giovedì 28 febbraio 2019

F 52 GENIUS DESSERT: TIRIAMO LE SOMME?



Più di trent'anni fa, ai tempi della mia laurea, mi ero incagliata sulla tesi. 
A tutti sembrava una cosa incomprensibile, visti i ritmi con cui avevo affrontato gli esami e considerato che avevo scelto di approfondire un argomento che mi piaceva e che sentivo nelle mie corde. Mio padre non si dava pace, mia madre cercava di mediare, in una delle tante classiche "tragedie" familiari che all'epoca sembravano drammatiche e per cui pagherei oro, oggi, pur di riaverle indietro. Il problema, comunque, era che, per quanto lavoro di ricerca facessi, non riuscivo a trovare nulla di nuovo. Ogni lampo di genio era già stato esaminato, ogni idea che balenava come vincente era già stata affossata, ogni ipotesi personale si rivelava strampalata o assurda. 
A salvarmi dal naufragio nel mare della mia frustrazione fu la correlatrice, donna di sterminata cultura e ancor più sterminato senso pratico, che asciugò le mie lacrime, in un pomeriggio più desolato del solito, dicendomi gentilmente che il destino di tutti gli studiosi della "nostra" materia non era quello di trovare qualcosa di nuovo, perchè tutto era già stato detto. La nostra sfida era trovare un punto di vista nuovo dal quale selezionare, discernere, raccontare quanto di valido era stato prodotto, rinnovandolo con la freschezza della nostra prospettiva. 
Poche parole, che furono però un toccasana, allora e da allora, visto che hanno lenito molte ferite e consolato molti cuori, oltre al mio: ma la loro verità è talmente potente che non solo consolano, ma aprono anche una infinità di strade nuove, tante quanti sono i punti di vista di ciascuno di noi. 
Ritrovare questa lezione in un libro di cucina è stato quindi come leggere un libro giallo di cui si conosce solo l'assassino, ma non la trama: la mia attenzione, cioè, era tutta rivolta al "come", non al "chi". Perchè l'operazione di Genius Dessert, la prosecuzione di Genius Recipe, è praticamente la stessa di quella descritta dalla mia mentore, e il fatto che la si applichi al mondo della cucina la dice lunga sull'overdose di informazioni che bombardano da anni l'argomento e, soprattutto, sulla necessità che qualcuno discerna, con competenza e con consapevolezza, decidendo autonomamente chi merita e chi no. 
In Italia, ve lo dico subito, questo sarebbe impossibile. 
Già mentre scrivevo "chi merita" ho avuto un brivido, per dire. 
Una selezione dei migliori sarebbe alla stregua di un premio letterario o di un concorso canoro, con i pochi che contano a spartirsi la posta in gioco e tutti gli altri a gridare nel deserto, pronti per altro a soccombere alle lusinghe del potere una volta entrati nel meccanismo, come la nostra storia, passata e recente, tristemente ci insegna. 
Ma il mondo anglosassone, per fortuna, è diverso. E allora, può capitare che un gruppo di menti illuminate, che ancora non sono stanche di aprire sentieri mai battuti, decida di invertire la rotta, dedicandosi non al nuovo che avanza, ma al passato che ad esso soccombe, per lanciare salvagenti e riportare all'attenzione dei tanti distratti del web, nobilitandole con la carta stampata, le ricette degne di essere recuperate. 
Se però pensate che Genius Dessert sia solo una antologia di ricette, vi sbagliate di grosso: perchè la prospettiva originale di cui sopra non si limita alla selezione, ma sconfina anche nella presentazione, confezionando una storia su misura, per ciascuna di esse. E cosi, l'evocazione di profumi e sapori si struttura in una esperienza più completa, che amplia i confini della cucina sensoriale (è finita pure quella), per restituirla ad una esperienza più piena, dove il memoir si intreccia con la ricerca, soddisfacendo tanto il cuoco quanto il lettore. 
E facendo centro, per l'ennesima volta: perché il nocciolo della questione, nell'editoria, oggi è proprio la battaglia persa della ricerca della novità. Ve lo diciamo noi, con il nostro occhio lungo, abituato a vedere oltre la copertina- e a tornare indietro deluso dalla banalità dei contenuti. La colpa, sia chiaro, non è di nessuno, se non del bombardamento di cui si diceva prima. Alla lunga, cio+, anche un argomento che sembra infinito come la cucina finisce per mostrare la corda. 
Con questa operazione, invece, di recupero e di riconfezionamento, il team di Food 52 segna l'ennesimo punto a favore, indicando in questa operazione l'unico modo per navigare a vista, fino alla prossima novità vera. 
Logico, ci vogliono bravura, furbizia, coraggio e un pizzico di visionarietà. 
Ma loro li hanno tutti, in abbondanza. 
E , lasciatecelo dire, meno male che esistono
Ci rivediamo a Marzo, con il nuovo Starbook!

7 commenti:

  1. Impeccabile e lucidissima rece, emozionante, a tratti. Come sempre, colpisce nel segno. Grazie!!!

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  2. Qualche anno fa quando l'avventura di Starbooks sembrava terminata (avevate chiuso per "ripensamento") avevo lasciato un messaggio rammaricandomi perché ritenevo questa una delle più sensate iniziative editoriali sul tema.
    Questo post è una perfetta sintesi di quanto, confusamente, pensassi allora.
    Brava tu e bravi tutti gli altri.
    :-)

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  3. Non il nuovo che avanza ma il passato che ad esso soccombe.
    E' detto con la tua maestria tutto in questa frase.
    E speriamo che di "genius" ce ne siano molti, molti altri ;)

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  4. Credo che questa sia la tua recensione più bella, Ale...

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  5. Anch'io vorrei far riferimento a un'esperienza personale. A scuola ho imparato a conoscere attraverso le buone antologie. Erano un deposito di sapere e, curioso, andavo sempre a cercare di più. Questo libro mi ha fatto proprio quest'effetto. Le antologie sono, come dice l'etimologia della parola stessa, dei fiori tra la marea di altri fiori. Che ben vengano altri Food 52, allora! Io ho cominciato a guardare e a leggere di più su Richard Sax, Marcella Hazan, Claudia Rodin. Si tratta di un buon inizio....
    e brava, Alessandra! sei sempre toccante!
    Biagio

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  6. Uno dei più freschi ed interessanti degli ultimi testi da voi presentati ultimamente. Una bella sorpresa dopo la delusione di Plenty

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