Con il mese di Settembre, lo Starbooks entra nel suo nono anno di vita.
A scriverlo fa impressione, ma a pensarci su è persino peggio.
Perchè in questi 9 anni gli scenari del food sono cambiati non una, ma cento volte, per giunta in modo quasi mai lineare, talvolta con bruschi cambiamenti di rotta, in un quadro confuso che, di necessità, ha finito anche per coinvolgere il mercato editoriale.
Nove anni fa, ci sentivamo come bambini golosi di fronte a scintillanti vetrine di pasticcerie: l'imbarazzo della scelta aveva il retrogusto amaro di chi vorrebbe prender tutto, assaggiar tutto, nella consapevolezza che comunque fosse andata, valeva la pena di correre il rischio. Nel bene o nel male, cioè, i libri di cucina esercitavano tutti una fortissima attrattiva, a maggior ragione quelli che segnavano percorsi editoriali nuovi, con una cura della "confezione" fino ad allora estranea al nostro mercato.
Da qui al prendere delle fregature il passo era stato breve.
Perchè ok la grafica, ok la foto, ok l'appeal, ma un libro di cucina un libro di cucina è, anzi: più un'immagine è patinata, seducente, golosa, più siamo frustrati e incavolati se il nostro risultato è lontano anni luce da quello riprodotto, e non per colpa nostra.
Questo era stato il germe dello Starbooks (ci immoliamo sull'altare del piano cottura e proviamo per voi le ricette dei libri del momento, per verificare se sotto il vestito c'è qualcosa) ma questo, a ben guardare, era stato anche il germe che ha portato l'editoria del cibo ai risultati nel complesso deludenti di questi ultimi mesi: la colonizzazione selvaggia del settore della gastronomia, cioè, si è giocata sempre meno a colpi di idee nuove e di prodotti di qualità e sempre più con il "già visto" o il sovra esposto, meglio ancora se collegato alla grande popolarità mediatica e specialmente televisiva che da un certo punto in poi è stata la fedele compagna di viaggio del libro.
La ciliegina sulla torta è stata poi l'assurda realtà di un mercato che non ama affatto cucinare: il grande successo dei libri di Benedetta Parodi era legato ad una formula furbetta del presto e bene, con il ricorso a scatolette e a prodotti pronti che, dopo il boom dei primi volumi, si è velocemente ridimensionato, con ricadute non del tutto positive anche sulla popolarità del personaggio (non ultimo, il flop nel programma nazional popolare per eccellenza, Domenica in, lo scorso anno). Tutto il resto è spettacolo, quindi finzione: l'immagine della famiglia tipo che guarda Masterchef dal divano di casa, mangiando cibo pronto da una vaschetta di plastica non è poi cosi lontana dalla realtà.
Il risultato, prevedibilissimo, è stato che chi ama cucinare per davvero, chi va a fare la spesa al mercato, chi ritrova nel preparare il cibo una forma di amore universale, che va dal rispetto della natura all'istinto di prendersi cura di se stessi e dei propri cari, chi insiste nel preparare la ricetta della nonna, recuperando in quei sapori le proprie radici e via dicendo, si è arroccato nella fortezza del minimalismo. Piatti semplici, alla portata di tutti, che danno senso al contesto in cui sono inseriti e traggono dallo stesso contesto un loro significato, dalla cioccolata calda che corrobora mente e cuore mentre fuori nevica, alla convivialità gioiosa del pane fatto in casa intinto nell'olio buono, il tutto in un anelito alla "realtà" che è quello che sempre più si ricerca, in questi tempi.
Il capostipite di questi autori (per molti versi inconsapevole) è Nigel Slater: le sue ricette sono il tassello confortevole della vita quotidiana, vissuta con ritmi lenti, i soli che ti permettono di vedere la poesia del mondo che ti circonda e trasferirla in quello che prepari per le persone a cui vuoi bene.
L'ultima è Diana Henry: un'autrice scoperta tardi ma con cui ci stiamo sforzando di recuperare il tempo perduto, proponendovi quanti più libri intercettiamo. Stavolta è stato facile, perchè How to Eat a Peach è uscito da poco- ed è inutile che vi diciamo che le nostre copie erano quelle "calde" di stampa.
I giorni che seguiranno, quindi, saranno dedicati a questo libro, con una precisazione importante, legata alla struttura di How to eat a Peach: la suddivisione delle ricette non è per stagioni (come è prassi per questa tipologia di autori), ma per menu. Preparatevi quindi ad uno sconvolgimento dei nostri programmi, a post che racchiuderanno più ricette, a introduzioni che vi parleranno di cibo con uno sguardo che si solleva dall'elenco degli ingredienti e spazia invece su altri contenuti e altri mondi, per poi tornare nel calore della propria casa.
Da domani, per tre settimane.
Mi piace! Aspetto con ansia ;-)
RispondiEliminaUn libro che non smetterei di sfogliare.
RispondiEliminaAnche questo è diventato il mio amico da comodino. Bellissima presentazione Ale, come sempre.
Presentato splendidamente, come sempre. E ora vediamo che ne esce fuori :)
RispondiEliminaEcco adesso sono curiosissima al punto giusto...😜😂😋 Bentornate Starbookers del mio ❤️ e buon lavoro 🙏💕
RispondiEliminaUh, sono contenta! Lo puntavo da quando è uscito e ora potrò decidere per l'acquisto a ragion veduta :)
RispondiEliminaBen tornate! Non vedo l'ora di scoprire questo nuovo libro!
RispondiEliminasiete tornate finalmente !!! ciao Starbooks girls !
RispondiEliminaSarò banale,ma che invitante presentazione!
RispondiEliminaUna presentazione che mi ha lasciato a bocca aperta più del solito, grazie Ale!
RispondiEliminaNon ci resta che allacciare i grembiuli e brandire i mestoli . :-)