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venerdì 30 marzo 2018

LISBON: TIRIAMO LE SOMME?



Se ci avete seguito per tutto il mese di marzo, il Tiriamo le Somme di oggi non dovrebbe essere una sorpresa. Le ricette sono state tutte promosse, le critiche sono state decisamente entusiaste, i giudizi unanimi si collocano nella fascia alta del gradimento senza se e senza ma. 
A scanso di equivoci, non ci saranno sorprese: Rebecca Seal ha fatto un altro centro, dopo Istanbul, raccontandoci di una cucina portoghese che si rispecchia nel suo passato ma che non ha paura a guardare il futuro e lo ha fatto con una rassegna di ricette completa, in una confezione editoriale accurata e preziosa. Cosi preziosa che sarebbe limitativo relegare questo libro al solo scaffale della "cucina", visto che basta sfogliarne le pagine per immergersi nei colori più vividi dei paesaggi di questo Paese, nelle storie raccontate da volti rugosi e da mani operose, nei paesaggi che mozzano il fiato e stringono il cuore in una morsa che solo un volo per Lisbona potrà sciogliere. 
Di libri di cucine straniere ne abbiamo starbookati tanti, in questi anni: ma pochi hanno saputo raccontarle con gli stessi accenti di poesia che Rebecca Seal condensa nelle sue pagine, senza che vengano mai meno la puntualità delle spiegazioni delle ricette e l'affidabilità della loro riuscita. Da qui un Tiriamo le Somme che, come non succedeva da parecchio tempo, si chiude su una cifra tonda, con un accordo pressochè globale e un invito a considerare di fare spazio nelle vostre librerie anche a questo volume. Per cucinare, per imparare, per sognare. 
Ci rivediamo ad Aprile, con un nuovo Starbook!

giovedì 29 marzo 2018

STARBOOKS REDONE DI MARZO 2018: IL VINCITORE!


Altro mese finisce, altro Starbooks Redone di conclude.
E vede per la primissima volta su questi schermi non solo la partecipazione di un affezionato lettore.
Ma anche la sua vittoria!!!
Quindi tutti a fagli le congratulazioniper la disamina puntuale e severa con cui ha presentato questa ricetta:


Biagio D., Condat



Chiediamo a Biagio di inviarci il suo indirizzo alla email: lostarbook@gmail.com, per inviargli il gadget Starbooks e a tutti gli altri... vi aspettiamo per il Redone di Aprile!

mercoledì 28 marzo 2018

SALT COD WITH GARLIC & BREAD





Quando sono stata a Lisbona, ho assaporato la cucina portoghese in ogni osteria, ristorante e bar poi, in giro per il Paese, ho imparato che i piatti potevano cambiare ma un ingrediente rimaneva costante: il baccalà. Nelle librerie avevo adocchiato un libro chiamato 365 ricette di baccalà perché, pare, che in Portogallo esistano tante ricette quanti i giorni dell’anno e la cosa non mi stupisce affatto. La tentazione di acquistarlo era forte, già allora, molto prima del blog, ero affascinata dalla cucina e dai libri. Sono venuta via senza comprarlo e non sapete quante volte l’ho rimpianto ma, il fatto che fosse scritto in portoghese mi aveva frenato. Il libro preso in considerazione da Starbook questo mese Lisbon: Recipesfrom the Heart of Portugal me lo ha fatto ricordare, ecco perché quando ho dovuto scegliere le ricette mi sono diretta sul baccalà come un predatore. Le ricette di baccalà non sono molte in questo libro ma tutte interessanti. L’autrice dice che “i migas sono piatti fatti con aglio, olio e pane avanzato, sia di mais che di grano, e sono comuni in tutto il Portogallo e in Spagna. Questa versione contiene sia baccalà che panna, che lo rendono ricco e molto gustoso”. Suggerisce poi che “se si vuole provare questo, come piatto principale, basta aggiungere dei fagioli o anche la pasta di peperone rosso arrosto”.
Uno degli ingredienti di questo piatto è il corn bread del quale l’autrice dà la ricetta. “Questo pane, chiamato anche pão de milho, è un pane leggermente dolce e sodo, che si sposa bene con piatti saporiti e dolci. Ha una crosta screpolata tipica e, una volta leggermente raffermo, produce un ottimo toast (o lo si aggiunge appunto a un piatto di migas)”.


SALT COD WITH GARLIC & BREAD
100 g di baccalà
Olio d’oliva per cucinare
50 g di Corn Bread leggermente raffermo, senza crosta, tagliato a cubetti
50 g di pane bianco leggermente raffermo senza crosta, tagliato a cubetti
1 grosso spicchio d’aglio
200 ml di acqua bollente
3 cucchiai di panna
2 cucchiai prezzemolo tagliato finemente
1 cucchiaio di coriandolo tagliato finemente
Sale e pepe nero macinato fresco

Ventiquattro ore prima di iniziare a cucinare, dissalare il baccalà: sciacquarlo sotto l'acqua corrente per rimuovere eventuali cristalli di sale all’ esterno, quindi metterlo in una grande ciotola di acqua fredda, coprire e lasciare in frigo. Cambiare l'acqua ogni poche ore. Dovrebbe essere pronto dopo circa 24 ore - qualche baccalà è pronto dopo solo 8-12 ore, a seconda della conservazione. Per verificare se è pronto, mettere un pezzo in una padella e cuocere con un po' d'acqua per un minuto o due, quindi assaggiare. Potrebbe essere leggermente salato, ma non dovrebbe esserlo troppo.
Quando si è pronti per cucinare, mettere il baccalà in una padella, coprire con acqua fredda, portare ad ebollizione, ridurre il fuoco e cuocere a fuoco lento per 15 minuti. Togliere dall'acqua e lasciare raffreddare leggermente. Una volta che è abbastanza freddo da maneggiare, rimuovere la pelle, insieme a eventuali ossa o pinne, quindi sfaldarne la carne.
Scaldare una larga padella a fuoco medio. Aggiungere dell’olio d'oliva, quindi mettere il pane, l'aglio e il baccalà a pezzetti. Versare l'acqua bollente e la panna e cuocere, mescolando, per 2-4 minuti, fino a quando il pane non si è disfatto in una impasto abbastanza omogeneo.
Preriscaldare il grill. Aggiungere le erbe aromatiche nella padella e mescolare. Condire a piacere con un po' di sale e pepe.
In una teglia o nella padella in cui si è preparato la miscela, modellare l’impasto di migas in un ovale lungo circa 15 cm. Mettere sotto il grill e cuocere per circa 5 minuti, fino a quando la parte superiore inizia a diventare dorata.
Servire subito.

CORN BREAD
1 cucchiaio di lievito secco attivo
100 ml di acqua tiepida
1 cucchiaino di zucchero
350 g di farina di mais fine
500 ml di acqua bollente, oltre a un poco per il forno
2 cucchiaini di sale fino
400-500 farina bianca forte, più se necessario

Attiva il lievito mescolandolo in una brocca o in una ciotola con acqua appena tiepida e zucchero. Lasciare riposare per 10 minuti - dovrebbe sviluppare della schiuma.
In una grande ciotola, resistente al calore, mescolare la farina di mais con l'acqua bollente e mescolare fino a che diventa liscia. Lasciare raffreddare fino a quando è tiepida, quindi aggiungere il sale, la farina e il composto di lievito. Potrebbe essere necessario aggiungere tutta la farina, o anche leggermente di più, se la miscela è troppo umida.
Se si ha una planetaria, montarla con il gancio e impasta la miscela per circa 5 minuti. In alternativa, mescolare l'impasto su una superficie cosparsa di farina e lavorare usando le mani infarinate. (È più facile in un mixer, in quanto questa pasta può essere abbastanza appiccicosa.) Posizionare l'impasto in una ciotola pulita e leggermente oliata e coprire con pellicola trasparente. Lasciare riposare in un luogo caldo per 1 ora o fino a quando è raddoppiato.
Versa l'impasto dalla ciotola su una superficie infarinata e, con le mani infarinate, rovesciarla delicatamente. Batterlo gentilmente e spolverare di farina. Lasciare agire per circa 20 minuti mentre il forno si riscalda: posizionarlo a 220°C e mettere all'interno una pietra per pizza o una teglia rovesciata a riscaldare.
Quando si è pronti per cucinare, fai bollire l’acqua. Metti una piccola teglia sul fondo del forno. Rimuovere la pietra o il foglio dal forno e spolverarlo liberamente con la farina. Far scorrere la pagnotta sulla pietra (una pala è utile qui) e riportala nel forno. Lavorando velocemente, versare circa 150 ml di acqua appena bollita nella teglia calda e chiudere la porta del forno. (Il vapore dell'acqua aiuta a far crescere il pane e sviluppa la crosta). Cuocere per 35-40 minuti, fino a doratura. Per controllare, tocca la base: dovrebbe suonare a vuoto. Lasciare raffreddare su una gratella prima di tagliare.


NOTE:
La ricetta del baccalà è semplice e un’ottima idea per riciclare sia avanzi di baccalà bollito che il pane.
Ha la forma e la consistenza di un polpettone, molto ricco ma delicato o così era il mio ma molto dipende dal grado di salinità finale del baccalà. In tutti i casi è sempre meglio assaggiare prima per decidere di aggiustare di sale o ometterlo proprio.
Il baccalà non prevede nella ricetta alcun condimento ma una insalata mista o anche solo del purè completerebbero il piatto.
Il corn bread è fantastico, sempre che si utilizzino ingredienti di qualità. Fare il pane è una magia, ogni volta che l’impasto lievita e poi prende forma e si cuoce creando una crosta croccante si compie un incantesimo.
Preparare il corn bread non è difficile e la soddisfazione è moltissima.
L’autrice consiglia di non avere la tentazione di farlo a pezzi mentre è ancora caldo altrimenti molta dell’umidità della pagnotta evaporerà e il pane si asciugherà più velocemente.

GIUDIZIO
Entrambe le ricette sono promosse

martedì 27 marzo 2018

GOA CHAMUCAS (SAMOSAS) con GOAN GREEN COCONUT CHUTNEY




Sarò breve. 
Perchè la ricetta che ho scelto è lunghissima, intanto (e visto che è lunghissima, ne faccio pure un'altra, di accompagnamento)
E perchè l'argomento che si dovrebbe affrontare, di sponda, è talmente vasto che qualsiasi pretesa di affrontarlo, in poche righe di introduzione, susciterebbe il fastidio da saputello di turno, quello che, vivaddio, nè ci appartiene nè ci piace. 
Ma parlare di cucina portoghese senza alzare lo sguardo oltre l'Atlantico è più che riduttivo: è antistorico e quasi oltraggioso, nei confronti di un popolo che ha influenzato in maniera massiccia le tradizioni dei Paesi colonizzati. E se le architetture spesso son cadute, nel nome di un odio per i conquistadores che ha spinto a cancellare ogni traccia del passato che fosse in qualche modo riconducibile a loro, la cucina è rimasta. Ed è rimasta soprattutto in due enclavi, quella Peranakan, malese e singaporiana, con influenze marcatamente indocinesi e l'immensa tradizione di Goa, in quella parte dell'India meridionale in cui i Portoghesi giunsero da mercanti e si stanziarono da conquistatori, la cui tradizione gastronomica è il frutto dell'unione (felicissima questa volta) di due culture diverse. Sono in pochi a sapere che piatti presentati come tipicamente indiani sono in realtà portoghesi: il più famoso è il Vindaloo (che è la storpiatura in lingua locale dell'equivalente portoghese di Vino e aglio, ad  indicare l'unione fra la marinatura della carne nel vino, tipicamente europea, con l'aggiunta di aglio e altre spezie, tipicamente asiatica), a cui si aggiunge il lungo elenco di piatti a base di un ingrediente altrimenti quasi bandito dalla tradizione indiana come il maiale, alcune miscele di spezie e via dicendo. 
Nel caso delle Samosa, invece, il processo è inverso: sono i Portoghesi che le importano, le personalizzano e le rendono una sorta di istituzione nazionale, un po' in secondo piano rispetto agli stereotipi turistici del baccala e del pastel, ma non per questo meno diffuse ed amate. La ricetta originale probabilmente non esiste, visto che la funzione di questi triangolini di pasta ripieni è poi la stessa dei ravioli e delle pie- cioè quella di rendere commestibile o appetitoso quello che commestibile non è. La vera differenza è nell'involucro, molto più sottile rispetto a quello del Nord dell'India, tant'è che oggi c'è chi le prepara addirittura con la pasta fillo. 
Vi anticipo subito che nel mio  caso ci sono stati dei problemi, in questo campo, per cui il risultato è stato diverso, ma partiamo subito con la ricette originale


GOA CHAMUCAS (SAMOSAS) con GOAN GREEN COCONUT CHUTNEY

Per la pasta
150 g di farina, più un po' per spolverare il piano di lavoro
1/4 di cucchiaino di sale
1 cucchiaio e mezzo  di olio insapore (più quello che serve per ungere la terrina)
50-60 ml di acqua fredda

Mischiate farina e sale in una terrina ed incorporatevi l'olio usando la punta delle dita, fino a quando la pasta assumerà una consistenza sabbiosa. Aggiungete l'acqua, poca alla volta, incorporandola via via: quando l'impasto si sarà compattato, senza essere troppo appiccicoso (non dovete utilizzarla tutta) trasferitelo su un piano di lavoro leggermente infarinato ed iniziate ad impastare, fino ad avere una consistenza elastica. Disponetelo in una terrina  pulita, leggermente unta, sigillate con pellicola trasparente da cucina e lasciate riposare a temperatura ambiente, mentre preparate il ripieno.

Per la pasta al Masala
1 cucchiaino di semi di coriandolo
i semi di 2 bacche di cardamomo verde
1/4 di cucchiaino di peperoncino macinato
1 cucchiaino di cumino macinato
1/4 di cucchiaino di pepe nero, macinato di fresco
1/2 cucchiaino di curcuma in polvere
1 cucchiaino di pasta di tamarindo
un pezzo di zenzero fresco grande come un pollice, grattugiato
1 spicchio d'aglio grattugiato

Riducete in polvere i semi di coriandolo e le bacche di cardamomo. Aggiungete tutte le altre spezie, poi il tamarindo, lo zenzero e l'aglio e mesclateli con le mani, in modo che formino una pasta

Per il ripieno
(Masala paste)- manca dall'elenco degli ingredienti
500 g di macinato di manzo, con almeno il 10% di grasso
1/2 cucchiaino di sale
2 cucchiaini di aceto di vino bianco
un goccio di olio insapore, più altro per friggere
1 cipolla finemente affettata
mezzo peperone verde, tagliato a metà per il lungo  e privato del picciolo e dei semi
1 peperoncino verde, finemente affettato
100 ml di acqua
4 cucchiai di coriandolo fresco, tritato



In una terrina, mescolate la carne con il sale, l'aceto e la pasta di masala, in modo che assorba bene il tutto. Mettete da parte. Scaldate poco olio in un'ampia padella e cuocetevi la cipolla e il peperone, fino a quando la prima non diventerà traslucida (circa 5 minuti, fiamma medio bassa). Aggiungete allora la carne e il peperoncino verde  e fatela rosolare bene, aiutandovi con una spatola per rompere gli eventuali grumi. Unite l'acqua, portate a bollore, poi riducete la famma e fate sobbollire per 2 minuti circa, in modo che il liquido si restringa e prenda la consistenza di una salsa. Aggiungete il coraindolo, regolate eventualmente di sale e mettete da parte

A questo punto il libro inserisce un passaggio che logicamente andrebbe dopo
Quando sarete pronti per cuocere, versate circa 5 cm di olio in un'ampia padella e portatelo a 175°C (oppure fate la prova con un pezzetto di pane: se galleggia e frigge, l'olio è a temperatura giusta). la raccomandazione dell'autrice è di non scaldarlo troppo, perchè altrimenti si avranno samosas bruciate all'esterno e crude all'interno

Dividete l'impasto in sei pezzi uguali. Con un mattarello leggermente infarinato stenedete il primo in un cerchio di circa 20 cm di diametro, ad uno spessore di 1 mm: la pasta deve essere quasi trasparente. Tagliate il cerchio a metà e date a ciascuna metà la forma di un cono, ripiegando le due estremità all'interno. Bagnate leggermente i bordi del lato rimasto aperto. Reggendolo con una mano, riempite il cono con il ripieno dal lato rimasto aperto per circa 3/4. Sigillate i bordi e procedete cosi con tutte le altre. 

Friggete le samosas due alla volta (altrimenti la temperatura dell'olio scende troppo) e quando la superficie sarà dorata e con qualche bolla, scolatele con una schiumarola e fatele asciugare su carta assorbente da cucina. Servitele con dei sottaceti e il Coconut Chutney 

50 g di cocco essiccato (o meglio ancora di cocco fresco, appena macinato)
mezzo mazzetto di coriandolo
mezzo peperoncino verde (anche di più, se preferite un sapore più piccante)
mezza cipolla piccola
uno spicchio d'aglio
mezzo cucchiaino di pasta di tamarindo (facoltativo)
2 cucchiaini di succo di lime
un pezzo di zenzero fresco grande come un pollice,
1 spicchio d'aglio (ripetuto, nel testo, ma è un errore di stampa)
1 cucchiaino di zucchero superfine
dai 120 ai 180 ml di acqua


Mettete tutti gli ingredienti, tranne l'acqua in un frullatore e frullate bene. unite due cucchiai d'acqua e continuate a frullare, aggiungendo via via l'acqua, poca alla volta. Dovrete frullareper circa 5 minuti, in modo che il chutney acquisti la consistenza di una salsa e i sapori si amalgamino bene fra di loro. Il chutney si conserva in frigo fino a una settimana.

NOTE MIE

La mia presenza ridotta allo Starbooks, sul fronte operativo, deriva sostanzialmente dal fatto che, alle mie latitudini, è quasi impossibile seguire una ricetta alla lettera. Cucino cento volte più che in Italia, non fosse altro che per l'autarchia a cui sono costretta dalla "original pesto sauce" fatta con gli anacardi e da spugne di varie forme che qui si chiamano "pane fresco", ma ogni volta è un azzardo. I problemi sono vari, ma quello più grosso, nel caso degli impasti, è l'umidità che è cosa tutta diversa rispetto a qualsiasi idea di umidità vi siate fatti. Se faccio riposare un impasto per renderlo elastico, questo suda (non sto scherzando, purtroppo... ogni volta che tiro fuori i piatti del servizio, mediamente una volta alla settimana, devo prenderli con una salvietta perchè sono completamente bagnati) e addio equilibrio degli ingredienti. Quindi o cambio completamente le ricette (cosa che ho fatto, per quello che riguarda le mie faccende) oppure mi rassegno a qualche compromesso. In questo caso, il compromesso è stato rinunciare a tirare la pasta troppo sottile, come da ricetta, provando però a sfogliarla un po', per renderla ugualmente croccante (di solito, è friabile). 

La grande novità è l'abbinamento fra il ripieno di manzo e il chutney di cocco. A noi non è piaciuto, sicuramente perchè troppo inusuale per i nostri palati (sto parlando da singaporiana, non da italiana :) il manzo da noi praticamente non esiste, meno che mai sul versante indiano e un abbinamento con un ingrediente cosi dolce come il cocco e cosi acido come il tamarindo ci ha portati un po' fuori strada): ma si tratta di gusti personali, percè comunque, presi singolarmente, i due piatti sono ottimi, spiegati oltretutto con grande dovizia di particolari e con tutti i passaggi. 

Resta ovviamente il dubbio sulla elasticità della pasta, ma per questo c'è il Redoner, per cui se qualche anima buona volesse provarla al mio posto, mi aiuta anche a perfezionare il giudizio che, al momento, vede questa ricetta 

PROMOSSA
con riserva per causa mia 







lunedì 26 marzo 2018

FRESH CHEESE WITH HONEY AND ALMONDS

Questa non è una ricetta.
E' un maledetto sistema per risvegliare la piccola Heidi che sonnecchia in noi.
Premetto che più di una volta ho affermato che nessuno mi avrebbe mai visto fare esperimenti da piccolo casaro per tirare fuori un pugnetto di pseudo formaggio da litri di ottimo latte fresco.
Ricordo anche di avere dato della matta ad una amica che mi confessò orgogliosa di avere preparato la "sua" ricotta, raccontandomi la ridicola quantità ottenuta da un'esagerazione di latte.
E poi arriva Lisbon, la descrizione di un procedimento che più banale non si può e l'incoerenza totale prende residenza nella mia mente malata.
Faccio il formaggio!
Mi piego ai miei "mai e poi mai", lascio alla farmacia ben €6,50 per  10ml di caglio: benvenuta Heidi!

Ingredienti per 2 formaggette da 200 g c.ca
2 litri di latte fresco intero
1 cucchiaio di sale
1 cucchiaino di caglio
4 cucchiai di mandorle a lamelle
del miele di ottima qualità

AVRETE BISOGNO - Un termometro da cucina, un panno per formaggio o mussola (garza), scottato con acqua bollente prima di usarlo,  un mestolo forato, 2 stampi per formaggio (potete usare dei mini stampi da dolce con il fondo amovibile o improvvisare creando degli stampi da lattine di fagioli bucate sul fondo).

Versa il latte in una larga casseruola perfettamente pulita e scaldalo lentamente fino a che non raggiunge la temperatura di 38°. Rimuovi immediatamente la casseruola dal calore, aggiungi il sale e il caglio e mescola bene quindi lascia riposare per 20 minuti c.ca, fino a che non comincia a cagliare come dello yogurt spesso.
Copri lo scolapasta con la mussola scottata ed usa il mestolo forato per sollevare la cagliata, tralasciando il liquido che si sarà formato in fondo alla pentola.
Lascia scolare nello scolapasta sul lavandino o in una larga ciotola per circa 30 minuti, quindi trasferisci il formaggio, sempre usando un grosso mestolo forato, nello stampo per formaggio.
Si ha la tentazione di spremere quanto più liquido possibile, ma questo formaggio si serve quando è ancora abbastanza morbido e traballante, quindi lascialo abbastanza umido e sciolto
Metti gli stampi sopra una ciotola così che possano drenare ancora un pochino e sistemali in frigo per una o due ore.
Mangialo subito (non si conserva a lungo) con pane fresco e "pimenta moida" o usalo come dessert, con dell'ottimo miele versato sopra ed accompagnato da mandorle tostate.
NOTE PERSONALI
  • La parte più bella di tutto il processo è affrontare la cagliata. Osservare come il latte modifichi la sua struttura a contatto con il caglio ma che, fino al momento in cui non infili la lama del coltello nella massa, potresti scommettere che non è successo nulla. Calma piatta. Invece la superficie si increspa di materia morbida, tremolante ed elastica. Avresti voglia di toccarla con le mani. Dentro senti quell'eccitazione bambina di un esperimento riuscito -  ma allora è vero, è così che succede - sollevi quella cagliata con la delicatezza con cui toccheresti le ali di una farfalla. Il resto è fatto da momenti di attesa, brevi in verità, e dal desiderio di assaggiare il prodotto finito. 
  • Un'ora in frigo è il tempo giusto per togliere il tepore della lavorazione. La cagliata continua a perdere i suoi liquidi e nel tempo di raffreddamento in frigo, si rassoda un poco e assume la forma dello stampo. Quando l'ho capovolta aveva in tutto e per tutto l'aspetto di una piccola ricotta. Il sapore però non ha nulla a che vedere con la ricotta. Il problema è che hai voglia a cercare di fare un delizioso formaggio fresco da latte intero industriale. Quel profumo di erba e fiori che hanno certe formaggette non arriva mica dalle bottiglie al super. Quindi tutta la nostra buona volontà e la gioia per il risultato si affievoliscono poi all'assaggio, quando si, riconosciamo che è un formaggino fresco, ma praticamente senza sapore a parte la lieve sapidità. Ecco perché va condito, accompagnato con un condimento, che può essere qualcosa di strong, come la salsa di peperoncino oppure, visto il suo gusto neutro, trasformarlo in un piccolo dessert senza pretese, grazie a del buon miele, un pugnetto di mandorle tostate. Io mi sono permessa di aggiungere un po' di scorza di limone grattugiata e del rosmarino in fiore per una maggiore spinta aromatica. 
  • Comunque mi sono divertita, ho fatto una cosa mai provata prima e me lo sono pappata senza grossi problemi. Poteva andare peggio.
PROMOSSA 


sabato 24 marzo 2018

TARTE AU SUCRE DU QUEBEC PER STARBOOK REDONE DI MARZO 2018



Il nostro affezionato lettore Biagio non contento di aver già giudicato una ricetta per il Redone del mese si rimette in gioco con la seconda! Ecco le sue valutazioni :



Ormai ci ho preso gusto allo Starbooks Redone. 
E allora ho deciso di dare un’altra chance al nostro “Bernardo” (al secolo Bernard Laurance e al suo libro Baklava to Tarte Tatin). 
Confesso di essermi messo all’opera pieno di pregiudizi per preparare ciò che il nostro chiama “la tarte au sucre du Québec”. 
 La Tarte au sucre è, comunque, un dessert caratteristico anche del Belgio (la si chiama anche “Tarte de Namur”, dalla cittadina belga) ma là ha qualche variante.


 Per la Pâte sucrée:
 - 210 g di farina
- 125 g di burro non salato, freddo, a pezzi
- 25 g di farina di mandorle
- 1 uovo leggermente sbattuto
- 1 pizzico di sale
- 35 g di zucchero a velo

Per la crema della torta (la parola “farcia” mi fa inorridire):
- 300 g di zucchero di canna (possibilmente scuro, il più scuro possibile)
- 250 ml di panna con 35% di grassi (di meno, astenersi, oppure 125 ml di panna al 30% e altri 125 ml di “crème d'Isigny” al 40% di grassi, probabilmente difficile da trovare fuori dal mercato francofono)
- 60 ml di latte
- 60 g di farina 

Per prima cosa, si fa la pâte sucrée (adoro questo nome!).  
Lavorare la farina di mandorle, lo zucchero a velo, la farina, il sale e il burro a pezzi in una ciotola capiente. Si può ovviamente fare nel magico robot da cucina, ma io qui non ce l’ho. Poi aggiungere l’uovo leggermente sbattuto, incorporare rapidamente e mettere subito, con attenzione, su una forma circolare di 22-23 cm., meglio se con della carta forno sotto. Tagliate la pasta in eccesso. Poi mettere in frigo, mentre si fa la crema allo zucchero.
Prima cosa, preriscaldiamo il forno a 180 gradi.
Per la crema allo zucchero, mettere la farina e lo zucchero di canna (chiamato da queste parti “cassonade”) in una casseruola antiaderente, poi aggiungere il latte e la/le panna/e. 
Mescolare costantemente, a fuoco basso, con un fouet, come se fosse una besciamella, stando attenti a non bruciare il fondo. 
Quando la crema comincia a bollire e perciò a ispessirsi, toglietela dal fuoco e versatela sull’impasto della torta. Mettere in forno per 30 minuti circa finché diventa cotta, con un bel colore ambrato.
Fuori dal forno, lasciare raffreddare a temperatura ambiente, ma non in frigo. La torta si gusta tiepida ma non fredda. 

 Osservazioni:

1.     Stavolta “Bernardo” ha spiegato meglio i passi della torta. È una torta facile facile, ma non per questo bisogna farla in fretta o meccanicamente. 

2.     Se qualcuno vuole metterla in frigo per raffreddarla più velocemente, “Bernardo” scaglia anatemi. 

3.     La farina di mandorle nella pâte sucrée sta benissimo. O forse sarà che le mandorle mi sembrano un toccasana in pasticceria. 

4.     Si sporca poco e questo è sottolineato nella ricetta in originale, a giusta ragione. 

5.     La consistenza è quasi di una mousse allo zucchero, molto malleabile, ma potrebbe risultare stucchevole a chi preferisce dei dolci a più bassa concentrazione zuccherina.

6.     So che in Belgio si aggiunge un uovo alla crema. E mi ha sorpreso vedere che non ci sia in questa ricetta. Ad ogni buon conto, va bene anche così. Anche se l’uovo, secondo me, darebbe all’interno della torta una consistenza più setosa.

La torta è stata degustata con piacere e gusto casereccio da me e da amici che l’hanno finita in pochi minuti.
Stavolta questa ricetta è
PROMOSSA (ma non a pieni voti)
Biagio d'Angelo

venerdì 23 marzo 2018

SALTED COD CROQUETTES WITH PIRI-PIRI MAYONNAISE


Il baccalà è una di quelle cose che o si ama, o si odia, e io lo amo. :-)
Mi piace gustarlo crudo, con un filo di olio extravergine di oliva e magari qualche pomodoro di Pachino, e mi piace pure cotto, nelle tantissime ricette che lo vedono protagonista.
Fritto però non lo avevo mai mangiato: sarà che friggo pochissimo (però possiedo una ventina di padelle di materiali e dimensioni diverse 😃), sarà che lo mangio volentieri cucinato in tantissimi altri modi, fatto sta che questa versione non era mai transitata dalle mie papille.

L'occasione per provarla me l'ha data Lisbon, il libro che abbiamo deciso di recensire questo mese; nella cucina portoghese il baccalà è protagonista assoluto, e la foto sul libro mi ha ingolosita, insieme alla maionese piri-piri ivi prospettata come accompagnamento.

Faccio subito un appunto, ancora prima di cominciare a parlare della ricetta: raddoppiate (o triplicate) le dosi della maionese piri-piri, perché è decisamente poca! 😉

PASTEIS DE BACALHAU - CROCCHETTE DI BACCALA' CON MAIONESE PIRI PIRI
Da: Rebecca Seal - Lisbon - Hardie Grant Books

Per 14 crocchette

250 g di baccalà
400 g di patate farinose, pelate e tagliate a pezzetti
1 piccola cipolla finemente tritata
2 spicchi d'aglio schiacciati
3 uova sbattute (a me ne sono bastate 2)
3 cucchiai di prezzemolo finemente tritato
Olio dal sapore neutro per friggere (io ne ho usato uno di semi di girasole alto oleico)
1 cucchiaio di farina 00 (facoltativa)

Per la salsa piri piri:

2 spicchi d'aglio
2 cucchiai di aceto di vino bianco
1 grosso peperoncino rosso piccante, privato delle nervature interne e dei semi
1 peperoncino piri piri, o malagueta o ancora bird's eye, privato delle nervature interne e dei semi
1 peperone rosso, privato delle nervature interne e dei semi
3 cucchiai di olio d'oliva (extravergine, per me)
1/2 cucchiaino di sale fino
1/2 cucchiaino di succo di limone spremuto al momento
1/2 cucchiaino di peperoncino piri piri in polvere (facoltativo)
1 cucchiaio di Whisky

Per servire:

1 cucchiaio di salsa piri piri (vedere sotto)
5 cucchiai di maionese
Fette di limone


Circa 24 ore prima di preparare le crocchette, dissalare il baccalà: sciacquarlo sotto acqua corrente fredda per eliminare i cristalli di sale dalla superficie, quindi immergerlo in una ciotola capiente di acqua fredda, coprire e mettere in frigorifero. Cambiare l'acqua spesso: dovrebbe essere pronto in 24 ore. Alcuni baccalà vengono pronti dopo 8-12 ore, dipende dal metodo di salagione. Per verificare se è pronto, staccarne un pezzetto e cuocerlo in poca acqua per 1-2 minuti, quindi assaggiarlo: dev'essere leggermente salato, ma non in maniera eccessiva.

Quando si è pronti per cucinare, mettere il baccalà in una pentola, coprirlo con acqua corrente e mettere sul fuoco. Portare a ebollizione, abbassare la fiamma e far sobbollire per 15 minuti, quindi scolarlo e farlo raffreddare. Una volta che sia diventato abbastanza tiepido da poterlo maneggiare, eliminare la pelle e le lische e mettere la polpa nel bicchiere del mixer.

Cuocere le patate in acqua bollente salata per 10 minuti o finché siano diventate tenere, scolarle e ridurle in purea, quindi farle intiepidire e metterle nel mixer. Aggiungervi aglio, cipolla, prezzemolo e sale e avviare l'apparecchio brevemente, giusto il tempo di amalgamare il tutto. Trasferire in una ciotola e unirvi le uova sbattute e il prezzemolo, quindi mescolare per amalgamare bene.

Preparare la salsa piri piri: lavare accuratamente un barattolo a chiusura ermetica e il suo coperchio in acqua calda e sapone, quindi metterli nel forno a bassa temperatura (io 110 °C in modalità ventilata) per 15 minuti.
Mettere tutti gli ingredienti nel boccale del frullatore e azionare l'apparecchio finché siano appena amalgamati. Assaggiare e decidere se lo si desidera più piccante (la piccantezza diminuisce un po' con la cottura, tenetene conto): in tal caso aggiungete 1 o 2 peperoncini. Fare andare l'apparecchio finché la salsa non sia ben omogenea, quindi trasferirla nel barattolo sterilizzato. Si conserva in frigorifero fino a 1 mese.

Versare l'olio in una padella per i fritti fino a 6 cm di altezza e portarlo a 175 °C (misurateli con un termometro da cucina; se non lo avete, fate così: buttate nell'olio bollente un cubetto di pane del giorno prima. se frigge e diventa dorato in 30 secondi, è pronto. Se dovesse colorirsi prima, l'olio è troppo caldo: abbassate la fiamma). Prelevate una noce di impasto di baccalà e patate e friggetela per 1 o 2 minuti, quindi scolatela e assaggiatela per verificare se occorra aggiungere sale. Inoltre se i bordi dovessero risultare troppo irregolari, significa che l'impasto è troppo molle: aggiungere in tal caso un cucchiaio di farina.
Aiutandosi con 2 cucchiai formare delle quenelle e friggerle per 2-3 minuti in olio profondo, finché siano di un bel colore dorato. Non friggetene più di 3 alla volta, per non raffreddare troppo l'olio. Scolare le crocchette su un doppio foglio di carta da cucina, a mano a mano che vengono pronte.

Mescolare la maionese e la salsa piri-piri e servire immediatamente, insieme a fette di limone.

Una volta cotte, queste crocchette possono anche essere congelate. Scongelarle per 30 minuti, poi infornarle a 200 °C per 10-12 minuti, finché siano croccanti fuori e bollenti all'interno.

OSSERVAZIONI

Come dice giustamente l'autrice, i tempi di dissalazione del baccalà variano secondo il metodo di salagione. Io ho trovato un filettone di baccalà già ammollato e mi sono semplificata la vita. 😄

E' essenziale che le patate siano farinose, o si otterrà un impasto troppo molle: scegliete le patate più vecchie, dalla buccia scura. Se non doveste trovarle, cuocete le patate al microonde bucherellandole prima con i rebbi di una forchetta e avvolgendole in un tovagliolo di carta e poi in carta forno: in questo modo si asciugheranno abbastanza da poter essere lavorate bene.

Per la salsa piri piri, non sono riuscita a trovare i peperoncini della varietà indicata, che sono più piccanti del semplice peperoncino di Cayenna che trovo io. Ho cercato di ovviare all'inconveniente tenendo i semi, che sono molto piccanti, e aumentandone le dosi.

L'accoppiata baccalà e patate è vincente da sempre: unita a cipolla, aglio e prezzemolo e fritta, diventa insuperabile.

La maionese insaporita con la salsa piri piri è stata un'autentica scoperta: buona da morire!

Il piatto nel suo insieme costituisce un appetizer delizioso: la dolcezza saporita della crocchetta di baccalà è sottolineata dalla maionese piccante, e il limone pulisce il palato dalla sensazione di grasso. Io ho usato limoni non trattati, che ho mangiato interi: anche l'aroma della scorza di limone ha contribuito a fare del piatto una vera goduria.

Insomma, se non si fosse capito, per me la ricetta è

PROMOSSA

giovedì 22 marzo 2018

SARDINE PÂTÉ



L'autrice di Lisbon, il libro del mese qui allo Starbooks, racconta di come il Portogallo sia famoso per il suo pesce in scatola, sardine soprattutto, spesso vendute in bellissime scatole.
Proprio in Portogallo si trova anche la più antica azienda conserviera d'Europa, Ramirez.

Ricordo bene che, durante la scoperta di Lisbona, passeggiando senza una meta precisa come mi piace fare in città che visito per la prima volta, mi trovai di fronte ad un negozio che mi lasciò a bocca aperta (anche per la fame del momento!), perché vendeva praticamente solo pesce conservato. Non mi era mai successo prima di trovare un negozio simile! Confermo le parole della Seal, le confezioni del pesce in scatola sono stupende... Se qualcuno avesse in programma un viaggio a Lisbona, non può perdersi questo negozio: la Conserveira de Lisboa.

La ricetta di oggi, il Sardine Pâté è semplice ma molto gustosa, ed è facile trovarla come starter nei caffè e nei ristoranti portoghesi.
Se siete alla ricerca di idee veloci per un aperitivo o per il il picnic di Pasquetta, questa ricetta potrebbe fare al caso vostro :)


Sardine Pâté
da Lisbon di Rebecca Seal


Ingredienti per 4 persone (se servita come starter o all'interno di un pasto leggero)

1 scatola da 125 g di sardine in olio d'oliva o di semi di girasole
1 cucchiaio di prezzemolo tritato finemente
1-2 cucchiai di succo di limone appena spremuto 
2 cucchiaini da té di burro morbido
1 cucchiaino da té di passata di pomodoro densa o concentrato di pomodoro
sale e pepe nero appena macintao
pane tostato per servire

Sgocciolare le sardine dall'olio, che andrà scartato. Mettere il pesce in una ciotola ed unire il prezzemolo, un cucchiaio del succo di limone, il burro e il pomodoro e ridurre in purea (io ho usato il robot da cucina). Assaggiare e regolare di sapore, se necessari. Unire ancora del succo di limone a piacere.
Se non si desidera mangiare subito il paté, conservarlo in frigorifero fino a due giorni al massimo, ricordandosi di riportarlo a temperatura ambiente prima di servirlo. Accompagnare con pane croccante o toast, come snack o aperitivo.

Note personali

- ricetta semplice e velocissima. la parte più complicata, si fa per dire, è eliminare le lische dalle sardine ;)

- non ho avuto la necessità di aggiungere sale ma solo un po' di pepe, e non aggiunto subito il secondo cucchiaio di succo di limone perché ho preferito aspettare qualche ora per assaggiare di nuovo il paté

- agli amanti del limone, consiglio di servire i crostini con una fettina sottilissima di limone (non trattato)

- il paté si può mangiare subito, ma se lo lascerete riposare qualche ora in frigorifero o tutta la notte, sarà ancora più buono. In questo modo i sapori avranno il tempo di amalgamarsi bene.

La ricetta nella sua semplicità è:

PROMOSSA

mercoledì 21 marzo 2018

BAKED GOAT'S CHEESE WITH HONEY AND ROSEMARY


Sembra che lo Starbooks mi legga nel pensiero. 
La volta scorsa con Sweet neanche il tempo di scartare il pacco appena consegnatomi dal corriere che mi comunicano che il libro scelto è proprio quello. Questo mese, mentre fantasticavo di tornare a Lisbona per Pasqua, guardavo i voli e mi segnavo posticini dove mangiare, mi avvisano che il libro da analizzare è Lisbon Recipes from the Heart of Portugal di Rebecca Seal. E allora ditelo!
Una carrellata di ricette tradizionali perlopiù, che si possono trovare nelle osterie, quelle tipiche e più autentiche che si scovano girando per il Barrio Alto magari.
La ricetta che potete leggere di seguito è semplicissima ma, una di quelle per quali potreste finire un intero filone di pane. Formaggio di capra fuso, addolcito dal miele e profumato dal rosmarino.
L’autrice racconta che il piatto è ispirato a un piatto che lei stessa ha provato al Cantinho Lusitana, “un ristorante piccolo ma meraviglioso, gestito da marito e moglie Silvia e João” beh girando in rete l’ho trovato, se qualcuno che passa per Lisbona volesse approfittare https://www.tripadvisor.com/LocationPhotoDirectLink-g189158-d2337647-i72623719-Cantinho_Lusitano-Lisbon_Lisbon_District_Central_Portugal.html


Una fetta di formaggio di capra 1 x 4 cm di spessore (circa 110 g) con la crosta
15 foglie di rosmarino
3 cucchiai di miele fluido
Pane croccante, per servire
Preriscaldare il forno a 200ºC
Mettere il formaggio in una terrina da forno con coperchio (più si adatta bene al formaggio, meglio si manterrà insieme). Completare con le foglie di rosmarino e il miele, coprire e mettere in forno. Cuocere per circa 12 minuti e mezzo, tempo in cui il formaggio avrà iniziato a sciogliersi e diventare deliziosamente filante. Togliere dal forno con attenzione, poiché il miele sarà gorgogliante e molto caldo.
Lasciare raffreddare per un paio di minuti, quindi servire con abbondante pane croccante per spalmare e inzuppare, in una parola: fare la scarpetta.

NOTE:

·         La ricetta non ha difficoltà di alcun genere, nel giro di 15 minuti vi troverete un piatto pronto da servire che farà la felicità dei commensali.
·         Non ho mai trovato ricette, prima d’ora, nelle quali si specifichino il numero di foglie di rosmarino, tuttalpiù si parla di un rametto invece qui l’autrice ne indica la quantità precisa. La stessa accuratezza non l’ho riscontrata nell’indicazione del formaggio di capra. Si parla di una sola fetta spessa con la buccia e, a intuizione ho capito che si trattava di un tronchetto di capra che da noi si trova d’importazione francese. Purtroppo non l’ho trovato abbastanza grande da riempire la terrina e l’ho diviso a fette. Parlare genericamente di formaggio di capra, credo sia fuorviante perché da noi ne esistono diverse varietà, da quelli più freschi a quelli stagionati. Una descrizione più precisa sarebbe stata opportuna.  L’autrice nell’introduzione dice che non importa se il formaggio che scegli è davvero maturo o no. Un formaggio veramente maturo diventerà pastoso durante la cottura, mentre un formaggio giovane avrà una consistenza morbida e friabile una volta caldo, ma niente in merito al tipo di formaggio.

·         L’indicazione sui minuti della cottura è talmente precisa da farmi sorridere 12 minuti e 30, in realtà ho avuto bisogno di alcuni minuti in più.

GIUDIZIO
PROMOSSA
Il bosco di alici

martedì 20 marzo 2018

CHORIZO PÂTÉ




Oramai non è un mistero che adoro il chorizo e la 'nduja, peccato non riuscire a trovare il chorizo non secco, l'ho cercato ovunque ....ma niente da fare.
La seconda ricetta che ho scelto dal libro del mese, è più una non ricetta..... In pratica basta mettere buona parte degli ingredienti nel robot con le lame ed il gioco è fatto... A volte il mio lato pigro prende il sopravvento, come in questo caso. Confesso però che almeno il pane l'ho fatto io ;) pigra ma non troppo XD


Ingredienti per 4/6 persone come stuzzichino:

200 g di chorizo ( piccante oppure no )
1 cucchiaino da te di paprika dolce
1 cucchiaio da 15 ml di burro morbido, a temperatura ambiente
1 cucchiaio da 15 ml di porto
2 cucchiaini da te di succo di limone
Per servire: prezzemolo a foglia liscia, tritato, fette di pane tostato



Togliere il budello dal chorizo. Buttare il budello e spezzettare il chorizo. Per la dimensione dei pezzetti, quanto più saranno piccoli, tanto meno faticherà il robot con le lame.
Mettere tutti gli ingredienti ( tranne prezzemolo e pane ) nel robot con le lame e frullare fino a ottenere una pasta non troppo fine ( ancora grezza). Assaggiare ed eventualmente regolare di sale (probabilmente è già sufficiente quello contenuto nel chorizo, ma se ritenete di doverne aggiungere, questo è il momento di farlo ). Frullare ancora, questa volta fino ad ottenere un composto più fine possibile. Servire con una guarnizione di prezzemolo tritato, e spalmato sulla fetta di pane tostato.
Questo patè si abbina bene con le uova o il formaggio, nei panini, ma può essere anche usato negli stufati. Alla fetta di pane spalmata con patè si possono anche aggiungere funghi trifolati.



Note:

- Ho fatto dose ridotta e usato un mini robot con le lame.

- Ovviamente non ho aggiunto sale, è perfetto così.

- Non dimenticatevi il succo di limone, fa la differenza.

- Questo patè è vergognosamente semplice e rapido da preparare, uno stuzzichino da preparare al volo in caso di ospiti improvvisi. Ho usato un pane rustico fatto da me in casa, che ne ha esaltato il sapore. La ricetta è sicuramente

PROMOSSA

lunedì 19 marzo 2018

MOLOTOV PUDDING





Se la scelta del primo dolce provato dal libro del mese è stata dettata dai gusti del consorte (il dulce de leche non vale, era solo un complemento!) il secondo invece è assolutamente colpa, o merito, delle papille gustative della sottoscritta.
Meringhe in ogni foggia, cotte, fiammeggiate sopra le crostate, arrotolate, in monumentali Pavlove o sbriciolate sopra i gelati e nelle coppe: mi piacciono sempre, e tanto. 
Il dolce in questione non mi è nuovo, anzi l'ho mangiato spesso ma nella forma più tradizionale, quella che lo vede cotto nello stampo unico: le monoporzioni non solo più aggraziate ma sicuramente meno da sensi di colpa...sempre che se ne mangi una sola.
Il buffo nome è in realtà cambiato col tempo : in origine era "Malakoff", per tributo all'omonima battaglia e relativa vittoria contro lo zar Nicola durante la guerra di Crimea.
Divenne poi "Molotov" dopo la seconda guerra mondiale, probabilmente per assonanza con quello che era all'epoca il soprannome di un politico russo.
Ma bando alle ciance, e veniamo al dolce: buono, è buono.
Deve piacere ovviamente la consistenza particolare e morbida che prende la meringa cotta in questo modo ed il suo sapore estremamente delicato.
Il novanta per cento del risultato dipende quindi da ciò che lo accompagna ;)





MOLOTOV PUDDING
per 6 porzioni

olio neutro, per ungere gli stampini
4 uova fresche a temperatura ambiente
un pizzico di sale
4 cucchiai di zucchero superfino (tipo Zefiro)
mezzo cucchiaino di estratto di vaniglia
3 cucchiai di mandorle a lamelle per servire
100 g di zucchero superfino per il caramello


Usando l'olio scelto ed un pezzo di carta da cucina ungere sei stampini da circa 150 ml di capacità.
Preriscaldare il forno a 180 gradi e mettere dell'acqua a bollire.
Montare gli albumi con il sale fino allo stadio soft peaks, ovvero formeranno delle onde morbide. Unire quindi i 4 cucchiai di zucchero a poco a poco, sempre montando, ed infine la vaniglia.
Gli albumi dovranno risultare lucidi e ben montati.
Usando un cucchiaino dividere la meringa tra gli stampini preparati, usandolo per pressare il composto con delicatezza in modo che raggiunga ogni angolo.
Livellare la superficie e battere gentilmente gli stampini sul piano da cucina per eliminare eventuali bolle d'aria.
Mettere gli stampini in una teglia e versare nella teglia dell'acqua bollente in modo che raggiunga circa metà altezza degli stampini stessi.
Infornare e cuocere 12 minuti, tempo durante il quale i dolci si gonfieranno e coloriranno un poco ma si sgonfieranno appena li toglierete dal forno.
Togliere gli stampini dal bagnomaria e far raffreddare i dolci completamente prima di sformarli invertendoli sui piatti da portata.
Tostare le mandorle su fuoco basso e lasciare da parte.
Per il caramello, mettere i 100 g di zucchero in un pentolino con 100 ml di acqua e farli bollire a  fuoco alto. Dopo un po' lo sciroppo comincerà a cambiare colore, e qui va guardato a vista (watch it like a hawk, come un falco!) e tolto dal fuoco quando ancora dorato e non troppo scuro, altrimenti risulterà amaro.
Dopo un paio di minuti controllare la consistenza, se sarà troppo sodo per poter essere versato sui dolci basta aggiungere dell'acqua, un cucchiaio alla volta, fino alla giusta consistenza.
Fare attenzione perchè il caramello schizzerà un poco all'aggiunta dell'acqua.
Servire quindi i dolci con il caramello e le mandorle, oppure con del dulce de leche (ne è stata data la ricetta qui ), o ancora con della crema inglese.


NOTE

- ho seguito la ricetta alla lettera e non ho avuto problemi. Rimango perplessa che ancora si unisca il sale agli albumi dato che ormai anche il mio gatto sa che si, viene favorita la trasformazione in meringa ma questa sarà poi meno stabile.

- i dolci si gonfiano tantissimo in cottura, sembrano dei soufflè! ho avuto un attimo di timore vedendo che erano almeno 2 cm e mezzo oltre lo stampo a fine cottura. Invece si sono poi abbassati rimanendo perfettamente lisci.

- come dicevo la salsa di accompagnamento è ciò che darà carattere al dolce: caramello e mandorle tostate si sono rivelati vincenti, rimango leggermente più perplessa sul dulce de leche anche qui ma ecco, si, bisogna che provi per potermi esprimere :)

- temevo, come temo sempre, che non uscissero bene dagli stampi: sbagliavo.

- quelli avanzati li ho tenuti in frigo, e per i miei gusti freddi sono ancora più buoni.

- detto questo, il consorte decreta che il concetto di monoporzione va rivisto e calibrato dato che per lui questa in foto è al massimo una cucchiaiata.

la ricetta è quindi 
PROMOSSA


sabato 17 marzo 2018

CONDAT PER STARBOOKS REDONE DI MARZO 2018


Riceviamo e volentieri pubblichiamo la partecipazione al Redone di un affezionato lettore, Biagio.




Vinta ormai la mia pigrizia proverbiale, mi decido a proporvi una ricetta per lo Starbooks Redone.
Ho a casa, “per colpa” dello stupendo Team Starbooks Redone, la versione originale francese del bel libro Baklava to Tarte Tatin (La cuisine de Bernard). Ho fatto già varie ricette, ma stavolta ho voluto provare questo gâteau alla farina di mandorle con l’olio di oliva. Sì, esatto, quest’ultimo era l’elemento che più mi aveva lasciato intrigato, assieme al fatto che Bernard dice di aver letteralmente inventato la ricetta in casa di amici a Condat, nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi…e il mio sogno è inventare ricette di pasticceria, più che rifare delizie altrui… Comunque, la ricetta è semplice e si fa a occhi chiusi. 


Ingredienti:
170 grammi di farina di mandorle
120 grammi di zucchero
50 grammi di burro
60 grammi di olio di oliva
3 uova
50 grammi di farina
buccia grattugiata di 1 limone

Preriscaldare il forno a 180 gradi.
Mescolare bene lo zucchero con la buccia grattugiata del limone, affinché lo zucchero s’impregni dell’aroma dell’agrume. Poi aggiungere le uova, uno per volta, ma senza amalgamare eccessivamente.
Sciogliere poi il burro a bagnomaria o nel microonde per pochi secondi. Intanto, aggiungere l’olio di oliva al composto zucchero-uovo, poi il burro fuso e finalmente le due farine. Il composto non avrà grumi.
Versare l’impasto o in uno stampo circolare imburrato da 22 cm oppure in degli stampini per muffins (12) e infornare immediatamente per circa 30 minuti. Uno stecchino inserito dopo una mezz’oretta dovrebbe uscire ben asciutto. Togliere dal forno e lasciar riposare su una griglia. Poi, prima di servire, spolverare con zucchero a velo.  


NOTE

  • Siccome nella ricetta una delle versioni possibili era da fare negli stampini per muffins, ho optato per questa modalità, perché avevo uno stampo francese, nuovo di zecca, con sei cavità.
  • Il consiglio di Bernard di mescolare poco l’impasto è probabilmente dovuto al fatto che, come si sa, l’impasto dei muffins non deve risultare troppo compatto.
  • Senza un buon caffè, un buon tè, un buon latte macchiato, il Condat sembra una madeleine rotonda muffinosa. Insomma, sarebbe perfetto da inzuppare. Con il caffè pomeridiano, andava benino.
  • Mi aspettavo, infatti, qualcosa di più pungente e, come dicono i francesi, “moelleux” (molloso), cosa che al gusto non c’è. (Sì, molloso, che è sinceramente molto espressivo, non si può dire in italiano, ma il concetto è quello). Invece mi è sembrato un dolcetto, diciamo, senz’arte, né parte… Peccato perché la farina di mandorle è uno degli ingredienti che più preferisco…
  • Forse 20 minuti sarebbero stati più che sufficienti perché il dolce fosse pronto, ma io mi sono strettamente attenuto alla ricetta scritta e su questa variazione, concernente lo stampo alternativo, l’autore non dice assolutamente nulla.
  • Non vi è lievito. Confermo: senza lievito. Né bicarbonato. Resta, perciò, tutto un po’ secco, senza leggerezza. Peccato.

    Quindi, la ricetta del Condat di Bernard Laurance è

    BOCCIATA con qualche remota possibilità di redenzione futura 

    Biagio