Immergersi nella cucina indiana,
quella vera e non quella adattata al gusto occidentale alla quale tutti noi
siamo abituati per averla gustata nel ristorante sotto casa, è come fare un
salto nel vuoto. Perché non è sufficiente aggiungere al pollo un po’ di
curcuma, zenzero e cumino e un pizzico di peperoncino per ritrovarsi di fronte
a un curry di pollo. Bisogna invece fare i conti con spezie sconosciute, ma
anche con ingredienti mai visti né mai sentiti prima e di cui è impossibile
immaginare il sapore perché mai assaggiati. Ma anche con tecniche di cottura
sconosciute.
Come era prevedibile, alla
notizia che il libro che lo Starbook avrebbe esaminato nel mese di giugno
conteneva ben 1000 ricette della cucina indiana e che avrei dovuto prepararne
una anch’io, mi sono fatta prendere dall’entusiasmo e ho svaligiato l’unico
negozio di alimentari asiatici presente nella mia città, piccolo ma in cui si
può trovare di tutto, ortaggi stranissimi, radici di fiori di loto, spezie di
ogni genere, semi, legumi, decine di varietà di riso diverse, che noi la
facciamo facile a definire un riso semplicemente come basmati.
India in cucina, a cura di Pushpesh Pant, prodotto indiano, 1000
ricette, peso netto 1,5 kg. Si presenta in un sacchetto di tela come fosse un
pacco di riso. Geniale già dalla confezione, dall’idea di presentarlo a peso e
dai colori della copertina. Basta aprirlo per rimanerne affascinati al primo
istante. È strutturato in maniera tale da rendere il più possibile di facile
comprensione ad un occidentale questa cucina così misteriosa, troppo spesso
confusa con quella che ci hanno fatto conoscere i britannici a seguito della
colonizzazione inglese in India. L’intento dell’autore è così immediatamente
percepibile ed è quello di rendere fruibile la vera cucina indiana a chi non la
conosce e così il libro si apre con un’introduzione in cui si descrivono le
varie regioni in cui si divide questo immenso paese dal punto di vista
storico-culinario. L’introduzione infine si chiude con una pagina dedicata alle
note sulle ricette in cui si spiega che in India si fa un uso piuttosto
abbondante di burro chiarificato e di spezie (ciascuna ricetta riporta tra l’altro
degli asterischi che ne indicano il grado di piccantezza) ma, una volta
sperimentata la versione tradizionale di ciascun piatto, i quantitativi di
grassi e di spezie possono essere ridotti per essere adattati al palato
dell’utilizzatore. I capitoli successivi sono divisi anche per colore, ciascuno
di essi è scritto su pagine di colori diversi e questo rende molto più semplice
la consultazione, considerando anche che il libro si compone di più di
ottocento pagine. Si apre quindi con il capitolo dedicato alle spezie, non
poteva essere altrimenti visto il ruolo fondamentale che rivestono per la
cucina indiana. Quindi ci sono i chutney,
gli spuntini, i piatti principali (a base di carne, di pesce o di verdure), il
pane, il riso e i dolci. Ciascuna ricetta inoltre riporta il nome originale
indiano e la sua traduzione in italiano, la zona di origine, il tempo
necessario per la preparazione e quello per la cottura.
Ad una prima lettura, quello che colpisce è che, a parte alcuni ingredienti ed abbinamenti particolari, la differenza tra i vari piatti spesso si gioca esclusivamente sul diverso utilizzo delle spezie, che a seconda degli accostamenti e delle quantità possono rendere un piatto completamente diverso da un altro. E poi tutto può essere una spezia. Persino un legume. L’ho scoperto con meraviglia nel preparare uno dei quattro piatti che volevo proporre. Sì, perché inizialmente ero rimasta colpita da una ricetta a base di riso ma poi ho pensato che, non essendo il riso un piatto vero e proprio, avrei potuto presentarlo insieme a delle verdure e già che c’ero anche a un chutney. Salvo poi rendermi conto che si trattava di ben tre ricette, ciascuna delle quali estremamente complessa e quindi ritornare all’idea iniziale di proporre solo il riso. Ma tornando al discorso delle spezie, nel preparare il chutney mi sono imbattuta nei legumi, i chana dal (una specie di piselli gialli spezzati che avevo già utilizzato per altre preparazioni) e gli urad dal (dei piccoli fagioli neri). Nella descrizione degli ingredienti si indicava di utilizzare un cucchiaio di ciascuno di questi legumi “sciacquati e scolati” per poi saltarli con dell’olio in una padella e successivamente tritarli insieme ad altri ingredienti per ottenerne una pasta. Ecco, questo è un esempio lampante di come ci si possa trovare in difficoltà nel capire una cucina così diversa dalla nostra, una cucina che ci fa utilizzare ingredienti simili a quelli ai quali siamo abituati ma in un modo per noi inimmaginabile. Ho fatto molta fatica infatti a capire che i legumi non dovevano essere cotti ma che dovevano essere, da crudi, semplicemente saltati in padella per poi essere tritati e diventare così, di fatto, una specie di spezia. Pensavo inizialmente che si fossero dimenticati di specificare che dovevano essere lessati o qualcosa di simile. Ma così non era. Leggendo varie ricette, ogni volta in cui mi imbattevo in qualcosa che a prima vista sembrava scorretto alla fine scoprivo che a me sembrava sbagliato semplicemente perché la mia visione di cucina è limitata, estremamente limitata. Tutto ciò che è scritto nel libro invece alla fine torna sempre. Spesso si dice di utilizzare del coriandolo e si specifica sempre se secco, fresco, le foglie o i semi, interi oppure tritati. Il libro è di una precisione incredibile. Il problema è semmai che essendo così diverso tutto da quello a cui siamo abituati in certi passaggi sembra impreciso; insomma, per farci capire una cucina così diversa dalla nostra le pagine sarebbero dovute essere 5000 perché accanto ad ogni ingrediente (e non sommariamente in un capitolo finale, peraltro molto utile) l’autore avrebbe dovuto aprire una parentesi per spiegarcelo (cosa ovviamente infattibile), così come ad esempio che i chana dal e gli urad dal in quella ricetta che stavo affrontando smettevano di essere dei legumi per diventare una polvere dal sapore di nocciola tostata, tra l’altro incredibilmente buona. E per lo stesso motivo può quindi succedere anche che ci siano delle ricette che non riescano al primo colpo, come è successo a me con il paneer, una specie di formaggio fresco ottenuto dalla coagulazione del latte per mezzo dell’acido citrico, quindi senza l’utilizzo del caglio animale e perciò adatto anche ai vegetariani.
PANEER
da India
in cucina – a cura di Pushpesh Pant
Ingredienti
2 litri di latte
2 cucchiai di succo di limone
Scaldare il latte in una pentola
a fuoco medio. Quando bolle incorporare il succo di limone. Appena il latte
caglia il siero comincia a separarsi. Scolare il latte cagliato con una garza
pulita e ridurlo a un solido. Sollevare e legare i lembi della garza senza
strizzarla e formare un fagottino. Sospendere il fagotto sopra un contenitore e
lasciar filtrare tutto il liquido. Trasferire il composto solido, sempre nella
garza, nel lavello sotto a un peso per 2-3 ore fino a produrre un blocco di
formaggio che può essere tagliato nella forma desiderata (io l’ho chiuso nella
garza e l’ho lasciato in uno scolapasta su cui ho messo un piattino e sopra un
mortaio di marmo).
NOTE:
Ho dovuto fare il paneer
due volte perché la prima volta non è cagliato bene, il siero non si è separato
perfettamente dalla parte solida. Ho cercato di capire dove avessi sbagliato e
cercando un po’ in rete ho visto che molti aggiungono al latte della panna e ho
pensato che probabilmente il latte non deve essere troppo magro (è una mera
supposizione perché non ne so assolutamente nulla della materia); io ho
comunque utilizzato del latte intero ma probabilmente quello al quale siamo
abituati ormai noi ha una percentuale di grasso abbastanza bassa. Inoltre ho
pensato che i due cucchiai di limone indicati non
corrispondessero a due cucchiai
del mio cucchiaio da tavola ma alla misura anglosassone del tablespoon che è pari circa al doppio.
Infatti, utilizzando il doppio della quantità di limone al secondo tentativo il
paneer è riuscito. Ma non so se sia
dipeso da quello, dal latte (che era diverso) o dal fatto che abbia rimescolato
un po’ di più. Fatto sta che dopo due ore il formaggio si era perfettamente
compattato, al punto che tagliandolo a cubetti con il coltello per la
preparazione successiva non si sfaldava minimamente.
La ricetta è semplicissima,
avrebbe potuto essere spiegata forse in maniera più particolareggiata in
considerazione del fatto che è una preparazione alla quale non siamo abituati, magari
specificando di rimescolare delicatamente appena il latte comincia a cagliare e
avvisando che il siero separandosi deve assumere un colore verdastro (onde
evitare inutili preoccupazioni :)), ma sarebbe forse come chiedere a noi
italiani di specificare che quando si mettono gli spaghetti a cuocere
nell’acqua non devono essere spezzati; insomma, ci sono passaggi nelle ricette
tipiche della tradizione di un popolo che sono talmente impliciti che
probabilmente non viene in mente di specificarli.
Il paneer può essere utilizzato in molteplici modi, sia crudo ma
soprattutto cotto, saltato in padella o fritto, in India solitamente viene
servito con verdure o insalate, ma anche semplicemente condito con un filo
d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale è davvero ottimo.
Nonostante la difficoltà iniziale, la ricetta è comunque
PROMOSSA
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RISO INDIANO AL FORMAGGIO
PANEER KE CHEVAL
da India in cucina – a cura di Pushpesh
Pant
Ingredienti
4 cucchiai di olio + q.b. per friggere
1 tazza di paneer a dadi di 1 cm
2 foglie di alloro
4 chiodi di garofano
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cipolla affettata
1 cucchiaio di curcuma macinata
2 peperoncini verdi senza semi e affettati
400 g di riso basmati sciacquato e scolato
80 g di piselli
2 cucchiai di succo di limone
sale
Per guarnire
2 cucchiai di burro chiarificato
1 cipolla affettata
12 anacardi
Per guarnire scaldare a fuoco
medio il burro chiarificato in una padella, aggiungere la cipolla e soffriggere
per 5-7 minuti o fino a quando è ben dorata. Togliere la cipolla e tenere da
parte, poi mettere gli anacardi nella pentola e saltare per circa 2 minuti o
fino a quando scuriscono. Togliere dalla pentola e tenere da parte.
Scaldare a 180° C, o fino a che
un dado di pane scurisce in 30 secondi, abbastanza olio per friggere in una
pentola profonda a fondo pesante. Immergere con cura i dadini di paneer
nell’olio caldo e friggere per circa un minuto o fino a quando sono dorati.
Trasferire con una schiumarola sulla carta da cucina.
Scaldare a fuoco medio l’olio in
una pentola grande a fondo pesante, aggiungere le foglie d’alloro, i chiodi di
garofano e il cumino, poi unire la cipolla e saltare per circa 5 minuti.
Aggiungere la curcuma, i peperoncini, il riso, 700 ml di acqua, i piselli e il
succo di limone, poi salare e mescolare bene. Portare a ebollizione, poi
ridurre la fiamma fino a che sobbolle, coprire e cuocere per 10 minuti.
Aggiungere i dadini di paneer fritto e mescolare con una forchetta, poi levare
dal fuoco e lasciare riposare per altri 10 minuti o fino a quando il riso è
pronto. Per servire trasferire su un piatto di portata e guarnire con le
cipolle fritte e gli anacardi.
NOTE:
I passaggi della ricetta sono
perfettamente spiegati nei minimi particolari, così come la descrizione degli
ingredienti, come lo dimostra il fatto che nell’indicazione del riso da
utilizzare si sia specificato che doveva essere sciacquato e scolato, passaggio
che generalmente viene omesso pur essendo fondamentale in quanto il riso
basmati se non sciacquato durante la cottura si spezza e alla fine ci si
ritrova con un pappone.
Una cosa che ho trovato
interessante è il fatto che per la cottura siano indicati non solo i minuti ma
anche come debba risultare l’ingrediente alla fine; infatti, i tempi, soprattutto
per le cotture molto brevi, sono spesso indicativi in quanto dipendono dal
grado di calore del fuoco e anche dal tegame utilizzato. Quindi, dire che le
cipolle affettate devono cuocere per 5 o 7 minuti o comunque fino a quando sono
ben dorate o che gli anacardi devono essere tostati per 2 minuti o fino a
quando scuriscono, significa da una parte dare un’indicazione sui tempi che è
fondamentale ma dall’altra evitare che il risultato finale non sia quello
giusto, come dire che si può cuocere anche due minuti in più o in meno,
l’importante è che il risultato sia di un certo tipo.
Tutto è spiegato nei minimi dettagli, i passaggi che
riguardano la cottura del riso sono completi, alla fine ci si ritrova con un
riso basmati cotto alla perfezione, perfettamente sgranato e con i chicchi
belli interi.
Questo piatto è di una bontà
eccezionale, profumatissimo, speziato ma non troppo e colorato grazie alla
curcuma, saporito ma delicato al tempo stesso. I dadini di paneer fritti si
sposano alla perfezione con il resto degli ingredienti ed essendo molto
compatti non assorbono troppo l’olio di cottura rimanendo leggeri. Le cipolle e
gli anacardi per la guarnizione completano il piatto donando sapore e
croccantezza all’insieme. Insomma, un piatto da fare e rifare.
CONCLUSIONI:
Secondo me, se ci si affida
completamente a questo libro, cercando di togliere quei paraocchi che le nostre
abitudini ci impongono, si entra in un mondo incredibile. Se invece ci si
affida solo alla nostra esperienza nell’affrontare queste ricette il fallimento
è dietro l’angolo. Perché inizialmente si resta spiazzati e l’istinto è quello
di adattare quello che leggiamo a quello che conosciamo, ma sarebbe un errore.
Per riuscire queste ricette hanno solo bisogno che ci si affidi completamente a
loro seguendo alla lettera quello che è scritto. Insomma, secondo me questo è
un grande libro di cucina, sicuramente in grado di riuscire nell’intento di
farci conoscere finalmente la vera cucina indiana.
E quindi, anche questa ricetta è assolutamente:
PROMOSSA
Mari, solo una cosa: ti sto facendo la ola :D
RispondiEliminaMa grazie Stefania :)))
Eliminastanding ovation per Mari!
RispondiEliminaValeria :)))
EliminaQuesta ricettina mi piace moltissimoooooooooo e l'idea di fare il paneer mi stuzzica, ma riguardo al latte sarebbe meglio usare quello fresco oppure a lunga conservazione?
RispondiEliminaMi piace quell'aggiunta di limone nel riso e mi domando se si percepisce il suo gusto nel risultato finale, adoro l'indian lemon rice e questa ricetta me lo ricorda un po'.
Fantastiche le tue conclusioni, "togliere i paraocchi che le nostre abitudini ci impongono" potrebbe essere un vademecum anche per ogni aspetto della vita... Namastè (giusto per rimanere in tema con l'India)
Ciao! Bisogna usare il latte fresco, in effetti nella ricetta non è specificato che tipo di latte usare, anche a questo mi riferivo quando ho detto che forse sarebbe stato meglio specificare maggiormente certi punti. Io ho dato per scontato che non essendo specificato fosse un latte intero fresco e poi, documentandomi maggiormente (dopo il primo insucesso) ho visto che è proprio così.
EliminaPer quanto riguarda il limone nel riso, la quantità prevista è tale che si sposa perfettamente con gli altri ingredienti senza che se ne percepisca il sapore in maniera distinta.
Grazie e namastè :)
Mari, che mito che sei!
RispondiEliminaIo se fallivo col paneer buttavo tutto dalla finestre e cominciavo a ululare :D
Mi piace moltissimissimo questo formaggio semplice fatto in casa, poi fritto...chettelodicoaffà! :)))
Il riso lo preparo da portarmi via per pranzo la settimana prossima...poco ma sicuro!
Adoro i tuoi post, sono sempre ricchi di dettagli e accorgimenti!!!
Beh, dopo il primo fallimento ero abbastanza arrabbiata e il lancio dalla finestra era possibile :)
EliminaIl formaggio è buono ma soprattutto è perfetto, per il suo sapore neutro che sa di latte, per essere utilizzato in vari modi, fritto ovviamente è ottimo :)
Se proverai il riso non te ne pentirai sicuramente.
complimenti davvero, questa ricetta è fantastica e quel riso me lo papperei in due minuti! :P
RispondiEliminaCiao Ale, grazie, so bene che anche tu hai i miei stessi gusti in fatto di cucina etnica :)
Eliminaammazza!!! come si dice a Roma! :))
RispondiEliminaorpo!!! come si dice a Trieste :)))
Eliminagran bel post! rispettoso, dettagliato e mai noioso. complimenti.
RispondiEliminairene
Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto Irene, ti ringrazio.
Eliminacomplimenti carissima mari!!! competente, attenta, professionale e bravissima! solo a guardare la foto del paneer me ne mangerei una ciotola (anche senza riso!!) il riso profuma anche dalla foto quindi mi immagino assaggiarlo "live" :-)
RispondiEliminaGrazie Roby!!! Il paneer ormai è entrato a far parte del mio ricettario, ho almeno già dieci varianti in testa :) Per quanto riguarda il riso è assolutamente pazzesco per quanto è buono :)
EliminaMa sei una grande, Mari!!!
RispondiEliminaUn post dettagliatissimo (quel "che noi la facciamo facile a definire un riso semplicemente come basmati" merita una ola a parte!) che mi spiega in parte il mio errore nell'affrontare il libro (l'altra parte è che ho avuto la sfortuna di beccare una ricetta poco dettagliata :-) ).
Interessantissimo il paneer, e anche quel piatto di riso, così profumato e colorato, mi attira parecchio.
Brava davvero per il post, la disamina del libro e la riuscita delle ricette!
Cara Mapi, in un libro così zeppo di ricette, molte delle quali anche parecchio impegnative, è normale imbattersi in alcune di esse che riescono peggio di altre, secondo me la tua, da come l'hai descritta era una di quelle. Questo riso in fin dei conti era di abbastanza semplice esecuzione, fatto sta che il libro mi piace tantissimo, se non altro per la curiosità che mi ha suscitato e la voglia che mi ha lasciato di provare tantissime ricette e rimetterlo alla prova. Grazie mille e un bacione!
EliminaCarissima Mari, io mi unisco alla ola di Stefania... :)
RispondiEliminaQuesto è un post veramente da incorniciare: grazie!!!
Ma grazie a te carissima Ale :)))
Eliminaio rubo alla patti una delle sue espressioni preferite- quando le casca la mascella. Ecco. Mascella, mandibola e tutto il resto. Post da urlo, assolutamente da urlo.
RispondiEliminaAhahah... la Patty usa sempre delle espressioni molto efficaci :))) Grazie Ale, grazie mille...
EliminaBravissima Mari! per tutto, ma specialmente per il paneer. E' perfetto, liscio e compatto e infatti e' fritto splendidamente.
RispondiElimina--Ann
Ciao Ann, sono rimasta io stessa sorpresissima ed entusiasta del risultato, sarà stato il mortaio pesantissimo con cui l'ho tenuto pressato che lo ha compattato così bene :)
EliminaGrazie mille, sono contenta che ti sia piaciuto.
Condivido con entusiasmo la ola collettiva del gruppo, Mari!!!!! Grande!
RispondiEliminaGrazie Daniela!
EliminaBrava! Per l'esecuzione delle ricette, per l'analisi precisa che ne hai fatto e per la descrizione dei conntenuti del libro!
RispondiEliminaTi ringrazio Francy :)
Eliminasplendido!!!!! finalmente ho capito in cosa consiste questo famigerato Paneer, grazie!
RispondiEliminaProva a farlo, vedrai che buono :)
EliminaOrmai l'ha detto la Ale. Sono impietrita. Ma perché penso a quando dovrò affrontare la mia, pescata a caso dal libro in quanto non ho la minima conoscenza della cucina Indiana e purtroppo anche un po' di prevenzione a causa della mia reticenza al piccante. Ma il tuo lavoro, dalla preparazione del formaggio all'analisi della ricetta mi lascia in uno stato estatico pari a quello di un santone in meditazione. Meglio di Siddartah. Sei grande Mari, è una gioia averti nel gruppo. Bacione, Pat
RispondiEliminaMa va là Patty, voglio proprio vedere la tua splendida, come sempre ricetta :) Comunque per il piaccante non ci sono problemi, ci sono ricette anche non piccanti e poi l'autore nell'introduzione lo dice chiaramente, il grado di piaccantezza di ciascuna ricetta può essere adattato ai gusti personali di ciascuno, così come i grassi che sono piuttosto abbondanti.
EliminaLa gioia è mia di far parte del gruppo :) Grazie mille e un bacione a te!
mari un commento impeccabile, e soprattutto l'approccio giusto. che probabilmente non è quello che ho seguito io e infatti sono rimasta un po' perplessa dalla mia ricetta.
RispondiEliminama la tua è perfetta, insomma, chapeaux!
p.s. il paneer aveva incuriosito molto anche me. credo che proverò a farlo... e ovviamente farò tesoro delle tue indicazioni!
Secondo me Gaia, questo per noi è un libro un po' difficile, troppo lontano dalla nostra cultura e dalla nostra esperienza culinaria. Però me ne sono innamorata e tutte le ricette che ho provato fino ad ora mi hanno entusiasmato. Ma soprattutto mi ha incuriosito, cosa rara oggi come oggi per un libro di cucina. Grazie mille e un abbraccio!
EliminaBellissimo post foto e super ricetta brava come sempre carissima la tentazione è grande ma .....per mangiarla ovviamente pronta...ahahahaha sai come sono no....Un abbraccio e saluti tutte le starbooks.
RispondiEliminaCiao Edvgeeee!!! :) è molto più veloce e semplice di quanto possa sembrare, fidati ;) Un bacione, come va in Austria?
EliminaE ovviament grazie e un abbraccio anche a te :)
EliminaBravissima Mari, un'analisi veramente al capello!
RispondiEliminaDa quel poco che ho capito della cagliata con acido citrico (che ho utilizzato già qualche volta) sicuramente fa molto la percentuale grassa del latte, per cui sarebbe perfetto un latte pastorizzato a basse temperature (che mantiene meglio le proprietà), ma anche la temperatura del latte all'inserimento del caglio (sugli 80°C) e la quantità di succo di limone (sicuramente la differenza cucchiaio/tablespoon ha fatto la sua). Insomma, mi sa che era un po' tutto.. ;)
Però ci hai riprovato e hai utilizzato il tuo paneer per fare una ricetta meravigliosa :)
Ma grazie!!! Mi hai dato la conferma di quello che supponevo. Quindi è importante la percentuale del grasso e pure la temperatura! La prima volta ho aggiunto il limone quando il latte era molto caldo... oltre al fatto cge forse era troppo poco :)
EliminaGrazie mille, un bacione!
Mari, leggo solo ora il tuo post e resto sbalordita! La tua disamina, del libro in sé e delle ricette che hai provato, è davvero perfetta. E pure emozionante, direi! Quoto in tutto e per tutto le tue riflessioni sulle modalità di approccio a culture "altre" e ti ringrazio davvero per queste meravigliose preparazioni che rispecchiano moltissimo i miei gusti! =)
RispondiEliminaMa grazie Mariangela! Mi fa molto piacere che tu lo abbia trovato interessante :)
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