Una trentina di anni fa, precisamente nel 1992, vedeva la luce negli USA il primo numero di Cook's Illustrated. Erano gli anni in cui si gettavano i semi per il boom dell'editoria gastronomica del decennio successivo, quelli in cui Ruth Reichl si faceva le ossa nella sezione Food del NYTimes, Food Network segnava la svolta con il primo canale esclusivamente dedicato al cibo, Condé Nast iniziava a colonizzare il web con le ricette di Epicurous, prima, e di Bon Appetit poi. Preistoria, insomma, ma noi c'eravamo e ricordiamo ancora l'entusiasmo genuino per progetti che a quei tempi rasentavano il margine dell'incredibile, investendo su un argomento fino ad allora relegato a rubriche per appassionati.
Quello che differenziava Cook's Illustrated dalle altre pubblicazioni non era tanto la cucina in redazione (quella ce l'aveva pure la nostra, gloriosissima, Cucina Italiana), quanto l'approccio rigorosamente scientifico che vi si praticava. Lo scopo dei redattori, cioè, non era tanto quello di pubblicare ricette tradizionali o innovative, locali o etniche, quanto semmai lo scoprire la formula per garantire il risultato perfetto.
Ai fornelli si affiancavano cuochi e chimici, pronti a fondere pratica e teoria, alla ricerca delle proporzioni esatte fra temperatura, peso, tempi di cottura, ivi compresi i mille trucchi che garantivano l'infallibilità, sotto forma di un roastbeef con la giusta sfumatura di rosa, di una patatina fritta croccante fuori e morbida dentro e via dicendo.
Negli anni, la cucina si trasformò in un luogo di culto, una piazza d’armi di 500 mq popolata da cuochi e gourmand, scienziati e fotografi, giornalisti ed editori, a cui venne dedicato un programma televisivo ancora in corso- America's Test Kitchen- con pubblicazioni sempre più frequenti che gli adepti aspettano come manna dal cielo: negli anni, le ricette si sono più "ammorbidite", smussando il rigore dei primi tempi e aprendo a suggestioni più fantasiose, ma il principio resta immutabile: rigore, rigore, rigore.
In Ottolenghi Test Kitchen, che senza troppi sforzi potremmo definire come la risposta britannica a quella statunitense, la parola magica è , invece, creatività.
Erano creative le ricette del primo volume, quelle che ci invitavano a svuotare gli scaffali, ammantando di gioia concetti altrimenti un po' tristi, come lo svuotafrigo o il "con quello che c'è". E sono ovviamente creative le ricette di questa seconda tappa, al cui titolo - già di per sé golosissimo - si affianca una prefazione che non lascia adito a dubbi: che la fantasia prenda il potere - della nostra lista della spesa, della nostra cucina, della nostra dieta - e lo faccia nel segno del suo fondatore, quell’Ottolenghi che ha appena festeggiato i 20 anni del suo brand e che continua ad essere una fonte di inesauribile ispirazione, anche quando non direttamente impegnato.
Il risultato sono state le ricette che avete visto in queste settimane e che sicuramente vedrete ancora sui singoli blog e profili dei componenti della squadra dello Starbooks- perché ogni nuovo libro che porta il nome di Big Y. è un rinfrescare l'innamoramento che a lui ci lega dalla sua prima pubblicazione. Questo è il libro in cui una Parmigiana di Melanzane può accendere nuovi entusiasmi, con un semplice guizzo che non tradisce la via vecchia ma illumina quella nuova; in cui un crumble di pinoli trasforma un piatto di peperoni arrosto; in cui ci si accorge che certi cibi danno il meglio di loro stessi se cotti in maniera differente da quella tradizionale- e come abbiamo fatto a non pensarci prima; e decine di altre sorprese che ci hanno entusiasmato, incuriosito, sfidato- e che ora ci lasciano soli con una domanda: quando esce, il prossimo?
Ci vediamo a Maggio, con il nuovo Starbooks!
Alessandra
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