettete tutti gli ingredienti, tranne l'acqua in un frullatore e frullate bene. unite due cucchiai d'acqua e continuate a frullare, aggiungendo via via l'acqua, poca alla volta. Dovrete frullareper circa 5 minuti, in modo che il chutney acquisti la consistenza di una salsa e i sapori si amalgamino bene fra di loro. Il chutney si conserva in frigo fino a una settimana.
NOTE MIE
La mia presenza ridotta allo Starbooks, sul fronte operativo, deriva sostanzialmente dal fatto che, alle mie latitudini, è quasi impossibile seguire una ricetta alla lettera. Cucino cento volte più che in Italia, non fosse altro che per l'autarchia a cui sono costretta dalla "original pesto sauce" fatta con gli anacardi e da spugne di varie forme che qui si chiamano "pane fresco", ma ogni volta è un azzardo. I problemi sono vari, ma quello più grosso, nel caso degli impasti, è l'umidità che è cosa tutta diversa rispetto a qualsiasi idea di umidità vi siate fatti. Se faccio riposare un impasto per renderlo elastico, questo suda (non sto scherzando, purtroppo... ogni volta che tiro fuori i piatti del servizio, mediamente una volta alla settimana, devo prenderli con una salvietta perchè sono completamente bagnati) e addio equilibrio degli ingredienti. Quindi o cambio completamente le ricette (cosa che ho fatto, per quello che riguarda le mie faccende) oppure mi rassegno a qualche compromesso. In questo caso, il compromesso è stato rinunciare a tirare la pasta troppo sottile, come da ricetta, provando però a sfogliarla un po', per renderla ugualmente croccante (di solito, è friabile).
La grande novità è l'abbinamento fra il ripieno di manzo e il chutney di cocco. A noi non è piaciuto, sicuramente perchè troppo inusuale per i nostri palati (sto parlando da singaporiana, non da italiana :) il manzo da noi praticamente non esiste, meno che mai sul versante indiano e un abbinamento con un ingrediente cosi dolce come il cocco e cosi acido come il tamarindo ci ha portati un po' fuori strada): ma si tratta di gusti personali, percè comunque, presi singolarmente, i due piatti sono ottimi, spiegati oltretutto con grande dovizia di particolari e con tutti i passaggi.
Resta ovviamente il dubbio sulla elasticità della pasta, ma per questo c'è il Redoner, per cui se qualche anima buona volesse provarla al mio posto, mi aiuta anche a perfezionare il giudizio che, al momento, vede questa ricetta
PROMOSSA
con riserva per causa mia
Alessandra ❤️Dai tuoi post c'è sempre da imparare e tanto .. Grazie
RispondiEliminaUn lavoro improbo dall'inizio alla fine, non so più se per la lista ingredienti (che peraltro reperisco facilmente anche io...) o per le condizioni ambientali.
RispondiEliminaChapeau!
Sempre lodevole lo sforzo di chi si trova-per mille motivi-a dover domare o addomesticare un impasto che, in condizioni standard (temperature e tassi di umidità da laboratorio) verrebbero fuori che è una meraviglia...ci hai dato il la e ti ringraziamo per questo -e per tutto il resto. Ad ogni modo, mi fanno una gola!!!!
RispondiEliminaL'aspetto è golosissimo. Non le ho mai mangiate ma una sfoglia un po' più spessa con questo aspetto croccante, a me non dispiacerebbe. Al di là della tua abilità fare lo slalom fra le difficoltà create da un ambiente difficile, quello che amo dei tuoi scritti, è l'immensa cultura che c'è dietro, e la storia delle contaminazioni tra cibo portoghese ed estremo oriente è affascinante.
RispondiEliminaGrazie infinite.
Io amo le Samosa, ma non le ho mai preparate, anche perché avevo trovato un posto non lontano da casa che ne preparava di spettacolari... Ora il cuoco che le faceva non lavora più lí... :(
RispondiEliminaAmmiro la tua capacità di riuscire a trovare una soluzione alle difficoltà della vita singaporiana e, come Patty, amo la cultura (e la passione) che sgorga come un fiume in piena dai tuoi post :)))