Ci sono tanti modi per restare soddisfatti, a conclusione del ciclo di prove sul campo a cui ogni mese sottoponiamo i libri selezionati. C'è la sorpresa, riservata di solito ai nuovi autori. C'è la conferma, per quelli vecchi. E c'è anche una pacata indulgenza, equamente suddivisa fra entrambi, per cui ad uno si perdona l'inesperienza, all'altro la stanchezza, con la pratica consumata di chi recensisce libri da anni e ormai si districa con serena disinvoltura nel vasto mondo dell'editoria del cibo.
Poi arriva Ottolenghi- e cambia tutto. Distacco professionale, occhio clinico, parametri collaudati, tutto viene travolto dalla forza prorompente di una cucina capace di reinventarsi ogni volta e di sondare strade nuove, lasciando ad altri strade appena battute ma già consumate dal genio di questo eterno ragazzone, mai domo, mai sazio e mai troppo amato, quanto meno qui sopra.
Eppure qualcosa ci dice che qualcuno resterà deluso, da Sweet: quelli che si aspettavano una continuazione di Nopi o di Plenty, per esempio. Quelli che auspicavano un ulteriore passo avanti sulla strada già battuta, quella di una cucina di casa che sa stupire come la carta del migliore degli stellati. Su tutti, quelli che in questi ultimi tempi hanno trasformato la propria cucina nel laboratorio del piccolo chimico, di chi non esita ad attribuire al proprio sviluppatissimo ingegno tecniche e trucchi secolari, di chi non è contento se per impastare acqua e farina non ha usato almeno 200 strumenti diversi, calcolo degli algoritmi di Fb inclusi. E di chi, infine, si riempie la bocca del nome di Ottolenghi ogni volta che annega in un mix letale di spezie sfortunati ingredienti, il cui crudele destino li ha fatti finire nella pentola sbagliata.
Sweet, infatti, è il de profundis di tutto questo.
E se da un lato firma la sentenza di morte di tutte le masturbazioni mentali di questi anni, dall'altro torna a sdoganare la parte più vitale, più viva, più vera dell'arte di preparare dolci. Il privilegio del superfluo, cioè (perché il dolce, a ben guardare, questo è) cessa di essere una faccenda da iniziati e ritorna, prorompente e consolante, nelle cucine di tutti, accanto ad ingredienti comuni e assieme ad una guida che ci chiede solo fiducia. Le lunghe spiegazioni dei trucchi che si trovano nelle ricette, infatti, non sono mai l'appendice di un trattato di merceologia, ma le parole calde e persuasive di chi vuol metterti a parte di un suo segreto, perché anche tu possa condividere la gioia di un dolce ben riuscito.
Questo perché l'immensa grandezza di Ottolenghi non va ricercata tanto nella sua preparazione, nei suoi studi, nel suo percorso di ricerca in cucina, quanto piuttosto in quella nota peculiare, esclusiva e personalissima, che è tutta nella squisita sensibilità di quest'uomo. Nella sua capacità di ascolto, nella sua visione ecumenica che tutto abbraccia e tutto permea, nel suo saper valorizzare le sfumature, cogliendo punti di contatto che a noi sfuggono ma che sotto le sue mani plasmano sapori ed emozioni nuove. Non c'è ricetta in cui ciascun ingrediente non sia stato collocato al posto giusto dalle mani sapienti di questo direttore d'orchestra che sa ascoltare, comprendere, fare sempre un passo indietro per lasciare il podio ai suoi musicisti, ma senza il quale nulla sarebbe quello che è. Senza il quale Sweet, al pari di Plenty, Jerusalem, Plenty More e tutte le sue altre fatiche, sarebbero solo manuali di cucina. E non veri e insostituibili libri dell'anima.
Al prossimo mese, con il nuovo Starbook!
Alessandra, come sempre, impeccabile ...Leggerti è sempre un piacere ;) Questo libro, per me, è tra i preferiti..continuo a sfogliarlo e a meravigliarmi ogni volta...Grazie :D
RispondiEliminaSottoscrivo in pieno, e in particolare la frase "...ma le parole calde e persuasive di chi vuol metterti a parte di un suo segreto, perché anche tu possa condividere la gioia di un dolce ben riuscito".
RispondiEliminaIo sono una Sweet Dummy incallita, ma domenica ho portato dai miei un dolce tratto da questo magnifico libro - una tarte che non è stata recensita in queste pagine - e i mugolii di piacere che ha strappato, insieme ai complimenti e alla richiesta (anzi, alla supplica) di rifarla, mi hanno dato una soddisfazione che raramente ho provato facendo dolci.
Un libro meraviglioso, tutto da scoprire e da replicare.
Questo non è un libro di dolci: questo è IL libro. Ho realizzato dolci sublimi grazie alla ricette qui presenti e alle indicazioni perfette e minuziose.
RispondiEliminaSarà uno splendido regalo di Natale, lo prevedo....
Davvero, Araba: questo è Il Libro. Ho già realizzato parecchie ricette e non ne ho fallita nemmeno una, nemmeno un pochino. Di solito quando si replicano le ricette di un nuovo libro si tende a scegliere quelle che ispirano di più, ho deciso che la prossima invece sarà quella che mi intriga di meno, sempre che riesca a trovarla. Voglio proprio vedere....
RispondiEliminaAlessandra leggerti è sempre comfort reading! Se c'è il comfort food ci sarà anche il comfort reading no??? �� e tu lo sei per me! E hai ragione da vendere su Sweet e su Ottolenghi!
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