Se la splendida immagine di copertina del libro che stiamo recensendo questo mese non fosse stata abbastanza invitante, il titolo avrebbe comunque fatto il resto, per me. Breaking Breads, spezzare il pane. Un'espressione che si riferisce a qualcosa di molto semplice, quotidiano. Nel mondo ebraico in particolare, è compito del padrone di casa spezzare il pane dopo una preghiera e distribuirlo tra i commensali, sia durante i pasti familiari, sia in occasione di pasti di carattere rituale, come la sera della Pesach. Già nel pasto quotidiano lo spezzare il pane ha un doppio significato: è allo stesso tempo un gesto di condivisione e di unione. In virtù del pane condiviso, la comunità a tavola diventa una: tutti mangiano dello stesso pane. La condivisione è un gesto di comunanza, di donazione, che rende partecipi della famiglia anche gli ospiti.
E di condivisione profonda parla Uri Scheft nel suo libro, fin dall'introduzione, quando ci racconta che ha voluto raccogliere e riunire le tradizioni dei suoi familiari, inclusi quelli acquisiti, e di amici e più in generale cucine di tutti i Paesi dove ha lavorato; mi fermo qui perché quella pura poesia che è il post introduttivo di Alessandra racconta il mio entusiasmo e la mia gioia nell'affrontare questo libro, meglio di quanto non potrei fare io stessa.
Ero quasi dispiaciuta di avere optato per una ricetta semplice come i panini al latte, ma confesso che in questo periodo il lavoro mi impegna particolarmente, così per una volta ho pensato di vincere facile. Evidentemente però non ero destinata ad avere alcun rimorso al riguardo, perché ho rifatto questa ricetta 4 (q u a t t r o) volte, prima di ottenere il risultato che vedete in foto. Vi dirò di più: se avessi avuto tutti questi problemi quando ero all'inizio della mia avventura panificatrice, mi sarei arresa. Sì, perché prima di ottenere dei bei panini gonfi, soffici e alveolati, sono passata per ben tre fasi molto frustranti.
Sissignori, quella ciofeca piatta e mappazzosa che vedete in basso è uscita dal mio forno non una, ma tre volte, nonostante avessi apportato via via delle modifiche.
Se non mi sono fermata al primo tentativo, è stato perché volevo essere assolutamente sicura che l'errore fosse mio, e non della ricetta. Noi Starbooker non bocciamo mai una ricetta alla leggera, il confronto tra noi è costante e continuo, e così è stato per me con questi panini.
La prima cosa che ho fatto, dopo aver sfornato i primi mappazzini al latte, è stata correre a consultare il mio fido Calvel per verificare che le proporzioni tra ingredienti fossero corrette, esattamente come avevo fatto per i panini all'olio di Cracco. Questa volta le proporzioni c'erano, tranne che per i liquidi: Scheft consiglia un'idratazione al 40%, Calvel al 55%, ma per il resto siamo lì e anzi, Calvel usa più burro.
Vero è che nell'introduzione Scheft dice che la farina assorbe più o meno acqua a seconda delle condizioni ambientali, ma chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la panificazione sa, già leggendolo sulla carta, che un'idratazione al 40% è assolutamente insufficiente, specialmente con una farina abbastanza forte come quella che usa lui, all'11,7% (già al 12% si parla di farina di forza, vedete un po' voi). Lui la chiama All Purposes Flour, farina per tutti gli usi, che in italiano equivarrebbe alla nostra 00, ma evidentemente negli States e in Israele usano delle farine più forti che da noi. Mi sono detta che forse Scheft considera il burro come un liquido, ma ho scartato subito questa ipotesi: se io, che non sono nessuno, so che il burro apporta tra il 18 e il 19% di liquidi (il che su 45 g siginfica 8-8,5 g di acqua), a maggior ragione lo sa un panificatore professionista come Scheft. Alla scarsa idratazione poi, si aggiunge l'uso del latte magro in polvere al posto del latte vero, che sottrae ulteriori liquidi all'impasto.
In ogni modo all'errore sull'idratazione - piuttosto grave, a dire il vero - si rimedia facilmente, aggiungendo altri liquidi nella prima fase di impasto.
Neppure io ero senza macchia, però: ho in casa del lievito disidratato che uso normalmente per il pane senza impasto di Lahey, e anche per queste ricette ho usato quello. Evidentemente stava cominciando a mostrare i segni dell'età, perché non è riuscito a dare al pane la giusta spinta: con tutto quel burro, c'era bisogno di un lievito più attivo; d'altra parte prolungare i tempi di lievitazione si è dimostrato disastroso, perché avrei dovuto farlo fin dall'inizio a una temperatura più bassa (come avviene per i pani senza impasto). A temperatura ambiente, anche un lievito infiacchito esaurisce presto le sue forze, il che si risolve nel disastro che ho fotografato sopra.
Mi sono anche posta il problema della forza della farina: le prime due volte avevo usato una 0 al 10,5%, la terza volta ho usato metà farina 0 e metà Manitoba al 13%. La quarta volta mi sono distratta: volevo fare ancora metà e metà, ma ho usato solo la 0 al 10,5%, eppure il pane è venuto perfettamente. Quindi il problema non era la farina.
La ricetta però contiene altri due errori, non di poco conto: la temperatura del forno (350 °F, pari a 177 °C) e il tempo di cottura (10 minuti). E quindi, se già un lievito poco attivo non era riuscito a fare un granché, temperatura e tempo di cottura hanno dato il colpo di grazia ai mappazzini.
Non che li abbia tirati fuori dopo soli 10 minuti, sia chiaro: erano pallidissimi e sono stati in forno mezz'ora. Questo tempo però, oltre ad averli coloriti pochissimo (nonostante fossero stati spennellati con l'uovo) ha contribuito a far evaporare altra umidità, rendendoli ancora più duri. Ottime armi improprie fatte in casa, insomma: se avessi l'abitudine di prendere le persone a sassate, questa settimana avrei potuto prenderli a paninate e i malcapitati non si sarebbero accorti della differenza.
Le cose sono cambiate quando ho:
- usato del lievito di birra fresco
- aumentato la temperatura del forno a 195 °C
- allungato i tempi di cottura a 25 minuti.
Non vi dico il sollievo, dopo che al quarto tentativo i panini sono usciti dal forno come dovevano essere: dorati, morbidi e fragranti. Noterete che il sesamo è rimasto pallido: la prossima volta porto il forno a 200 °C e magari accorcio i tempi di cottura, portandoli a 20 minuti.
Tra parentesi e in corsivo le mie variazioni/annotazioni alla ricetta.
PAIN DE MIE - PANINI AL LATTE
Da: Uri Scheft - Breaking Breads - Artisan
Potete sostituire il latte in polvere con 75 g di latte intero, riducendo la quantità di acqua del quantitativo corrispondente. Uri Scheft
Calvel invece dice che talvolta il latte intero viene sostituito con latte magro in polvere. E a questo punto, perché non usare latte al 100%? Mapi
180 g di acqua a temperatura ambiente (io 250 g)
15 g di lievito di birra fresco, oppure 5 g di lievito di birra secco attivo
450 g di farina all'11,7% di proteine (va bene anche una al 10,5%, ma non usatene una più debole)
75 g di zucchero semolato
15 g di latte magro in polvere
7 g di sale
45 g di burro a temperatura ambiente
75 g di semi misti per decorare: nigella, sesamo, papavero, etc.
Per lucidare:
1 uovo grande (io medio, e già così me ne è avanzato un sacco)
1 cucchiaio di acqua
1 pizzico di sale
Preparare l'impasto: versare l'acqua nella ciotola della planetaria, unirvi il lievito e scioglierlo mescolando con le mani o con una frusta. Unire la farina setacciata un paio di volte, lo zucchero, il latte in polvere, il sale e il burro a pezzetti.
Montare la frusta a gancio e avviare l'apparecchio alla velocità minima per 1 minuto, in modo che gli ingredienti comincino ad amalgamarsi. Aumentare a questo punto la velocità a 1 e fare andare l'apparecchio per 2 minuti, quindi aumentare ancora la velocità (ho portato il mio Kenwood a 1,5, non osavo farlo andare più veloce) per 3 minuti.
Trasferire l'impasto sul piano di lavoro leggermente infarinato e cominciare a impastarlo tirando un angolo fino a quando non si strappa, e ripiegandolo verso il centro. Dare un quarto di giro e ripetere l'operazione. Continuare così per un minuto. Infarinare leggermente una ciotola (anche quella dell'impastatrice), adagiarvi la palla di impasto, spolverarla leggermente con altra farina, quindi coprire la ciotola con pellicola da cucina e far lievitare a temperatura ambiente per un'ora.
(A proposito di metodi di impasto, io sono cresciuta alla scuola delle Simili, che invece dicono di trattare con delicatezza l'impasto, altrimenti si strappano le maglie di glutine e l'anidride carbonica che si crea durante la lievitazione fuoriesce, anziché rimanere nell'impasto e gonfiarlo. La prima volta ho maltrattato l'impasto come dice Scheft, poi l'ho lavorato alla maniera delle Simili. Ecco come si presentavano i due impasti al termine della lavorazione, prima della lievitazione.)
Trascorso questo tempo, trasferire l'impasto sul piano di lavoro leggermente infarinato e dividerlo in 16 pezzi uguali (di 50 g l'uno). Lavorare ogni pezzo tirando leggermente gli angoli e ripiegandoli al centro, per creare una forma tondeggiante. Capovolgerlo in modo che le pieghe siano verso il basso, e aiutandosi con la mano a forma di coppa tirarlo e spingerlo sul piano di lavoro, creando una pallina. Cercate di avere la mano molto leggera con la farina sul piano di lavoro, altrimenti sarà molto difficile fare in modo che l'impasto si formi in una pallina molto stretta. (Ecco, secondo me uno dei problemi dei mappazzini è stato proprio il fatto che la pallina doveva essere stretta, cioè le maglie di glutine dell'impasto dovevano essere arrotolate strettamente. Al mio quarto tentativo sono stata molto più soft, limitandomi alla prima fase della lavorazione, ma senza rotolare i pezzetti di impasto sul piano di lavoro.)
Le palline di impasto del 4° tentativo: non le ho arrotolate strettamente come vuole Scheft |
Coprire con un canovaccio pulito e far lievitare a temperatura ambiente per una o due ore.
Preriscaldare il forno a 180 °C (195 o 200, non di meno!!!).
Rompere l'uovo in una ciotola e sbatterlo con una forchetta insieme all'acqua e al sale. Spennellare i panini, poi cospargerli con i semi scelti e infornarli finché non siano dorati e belli gonfi, da 8 a 10 minuti (da 20 a 25!!!). Toglierli dal forno e farli raffreddare un poco prima di servirli.
OSSERVAZIONI
Scheft insiste che gli ingredienti siano inseriti nella ciotola esattamente nell'ordine da lui elencato. Io faccio il pane dal 2004 e francamente se una ricetta è equilibrata riesce, indipendentemente dall'ordine in cui si inseriscono gli ingredienti. Di certo è la prima volta che metto il burro (in quantità così consistenti) fin dall'inizio: di solito si aspetta che l'impasto si sia incordato, prima di aggiungerlo, per il semplice motivo che le maglie di glutine si formano quando l'acqua fonde insieme gliadina e glutenina, le due proteine presenti nella farina di grano; i grassi tendono invece a isolare queste due proteine, inibendo la formazione delle maglie di glutine.
A prima vista lo zucchero sembra tanto e fa pensare che i panini risulteranno troppo dolci. Non è così invece; se proprio 75 g vi sembrano troppi riduceteli a 60, ma non andate sotto: stiamo facendo dei panini al latte, dopo tutto.
Avevo già accennato al fatto che un'idratazione al 40% è decisamente insufficiente per qualunque impasto di pane. Scheft fa anche altre aggiunte di farina: sul piano di lavoro, nella ciotola e sopra l'impasto alla prima lievitazione, e ancora sul piano di lavoro quando si formano le palline. Come possono venire soffici dei panini, con un'idratazione che si riduce a ogni passaggio? Aumentando le dosi di acqua ho invece ottenuto un impasto dalla consistenza perfetta, che non aveva bisogno di farina sul piano di lavoro perché non si attaccava, pur essendo morbido. Inoltre, più un impasto è idratato, più il prodotto finale sarà soffice.
Insomma, volevo vincere facile e invece mi sono trovata a sfornare pane per 4 giorni di fila, una gran faticaccia. E se prima di sedermi al PC per scrivere questo post avevo pensato di limitarmi a rimandare la ricetta, adesso ho cambiato idea. Un panettiere del calibro di Scheft, che sforna pani divini a giudicare dall'enorme successo dei suoi panifici in Israele e in America, non può fare degli errori madornali come questi, non quando scrive rivolgendosi a un pubblico che conosce i suoi prodotti e li adora.
Questa ricetta, così come è stata scritta, per me è inesorabilmente (e con grande dispiacere)
BOCCIATA
Troppi aggiustamenti per un principiante che dovesse approcciarsi alla ricetta, e troppa la tua pazienza. Strano che dopo preparazioni anche più complesse l'autore sia scivolato su qualcosa di relativamente più semplice...grazie Mapi!
RispondiEliminaInfatti, troppe modifiche e troppo ragionare su una ricetta che è relativamente facile. Mi è anche venuto il dubbio che lui (o il suo editor) abbia sbagliato la conversione tra tazze e grammi, ma sinceramente... non intendo fare una quinta infornata con le dosi in tazze per vedere se va meglio! ;-)
EliminaUn bacione.
Venghino Signori venghino, oggi si distribuiscono a gratis panini per lapidazioni, rivolgersi a Mapi, si astengano perditempo ☺
RispondiEliminaMapi cara il tuo impegno oggi è da lodare, del resto chi altri poteva scegliere questa ricetta se non tu, che sei la panificatrice per eccellenza? diciamo che eri destinata, con ben 4 tentativi a fare il Miracolo, "resuscitando" una ricetta che era destinata ad essere lapidata con i suoi stessi panini...
Che dire, premio la tua tenacia con ben 10 cuoricini, tutti meritatissimi 💖💖💖💖💖💖💖💖💖💖 ebbene si, 'sto mese c'ho il trip dei cuoricini... 😉 😄
Hahahaha Piperina, mi fai morire dal ridere!!! :-D
EliminaGrazie per i cuoricini, ne ho bisogno... che adesso ho 4 infornate (3 di mappazzini e 1 di panini) da smaltire!!! ;-)
Un abbraccio.
chapeau per tutto, mapi- ma piu' ancora per la pazienza. Io avrei buttato tutto nella rumenta (libro compreso, in certi casi..)
RispondiEliminaGuarda, non so che cosa mi sia preso: in altre circostanze avrei buttato tutto nella rumenta anch'io. Però il libro in se' è valido, ho visto le ricette pubblicate finora, e tranne il Babka, che a mio avviso necessitava di maggiore idratazione, le altre erano perfette. Così ho deciso che, come una rondine non fa primavera, anche un acquazzone non fa autunno. :-)
EliminaHo letto questo tuo post con la stessa ansia di quei romanzi in cui c'è un crescendo di disavventure e l'eroe deve trovare degli escamotage per uscirne illeso. Contemporaneamente mi si è sganciata la mascella perché il nostro eroe ne sa una più del diavolo, anzi, ma quante ne sa?
RispondiEliminaQuanto ti vedo così combattiva io ti adoro, anzi mi metterei prona come quegli indigeni davanti al Totem. Sei una grande, anzi per me sei mitologica!
Grazie Mapi, un' analisi meravigliosa ed una costanza d'acciaio.
Un abbraccione.
ah, dimenticavo, e quella prima foto è bellissima!
EliminaGrazie Patty!!! Più che combattiva mi sentivo perculata, :-) perché mai quei benedetti panini, così semplici all'apparenza, si ostinavano a non venire? Se la ricetta fosse stata più complessa l'avrei bocciata senza ulteriori indugi, dopo il confronto tra noi. Ma una ricetta così semplice, non esisteva che non potesse riuscirmi!!! ;-)
EliminaUn abbraccio.
Grazie Mapi, per questa ricetta così tanto studiata ed analizzata, il tuo sapere e la tua bravura ti hanno portato a districare la matassa con un ottimo successo bravissima per la tua costanza.
RispondiEliminaI panini al latte sono bellissimi non mi resta che copiare la tua ricetta
un abbraccio
Parla la grande esperta di lievitati e di licoli! ;-) Devo venire a lezione da te per quest'ultimo, e anzi magari comincio proprio questo fine settimana.
EliminaGrazie cara Manu e un abbraccio.
Mapi, sei una che non si arrende, ed io ammiro questa caratteristica, oltre ad ammirare la tua competenza e bravura :)))
RispondiEliminaGrazie per la pazienza e la costanza!!! Credo che io avrei tirato i panini contro il muro...
Più che altro sono testarda: come dicevo a Patty più su, non esiste che una ricetta così facile non mi venga! E così ho cominciato a studiare, analizzare il perché e il percome di ogni passaggio, per poterne venire a capo.
EliminaUn bacione.
Mapi, sei il mio mito! Certo che peccato, l'autore si è letteralmente perso in un bicchier d'acqua. Ma tu sei stata grande come sempre, anche se ammetto che i "mappazzini" secondo me dovresti brevettarli ahhaha :D
RispondiEliminaCi penserò, a brevettare i mappazzini. Potrebbero servire nei gruppi paramilitari bio. :-D
EliminaGrazie Alessandra, un abbraccio!!!
io sono ammiratissima mapi, per la tua pazienza e determinazione. io avrei fatto festa ben prima.
RispondiEliminacomunque mi sembra che questo libro, che pure propone bellissime ricette, abbia non poche pecche. non è la prima volta che le cose non vanno proprio come dovrebbero, anche la -peraltro splendida- babka al cioccolato della patty ha avuto dei problemi, se non ricordo male con l'incordatura ovvero con l'ordine con cui venivano inseriti gli ingredienti.
insomma, complimenti per questa impresa titanica. altro che bocciare... un calcio nel posteriore, io gli avrei tirato :-)
Condivido quanto hai detto ed è vero ci sono delle imprecisioni però io penso che per assaporare meglio Scheft dovremmo fare un passo indietro da quella che è la nostra cultura tecnica sui lievitati ed approcciarsi come fa lui che la planetaria la usa solo marginalmente ma invece affonda le mani nei lievitati per capirne l'essenza, un po' come le nostre nonne che andavano avanti a pizzichi ma poi le ricette erano stratosferiche
EliminaPoi questo non esclude che avendo scritto un libro gli errori non dovrebbero esserci e tanti di complimenti a Mapi per aver fatto i panini al latte
Mapi, per me sei irraggiungibile. Sono in adorazione.
RispondiEliminaMapi, per me sei irraggiungibile. Sono in adorazione.
RispondiEliminaAnch'io ti ammiro per la pazienza e per la determinazione ed ancor più per la perizia con cui affronti una ricetta e lo Starbook sempre! Un abbraccio
RispondiElimina