Di questa stagione, con un'estate che ormai è arrivata, una voglia irrefrenabile di infilare qualcosa in valigia e scappare lontane dagli uffici, dalle case di città, dagli impegni che scandiscono nel bene o nel male tutti i mesi, ma che in questa stagione diventano improvvisamente più pesanti e difficili da affrontare, verrebbe da invocare twitter e i suoi 140 caratteri. Un bel Tiriamo le somme sintetico, magari da appiccicare al dorso del libro, in modo da poter già sapere ad una prima occhiata che cosa c'è da aspettarsi da un volume piuttosto che da un altro. Riuscite a immaginarlo, uno scaffale del genere? "Riescono tutte!" "Bidonata solenne!" "Usa l'edizione inglese!" "Controlla la dispensa prima di iniziare!" e via dicendo: varrebbe solo per la sezione dei libri di cucina (di sicuro, non per i Gialli) ma potrebbe rivelarsi di una utilità sorprendente, specie se il numero delle opere non è più quello risicato degli inizi del nostro amore per i fornelli.
E così, per restare in tema, il tweet per India- The Cook Book potrebbe essere " qui abita la completezza, ma non la precisione": perchè da un lato, l'opera è la raccolta più esaustiva che sia mai stata pubblicata in Occidente dell'immenso mondo della cucina indiana; dall'altro, "tira via" in parecchie ricette, dando per scontata una conoscenza che purtroppo non tutti possiedono, nella misura in cui "nessuno nasce imparato".
A pensarci bene, questo era un rischio implicito nella scelta dell'autore: Pushpesh Pant, infatti, è un accademico, non uno scrittore di libri di cucina e quindi affronta l'argomento con un approccio diverso (apro una parentesi: la frase originaria era: Pushpesh Pant è un accademico, non un cuoco: poi mi son venute in mente le ricette scritte dai cuochi, e ho cambiato punto di riferimento: per dire che cucinare è una cosa, scrivere di cibo è un'altra). Quindi, omettere dosi, saltare passaggi, trascurare di soffermarsi su procedimenti importanti, ci sta. L'altro aspetto, però, è che tradurre in dosi la cucina indiana è una missione impossibile: perché gli Indiani, forse più di ogni altro popolo, tramandano oralmente, a volte anche solo gestualmente, le loro ricette: se non ci credete, provate a chiedere a un Indiano come fa il suo curry, chiedetegli le dosi esatte della miscela delle spezie: vedrete che vi risponderà con la saggezza antica di chi la cucina ce l'ha nelle dita e non su un pezzo di carta.
Quindi, rassegnamoci: India- the Cook book è probabilmente quanto di meglio si poteva fare, oggi, per diffondere la conoscenza della cucina di questo Paese e di invogliare i lettori a provarla: non indulge a scorciatoie, non semplifica i procedimenti, parte spesso dalle basi esattamente come i veri Indiani ed è quindi quanto di più autentico ci possa offrire il mercato. Il nostro consiglio, quindi, è quello di comprarlo, anche se costa caro, e magari di cimentarvi in qualche ricetta, quest'estate, e di comuncarci le vostre variazioni sul tema: lo Starbook è un progetto condiviso, che vorremmo fosse sempre più "di tutti" e non solo delle nove Starbookers che propongono i libri. Le stesse nove che oggi vi salutano, stremate da un anno faticosissimo, e che vi danno appuntamento a settembre, con nuovi libri e altre novità.
Buone vacanze a tutti!