Pressochè sconosciuto alle vostre latitudini, il Rendang è un piatto iconico della tradizione indo-malese, per ovvi motivi molto diffuso anche a Singapore. Si tratta di uno stufato di manzo cotto nel latte di cocco e profumato con una miscela speciale di spezie ridotta in pasta, fatto cuocere per circa tre ore e poi servito preferibilmente il giorno dopo, visto che l'altro ingrediente essenziale alla sua buona riuscita è il riposo. E' piatto della festa, della celebrazione degli ospiti, della consacrazione dell'armonia fra il cosmo, gli dei e gli uomini (quasi ogni ingrediente ha un significato altro) e io ho imparato a farlo nelle case di qui, dove questa tradizione resta vivissima. Superfluo quindi soffermarmi sui motivi che mi hanno indotta a scegliere questa ricetta da Rib Ticklers&Choux-ins, non ultima anche la mai così benedetta facilità a reperire gli ingredienti. Dopodichè, si è trattato di reperire una intera mattinata per recuperarli tutti e una giornata per prepararlo. E quello che è successo nel mentre, ve lo racconto qui....
RENDANG
da G. Purnell, Rib Trickers&Choux'ins
per 4-6 persone
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaio di semi di coriandolo
2 chiodi di garofano
2 scalogni, tritati grossolanamente
3 spicchi d'aglio, tritati grossolanamente
2 peperoncini rossi (se con o senza semi dipende da voi), tritati grossolanamente
70 g di zenzero fresco, pelato e grattugiato
un filo di olio di semi
500 g di manzo (scegliete un pezzo adatto ad essere stufato), a cubetti piuttosto grandi
400 ml di latte di cocco
4 bacche di cardamomo, i semi
4 foglie di kaffir (sono le foglie del lime)
1 stecca di cannella
1 stelo di lemongrass
4 radici di coriandolo (facoltativo)
per guarnire
1 peperoncino rosso finemente tritato
50 g di scalogno fritto
2 cipolline fresche tritate finemente
qualche foglia di coriandolo fresco
procedimento
mettete il cumino, i semi di coriandolo e i chiodi di garofano in una padella e fateli tostare a fuoco lento. Pestateli finemente al mortaio.
Frullate in un mixer gli scalogni, l'aglio, i peperoncini, lo zenzero e le spezie tritate, fino a quando diventeranno una pasta. Mettete da parte
Scaldate làolio in una pentola di ghisa o in una casseruola per brasati e fate rosolare bene la carne fino a sigillarla da tutti i lati. Scolatela e mettete da parte
Fate insaporire la pasta di spezie, aglio e scalogno nella stessa casseruola, nel fondo di cottura, per 5 minuti a fuoco dolce, mescolando spesso. Rimettete poi la carne in pentola, versate il latte di cocco e tutti gli altri ingredienti, coprite bene con acqua e portate a bollore. Abbassate il fuoco e fate sobbollire molto lentamente per 3 ore, aggiungendo eventualmente acqua se dovesse asciugarsi troppo. Quando la carne sarà diventata tenerissima, alzate leggermente la fiamma e fate ridurre il liquido di cottura ad una salsa.
Servite il manzo in un grande piatto da portata, cosparso di peperoncino fresco a rondelle, cipollina tritata, scalogno fritto e coriandolo fresco. Accompagnate con riso bianco al vapore.
Giusto per svelarvi subito l'assassino, questa ricetta è completamente sbagliata.
Non che si ottenga un pessimo risultato, sia chiaro.
Ma non si ottiene un Rendang.
Quello che caratterizza infatti il Rendang - secondo una costante di tutta la cucina indocinese- sono le spezie, prima ancora che gli altri ingredienti. E la miscela indicata nel libro è completamente errata, sia nelle quantità che nell'assenza di alcune spezie fondamentali.
Partiamo dalle quantità.
La peculiarità del Rendang è di cuocere in un brodo di cocco insaporito da una pasta di spezie. Non spezie aggiunte a spizzichi, ma armonizzate prima in un amalgama morbido e omogeneo. Con due scalogni e tre spicchi d'aglio non è possibile ottenere questo risultato a meno che gli scalogni non siano grandi come cipolle. Ma anche in questo caso sarebbe stata un'altra ricetta, perchè il principale responsabile di questa consistenza è un'altra pasta, quella di peperoncino.
Che qui manca.
Esattamente come manca il tamarindo, altro ingrediente essenziale, usato sia in pasta (di nuovo), sia con la sola pelle essiccata. E la curcuma, che è l'altra responsabile del colore fra il rosso e l'arancione di questo stufato. E, su tutti, il kerisik, cioè la polpa di cocco tostata, che va usata in grande quantità e, ultimo ma non ultimo, il galangal, una radice che nell'aspetto è simile allo zenzero, ma con un sapore proprio, nettissimo e inconfondibile, che concorre a fare del Rendang quello che è.
Aggiungo altre due omissioni, importantissime
la prima è che, per quanto poco possa andarcene, il sale va messo.
la seconda è che, come dicevo all'inizio, questo è un piatto che guadagna immensamente col riposo. Andrebbe davvero preparato il giorno prima e fatto riposare una notte nel frigo, per poter essere gustato al meglio delle sue potenzialità.Sempre che si stia parlando dello stesso piatto, naturalmente....
Il dramma che si è consumato in casa mia ha a sua volta i suoi ingredienti
1. invito a cena gli amici malesi, ben consapevole di sfidarli sul terreno più minato di tutta la loro tradizione gastronomica
2. seguo alla lettera la ricetta, con tutta che vengo assalita da dubbi sin dalla fotografia delle spezie, che al confronto di quella presa in casa della mia amica sembrano gli scaffali di Harrod's alla fine dei saldi
3. prima mi tagliuzzo tutte le dita, mentre preparo la carne, poi passo a pulire le spezie. Le vampate, al confronto,sono una doccia scozzese e vi prego di credermi se vi dico che ancora il giorno dopo avevo mani rosse e gonfie- e umore nero.
4. mentre ero lì che mi interrogavo sul da farsi, con il Rendang in casseruola, arriva mio marito, scoperchia la pentola, guarda al suo interno e poi sentenzia che un Rendang bianco non si è mai visto. E io decido all'istante che voglio morire.
5. chiamo l'amica e corro ai ripari, con quello che ho, cioè la curcuma e qualche scalogno in più per fare una pasta degna di questo nome. Togli tutto, rimetti tutto, guarda il colore - e incrocia le dita per due ore, quando finalmente la carne inizia a distendersi e il sugo prende forma. Prima che si distenda anche il sistema nervoso, ritorna il marito, si arma di cucchiaio, assaggia e sentenzia di nuovo che quello è tutto, fuorchè un rendang.
6. A questo punto, sono le quattro del pomeriggio (ho iniziato alle 10 del mattino) e l'invito a cena si trasforma in un "veniamo noi da voi", consapevole che posso anche meritarmi una carbonara con la panna, dopo tutto questo casino. Ma prima, bisogna salvare il Rendang.E urge una spesa strategica.
7. Prima tappa, l'indiano sotto casa. Le botteghe indiane sono uguali in tutte le parti del mondo. Aperte 24 ore su 24, incasinate, con dentro l'impossibile e oltre. Tranne il kerisik, la pasta di peperoncino e il tamarindo. Quelli, li vende il mio supermercato, che però adesso è a mezz'ora da qui, con due metro da prendere. E, naturalmente, non ho la tessera.
8. Torno a casa e decido che, mentre penso a dove ho messo la tessera, posso iniziare a fare la pasta di peperoncino. Apro lo sportello delle provviste (qui siamo organizzati come in un rifugio antiatomico) e cosa vedo, subito li in bella vista? "miscela di spezie per il Rendang". Un po' come "arrivano i nostri" avete presente? Con la differenza che, al posto della donzella, qui abbiamo un manzo ormai esausto, quasi del tutto sciolto nella casseruola. Ma un po' di polverina magica- e passa tutto. O quasi.
Tutto è bene quel che finisce bene?
Più o meno.
Intanto, il Rendang è finito nel freezer: corretto anche nel colore, corretto finalmente nel sapore (adesso è un Rendang, ha detto mio marito, con lo stesso tono con cui i bambini dicono "adesso è Natale"), ma addio cena e addio speranze di poterlo offrire ai locali perchè gli aggiustamenti si sentono e la cottura esagerata ha avuto ripercussioni anche sulla consistenza. I pezzi di carne devono essere più grossi e la salsa ancora più avvolgente. Troppo speziato per i palati italiani, mi sa che finiremo per mangiarcelo da soli mio marito ed io- ma, sinceramente, dopo un giorno e mezzo di lavoro mi girano.
E anche se, sul fronte delle consolazioni, questa è proprio magra, non mi resta che giudicare la ricetta che ho scelto
IGNOMIGNOSAMENTE BOCCIATA
OMG!
RispondiEliminaOgni volta che faccio un piatto cosiddetto "etnico", mi si para davanti la faccia di quel marocchino/indiano/cinese/peruviano che malauguratamente si trovasse ad assaggiarlo, la stessa faccia che farei io di fronte a un piatto di spaghetti bolognese a toronto.
hai fatto benissimo a bocciarlo, a maggior ragione uno chef della levatura e intelligenza di Purnell non avrebbe dovuto commettere questo imperdonabile errore di superficialità.
Hai perfettamente ragione, mancavano troppi ingredienti per considerarlo un Rendang. La maggior parte delle persone non se ne sarebbe nemmeno accorta, io per prima. Come ci indigniamo per una carbonara con Chorizo è giusto farlo anche per un Rendang non corretto. Grazie Alessandra :D
RispondiEliminaGrazie mille per la recensione!!!
RispondiEliminaAspettiamo allora la versione corretta. Galangal, pasta di tamarindo e di peperoncino le trovo tutte nello stesso negozio qui a Milano (Kathai). Ho solo qualche dubbio sul kerisik.
:-)
lo fai in casa ed e' facilissimo, a partire dal cocco rape'. Noi qui abbiamo quello fresco, ma credo che si possa fare anche con la farina di cocco. Praticamente, la tosti in padella e poi la idrati con olio di semi. Ma poi ti spiego tutto dopo
EliminaAllora aspetto la ricetta sul tuo blog, insieme a quella del vero Rendang. :-)
EliminaGrazie!!! :-)
EliminaAle, guardando la foto d'apertura ho pensato: "wow, che buono che dev'essere questo piatto". Poi, leggendo la tua avventura non proprio gradevole, penso che avrei mentalmente mandato a quel paese Purnell...
RispondiEliminaBravissima tu, che sei comunque riuscita a porre rimedio ad un errore così.
Una disamina come questa potevi farla solo tu, cara Ale: io avrei seguito coscienziosamente la ricetta, avrei assaggiato, probabilmente avrei trovato buono il tutto, e l'avrei promossa senza pormi ulteriori domande, perché mi manca una cosa fondamentale: la conoscenza della ricetta originale.
RispondiEliminaTu quella conoscenza ce l'hai, mi hai tenuta col fiato sospeso per tutto il post, che Beautiful al confronto non è niente (posto che non ho mai visto nemmeno una puntata di Beautiful), e benché dispiaciuta, comprendo perfettamente e ovviamente approvo le ragioni della bocciatura con ignominia.
Dispiace che un grande come Purnell sia caduto così miseramente su questo piatto, sarebbe bastato chiamarlo spezzatino all'orientale.
Grazie per questo preziosissimo contributo!
E qui casca l'asino.
RispondiEliminaD'altronde Purnell avrà immaginato che non molti dei suoi lettori sapessero nulla della ricetta originale.
Grazie Alessandra, a nome di tutte le cucine del mondo maltrattate in ricette approssimative.
Per ovvie ragioni soltanto tu avresti potuto giudicare questo piatto e la sua preparazione. Io non ho neanche mai assaggiato il Redang, anzi pur amando tantissimo la cucina orientale e frequentando spesso ristoranti tematici all'estero, finisco con l'amare i piatti ma dimenticarne i nomi quindi prima difficoltà. Il piatto bisogna conoscerlo, poi avere la materia prima adatta e per ultimo saperlo fare. L'abilità in cucina non sostituisce le premesse e anche se il nostro Purnell ha dimostrato di essere un grandissimo chef, diciamo che ha i suoi punti deboli. Che tu hai stanato come una volpe.
RispondiEliminaPerò quello che mi chiedo...come diamine hai fatto ad affettarti le dita mentre preparavi lo spezzatino?
Sei una grande come sempre ( per di più dotata di un beeper impressionante, tuo marito).
Eh Purnell, Purnell mi sei scivolato con il Redang, non te l'immaginavi ehhhh che noi abbiamo un asso nella manica... che non è l'Ale ma suo maritooooooooooo... 😄😄😄
RispondiEliminaRispondo qui a tutte, perche' piu' o meno stiamo dicendo tutti la stessa cosa.
RispondiEliminaIl Rendang non e' un piatto conosciuto, in Italia e in Europa: i ristoranti indonesiani sono pochi, quelli malesi credo ancora meno e comunque e' una faccenda impegnativa, sia da fare che da mangiare. Non e' come un gulash o un nostro stufato, che richiedono porzioni comunque "umane". Del Rendang bastano davvero due cucchiai, accompagnati da riso bianco, per attenuare il gusto speziato che lo contraddistingue.
Da quando viviamo qui, saremo andati a cena al ristorante 10 volte, a dir tanto. Ma almeno 3 volte alla settimana ceniamo fuori- e mio marito pranza fuori tutti i giorni: ma andiamo nei food court, tanto disprezzati dagli expat, che sono invece il luogo dove mangi la vera cucina locale. Preciso che c'e' una legislazione severissima, qui, per cui questi Hawker Market (Hokka Market, come li chiamano qui) sono considerati un patrimonio culturale di Singapore, vengono controllati in maniera capillare, ricevono ogni anno una classificazione che devono esporre chiaramente (A B C- e di C non ne abbiamo mai visti, e qui mio marito aggiunge sempre "purtroppo") e inoltre, essendo le vere cucine di Singapore (nessuno cucina a casa, qui) sono sempre garanzia di smercio e di prodotti freschi. L'unica volta che mio marito e' stato male, in due anni e passa, e' stato dopo una cena nell'unico ristorante di lusso in un'isola indonesiana: perche' li non ci va nessuno e quindi ti rifilano chissa' cosa. Mentre nei food market, si mangia 24 ore su 24 :). A cosa ci e' servito, tutto questo training? a Farci il palato, come si dice. All'inizio ero sgomenta, perche' non riconoscevo niente, a parte alcuni ravioli :) poi, poco alla volta, mi sono abituata e ora riesco a distinguere sapori, cucine, spezie etc. Nel frattempo, sono impegnata da un annetto in una associazione no profit che ha come scopo quelo di scambiarsi i "saperi culinari": per cui, si va l'una nelle case delle altre e si vedono realizzare i piatti, secondo le ricette di famiglia. Quindi, questo benedetto Rendang non solo l'ho mangiato parecchie volte (anche in Malesia e in Indonesia), ma l'ho proprio visto fare da zero, da un'amica che ci ha spiegato per filo e per segno tutti gli ingredienti e il loro significato. E ridurlo a uno stufato, onestamente, e' quanto di piu' sbagliato ci possa essere. E' un po' come fare lo stufato alla sangiovannese dimenticandosi una parte delle spezie... praticamente fai uno stufato di carne. Magari ottimo, ma non e' quello il piatto.
E' per questo che ho bocciato. Sono arrivata in fondo- e quello che ho visto non era un Rendang (il Rendang e' rosso e deve esserlo, perche' la pasta del peperonicino si riferisce a una casta di questa popolazione inonesiana). Meno che mai quando l'ho assaggiato.
Dietro questo piatto c'e' una storia, una simbologia, un significato. Non e' nato per caso, e' nato per essere una rappresentazione sociale e tutti gli ingredienti base concorrono a costruire questo significat. Dimenticarsene uno o sostituirne un altro non e' una libera interpretazione di uno chef stellato. E' una mancanza di rispetto per un piatto iconico di una tribu' strappata alla sua terra, che ha condensato in un piatto la propria cultura e l'ha "offerta" agli ospiti, con l'atteggiamento mite e cortese che contraddistingue i miei nuovi vicini di casa, nei secoli.
E non sara' certo uno chef, per quanto bravissimo e amatissimo anche dalla sottoscritta, che potra' permettersi di scardinare questa impalcatura.
Questo e' il motivo della bocciatura, insomma.
Se non si fosse capito :)
Alessandra, ti lovvo.
RispondiEliminaSpiegare il retroterra culturale di un piatto non è da tutti: ho imparato più da questa bocciatura, che da tutte le peraltro splendide ricette riuscite.
Grazie.
Sul tema non ne so mezza ma sono piegata in due dal racconto. Adoro le tue storie e le tue ricette. Per fortuna che non é capitato a me.... Avrei dato di matto! Come x il pane altro dramma tra i fornelli... Ma cosa ci combina questa volta Purnell??
RispondiEliminaLetto ora (sul cel é faticosissimo) il tuo commento e ora é tutto più chiaro. Davvero interessante al rigaurdo non sapevo nulla. Alessandra grazie x averci raccontato meglio l essenza di questo piatto e quello che rappresenta.... Ora mi hai incuriosito e mi piacerebbe saperne di più. Buona notte.
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