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martedì 31 ottobre 2017

SWEET: TIRIAMO LE SOMME?


Ci sono tanti modi per restare soddisfatti, a conclusione del ciclo di prove sul campo a cui ogni mese sottoponiamo i libri selezionati. C'è la sorpresa, riservata di solito ai nuovi autori. C'è la conferma, per quelli vecchi. E c'è anche  una pacata indulgenza, equamente suddivisa fra entrambi, per cui ad uno si perdona l'inesperienza, all'altro la stanchezza, con la pratica consumata di chi recensisce libri da anni e ormai si districa con serena disinvoltura nel vasto mondo dell'editoria del cibo. 
Poi arriva Ottolenghi- e cambia tutto. Distacco professionale, occhio clinico, parametri collaudati, tutto viene travolto dalla forza prorompente di una cucina capace di reinventarsi ogni volta e di sondare strade nuove, lasciando ad altri strade appena battute ma già consumate dal genio di questo eterno ragazzone, mai domo, mai sazio e mai troppo amato, quanto meno qui sopra. 

Eppure qualcosa ci dice che qualcuno resterà deluso, da Sweet: quelli che si aspettavano una continuazione di Nopi o di Plenty, per esempio. Quelli che auspicavano un ulteriore passo avanti sulla strada già battuta, quella di una cucina di casa che sa stupire come la carta del migliore degli stellati. Su tutti, quelli che in questi ultimi tempi hanno trasformato la propria cucina nel laboratorio del piccolo chimico, di chi non esita ad attribuire al proprio sviluppatissimo ingegno tecniche e trucchi secolari, di chi non è contento se per impastare acqua e farina non ha usato almeno 200 strumenti diversi, calcolo degli algoritmi di Fb inclusi. E di chi, infine,  si riempie la bocca del nome di  Ottolenghi ogni volta che annega in un mix letale di spezie sfortunati ingredienti, il cui crudele destino li ha fatti finire nella pentola sbagliata. 
Sweet, infatti, è il de profundis di tutto questo. 
E se da un lato firma la sentenza di morte di tutte le masturbazioni mentali di questi anni, dall'altro torna a sdoganare la parte più vitale, più viva, più vera dell'arte di preparare dolci. Il privilegio del superfluo, cioè (perché il dolce, a ben guardare, questo è) cessa di essere una faccenda da iniziati e ritorna, prorompente e consolante, nelle cucine di tutti, accanto ad ingredienti comuni e assieme ad una guida che ci chiede solo fiducia. Le lunghe spiegazioni dei trucchi che si trovano nelle ricette, infatti, non sono mai l'appendice di un trattato di merceologia, ma le parole calde e persuasive di chi vuol metterti a parte di un suo segreto, perché anche tu possa condividere la gioia di un dolce ben riuscito. 
Questo perché l'immensa grandezza di Ottolenghi non va ricercata tanto nella sua preparazione, nei suoi studi, nel suo percorso di ricerca in cucina, quanto piuttosto in quella nota peculiare, esclusiva e personalissima, che è tutta nella squisita sensibilità di quest'uomo. Nella sua capacità di ascolto, nella sua visione ecumenica che tutto abbraccia e tutto permea, nel suo saper valorizzare le sfumature, cogliendo punti di contatto che a noi sfuggono ma che sotto le sue mani plasmano sapori ed emozioni nuove. Non c'è ricetta in cui ciascun ingrediente non sia stato collocato al posto giusto dalle mani sapienti di questo direttore d'orchestra che sa ascoltare, comprendere, fare sempre un passo indietro per lasciare il podio ai suoi musicisti, ma senza il quale nulla sarebbe quello che è. Senza il quale Sweet, al pari di Plenty, Jerusalem, Plenty More e tutte le sue altre fatiche, sarebbero solo manuali di cucina. E non veri e insostituibili libri dell'anima. 
Al prossimo mese, con il nuovo Starbook!


lunedì 30 ottobre 2017

STARBOOKS REDONE DI OTTOBRE 2017: IL VINCITORE!


Anche il Redone di ottobre è giunto al termine e vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno partecipato con entusiasmo.

Come annunciato nel nuovo regolamento, dal mese scorso il vincitore sarà uno solo, questo per permettere un giudizio più completo sul libro che ci aiuterà ad esaminare cosa che non sempre è risultata facile in passato con una sola ricetta a disposizione.
Quindi rullo di tamburi ed il vincitore è....

Il Pollo Tikka Masala di Veronica


Invitiamo Veronica a mandarci il suo indirizzo alla mail lostarbook@gmail.com, per ricevere il gadget Starbooks che si è aggiudicata, e... 
aspettiamo tutti voi per il nuovo, entusiasmante Redone di novembre!

venerdì 27 ottobre 2017

CHAI BRULEE TARTS



Post interminabile, perchè Ottolenghi parla più di me :)
Per cui mi tocca gioco forza essere breve e sintetizzare velocemente le premesse
1. Per me Sweet è il libro delle grandi furbate: dopo la Crème Caramel, tocca a queste tartellette brulée l'onore di essere oggetto di un trucco che da un lato permette  di poterle preparare anche all'ultimo minuto, dall'altro ci evita il rischio del fondo crudo. E tutto grazie all'uovo di Colombo, che non è un ingrediente ma il metodo di assemblaggio, tutto "a cotto".
2. La ricetta riesce ed è perfetta. L'unica raccomandazione, a mani giunte e in ginocchio, è di non prendere sottogamba i pur chiari avvertimenti dell'autore quando dice di caramellare la superficie delle tartellette con un cannello, evitando il grill perchè altrimenti si bruciano i bordi. Io alla fine sono ricorsa alla Voce Amica delle Starbookers e ho trovato una terza via che è quella che suggerisco nelle note, in fondo, agli sprovvisti dell'attrezzatura che, mai come in questo caso, è fondamentale per la buona riuscita della ricetta (si, ne ho bruciate un bel po')
3. il guscio che racchiude la crema è presentato come una Flaky Pastry   mentre in realtà è una Pie Pastry. La differenza sostanziale, a farla molto breve,  è che la prima è sfogliata e la seconda no, il che lascia intendere un errore di editing, visto che il procedimento è decisamente diverso.
Tutto il resto, nella ricetta (in corsivo fra parentesi)




Per la crema al chai

560 ml di panna
un pezzo di zenzero fresco di circa 6 cm (circa 45 g), sbucciato e grattugiato
7 bacche di cardamomo schiacciate in modo che possano uscire i semi
3 grandi pezzi di cannella, rotti in due
1 bustina di English breakfast tea
3 foglie di alloro
1/2 cucchiaino di pepe nero in grani
1 noce moscata intera
60 g di zucchero semolato più 80 per la caramellatura della superficie delle tartellette
165 g di  tuorli (da circa 8 uova)

Per la Flaky Pastry

200 g di farina
120 g di burro freddo di frigorifero, tagliato a tocchetti di circa 1 cm
più altro burro sciolto per ungere gli stampi
2 cucchiai di zucchero
1/2 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di aceto bianco
3 cucchiaini di acqua fredda

per la crema . In una pentola dal fondo spesso versate la panna con tutte le spezie ed il tè (con la bustina)  Unite anche 60 g di zucchero. Scaldate a calore moderato e, appena la panna spicca il bollore, spegnete immediatamente il fuoco. Lasciate raffreddare a temperatura ambiete e poi passate in frigorifero per tutta la notte.
il giorno dopo, accendete il forno a 180°C.
Scaldate leggermente la panna, poi filtratela e scartate le spezie e la bustina di tè. In una terrina, montate leggermente i tuorli, con una frusta a mano e versatevi poi a filo la panna, come per fare una crema inglese. Mescolate per evitare che con il calore il tuorlo si rapprenda e, successivamente, per amalgamare bene il tutto. Versate la crema in un recipiente quadrato che possa andare in forno (vetro o anche ceramica), di 20 cm per  lato. Mettetelo dentro una teglia più grande, dai bordi alti e sistematelo nel forno: dopodichè, versatevi dell'acqua calda (usate un bollitore)  fino ad arrivare a circa metà dell'altezza del contenitore della crema.  Fate cuocere per una ventina di minuti, fino a quando la crema si sarà ben rassodata ai bordi. Non preoccupatevi se sarà ancora un po' tremolante al centro, perchè raffreddandosi acquisterà la giusta consistenza. Sollevate il contenitore della crema dal bagnomaria e fatelo raffreddare a temperatura ambiente. Dopodichè, copritelo (la pellicola trasparente va benissimo) e  passatelo in frigorifero per almeno un'ora. Non preoccupatevi se sulla superficie si formerà la pellicina



per la pasta. in una terrina o nell'impastatrice versate la farina, il burro lo zucchero e il sale ed iniziate ad impastare (con la funzione ad intermittenza, se usate un robot da cucina) Quanto l'impasto avrà la forma di tante briciole, aggiungete l'aceto e l'acqua. Impastate ancora rapidamente (sempre con la funzione ad intermittenza) ed ultimate la lavorazione a mano, dando all'impasto la forma di una palla. Stendetela con il mattarello in un disco, coprite con pellicola trasparente e mettete in frigo, da un'ora a tre giorni.

per l'involucro esterno. Spennellate leggermente con il burro fuso 12 stampi da tartellette, larghi 9 cm ed alti 3. Fate riposare la pasta a temperatura ambiente, prima di lavorarla, per mezz'ora (meno, se è stata in frigo per meno di poche ore). Infarinate leggermente il piano di lavoro e tirate la pasta ad uno spessore di 3 mm. Con uno stampo rotondo, ritagliate 12 dischi di 13 cm di larghezza, reimpastando   i ritagli. Adagiatene ciascuno su ogni stampo, poi fateli aderire ai bordi, con una leggera pressione delle dita lungo attorno al fondo. Se dovesse risultare della pasta in eccesso, tagliatela via. Mettete in frigo per 30 minuti

per la cottura in bianco. Accendete il forno a 200. Rivestite il fondo di ogni stampo con un quadrato di carta da forno con del riso o dei fagioli secchi e fate cuocere per 18 minuti. Dopodichè, eliminate tutto e proseguite la cottura per altri 9-10 minuti. Se la frolla dovesse ritirare un po' in cottura o dovesse assumere una forma irregolare non preoccupatevi, perchè il ripieno prima e la caramellizzazione poi copriranno ogni imperfezione. Sfornate, lasciate raffreddare e poi sformate

per la finitura: riprendete la crema pasticcera e, con un cucchiaino, riempite i gusci di frolla. anche qui, non preoccupatevi se risulteranno irregolari. Cospargeteli con il restante zucchero e caramellate con il cannello in modo da creare una crosta croccante e dall'intenso colore del caramello. Servite subito.

prima prova sotto il grill. Bordi bruciati. Ma la crema resta morbida ma compatta 

NOTE DI OTTOLENGHI (sintesi)
- le misure degli stampi non sono vincolanti. Potete usarne anche altri, ovviamente ottenendo un diverso numero di tartellette. Io ho usato uno stampo da 24 mini muffins per esempio (ho un misero avanzo, nel freezer). L'essenziale è non caramellarle sotto il grill perchè altrimenti si bruciano. Se nn avete il cannello, usate il metodo del cucchiaio, suggeritomi da Patty: accendete il fornello e mettetevi sopra un cucchiaio, meglio se con il manico in materiale isolante (altrimenti, utilizzate due presine o uno strofinaccio avvolto ripetutamente sull'impugnatura). Lasciatelo sul fuoco finchè non arroventa; vedrete proprio che cambia colore. Dopodichè, premetelo delicatamente sulla superficie delle tartellette spolverate di fresco con lo zucchero che si caramellizzerà all'istante. Se procedete con rapidità, potete caramellare 4 tartellette grandi oppure 6 piccole alla volta.

- la frolla si conserva fino a 3 giorni in frigorifero, ben sigillata in pellicola trasparente e fino a 2 mesi in congelatore. La crema va invece preparata il giorno prima, perchè c'è bisogno di tempo per l'infusione.

- una volta che avete farcito le tartellette, è meglio consumarle il giorno stesso (specialmente se sono caramellate, aggiungo io)

NOTE FINALI

Il Chai (propriamente Masala Chai) è il celebre tè indiano, con latte, zucchero e spezie. Queste ultime sono selezionate in modo diverso da casa a casa e sono soggette a mille varianti, non ultime la disponibilità della dispensa e i gusti personali. La ricetta che segue Ottolenghi è filologicamente corretta, anche se a titolo personale avrei sostituito l'alloro con i semi di finocchio. Il tè è un Assam e non si transige, se il chai viene bevuto. Se invece lo si usa come ingrediente in un piatto più complesso, si è meno rigidi, purchè sia un tè nero. L'English breakfast è una miscela di questi tipi, con una prevalenza di Assam, per cui va benissimo. 

Il metodo a freddo permette di organizzarsi bene e anche di aver pronto il dolce dell'ultimo minuto. i gusci si conservano fino a due settimane in un contenitore ermetico e la crema si può congelare. L'assemblaggio è questione di pochi minuti. 

Il gusto finale è sorprendente, grazie ad un buon bilanciamento degli zuccheri e al sapore avvolgente del masala chai. Considerato anche che si fa prima a prepararla che a scriverne il procedimento, questa ricetta è 

DEFINITIVAMENTE PROMOSSA


giovedì 26 ottobre 2017

WHITE CHOCOLATE CHEESECAKE WITH CRANBERRY COMPOTE


Nel libro “Sweet” di Yotam Ottoleghi e Helen Goh, i dolci, in apparenza, sembrano tutti molto semplici, le classiche torte da credenza, alcune più elaborate, ma mai troppo cariche.
Sfogliandolo la prima volta, ho pensato più a torte da colazione, invece la semplicità sta solo nell’elaborazione ma il gusto, vi assicuro, soddisfa tutti i sensi. Ogni ingrediente è ben dosato per non sovrastare gli altri, ma nell’insieme creano un mix esplosivo, parola di golosa certificata.
Questa cheesecake è quanto di più godurioso si possa concepire, basta assaggiarne una fetta e sentirsi in Paradiso, niente è lasciato al caso e, anche se può sembrare troppo dolce, in realtà la presenza della composta bilancia in modo superbo. Basta con i superlativi perché potrei finirli tutti dentro a questo post e veniamo alla ricetta:

White Chocolate Cheesecake with Cranberry Compote
Da: Y. Ottolenghi, H. Goh - Sweet - Ebury Press


Base
  • 70 g di mandorle con la pelle
  • 180 g di biscotti digestive
  • 100 g di burro fuso più un extra per imburrare la teglia

Ripieno
  • 600 g di cioccolato bianco, 500 g spezzettato grossolanamente e 100 g tritato in pezzi da 1 cm oppure acquistato in scaglie o gocce
  • 500 g di formaggio spalmabile
  • 4 uova leggermente sbattute
  • 300 g di panna acida
  • La scorza di un’arancia (bio)
  • I semi di mezza bacca di vaniglia


Composta di mirtilli rossi

  • 150 g di lamponi freschi (o congelati)
  • 180 g di mirtilli rossi freschi (o congelati)
  • 110 g di zucchero
  • 65 ml di succo d’arancia


Scaldare il forno a 180°. Imburrare leggermente la base e i lati di una teglia tonda a cerniera da 23 cm e rivestirla di carta da forno.
Distribuire le mandorle in una teglia e tostarle per 10 minuti, poi lasciarle raffreddare. Metterle in un mixer e tritarle grossolanamente (meglio che siano in pezzi da 0,5 cm piuttosto che polverizzarle) poi sistemarle in una ciotola.
Ridurre la temperatura del forno a 170°C. Mettere i biscotti in un mixer e tritarli fino a raggiungere la consistenza del pangrattato. Aggiungerli alla ciotola con le mandorle e unire il burro fuso. Mescolare bene con le mani o un cucchiaio e sistemare il tutto nella teglia, schiacciando bene con il dorso di un cucchiaio. La base deve essere omogenea e alla medesima altezza. Riporre in frigorifero.

Nel frattempo mettere il cioccolato bianco a sciogliere a bagnomaria, mescolando di tanto in tanto, stando attenti che la ciotola non entri in contatto con l’acqua. Quando il cioccolato è sciolto, metterlo da parte e lasciarlo raffreddare leggermente.
Mettere il formaggio in un frullatore con gancio a foglia e azionare una velocità sostenuta, poi abbassare e unire le uova gradualmente, la panna acida, la scorza d’arancia e i semi di vaniglia. Unire il cioccolato fuso tiepido (se troppo caldo può sciogliere i pezzetti di cioccolato) e mescolare a velocità media. Per ultimo unire i pezzetti di cioccolato bianco e mescolare poi, versare sulla base refrigerata.

Cuocere per circa un’ora o fino a che il centro della cheesecake oscilli delicatamente scuotendo la teglia. Spegnere il forno ma, lasciare la torta dentro ancora per un’ora con la porta aperta da un mestolo di legno. Toglierla dal forno e lasciarla raffreddare completamente, rivestirla con la pellicola e metterla in frigo per almeno 4 ore, meglio tutta la notte o finchè la cheesecake sarà ben fredda e compatta.

Per la composta mettere i lamponi nella ciotola del mixer e ridurli in poltiglia, non usare un frullatore per evitare di rompere i semi e perchè la purea potrebbe acquistare un sapore leggermente amaro. Passare tutto al colino fine per rimuovere i semi. Alla fine dovrebbero rimanere 75 ml di succo.
Mettere in una pentola i mirtilli rossi, lo zucchero e il succo d’arancia, scaldare a fuoco medio fino a che lo zucchero si scioglie. Aumentare il fuoco e farlo bollire delicatamente per 8-10 minuti, fino a che i mirtilli rossi si cuociano e il succo diventi denso. Togliere dal fuoco e versare il succo di lampone. Mettere in una ciotola, rivestire con la pellicola e lasciare raffreddare.
La composta diventerà densa e con una consistenza gelatinosa.

Quando si è pronti a servire, togliere la torta dallo stampo a cerniera e rimuovere la carta da forno. Mettere la cheesecake nel piatto da portata e con un cucchiaio distribuire la composta sopra. Usare un coltello tiepido (immergere la lama in acqua bollente e asciugare prima dell’uso) per tagliare le fette da servire.


NOTE

Come già accennato la cheesecake è davvero, davvero, davvero molto buona, tutto quel cioccolato bianco non spaventi perché la composta riequilibra ogni cosa. Niente vieta, in ogni caso, di mangiarne una fetta senza composta.

La base è arricchita da mandorle in pezzi, il ripieno ha pezzetti di cioccolato bianco da mordere, la composta è gelatinosa. Immaginate ora, ogni singolo strato e subito dopo l’insieme, sotto i vostri denti. Sfido chiunque a respingerne una fetta. IMPOSSIBILE. La prova provata è il numero di fette mangiate da mio marito che non ama questo tipo di dolci.

La ricetta non è complicata ma ha diverse preparazioni, le cui istruzioni vanno seguite alla lettera. Le spiegazioni sono talmente accurate, al limite del fastidioso, che è impossibile sbagliare.
Lo stampo consigliato è da 23 cm, io ne ho usato uno da 20 perché non ho trovato la misura più grande, il risultato è stato avere una cheesecake più alta con relativa cottura aumentata di qualche minuto. Il risultato non cambia, al massimo avrete il vantaggio di prendere una sola fetta al prezzo di due: senza fare la figura delle supergolose, avrete la stessa quantità in una sola fetta!

Unico dubbio è stata la cottura, perché per verificarla bisogna muovere la teglia e vedere che il centro sia leggermente traballante, insomma non riuscivo a decidermi, così ho aspettato qualche minuto in più e la superficie si è dorata più di quello che avrei pensato. Niente di grave, ma considerate che poi la torta rimane in forno un’ora dopo lo spegnimento, perciò continua a cuocere.

La torta si conserva 3-4 giorni in frigorifero, nel tempo diventa anche più buona perché gli ingredienti si amalgamano. La composta dura fino a 5 giorni in frigorifero e si può congelare. La cheesecake si può preparare il giorno prima e conservare in frigo per il giorno successivo.
E’ possibile servire con frutta fresca come lamponi, fragole e more.

La ricetta è:
PROMOSSA CON LODE
Annarita Rossi - Il bosco di alici

mercoledì 25 ottobre 2017

PECAN AND PROSECCO TRUFFLES





Non sono una persona che farebbe follie per i dolci, con qualche piccola eccezione... Non sto scrivendo che non mi piacciano, anzi, ma se dovessi scegliere, senza altre possibilità (cioè mangiare entrambe!), tra una bella porzione di parmigiana di melanzane e una fetta di torta, mi tufferei sulla parmigiana :).

Sia nelle preparazioni dolci che in quelle salate, mi diverto molto nel preparare (e mangiare) cibi da gustare in un sol boccone. Il fatto che tutti gli elementi della ricetta possano provocare un'esplosione di gusto in un unico boccone, è una sensazione che amo. I tartufi che ho visto sul libro di Ottolenghi mi hanno dato subito questa sensazione, un'esplosione di gusti. Vediamo se le premesse sono state mantenute...


Ottolenghi spiega che, i Pecan and Prosecco truffles, sono stati preparati per il menu natalizio dei suoi ristoranti, e per questo motivo la forma data è a tronchetto natalizio, ma si possono preparare anche nella forma più classica a pallina. A voi la scelta. Io, con l'intenzione di preparare questi tartufi come regalino di Natale, in alternativa ai biscotti, ho voluto provare l'originale forma ideata da Ottolenghi. Lo strato sottile di cioccolato che riveste i tartufi, rende un po' più complicata la preparazione, ma il risultato finale ripaga ampiamente il lavoro aggiuntivo, rispetto ai tartufi più comuni.


Pecan and Prosecco Truffles
da Sweet di Yotam Ottolenghi e Helen Goh

Ingredienti per circa 35 pezzi

45 g di noci pecan già sgusciate e divise a metà
55 g di ciccolato al latte, tritato finemente con un robot da cucina
170 g di cioccolato fondente al 70%, tritato finemente con un robot da cucina, più altri 80 g, fuso, per la copertura
50 ml di doppia panna *(o panna comune)
30 g di burro non salato
50 ml di Prosecco
1 cucchiaino e mezzo di brandy
30 g di cacao amaro in polvere tipo olandese, per lo spolvero
* panna che contiene almeno il 42-45% di grassi

1. Preriscaldare il forno a 180°C/160° C se ventilato/ Gas Mark 4.
2. Distribuire le noci su una teglia e tostarle per 10 minuti. Sfornare e lasciar raffreddare per  5 minuti, poi taglaire in pezzi molto piccoli - circa 2 mm- e mettere da parte.
3. Mettere il cioccolato in una ciotola resistente al calore e tenere da parte. Mettere panna e burro in una piccola casseruola, scaldare su fuoco medio-alto. Non appena viene raggiunto il bollore, versare panna e burro sopra al cioccolato e lasciar agire per un minuto. Mescolare dolcemente per far sciogleire il cioccolato. Se dovesse rimanere del cioccolato non completamente fuso, mettere la ciotola in un bagnomaria fino a completo scioglimento. Unire Prosecco, brandy e noci pecan. Mescolare gentilmente per far amalgamare gli ingredienti, fino ad ottenere una ganache liscia. Lasciar raffreddare il composto finché non avrà raggiunto la temperatura ambiente, rassondandosi. Questa fase richiede parecchio tempo, ma non pensate di accelerarla mettendo tutto in frigorifero, il composto risulterebbe grumoso ed irregolare. E' quindi fondamentale che il mix raffreddi lentamente per ottenere una texture liscia ed uniforme. Di tanto in tanto, mescolare dolcemente il composto in modo che risulti abbastanza malleabile per l'utilizzo con la sac a poche.
4. Inserite una bocchetta (douille) da un cm nella sac a poche e versarvi il composto. Su una teglia da forno rivestita con carta forno, formare dei tronchetti lunghi 30 cm, poi trasferire in frigorifero e lasciar riposare per 30 minuti circa. Aiutandovi con un coltello con la lama calda ma asciutta, che vi aiuterà ad ottenere un taglio pulito, tagliare i tronchetti in 5 parti, ognuna lunga 6 cm circa.
5. Prendete una ciotola in cui avrete messo il cioccolato fuso, e mettete a fianco una ciotola poco profonda mettete con il cacao in polvere. Immergere nel cioccolato fuso, un tronchetto alla volta, rotolarlo tra i palmi delle vostre mani per eliminare gli eccessi, assicurandovi che lo strato di cioccolato sia sottile ed uniforme. Lasciar cadere i tartufi nela cacao in polvere e rotolarli gentilmente in modo da ricoprirli leggermente. In questa fase bisogna lavorare velocemente perché il cioccolato si rassoda in poco tempo. Se avete qualcuno che può aiutarvi, fatelo! Una persona si occuperà della fase con il cioccolato, e l'altra di quella con il cacao. In questo modo non dovrete neanche lavarvi le mani tra le due fasi. Dopo circa 30 minuti scuotete leggermente i tartufi per eliminare l'eccesso di cacao e servite.
I tartufi si conservano fino a 10 giorni in un contenitore ermetico in frigorifero.

Note personali

- questi tartufi sono una goduria!!! I viaggi verso il frigorifero saranno numerosi... Vi consiglio di lasciarli riposare in frigorifero almeno una notte, saranno ancora più buoni del primo assaggio e più armoniosi.

- la ricetta è ben spiegata in tutti i suoi passaggi, e non lascia spazio a dubbi! Come anticipato dall'autore nell'introduzione, la copertura di cioccolato fondente rende un po' più complicata l'esecuzione, ma il risultato è delizioso e ne vale decisamente la pena.

- quando devo tostare la frutta secca lo faccio in forno, come indicato nella ricetta, ma solo se poi devo utilizzare il forno per altre cotture. Altrimenti la tosto in un padellino antiaderente, su fuoco medio, controllandola a vista. Con le noci di questa ricetta ho fatto proprio così. Accendere il forno per 45 g di noci mi sembra uno spreco ;). Nelle cucine di ristoranti e pasticcerie, con dosi decisamente più grandi, non credo abbiano questo problema...

- il cioccolato lo sciolgo sempre nel microonde. Lo taglio a pezzetti, lo giro ogni tanto e lo controllo a vista. Bisogna prestare attenzione perché il rischio è di scaldarlo troppo, ma con un po' d'esperienza si prendono le misure e non si sbaglia più, ed è un metodo decisamente più pratico e veloce del bagnomaria.

La ricetta è ampiamente:

PROMOSSA


martedì 24 ottobre 2017

LEMON AND SEMOLINA SYRUP CAKE


E’ stata telepatia, forse sesto senso, oppure solo una coincidenza, non lo so, ma, appena il postino mi ha recapitato il pacco che aspettavo, le Redoners mi hanno comunicato che il libro da testare era proprio quello che avevo tra le mani: Sweet di Yotam Ottolenghi e Helen Goh. E’ l’ultima fatica di Ottoleghi, il titolo lascia poco spazio al dubbio, si tratta di ricette dolci distinte per tipologia, dai biscotti, alle tarts ai dolciumi, ma non dolci da ristorante stellato, piuttosto quelli del ricordo, semplici e carichi di storie da raccontare, come è nello stile di Ottolenghi che già abbiamo visto con Plenty e Jerusalem, il suo capolavoro, secondo me.
Uno stile tutto suo, condito di aneddoti, profumi e spezie e golosità di ogni genere. Non solo in questa avventura ma, come già successo per Jerusalem, scrive a quattro mani, aiutato da Helen Goh pasticcera malese vissuta in Australia che da tempo è sua collaboratrice.

Neanche il tempo di sfogliarlo che già avrei dovuto scegliere due dolci da fare: è un duro lavoro… Ho fatto scegliere al pargolo, con l’intenzione di farlo finalmente contento e di avere un aiuto a mangiare i dolci che, altrimenti, devo fare fuori da sola (altro duro lavoro). Ha 2/3 passioni in fatto di dolcezze, una di queste è il limone. L’ho visto farsene fuori uno intero così come gli altri mangiano un’arancia, a morsi o sbucciandolo, ne vuole perfino la spremuta, salvo poi pareggiare il conto con lo zucchero. Per un goloso di limone queste mini tortine sono ideali, fresche e umide, vanno via come ciliegie.

Lemon and Semolina Syrup Cake
Da: Y. Ottolenghi, H. Goh - Sweet - Ebury Press


  • 120 g di burro più un extra per imburrare gli stampi
  • 135 g di zucchero
  • 1 ½ limoni non trattati (un limone intero grattugiato per ottenere un cucchiaino di scorza e spremuto per avere 20 ml di succo; ½ limone tagliato in 8 fette molto sottili)
  • 100 g di mandorle macinate
  • 2 uova grandi leggermente sbattute
  • 70 g di semolino fine
  • ½ cucchiaino di lievito per dolci
  • ½ cucchiaino di sale

Per lo sciroppo

  • 60 ml di succo di limone
  • 50 g di zucchero


Preriscaldare il forno a 180°C. Imburrare 8 stampi nella teglia da muffin e rivestire ogni stampo con quadrati di carta da forno che sporgano di almeno 2 cm dal bordo.

Sistemare il burro, lo zucchero e la scorza di limone in uno sbattitore elettrico con gancio a foglia. Sbattere ad alta velocità per 3 minuti fino a che diventi leggero e soffice, poi unire le mandorle macinate. Mescolare per 1 minuto prima di aggiungere le uova sbattute in modo graduale. Abbassare la velocità e aggiungere il semolino, il lievito e il sale. Mescolare per 30 secondi fino a completo assorbimento, poi aggiungere il succo di limone. Dividere il composto negli stampi e mettere una fetta di limone sopra ciascuno di essi.

Cuocere per 25-30 minuti, fino a che le tortine diventano dorate sulla sommità, le fette di limone cominceranno a caramellarsi e lo stecchino posto al centro non uscirà pulito.

Fare lo sciroppo mentre le tortine stanno cuocendo. Mettere il succo di limone e lo zucchero in una pentola e lasciarlo arrivare al bollore a fuoco medio. Girare fino a far sciogliere lo zucchero e lasciare a fuoco basso per 2/3 minuti. Rimuovere dal fuoco e appena le tortine escono dal forno, spennellare la sommità o versare con un cucchiaio lo sciroppo a volontà. Lasciarle raffreddare lasciandole negli stampi; mantenere nella carta da forno fino al momento di servire.

NOTE:

La ricetta è semplice e ben spiegata. Tutto fila liscio dall’impasto alla cottura. Il sapore è buono, la consistenza è umida e morbida, il sentore di limone ti accompagna dal primo morso, ma non è persistente.
Lo stesso Ottolenghi le definisce they look lovely as they are, sono mini cake molto carine, lucide, perfette accompagnate da un tè.

Unico neo sono le fette di limone poste sulla sommità delle tortine: in cottura il limone tende a diventare amaro, così come la buccia. Con un po’ di zucchero sarebbero state più gradevoli, in questo modo, a mio avviso, risultano troppo forti. Nel testo Ottolenghi dice in modo esplicito di tagliare mezzo limone in otto fette molto sottili, forse le mie non erano abbastanza fini e il gusto amaro del limone cotto è diventato insistente, al limite del commestibile.

La presenza delle fette di limone è comunque necessaria perché permette alle tortine di rimanere umide, creando una sorta di tappo, nonché un sapore ricco. Ben vengano fettine sottili quindi, ma non posso fare a meno di chiedermi perché non le abbia caramellate prima o coperte di zucchero. Se avessi letto solo la ricetta sarei rimasta molto delusa, ma la risposta è nel testo introduttivo nel quale si spiega che le fette danno un’esplosione di acidità in più che qualcuno adora e altri meno, non tutti tollerano allo stesso modo gli agrumi, perciò si amano o si odiano. Ottolenghi li ama io no, ma la soluzione è facile, basta rimuovere la fetta e godersi le tortine.

Per questi motivi, la ricetta è:
PROMOSSA
Annarita Rossi - Il bosco di alici

lunedì 23 ottobre 2017

PEANUT SANDIES



Ci sono stati tempi in casa arabafelice in cui l'augusto consorte diceva di preferire il salato.
Ci sono stati tempi in cui i biscotti erano guardati  con sospetto dallo stesso soggetto.
Con poco, se non nullo, interesse.
Ci sono stati tempi in cui il suddetto addirittura decretò "non mangio biscotti".
Poi si vede che i tempi sono cambiati.
O i suoi gusti.
O i biscotti che hanno cominciato a girare per casa sono migliorati drasticamente?
Non sapremo mai la risposta.
Sappiamo solo che questi, come altri, non sono stati mangiati.
Sono stati divorati.
Ne è stato assaggiato l'impasto crudo decretandolo come uno dei migliori al mondo.
Beh, burro, zucchero a velo e frutta secca : se amate il genere è il paradiso.
Il profumo che emanano le arachidi a tostare prima ed i biscotti che cuociono dopo assolutamente irresistibile.
Insomma oltre alla preghiera di rifarli al più presto, solo un'altra richiesta.
Che ne tirassi fuori almeno il doppio.
Fate voi ;)



PEANUT SANDIES
per circa 18 pezzi

90g di arachidi non tostate e non salate, senza pelle, oppure arachidi tostate
150 g di farina
125 g di burro a temperatura ambiente
50 g di zucchero a velo
un cucchiaino di estratto di vaniglia
un quarto di cucchiaino di sale
un quarto di cucchiaino di lievito per dolci
2 cucchiai di zucchero Demerara


Tostare le arachidi in forno preriscaldato a 190 gradi per circa 8-10 minuti (ma solo 3 o 4 se si usano arachidi tostate) finchè risulteranno ben dorate.
Farle raffreddare completamente quindi metterle nel robot da cucina insieme a 50 g di farina (presi dal totale) e far andare le lame con la funzione ad intermittenza finchè il tutto sarà ridotto ad una polvere fine.
Sbattere con le fruste o nell'impastatrice con il gancio a K il burro con lo zucchero a velo per circa due minuti, finchè chiaro e spumoso.
Unire l'estratto di vaniglia raccogliendo bene il composto con una spatola dalle pareti della ciotola, quindi unire la restante farina, il lievito ed il sale girando il gancio a bassa velocità.
Unire quindi le arachidi polverizzate e battere ancora solo un attimo, solo per amalgamare.
Versare il composto sul piano da lavoro e lavorarlo leggermente in modo da compattarlo, quindi formare una palla, avvolgerla in pellicola trasparente non troppo stretta e  mettere in frigo per almeno un'ora.
Stendere quindi l'impasto tra due fogli di carta forno finchè sarà spesso circa mezzo cm abbondante. Tagliare dei cerchi da circa 7 cm di diametro e adagiarli nella teglia preparata foderata con carta forno, a circa 1 centimetro l'uno dall'altro.
Reimpastare eventuali ritagli in modo da tagliare più biscotti possibile.
Spolverizzare i biscotti con lo zucchero demerara e cuocere in forno preriscaldato a 190 gradi per circa 15 minuti o finchè risulteranno dorati.
Far raffreddare nelle teglia prima di servirli.
Durano anche una settimana se conservati in un contenitore ermetico.


NOTE

- allora, che sono buonissimi lo avete capito. Attenzione alla frullatura delle arachidi con la farina: brevi scatti delle lame perchè non volete riscaldare il tutto facendo fuoriuscire l'olio dalla frutta secca, compromettendo la ricetta inesorabilmente.


- le preparazioni con il burro montato sembrano semplici ma nascondono qualche insidia: raffreddate l'impasto in frigo se temete che si stia scaldando troppo e non lavoratelo a lungo con le mani, solo l'indispensabile.

- l'autore invita a provarli, oltre che così come sono, anche con un velo di cioccolato fuso, un po' di Nutella o una cucchiaiata di gelato. Suggerisco di ascoltarlo.

- me ne sono venuti 17 invece che 18. Forse dovrei smettere di mangiare gli impasti crudi :)

- le arachidi non tostate dalle mie parti si trovano facilmente. Se usate quelle già tostate o magari salate attenzione al sale poi in ricetta.

- lo zucchero Demerara fa parte degli zuccheri "light brown" e prende il nome dalla zona di provenienza. E' leggermente più grossolano dello zucchero di canna classico e dona un effetto croccantino in superficie veramente irresistibile.

- l'impasto crudo di questi biscotti si può surgelare, già steso per comodità.

- i biscotti cotti si conservano anche una settimana in un contenitore ermetico. Ma è dura tenerli in giro così a lungo, credetemi...

- questa è una delle poche ricette del libro senza foto. Durante il mio incontro a New York con Yotam Ottolenghi di cui ho già parlato mi sono presentata con il cellulare spianato tipo fucile con la foto qui sopra in bella mostra. Look, gli ho detto. E lui: the Peanut Sandies, what a beautiful picture! Capirete la soddisfazione derivante dalla certezza, ora, che dovessero venire esattamente così :)


la ricetta è 
PROMOSSA 



venerdì 20 ottobre 2017

GINGER CREME CARAMEL




Se è vero che ogni immagine ha una sua storia, la foto scattata col cellulare, alla luce del neon della cappa della cucina, racconta la storia più golosa di tutte. Quello che vedete, infatti, è il terzo crème caramel allo zenzero sfornato in meno di 10 giorni dalla sottoscritta, con il solo scopo di prepararlo per lo Starbook. Il primo è stato servito come dolce di prova, con la preghiera di assaggiarne tutti solo un boccone e sfogare il resto degli appetiti sugli altri dolci- ed è finito in deliri da Grande Abuffata. Il secondo è stato scovato da mio marito nei meandri del frigorifero dove lo avevo nascosto e la colpa è ancora mia, perchè non avevo inciso col caramello che era destinato ad un set. Al terzo, mi son fatta furba.
Quindi, la foto non è nulla di che, purtroppo. Ma contiene già il verdetto finale..

Nell'introduzione alla ricetta, Ottolenghi scrive che, a parte lo zenzero, questa è una crème caramel tradizionale. In realtà, di tradizionale c'è la lista degli ingredienti. Il metodo, invece, è diverso, visto che si fa tutto a freddo, senza la preliminare bollitura del latte. Il livello di difficoltà si azzera, i tempi di preparazione si riducono e la consistenza finale è perfetta. Tant'è che, questa volta, limito le mie osservazioni alle parentesi, in corsivo nel testo. Pochissime e solo per rendere ancora più liscia l'esecuzione di un dolce che è entrato di diritto nell'elenco dei miei preferiti.

GINGER CREME CARAMEL 


Per 8-10 persone
tempo di preparazione: 15 minuti
tempo di infusione: da 6 a 24 ore
cottura: 1 h e 30 minuti

Ingredienti

780 ml di latte intero
120 ml di panna
un pezzo da 7 cm (circa 60 g) di zenzero fresco, pelato e tagliato a pezzetti non troppo piccoli (dovete poi grattugiarlo o spremerlo in uno spremi aglio, regolatevi da qui. Se lo grattugiate, va bene anche lasciarlo intero)
1/2 baccello di vaniglia, tagliato a metà per la lunghezza, e i semini
400 g di zucchero semolato
6 uova grandi
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

L'osservazione preliminare è che, ad eccezione dello zenzero, questa è la ricetta base della crème caramel. In realtà non è proprio così, perchè il procedimento è diverso, è

1. Due giorni prima, mettete il latte, la panna,  lo zenzero, il baccello e i semi di vaniglia in una terrina di medie dimensioni o in una caraffa. Coprite con pellicola trasparente e lasciate in infusione, in frigorifero. L'ideale sarebbero 24 ore, il minimo sono 6 (in questo caso, consiglio di grattugiare o spremere lo zenzero)

2. quando siete pronti per preparare la crème caramel, accendete il forno a 170°C (modalità statica, nel mio caso). Mettete il piatto da flan o qualsiasi altro stampo intendiate utilizzare nel forno, fino a quando non vi servirà. Il calore del recipiente permetterà al caramello di allargarsi meglio sul fondo (Il testo non indica le misure dello stampo  indica uno stampo da 25 cm con i bordi ondulati o le classiche monoporzioni* io ne ho usato uno da flan, di 24 cm di diametro. Se usate quello classico, concavo e con il buco al centro, orientatevi verso quelli da litro e mezzo. l'essenziale è che abbia i bordi alti)

*ringrazio chi ha solertemente provveduto a correggere. Stavolta ho dovuto accontentarmi dell'ebook e ho riscontrato parecchie inesattezze, anche grazie al quotidiano confronto con le Starbookers)

3. Preparate il caramello. Versate 200 g di zucchero in una padella dal fondo piatto e scaldatelo a calore moderato. Cuocete per circa 5 minuti, resistendo all'impulso di mescolare, ma muovendo piano e ruotando la padella, invece, fino a quando lo zucchero si sarà sciolto ed avrà iniziato a scurire ai bordi, diventando di un intenso colore ambrato. Recuperate la teglia dal forno, maneggiandola con un canovaccio e versateci immediatamente il caramello. Ruotate lo stampo, in modo che il caramello ricopra uniformemente tutto il fondo e salga fino a metà dei bordi. Sistematelo in un recipiente più grande e dai bordi alti (che possa andare in forno) e lasciate assestare il caramello per 15 minuti. Non dovrà indurirsi, ma raggiungere la consistenza necessaria per poter reggere al peso della crema, senza mischiarsi ad essa.

4. Preparate la crema. Montate le uova intere con i restanti 200 g di zucchero e l'estratto di vaniglia fino a quando saranno morbidi (il testo non è esplicito, ma parla comunque di "frusta" e non di "frusta elettrica", il che va bene, visto che uno dei nemici di questa crema è l'aria, responsabile delle bollicine che si formano poi in cottura. Lavorando con una frusta a mano, riuscirete ad amalgamare bene lo zucchero alle uova, senza avere una massa montata). Filtrate il latte allo zenzero direttamente sul composto di uova e zucchero (anche freddo di frigorifeto, va benissimo), premendo lo zenzero contro le pareti del colino, in modo da estrarre quanto più succo possibile. Mescolate con una frusta il composto, in modo da renderlo omogeneo ma non troppo schiumoso. (ecco qui che lo dice, bello chiaro).

5. Versare la crema sul guscio di caramello leggermente rappreso nella teglia e metterla in forno, dentro allo stampo più grande. Una volta in forno, versare nello stampo più grande dell'acqua appena bollita, fino a metà dell'altezza dello stampo più piccolo (è più complicato a dirsi che a farsi. Praticamente, è un bagno maria in forno. Lo stampo in cui va messa l'acqua non deve essere troppo più grande di quello in cui è contenuto il flan. Io ne ho usato uno da 26 cm per esempio. Attenzione a non usare stampi a cerniera o con il fondo removibile. Riempiteli con acqua molto calda, in modo che questa arrivi alla metà dell'altezza dello stampo più piccolo). Fate cuocere indicativamente per 90 minuti. La crème caramel dovrà avere una parte ancora un po' tremolante al centro, ma alla prova dello stuzzicadenti questo dovrà uscire pulito (io non ho fatto nessuna prova. La consistenza del crème caramel si vede a occhio nudo e comunque basta sfiorare la superficie con un dito, con una pressione leggerissima, per capire se ci siamo o no. Di solito, quando inizia a colorirsi, è pronto. Considerate ance che si rassoda con il freddo)
Qui Ottolenghi si diffonde sulle variabili che possono influenzare i tempi di cottura, dalla misura dello stampo, al materiale, al forno. Afferma comunque che questi non devono oltrepassare le due ore.

6. Rimuovete gli stampi dal forno e, facendo attenzione, trasferite quello con il crème caramel su una griglia, per farlo raffreddare. Quando sarà completamente raffreddato (cioè a temepratura ambiente), sigillatelo con pellicola trasparente da cucina e mettetelo in frigo per tutta la notte (o fino a un massimo di tre giorni), per permettere al caramello di sciogliersi e alla crema di rassodarsi.

7. Dopo la permanenza in frigo, potrebbe succedere che il caramello si rapprenda ai bordi e renda difficoltoso sformare il dolce sul piatto da portata. In tal caso, passate con delicatezza la lama di un coltello lungo i bordi dello stampo per staccarlo. (A me non è successo, tre volte su tre. Il mio consiglio è di non sformare immediatamente dopo aver estratto lo stampo dal frigo, ma di lasciarlo una decina di minuti a temperatura ambiente). Prendete un piatto da portata dal diametro superiore a quello del crème caramel,meglio se con un bordo, per poter raccogliere il caramello. Disponetevi sopra lo stampo capovolto. Afferrate piatto e stampo con entrambe le mani, scuotete delicatamente fino a quando sentirete che la crema si stacca dallo stampo. Sollevate quest'ultimo delicatamente e servite il dolce tagliandolo a fette, con un lungo coltello affilato. Rimarrete sorpresi dalla facilità con cui formerete le fette e dalla perfezione di queste (confermo, mai successo in vita mia e vi assicuro che di crème caramel ne ho fatti).

Si conserva in frigo fino a tre giorni.

Ultime annotazioni

Se avessi dovuto scrivere io la ricetta, avrei detto 1. tenete in infusione lo zenzero tutta la notte. 2. preparate il caramello 3. mescolate bene le uova con lo zucchero 4. amalgamate senza montare il latte allo zenzero freddo di frigo, filtrandolo con un colino 5. fate cuocere in forno a bagnomaria a 170°C per 90 minuti circa. 6. Fate raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigo per una notte.
Questo è, in sintesi, il succo della ricetta. Il resto è tutto onore ad Ottolenghi che scrive libri come se fossero manuali di cucina, spiegando co dovizia di particolari ogni passaggio, favorendo l'esperienza alle leggi della chimica. Mai troppo lodato, intendo dire.

Lo zenzero è solo una delle infinite combinazioni possibili con cui questa crema può essere aromatizzata. E' il metodo, la novità.

La sorpresa, come vi dicevo, è nel confronto fra un metodo velocissimo e soprattutto facilissimo e il risultato finale. Una crema vellutata, liscia, morbidamente compatta che lascia senza parole tutti. E non solo perchè non si parla con la bocca piena.

E non so se si sia capito o meno, ma questa ricetta  è

PECCAMINOSAMENTE PROMOSSA



giovedì 19 ottobre 2017

GRAPPA FRUIT CAKE


"La combinazione di frutta secca, agrumi e vaniglia in questo dolce, ricorda il Panettone italiano. La somiglianza tuttavia finisce qui grazie all'aggiunta di yogurt greco e olio, che conferiscono l'umidità, la profondità di sapore e la consistenza di una torta."

Così esordisce la descrizione di questo dolce nel libro e confesso che lì per lì mi aveva lasciata perplessa: leggendo la lista degli ingredienti a tutto avevo pensato, tranne che al Panettone. In realtà ho scelto questo dolce perché attirata dagli ingredienti principali: uva passa, uvetta di Corinto,  scorze di agrumi candite e... la grappa. 😄

Lo stampo consigliato dagli Autori è quello da brioche del diametro di 18 cm, tuttavia anche i pirottini da muffin vanno bene ed è proprio su questi che ho voluto ripiegare, attirata in parte dalle porzioni già fatte, e in parte dall'essere esentata dal lavare lo stampo. 😅

La glassa mi è venuta liquida perché stupidamente non mi sono fidata di Yotam e ho aggiunto un goccio di grappa in più: quel tanto che è bastato per renderla troppo liquida... e sfortunatamente avevo finito lo zucchero a velo (sweet dummy all'opera, insomma).

GRAPPA FRUIT CAKE
Da: Yotam Ottolenghi, Helen Goh - Sweet - Ebury Press

Per 10 persone

Burro per ungere lo stampo
50 g di uvetta sultanina
50 g di uvetta di Corinto
30 ml di grappa di buona qualità (oppure Brandy, Grand Marnier o Cointreau)
70 g di uova (2 uova piccole) leggermente sbattute
125 g di zucchero semolato
1/2 bacca di vaniglia (semi)
60 g di yogurt greco
75 g di olio di semi di girasole
scorza grattugiata di un limone non trattato
35 g di scorza di agrumi candita di buona qualità, + altra per decorare
120 g di farina + altra per spolverare lo stampo
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
1/8 di cucchiaino di sale

Glassa

120 g di zucchero a velo
1 cucchiaio (15 ml) di succo di limone
1,5 cucchhiaini (7,5 ml) di grappa (o una delle alternative elencate sopra)


Imburrare e infarinare uno stampo da brioche di 18 cm di diametro (o uno stampo da torta quadrato di 20 cm per lato). Preriscaldare il forno a 195 °C in modalità statica/175 °C in modalità ventilata

Mettere in una ciotola le due uve passite insieme alla grappa, e farle rinvenire 10 minuti.
Mettere le uova, lo zucchero e i semi di vaniglia in un'ampia terrina e mescolarli con una frusta per amalgamare. Unire lo yogurt e l'olio e amalgamare ancora, prima di aggiungere la scorza di limone grattugiata, i canditi e le uvette, insieme alla grappa.

Setacciare insieme la farina, il lievito per dolci e il sale, e unirli al composto liquido. Amalgamare bene, quindi versare nello stampo preparato. Il dolce si alzerà di circa 3/4 se cotto in uno stampo unico, e di 2/3 se cotto in stampi più piccoli.

Metterlo in forno e cuocerlo per 55 minuti (16 minuti se si usano stampi più piccoli) o finché uno stecchino inserito al centro non uscirà pulito. Togliere dal forno e far raffreddare 30 minuti prima di glassarlo.

Per la glassa mettere in una ciotola lo zucchero a velo, il succo di limone e la grappa e mescolare, fino a ottenere un composto liscio.
Sformare il dolce, trasferirlo su una gratella e versarci sopra la glassa, lasciando che coli sui lati. Decorare con i canditi tenuti da parte e servire tiepido, oppure farlo raffreddare completamente e conservarlo in una scatola a chiusura ermetica.

Il dolce si conserva fino a 4 giorni in una scatola a chiusura ermetica; tenderà a diventare più compatto, ma secondo noi (=gli autori) non è un difetto, anzi. La glassa tenderà a raggrinzirsi, ma rimarrà ugualmente buona.

OSSERVAZIONI

Come dicevo nell'introduzione, ho preferito usare il formato muffin per questo dolce. Avendo dei pirottini piuttosto profondi, ho versato 4 cucchiaiate di composto in ognuno e ho ottenuto 6 dolcetti.

I tempi di cottura, sicuramente corretti per lo stampo grande, sono invece risultati scarsi per il formato più piccolo. Probabilmente questo è dipeso dal fatto che i miei muffin erano più grandi, fatto sta che 16 minuti si sono rivelati del tutto insufficienti, e i miei dolcetti sono rimasti in forno per 25 minuti, prima che lo stecchino uscisse ben pulito dal centro.

Il dolce è di una facilità estrema, ed è anche molto veloce. Se siete i tipi che preparano gli ingredienti a mano a mano che procedono con la ricetta, vi avviso che per questo dolce non è il caso: tenete tutto pronto (che tanto dovete tenere le uvette in ammollo nella grappa, e quindi il tempo deve pur passare) in modo da procedere speditamente.

E il sapore? La prova assaggio subito dopo averlo glassato (e cioè tiepido, come raccomandato dagli autori) è risultata molto deludente: l'olio era troppo percettibile, tanto da annullare ogni altro aroma; a me ha ricordato subito la Torta Monna Lisa del Manuale di Nonna Papera 😄.
Inoltre dopo averlo mangiato rimaneva al palato una sensazione di dolce veramente eccessiva (e infatti a guardare la lista ingredienti, la quantità di zucchero è superiore a quella di farina). Tre o quattro ore dopo era decisamente migliorato: l'aroma dell'olio si percepiva solo al primo boccone, ma si riuscivano a distinguere i sapori di canditi e uvetta. Il mattino dopo a colazione, era semplicemente perfetto.

Ho voluto rifare  il dolce una seconda volta (immolandomi alla causa dello Starbooks 😇), perché la prima avevo pesato l'olio direttamente nella ciotola degli ingredienti umidi, ponendola sulla bilancia. La seconda volta ho usato il mio fido misurino, per calcolare i ml esatti e... il risultato non è cambiato, a tutte le temperature di assaggio. La seconda infornata però ha visto una leggera diminuzione dello zucchero (100 g anziché 125), e per il mio palato questo è stato un miglioramento. In ogni caso, il dolce è migliore qualche ora dopo e non tiepido.  😥
La buona notizia è che questi dolci durano tranquillamente una settimana, se conservati in una scatola di latta a chiusura ermetica: ho fatto colazione con l'ultimo 7-8 giorni dopo e la mollica è rimasta fresca e umida.

La ricetta pertanto è

PROMOSSA

mercoledì 18 ottobre 2017

FLOURLESS CHOCOLATE TEACAKES

Cosa ci convince a scegliere una ricetta piuttosto che un'altra da un libro che è una miniera di meraviglie come lo è il libro di questo mese?
Ovviamente in primis il gusto personale e sappiamo benissimo che per un goloso, un libro di dolci è una tentazione irresistibile.
Poi si comincia a sfogliare e si entra nel panico.
Perché tante, troppe sono le fascinazioni che escono e ci arrivano attraverso le immagini o le descrizioni delle ricette.
Se sono inciampata su queste tortine, è a causa di una ganache lucida e brillante come uno specchio, che dal libro mi ha ipnotizzata senza via di scampo.
Da lì ho cominciato a leggere la ricetta: niente farina, mooooolta cioccolata, mandorle, ed una ganache...all'acqua?
Non c'è stata storia: la ganache all'acqua va provata assolutamente.
Ed ecco pronte delle spettacolari tortine per il te, naturalmente e golosamente gluten free.
Ingredienti per 6 teacakes (con stampi individuali) o 12 muffin medi (usando uno stampo per muffin). 
160 g di burro non salato, a cubetti + altri 20 g fuso per imburrare.
200 g id cioccolato fondente (al 70%) spezzettato grossolanamente
160 g di zucchero semolato
1 cucchiaino di caffé istantaneo in granuli (sciolti in un cucchiaino di acqua bollente)
25 ml di Amaretto
160 g di mandorle tritate
5 uova grandi, tuorli e albumi separati
1/4 di cucchiaino di sale

Per la ganache all'acqua
85 g di cioccolato fondente (al 70%) tritato grossolanamente in pezzetti di 2 cm
35 g di zucchero semolato
35 g di glucosio liquido
60 ml di acqua
i semi di mezza bacca di vaniglia
35 g di burro non salato a temperatura ambiente, tagliato in dadini da 2 cm
  1. Per fare i "teacakes": mettete il burro ed la cioccolata in una larga ciotola resistente al calore, su una casseruola con acqua che sobbolle, facendo ben attenzione che il fondo della ciotola non tocchi l'acqua. Mescolate l'insieme e quando tutto sarà sciolto, togliete la ciotola dal calore. Aggiungete la metà dello zucchero, il caffè, l'amaretto, le mandorle e le uova. Mescolate per amalgamare e tenete da parte. 
  2. Mettete gli albumi ed il sale nella ciotola di un mixer (o planetaria) con la frusta e montate ad alta velocità per c.ca 1 minuto fino a che non si formeranno dei picchi soffici. Lentamente aggiungete il rimanente zucchero e continuate a montare per c.ca 3/4 minuti, fino a che non avrete una massa leggera ed asciutta. 
  3. Versate una cucchiaiata di albumi montati nella cioccolata ed incorporate quindi aggiungete il resto incorporandolo con delicatezza. Lasciate da parte a riposare a temperatura ambiente, a riposare per 1 ora. 
  4. Preriscaldate il forno a 180°/160° ventilato. Imburrate con il burro fuso gli stampi per i dolci quindi fate scolare l'eccesso capovolgendoli su carta assorbente. 
  5. Una volta che l'impasto ha riposato riempite gli stampi fino a 3/4 usando un cucchiaio o un sac a poche. Sistemate gli stampini su una placca da forno e fate cuocere al centro del forno per 20/25 minuti, girando la placca a metà cottura, per 20/25 minuti. I dolci saranno cotti quando uno stecchino inserito al centro dei dolci, uscirà con qualche briciola attaccata (e non l'impasto umido). Rimuovete dal forno and lasciate riposare i dolci per 10 minuti prima di capovolgerli su una griglia. Lasciate da parte fino a quando non saranno completamente freddi quindi sformateli con delicatezza. 
  6.  Per fare la ganache: mettete la cioccolata in una ciotola media e tenete da parte. Mettete lo zucchero ed il glucosio in una piccola casseruola e scaldatela a temperatura medio bassa. Mescolate per amalgamare e quando lo zucchero è sciolto, aumentate la fiamma a media e portate a bollore mescolando con calma via via. Continuate a fare bollire per c.ca 7 minuti, fino a che il colore non diventa di un ambra pallido. Rimuovete dal calore e versatevi con cautela l'acqua. Non preoccupatevi se il composto si indurisce: riportate la casseruola sul fuoco , aggiungete i semi di vaniglia e mescolate continuamente riportando ad ebollizione. Rimuovete dalla fiamma ed attendete un minuto prima di versare il caramello all'acqua sul cioccolato. Attendete 5 minuti quindi mescolate con una frusta per amalgamare. Aggiungete il burro, un paio di cubetti alla volta, mescolando bene dopo ogni aggiunta. Continuate fino a che il burro non sarà esaurito, mescolando fino a che il composto non sarà morbido e lucido. 
  7. Spalmate la ganache all'acqua sulla cima di ogni dolce in modo che coli dolcemente lungo i lati delle tortine. Lasciate raffreddare in modo che la ganache si stabilizzi prima di servire. 
NOTE PERSONALI
  • La ricetta è spiegata alla perfezione: la procedura iniziale è la stessa che si usa per la preparazione dei famosi moelleux au chocolat solo che al posto della minima quantità di farina, qui c'è una più cospicua quantità di mandorle che rende la texure finale del dolce molto particolare, estremamente piacevole.
  • Non omettete assolutamente il caffé ed il liquore. Il primo si sentirà in lontananza, esaltando l'aroma del cioccolato; il secondo spingerà l'aroma delle mandorle e se a voi come me, piace il binomio amaretto/cioccolata, qui avrete soddisfazione. 
  • Il riposo come dice Yotam, è fondamentale. Le tortine risulteranno estremamente morbide, leggere, quasi cremose in bocca e le mandorle daranno il loro meglio. Le mie, pur non avendole conservate sotto una campana, si sono mantenute umide per 3 giorni. 
  • La parte più complessa di tutta la lavorazione è la ganache. Semplicemente perché il glucosio una volta che viene aggiunta l'acqua, si indurisce e bisogna lavorarlo poi molto mentre si rimette la casseruola sul fuoco. Ho pensato che la cosa migliore sia scaldare bene l'acqua prima di versarla nel caramello affinché questo crei il minor chock termico possibile, e soprattutto, non dovendo tenere troppo a lungo il caramello all'acqua sul fuoco, si evita che la quantità di acqua diminuisca evaporando, e si ottenga una ganache meno fluida di quanto invece dovrebbe. 
  • Io non ho aspettato per versare la mia ganache sui dolci perché ho notato che si era già abbastanza addensata. Ho aiutato la glassatura con una lama ed un cucchiaio ma il risultato è stato comunque buono perché si è posizionata dolcemente correndo lungo le pareti del dolce. 
  • E' straordinariamente lucida (merito del glucosio), l'aroma del caramello è accattivante e ruffiano. La consistenza molto vellutata e densa. 
  • Per giudicare questi dolcetti ho un solo aggettivo: pericolosissimi! 

PROMOSSI A PIENI VOTI! 

martedì 17 ottobre 2017

PECAN SNOWBALLS



Per l'ennesima volta sono stata attirata dalla foto. Quella del libro è stupenda e io, nel mio piccolo, ho cercato di replicarla.
Ottolenghi scrive che altre versioni di questi biscotti sono comuni in altri paesi del mondo: Mexican wedding cakes ( anche se sono biscotti ), kourabiedes ( in Grecia).
Io avevo già provato i mexican wedding cookies dal libro "Cookies" di Martha Stewart, grazie a Stefi che li ha postati sul suo blog....tentatrice..
Non sono riuscita a capire quali siano i migliori...pari merito la soluzione al dilemma ;)
Ringrazio mio marito che questa volta ha avuto il duplice ruolo di cavia e modello: le mani in foto sono sue.


Ingredienti per circa 21 biscotti :

90 gr di noci pecan sgusciate
120 gr di burro non salato, a cubetti, a temperatura ambiente
65 gr di zucchero a velo + altri 50 gr per la copertura
1/4 di bacca di vaniglia ( solo i semini raschiati )
1/4 di cucchiaino di estratto di vaniglia
1/2 cucchiaino di brandy ( facoltativo)
1/8 di cucchiaino di sale
165 gr di farina + altra per spolverizzare



1- Preriscaldare il forno a 180°.
2- Distribuire le noci pecan su una teglia e tostarle in forno per 8/10 minuti, finchè non avranno preso un po' di colore e non si sentirà il loro profumo ( FOTO1). Lasciare raffreddare, trasferire in un robot con le lame e tritare le noci molto fini, usando la funzione a intermittenza. Fermarsi prima che rilascino olio e si riducano in pasta. Mettere da parte.
3- Mettere burro e zucchero a velo nella ciotola della planetaria ( montata con frusta K ) e sbattere a velocità "medio alta" ( FOTO 2 E 3). Con una spatola raccogliere il composto dai bordi della ciotola ( più volte, se necessario ) e sbattere ancora, finchè non sarà tutto amalgamato e chiaro. Con la planetaria in funzione, aggiungere i semini della bacca di vaniglia, l'estratto, il brandy ( facoltativo), il sale e le noci finemente tritate. Unire per ultima la farina ( FOTO 4) e amalgamare a bassa velocità, quanto basta perché sia tutto omogeneo e senza alcun grumo di farina. Rovesciare l'impasto sul piano di lavoro pulito e lavorare per circa 30 secondi e formare una palla ( FOTO 5). Avvolgerla nella pellicola per alimenti ( senza PVC) in modo da lasciare un po' di spazio e schiacciare, appiattendola, e formare un disco ( FOTO 6). Mettere per mezz'ora in frigo e lasciare che si rassodi.

4- Aumentare la temperatura del forno a 190° e foderare una teglia bassa con carta forno.
5- Con il composto formare delle palline da 20 gr ciascuna ( FOTO 7). Metter le palline nella teglia preparata e cuocere nel forno caldo per 16/18 minuti ( FOTO 8). La base dei biscotti dovrà essere soda e color marrone dorato. Sfornare e lasciare nella teglia a riposare per 3 minuti ( FOTO 9 ).
6- Setacciare lo zucchero a velo extra in una ciotola e, uno alla volta, delicatamente, rotolare i biscotti caldi nello zucchero a velo ( FOTO 10 ). Mettere nuovamente i biscotti nella teglia calda e lasciare che lo zucchero formi un rivestimento sottile. Lasciare riposare 5 minuti e ripetere l'operazione di rotolamento nello zucchero a velo ( FOTO 11 ); potrebbero volerci uno o due cucchiai di zucchero a velo in più.



Note mie

- Nell'impasto ho usato il Brandy e ci sta d'incanto.

- I biscotti son riuscita a sistemarli tutti in una teglia sola....perchè erano 20 anziché 2. Ho la brutta abitudine di assaggiare alcuni impasti crudi ( non tutti XD solo quelli burrosi ). Anche Ottolenghi dice che è difficile resistere a questo impasto crudo.

- Nel mio forno ci è voluto un pochino di più a cuocerli e per la copertura di zucchero ho utilizzato i due cucchiai aggiuntivi.


Note dell'autore

- I biscotti, chiusi in un contenitore ermetico, durano fino a 7 giorni ( i miei son finiti prima ).

- I biscotti cotti possono esser congelati ( durata un mese circa ) e sono insolitamente buoni mangiati appena tirati fuori dal freezer ( io non ho provato).

- E' stato usato il brandy, ma il liquore può essere eliminato del tutto o sostituito con un altro che abbiamo aperto, per esempio: ouzo, Pernod, Rum.

- Confezionati in sacchettini, e chiusi con un nastro,  possono diventare gradito dono natalizio, grazie al loro aspetto innevato e invernale.


Questi biscotti son divini !!! Nessun intoppo e dosi perfette...un biscotto in meno....ma è colpa mia...me lo son mangiato crudo ;) La ricetta è sicuramente

PROMOSSA


lunedì 16 ottobre 2017

MIDDLE EASTERN MILLIONAIRE'S SHORTBREAD





Diciamolo, che per una golosa come la sottoscritta il libro in questione è in invito a nozze.
O meglio un tuffo in una piscina di quei sogni zuccherati che faccio ma poi mi concedo con moderazione.
La scelta mai fu più difficile: ce ne fosse, delle ricette pubblicate, che non voglio provare!
Le meringhe, le pavlove....tutto mi chiama.
Poi ho vista questa.
C'è il Medio Oriente nel titolo?
E mi è sembrato che mi chiamasse più forte delle altre.
D'altronde se non la provo io che gli ingredienti usati li trovo ovunque, chi altro?
Il Millionaire's Shortbread classico l'ho fatto, e mangiato, molte volte.
Spesso buono, a volte stucchevole.
Diciamo una elegante barretta di Twix.
Ora, capiamoci: niente contro le barrette di Twix, anzi.
Ma riuscire Ottolenghi a partire da questa premessa e non solo migliorarla, ma farle fare un salto di qualità è da miracolo.
E il salto di qualità è talmente lungo che si atterra proprio su un altro pianeta.
Un pianeta dove quella che era una barretta di Twix diventa un dolce raffinatissimo.
Pieno di sapori a me noti che si mescolano tra loro in un mosaico perfetto.
La sorpresa, è questo dolce.
E la grande soddisfazione, concedetemelo, di utilizzare e far conoscere ingredienti ancora relativamente nuovi e non di uso propriamente comune nella mia madrepatria.
Non siate sospettosi: ne sarete ripagati.




MIDDLE EASTERN MILLIONAIRE'S SHORTBREAD

per la base

40 g di zucchero a velo
35 g di amido di mais
40 g di zucchero semolato, meglio se tipo Zefiro
175 g di burro fuso e raffreddato
mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia
250 g di farina
un pizzico di sale

per lo strato di halva

200 g di halva, rotta in piccoli pezzi
80 g di pasta tahine

per lo strato di caramello alla pasta tahine

200 g di zucchero, meglio se tipo Zefiro
120 ml di acqua
100 g di burro a temperatura ambiente, a cubetti
80 ml di doppia panna
150 g di pasta tahine
1/4 di cucchiaino di fior di sale


Preriscaldare il forno a 200 gradi e foderare una teglia quadrata da 20 cm di lato con carta forno, assicurandosi che la carta arrivi oltre i lati della teglia stessa.

Per la base, setacciare amido di mais e zucchero a velo quindi aggiungere lo zucchero semolato e mescolare, quindi con il gancio a foglia dell'impastatrice in funzione aggiungere lentamente il burro fuso e raffreddato. Unire quindi la vaniglia, ed infine la farina setacciata ed il sale.
Fermarsi appena il composto sta insieme.
Pressare l'impasto con le mani alla base della teglia preparata e cuocerla nel forno preriscaldato per circa 25 minuti o comunque finchè dorata.
Far raffreddare completamente. Per il raffreddamento completo può volerci più di un'ora quindi non cominciare a realizzare gli altri strati, specie il caramello, troppo presto.

Per lo strato di halva: spezzettarla in pezzi molto piccoli ed amalgamarla alla pasta tahine con un cucchiaio di legno finchè il tutto sarà omogeneo. Versare il composto sulla base fredda e spalmarla aiutandosi con il dorso di un cucchiaio.

Per il caramello: mettere acqua e zucchero in un pentolino su fuoco medio/basso. Far sciogliere lo zucchero mescolando ogni tanto quindi alzare un po' la fiamma a medio/alta e senza più toccare portare a bollore, facendo bollire circa 12 minuti o finchè il composto acquisterà un bel colore dorato.
Togliere dal fuoco ed aggiungere panna e burro, facendo attenzione agli schizzi.
Appena il burro fonde aggiungere anche il sale e la pasta tahine mescolando bene.
Versare sullo strato di halva e far raffreddare prima a temperatura ambiente poi in frigo per minimo 4 ore.
Tagliare quindi in barrette o cubi, aggiungendo del fior di sale in cima ad ognuna.





NOTE

- la ricetta è spiegata con dovizia di particolari per ogni passaggio, anche i tempi di cottura sono esatti tenendo sempre presente che l'osservazione del prodotto è metro più veritiero del mero conteggio dei minuti. Per esempio nel mio forno la base ha cotto qualche minuto meno, mentre il caramello sul mio fornello un paio di minuti in più.


- l'halva è un dolce diffusissimo in Medio Oriente ma anche in tutto il Mediterraneo Orientale. La base di partenza è la pasta di sesamo a cui vengono aggiunti altri ingredienti ed infatti esiste in diversi gusti. Quella richiesta nella ricetta è quella base, che come potrete immaginare vendono ovunque qui in Arabia. Halva, o meglio halwa, in arabo significa dolce, e molto dolce è la preparazione in questione che viene servita in genere a piccole dosi con il caffè oppure usata come ingrediente per altre preparazioni. Se la comprate assicuratevi che abbia un retrogusto dolce di sesamo e non sappia di rancido e controllate gli ingredienti, ahimè ne esistono versioni economiche che sono solo zucchero ed aromi artificiali. L'ingrediente principale deve essere il sesamo, o la pasta di sesamo (tahine).

- la tahine, o pasta di sesamo, è appunto dal sesamo realizzata. I semi vengono tostati, triturati e la farina ottenuta allungata con olio di sesamo. Viene usata in moltissime preparazioni delle quali forse la più conosciuta è l'hummus. Se quando la comprate sa di rancido è vecchia, anche se non scaduta: fatevela cambiare.

- lo strato di halva e tahine è divino, si bilanciano a vicenda in modo sublime senza accavallarsi. Stenderlo richiede un tantino di pazienza perchè piuttosto viscoso, ma bagnando il dorso del cucchiaio con acqua fredda si riesce senza problemi.

- il caramello con il tahine è una, anzi LA, rivelazione. Lo userò in molte altre preparazioni.

- il dolce è molto ricco, ovviamente. Eppure una forza misteriosa vi farà tornare al vassoio per quello che sarà, per molte volte, l'ultimo pezzo.

- concedetemi una nota personale: ho realizzato la ricetta oltre un mese fa, e rimuginavo nei miei sogni di poter dire ad Ottolenghi del miracolo in cui era riuscito.
Tutti i suoi dolci sono buoni, ma qui la storia come è spiegato è diversa. Poi un recente viaggio a New York mi ha portato, tra l'altro, ad una presentazione di Sweet tenuta da Yotam Ottolenghi in persona e relativo "book signing", ovvero firma delle copie, a seguire. Sogno realizzato: anche lui dice di essersi stufato del Millionaire's Shortbread classico e ride ed annuisce quando gli dico che qui abbiamo davvero cambiato livello. E poi, apprendendo dove vivo, aggiunge: who else, if not you! Chi altri, se non tu! riferendosi alla reperibilità ingredienti: tutto torna, per davvero allora il dolce mi chiamava....:)

la ricetta è ovviamente 
PROMOSSA CON LODE




venerdì 13 ottobre 2017

NOT-QUITE-BONNIE'S RUGELACH


Diciamocelo, è anche da questo che si capisce di avere a che fare con una sweet dummy: se Ottolenghi nel suo nuovo libro non fotografa il prodotto finito, un motivo ci deve essere.
Io me ne sono resa conto solo al momento di realizzarli, e a quel punto ho deciso: avrei fatto come Yotam, avrei pubblicato solo le foto dei Rugelach in preparazione. Poi però ho guardato quei cornetti dorati, e mi sono detta che non era giusto: anche loro avevano il diritto di comparire tra le pagine dello Starbooks, in fondo non è colpa loro se la mia manualità è quella che è.

Quello che mi ha incuriosito di questa ricetta, e che mi ha spinto a provarla, è stata la pasta "sfoglia" senza uova e senza zucchero, ma con formaggio cremoso (il Philadelphia, per intenderci). Sicuramente i nostri lettori dal "pollice dolce" la conoscono già, per me invece era una novità.

Confesso che ho avuto un po' paura del mio risultato finale: il robot da cucina è in assistenza e ho dovuto impastare a mano, ho quindi temuto di averlo lavorato troppo e di avere irrimediabilmente rovinato l'effetto sfogliato.
In realtà avevo fatto i conti senza Yotam, che evidentemente ha a che fare con gli sweet dummies tutti i giorni: di sicuro i suoi sono più sfogliati, ma la leggerezza e la delicatezza dei miei mi hanno comunque conquistata. Ma vi sto spoilerando...

Prima di passare alla ricetta, mi sono documentata su che cosa fossero i Rugelach. Da Wikipedia:
Il Rugelach (Yiddish: רוגעלך) è un dolce tipico della cultura Ebraica di origine Aschenazita. [...] Fedele alle sue origini, il nome viene dallo Yiddish: il finale ach (ך) indica il plurale, mentre la particella el (ל) indica un diminutivo; la radice Rug del nome significa "rigirato" oppure "rivoltato", in riferimento alla forma di questi dolci. La traduzione finale può quindi essere "involtini dolci". 
I Rugelach sono preparati con una pasta di panna acida (ricetta tradizionale), o, alternativamente di formaggio cremoso (più recente, probabilmente introdotto da Ebrei Americani); esistono anche versioni prive di derivati del latte, tale da far sì che il dolce possa esser consumato insieme o dopo un pasto di carne e rispettare le regole kosher di tradizione Ebraica. Il ripieno può variare: uvetta, cioccolato, nocciole, marzapane, cannella o frutta candita.

Fin qui tutto bene, ma Bonnie? Lo spiega Yotam nell'introduzione: la ricetta è di Bonnie Stern, la "mamma Canadese" sua e di Sami Tamimi, co-autore di Jerusalem, solo che Bonnie usa la marmellata di albicocche, lui ha preferito usare la cotognata. Da qui il nome: i Rugelach non proprio di Bonnie.

Tra parentesi e in corsivo le mie note.

NOT-QUITE-BONNIE'S RUGELACH - I RUGELACH NON PROPRIAMENTE DI BONNIE
Da: Yotam Ottolenghi - Sweet - Ebury Press


Per 24 pezzi

Impasto:

160 g di farina 00
1/8 di cucchiaino di sale
1/4 di cucchiaino di lievito per dolci
La scorza grattugiata di 1 piccolo limone non trattato
Semi di 1/4 di bacca di vaniglia
125 g di burro non salato, freddo di frigorifero
125 g di formaggio cremoso (io Philadelphia), freddo di frigorifero

Ripieno:

40 g di gherigli di noce
100 g di light brown sugar* (io zucchero muscovado)
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
150 g di cotognata
1 cucchiaio di succo di limone

Per decorare:

1 uovo grande leggermente sbattuto
25 g di zucchero Demerara


Per preparare l'impasto, mettere la farina, il sale, il lievito, la scorza di limone e i semi di vaniglia nel robot da cucina e azionarlo per 15 secondi circa, per amalgamarli.
Aggiungere il burro tagliato a dadini e azionare l'apparecchio per qualche altro secondo, finché abbia raggiunto la consistenza di briciole di pane fresco.
Unire il formaggio cremoso e fare andare l'apparecchio fino a quando l'impasto non cominci a formare una palla attorno alla lama. Non lavorarlo troppo, o l'impasto risulterà duro.
Rovesciare l'impasto sulla spianatoia leggermente infarinata e lavorarlo per qualche secondo, giusto il tempo di compattarlo.
Dividere l'impasto in due parti e avvolgerlo morbidamente con pellicola trasparente, quindi schiacciare per formare due dischi. Trasferirli in frigorifero per almeno un'ora.

Preriscaldare il forno a 180 °C in modalità statica o 160 °C in modalità ventilata.
Foderare due teglie con carta forno.

Per il ripieno, disporre le noci in una teglia e farle tostare in forno per 5 minuti. Toglierle dal forno, farle raffreddare, quindi frullarle finemente e mettere in una ciotola insieme al light brown sugar/zucchero muscovado e alla cannella, mescolando perché si amalgamino bene. Tenere da parte.
In una ciotola separata unire la cotognata e il succo di limone e mescolarli fino a ottenere una crema liscia. Se la vostra cotognata dovesse essere troppo solida, scaldatela un pochino su fiamma bassa (o passatela 10 secondi al microonde) per ammorbidirla, finché raggiunga la consistenza di una marmellata densa, ma spalmabile. Conservare in frigorifero fino al momento dell'uso.

Estrarre dal frigo un disco di impasto e stenderlo con il mattarello sulla spianatoia leggermente infarinata, formando un disco di circa 24 cm di diametro, spesso 2 mm.
(io ho preferito stendere l'impasto tra 2 fogli di carta forno leggermente infarinati: trucco da sweet dummy). Aiutandosi con una spatola o con il dorso di un cucchiaio, spalmare metà cotognata in uno strato sottile e uniforme, e cospargere con metà del composto di zucchero e noci.
Tagliare in 12 triangoli con un coltello a lama liscia o con una rotella da pizza. Il modo più semplice è quello di suddividere il disco in quarti, poi ogni quarto in due terzi.
Arrotolare strettamente ogni triangolo partendo dalla base fino ad arrivare alla punta, chiudendo così il ripieno.
Adagiarli man mano sulle teglie preparate in precedenza, tenendo la falda sotto e distanziandoli di 3 cm uno dall'altro. Mettere le teglie in frigo per almeno mezz'ora, prima di cuocerle.

Se Yotam dice di appoggiare la falda sotto, il motivo c'è! 😅
Alzare la temperatura del forno a 200 °C in modalità statica o 180 °C in modalità ventilata.
Sbattere l'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellare i Rugelach appena prima di infornarli. Cospargerli con poco zucchero demerara e passarli in forno per 20-25 minuti, girando le teglie a metà cottura in modo che cuociano uniformemente, assumendo un bel colore dorato.
Non preoccupatevi se un po' del ripieno fuoriesce: darà un delizioso sapore caramellato ai bordi dei dolcetti. Togliere dal forno e far raffreddare per 10 minuti prima di trasferirli su una gratella e farli raffreddare completamente.

I Rugelach si conservano fino a 4 giorni in un contenitore aperto, separati con la carta forno (secondo me si possono mettere nei pirottini, è più pratico). Non usate un contenitore a chiusura ermetica, perché lo zucchero si scioglierebbe, rendendoli molli e appiccicosi.

L'impasto può essere fatto il giorno prima e tenuto in frigo, oppure può essere congelato fino a 3 mesi. Prima di usarlo, scongelarlo in frigo per una notte.

Anche i Rugelach già fatti (ma non spennellati) possono essere congelati per 3 mesi: quando si è pronti per cuocerli, spennellarli con l'uovo battuto e cospargerli di zucchero demerara. Infornarli da congelati, aumentando i tempi di cottura di uno o due minuti.

OSSERVAZIONI

- Come dicevo nell'introduzione, ho il robot in assistenza e ho dovuto impastare a mano. Ero terrorizzata dalla possibilità di lavorarlo troppo e scaldarlo, rendendolo irrimediabilmente duro, motivo per cui mi sono aiutata con un aggeggio comprato negli USA qualche anno fa. Evidentemente ha funzionato e comunque la ricetta di Ottolenghi è a prova di dummies, perché mi sono venuti dei dolcetti leggeri e sfogliati.
Immagine dal web

- Il ripieno è decisamente abbondante: ne ho spalmato metà nel primo disco, e il ripieno è fuoriuscito abbondantemente, dando un aspetto poco invitante ai miei Rugelach. Mi sono contenuta nella seconda teglia, ed è andata meglio. Sospetto però che le mie scarse capacità di pasticcera c'entrino per qualche cosa. 😏

- Per ottenere dei dischi regolari, ho prima steso l'impasto, poi ho rifilato i bordi, quindi l'ho steso ancora un poco: si è rivelato un ottimo trucco. Ho reimpastato i ritagli e ne ho fatto qualche raviolino, che ho farcito con 1 cucchiaino di crema di cotognata e un poco di zucchero e noci: buonissimi anche quelli, sicché per usare il ripieno rimasto ho rifatto un impasto con metà dose degli ingredienti, e ne ho fatto raviolini.

- Sapore delizioso, ricetta tutto sommato facile da fare e pratica, grazie ai consigli di eventuale congelazione di Ottolenghi: per me la ricetta è assolutamente


PROMOSSA

Ah, nel caso foste curiosi, i Rugelach di Ottolenghi sono così e il ripieno non è eccessivo: ve l'avevo detto che sono una sweet dummy... 😄

Immagine dal sito di Yotam Ottolenghi