venerdì 30 novembre 2018

SCANDIKITCHEN CHRISTMAS: TIRIAMO LE SOMME?




C'erano una volta i libri di cucina che avevano qualcosa da dire
Erano quelli che ci introducevano a mondi nuovi, non necessariamente antichi-e lo facevano in modo onesto e credibile: le foto corrispondevano ai testi, le ricette avevano nomi confortanti e l'insieme era quello di una novità mai astrusa e sempre intrigante: tanto che bastava sfogliarli, ed ecco che le immagini degli scaffali piegati, dei volumi ancora incellofanati, delle proporzioni fra ricette da provare e tempo da vivere svanivano in un soffio, di fronte all'interesse suscitato dai loro contenuti. E tutto finiva inevitabilmente nel carrello della spesa, reale o virtuale che fosse, a dispetto dei giuramenti col sangue fatti prima di entrare nella libreria, reale o virtuale che fosse.

Sono questi i libri che mancano oggi nel mercato editoriale, soffocato dalle prove sempre più stanche dei soliti noti e da una ripetitività stucchevole ed irritante dei soliti ignoti. Se fosse ancora vivo mio nonno, citerebbe uno dei suoi proverbi preferiti, quello del rimestare l'acqua nel trogolo, da tanto tutto è desolatamente uguale a se stesso. Per non parlare dell'incommensurabile fastidio che si prova di fronte all'arroganza di chi pensa di prendere in giro il consumatore, infilando il pizzico di questo o di quello nella solita ricetta e spacciandolo come l'ultima rivoluzione in materia di cibo. E ringraziate che è Natale e che ho una letterina lunghissima da spedire se sorvolo sullo sconsolante appiattimento delle foto, sulla mancanza di un concetto di food styling e- orrore degli orrori- sulla convinzione che la scrittura di cibo passi solo attraverso frasi così fatte e così insulse che, al confronto, il sentore di marasche nel vino è l'avanguardia letteraria del Terzo millennio. 

Con Bronte Aurell, per fortuna, tutto è diverso- o meglio: tutto è meravigliosamente uguale a quei bei tempi, in cui acquistare libri di cucina era una gioia, seconda solo alla soddisfazione di provarne le ricette. Lo avevamo già visto con Fika&Hygge, ne abbiamo avuto la conferma con Scandikitchen Christmas: un libro ben fatto, in cui l'anima del food blogger si fonde con quella del food writer in un'opera che fa coincidere forma e sostanza, agganciando i lettori con l'attrattiva di un prodotto ben confezionato e fidelizzandoli poi con la garanzia di un contenuto affidabile. 
Certo, gli storici avrebbero preferito qualche nota in più di folklore, i tecnici qualche spiegazione in più sui procedimenti, i fotografi qualche props in meno, i critici qualche bocciatura in più, a conferma di quanto ci si sia dimenticati del DNA dei libri di cucina propriamente detti (perchè evidentemente non ce ne sono più) e dell'integrità di questa squadra che ancora mette in discussione se stessa, prima di tutto il resto.
Ma, evidentemente, non si trova più nemmeno quella.
Come da tradizione, lo Starbook chiude i battenti a Dicembre per riaprirli a Gennaio. Gli auguri ce li faremo a tempo debito, ovviamente, mentre l'appuntamento per il 2019 ve lo diamo sin da ora, nella speranza di trovarvi interessati, appassionati e fedeli, come al solito.
Ci rivediamo l'anno prossimo!

giovedì 29 novembre 2018

STARBOOKS REDONE DI NOVEMBRE 2018: IL VINCITORE!


Il Redone di Novembre ci consegna l'ultimo vincitore del 2018.
Ma mi raccomando, se nella frenesia culinaria del prossimo mese provate una delle ricette tratte dai libri esaminati da noi, fatele una foto e tenetela da parte per il Redone di Gennaio!!!
Ma bando alle ciance, il vincitore è...

Il bosco di alici, con i Sesame Gougères


Dalla vincitrice  aspettiamo l'indirizzo alla mail lostarbook@gmail.com per l'invio del gadget Starbook .
E per tutti gli amici dello Starbooks, ci si rivede a Gennaio: auguri a tutti!

mercoledì 28 novembre 2018

JANSSON'S TEMPTATION


Terzo ed ultimo contributo del  nostro collaboratore Biagio.
Ma riuscite a credere che un semplice sformato di patate sia divenuto il piatto più celebre (con le Köttbullar, le polpette, chiaro) della cucina svedese ?
Comunque è davvero unico.
Anche nel nome.
Chi è tal Jansson?
Qui si annida un mistero….
Il primo aneddoto recita che il nome si deve all’idea di una nobildonna svedese, Elvira Stigmark, che, per il capodanno del 1929, pensò di battezzare con il titolo di un film (appunto, “Janssons Frestelse”, del 1928), nel quale recitava l’attore preferito della Stigmark, Edvin Adolphson, il gratin di patate della sua cuoca (la signora Sofie Pauline Brogårde).  
La seconda leggenda urbana viene da un cantante d’opera, il baritono svedese Per Janzon (1844-1889), che, figlio di un pescivendolo, adorava invitare amici a casa sua, per sbevacchiare birre, acqueviti e mangiare questo gratin di acciughe.
Belle storie, comunque. Quale sarà la più autentica ?
Andiamo alla ricetta.


INGREDIENTI

700 g di patate farinose (come le Russet, King Edward o Maris Piper)
25 g di burro
200 g di cipolla bianca affettata finemente
125 g di ansjovis* o di aringa dolce in salamoia tagliata a pezzetti piccoli
300 ml di latte intero
300 ml di panna ad alto contenuto di grassi
3-4 cucchiai di pane grattugiato (secco, non fresco)
sale e pepe nero macinato al momento

una pirofila, circa 30 x 15 cm
serve 4 persone, come contorno (l’abbiamo finita in 6, con il bis)


INDICAZIONI

Preriscaldare il forno a 180ºC.
Sbucciare le patate e tagliarle a fiammiferi, un po’ più sottili delle patate fritte. Fare questa operazione tutta in una volta e non metterle nell’acqua, per non perdere l’amido. Mettere le patate su una teglia e infornarle per circa 20 minuti per la precottura.

Intanto, sciogliere il burro in una casseruola, aggiungere la cipolla e cuocere fino a quando non sarà morbida, facendo attenzione a non farla colorire. Tirar fuori dal forno le patate e aggiungerle alla cipolla, mescolando delicatamente, senza romperle.

 Mettere la metà della miscela di cipolle e patate sul fondo della pirofila. Mettere metà della scatola di ansjovis sulla superficie fatta di  cipolle e patate. Condire con sale e pepe. Mescolare insieme la panna e il latte, quindi versare la metà del liquido sulle patate e sulle cipolle.

 Ripetere il tutto, aggiungendo un altro strato di cipolla e patate, più gli ansjovis, e versare, quindi, il resto della miscela liquida di latte e panna. Per ultimo, cospargere con il pangrattato. La miscela liquida di latte e panna dovrà quasi colmare la pirofila.

Cuocere per circa 30-35 minuti fino a quando le patate sono cotte. Alcune patate assorbono più liquido di altre quindi se il piatto sembra asciugarsi troppo durante la cottura, aggiungere un po’ più di latte. 
La consistenza finale dovrà comunque essere cremosa. 


NOTE

*Il “dramma” di questo tipico piatto della cucina svedese viene da tali benedette ansjovis. Non so neppure se usare il femminile o il maschile plurale, a questo punto. Le ansjovis non sono acciughe, come suggeriscono alcune ricette tradotte erroneamente. 
Come la stessa Brontë Aurell scrive, lo svedese ansjovi è un pesce tipo aringa o sardina in salamoia dolce. Figurati se a queste latitudini, dove la famigerata grande catena svedese tuttofare non esiste, figuratevi, dicevo, se è possibile reperire gli ansjovis svedesi. 
Manco all’ambasciata. Dunque, che fare? Rinunciare al piatto? Neanche per sogno. Due direzioni: ho chiesto a un amico chef danese che vive a Brasilia, cosa farebbe lui a posto mio. Risposta perentoria. “Uso sardine in latta. Il piatto viene buonissimo ugualmente”. Compro le sardine con erbe aromatiche. Penso che andrebbe bene metterle condite con un po’ di zucchero muscovado. Decido, non contento, di scrivere all’Autrice in persona che approverebbe la “zuccherificazione” delle sardine (“that’s okay”) ma sempre gentilissimamente mi risponde di tentare le aringhe. Potrebbe essere la migliore soluzione.  Sarà più vicina al gusto delle acciughe. 
Aringhe? “O que é isso?”, mi domandano qui. (Che cavolo sarebbero?) Neanche al mercato del pesce. Aringhe sono cose da gringos, del Mare del Nord. Risposta ineccepibile. Torno da Brontë e lei mi chiede: “Can you get anchovies?”. Sì, quelle le trovo. Eccole. E le curo con dello zucchero muscovado e fingo una deliziosa salamoia agrodolce, simile a quella delle ansjovis. Certo, non si dovrebbe fare, è una “tentazione”, e il titolo del piatto potrebbe indurre a questo, letteralmente… ma Jansson, da buongustaio, ne sono sicuro, approverebbe. 
Già la scelta è stata già benedetta dall’Autrice di “Scandikitchen” stessa! E vi assicuro che funziona perfettamente. 


-La ricetta è veramente di semplicissima esecuzione. Solo un po’ di pazienza per pelare le patate. Siccome è un contorno, fate un maiale o un bel pollo al forno, e tutti saranno felici. È buonissima. L’avevo mangiata altre volte o in Svezia o in casa di amici svedesi. Farla qui in Brasile mi fa sentire uno chef multistellato Michelin… e scusate se non è poco…
PROMOSSA all’inverosimile! 

Biagio D'Angelo


martedì 27 novembre 2018

EASY CHOCOLATE ROLL



Nell'introdurre questo dolce, l'autrice afferma che, a volte, le cose semplici sono quelle che funzionano meglio. Io sono decisamente d'accordo con lei :) La Aurell prosegue scrivendo che il dolce è versatile. In base a quello che abbiamo nella dispensa, potremmo aggiungere: frutti di bosco, più cioccolato... Si può anche sostituire il cacao con la stessa quantità di farina bianca, per preparare un rotolo alla vaniglia, ad esempio.


Ingredienti per 6-7 persone

4 uova
120 g di zucchero (semolato o super fine), meno un cucchiaio
90 g di farina bianca
30 g di cacao in polvere (amaro), più quello per spolverare
½ cucchiaino da tè di baking powder
un pizzico di sale
1 cucchiaino da tè di zucchero alla vaniglia o di estratto di vaniglia
25 g di burro fuso e raffreddato
50 g di cioccolato fondente, tritato grossolanamente, per la finitura

Farcitura

300 ml di panna (fresca) da montare
brandy o liquore alle noci (facoltativo)
75 di noci tostate e tritate

uno stampo per Swiss roll o una teglia da forno da 30x20 cm circa


Preriscaldare il forno a 180° C. Rivestire lo stampo con carta forno e spruzzare con dello spray non-stick alimentare.
Mettere le uova (meglio se a temperatura ambiente) e lo zucchero nella ciotola dell'impastatrice, con la frusta, e montare finché il composto non scrive. L'operazione potrebbe richiedere diversi minuti. E' pronto quando, sollevando la frusta, vedrete dei nastri di composto sulla superficie, che non affondano subito.
Mescolare la farina, il cacao in polvere, il lievito, il sale e la vaniglia. Setacciare nel mix di uova e zucchero e mescolare delicatamente (dal basso verso l'alto) per non smontare il composto. Unire il burro, sempre facendo attenzione a non smontare il composto.
Versare il mix nello stampo preparato, infornare, e cuocere. Il tempo di cottura dipenderà dal forno che si utilizza, ma dovrebbe essere di circa 10-12 minuti. E' pronto quando sarà leggermente elastico al tocco.
Sfornare e lasciar raffreddare per alcuni minuti. Coprire lo stampo con un panno da cucina pulito e ribaltare il cake sopra al panno. Eliminare la carta forno, con delicatezza. Arrotolare, sempre con delicatezza, il cake intorno al panno mentre è ancora caldo. Questo dovrebbe impedire al rotolo di rompersi quando verrà arrotolato una volta farcito. Lasciar raffreddare.
Nel frattempo preparare il ripieno. Montare la panna ben soda. Quando il rotolo sarà freddo, srotolarlo e spennellarlo con il brandy o il liquore alle noci, se volete usarli. Stendere una strato sottile e uniforme di panna montata. Cospargere con le noci tritate. Arrotolare intorno alla farcitura e traferire sul vassoio da portata.
Cospargere con il cacao in polvere. Fondere il cioccolato a bagno-maria o nel microonde e metterlo in una tasca da pasticciere, tagliarne la punta, decorare il rotolo e servire.




Note personali

- la ricetta è semplice e veloce. Dovrete montare molto bene le uova, perché il successo del dolce dipende in gran parte da questo passaggio. Io vi consiglio di tirare fuori le uova dal frigorifero almeno un'ora prima dell'utilizzo. In questo modo riuscirete a montarle con minor fatica e in minor tempo 

- Non ho lo spray non-stick, che ho sostituito utilizzando un pezzo di carta da cucina, leggermente  imbevuta (proprio poco!) di olio d'arachidi, e l'ho passata sulla carta forno.

- non ho usato la sac a poche ma un cucchiaino per decorare il rotolo. Con la tasca da pasticciere il risultato sarebbe stato più preciso...

- lo stampo che ho usato io era 32x22 cm circa, ma come potete vedere dalla foto, il rotolo non ne ha risentito!

- non ho usato il liquore (che è facoltativo) perché il rotolo sarebbe stato servito anche a dei bambini. Ho assaggiato il dolce subito dopo averlo farcito e risultava un po' asciutto. Dopo 6-7 ore era perfetto. Il giorno dopo era ancora meglio. Mettendo la bagna, probabilmente, la giusta morbidezza si raggiunge subito o quasi. Per sostituire la bagna con qualcosa di non alcolico, vi consiglio del succo d'arancia, che con il cioccolato si sposa benissimo. Io l'avrei fatto ma non avevo più arance in casa...

- avevo il timore che la panna si potesse smontare arrotolando il rotolo o poco dopo, ma non è successo, anzi, non ha perso consistenza e la forma si è conservata perfettamente fino alla sera del giorno successivo, quando il dolce è stato finito

- la prossima volta che lo preparerò, aggiungerò poco zucchero a velo alla panna da montare, per rendere il ripieno dolce. E' solo un mio pensiero, nessuno ha trovato il dolce "poco dolce" ;)

- le dosi sono per 6-7 persone, che riusciranno a fare anche il bis...

Questo dolce è veramente delizioso, anzi: godurioso!


La ricetta è:

PROMOSSA A PIENI VOTI

lunedì 26 novembre 2018

SAFFRON LAYER CAKE


Lo zafferano è la spezia più diffusa nei dolci svedesi sotto le feste di Natale. Noi siamo abituati ai panini di Santa Lucia, soffici e graziosi, stavolta ci inchiniamo di fronte alla maestosità di una torta a tre strati, farcita con una crema al burro e marzapane che la Bronte ci assicura essere autorizzata a comparire sulle nostre tavole, in questo periodo. E se ce lo dice lei...


Ingredienti per una torta di 18 cm di diametro
3 stampi da 18 cm di diametro, imburrati e rivestiti di carta da forno

per la torta
50 g di burro
100 ml di latte
1 pizzico di zafferano pestato al mortaio (il mio era già in polvere)
4 uova
325 g di zucchero semolato, fine
300 g di farina 00
2 tsp di lievito per dolci 
1/2 tsp sale 
1 cucchiaino di estratto di vaniglia 
50 g di yogurt bianco, greco o simile
frutti rossi brinati per decorare 

per il frosting
75 g di marzapane
300 g di zucchero a velo
150 g di burro morbido
latte
limone, a piacere

Accendete il forno a 180 gradi. Fate sciogliere il burro in un pentolino, poi unitevi il latte e lo zafferano, a fuoco spento. mescolate e lasciate in infusione, mentre vi dedicate alla preparazione della torta. Montate le uova con lo zucchero, con le fruste elettriche, fino ad ottenere un composto soffice e spumoso. Mescolate da parte la farina con il lievito e il sale e setacciateli. Uniteli poi al composto di uova, incorporandoli dal basso verso l'alto perchè non smonti. Profumate con la vaniglia. Aggiungete lo yogurt e il latte allo zafferano, incorporandolo con una spatola, sempre con movimenti dall'alto verso il basso, fino ad avere un composto liscio e semi fluido. Dividetelo in tre parti uguali nei tre stampi precedentemente preparati e infornate a forno caldo per 12-14 minuti (nel mio forno 18). 
Sfornate, lasciate intiepidire 5 minuti negli stampi, poi sformate e fate raffreddare sulla gratella. 
Nel frattempo, preparate la crema
Stemperate il marzapane in una ciotola, con 2 cucchiai di acqua calda: servirà ad evitare i grumi. Setacciate lo zucchero a velo in un'ampia ciotola, unite il burro e montate con le fruste, fino alla massima velocità. Unite il marzapane e montate ancora, fino a quando avrete una crema liscia e spumosa. Se dovesse essere troppo densa, allungatela con un cucchiaio di latte. Se per i vostri gusti fosse troppo dolce, bilanciatela con l'aggiunta di qualche goccia di  succo di limone. 
Montate la torta: mettete il primo strato sul piatto da portata e spalmatevi sopra uno strato di crema. Sovrapponete il secondo strato, spalmatelo con la crema e fate lo stesso con il terzo. Se volete, potete anche spatolare la crema tutto intorno, come nella foto, per dare un effetto "frozen"(nel mio caso, è più simil-sauna, ma questa, al Nord, ci sta). Decorate a piacere, con frutta brinata


Note mie
  • Torta facilissima, assolutamente da porca figura. Non avendo gli stampi da 18, ma solo da 15, ho usato quelli: gli strati sono diventati un po' più alti ma non si è lamentato nessuno, considerando il fatto che anche l'originale è alta e ricca. Ci vogliono piattino e forchetta, insomma- ma credo che non sia il caso di speigare il perchè. 
  • Torta velocissima, pure: non ho impiegato 10 minuti a prepararla, la cottura è veloce, il raffreddamento pure e a montare la crema si impiega più a dirlo che a farlo. E anche questo è un altro valore aggiunto
  • Ho preparato il marzapane da zero, mescolando 35 g di zucchero a velo con 35 g di farina di mandorle e aggiungendo a poco a poco dell'albume. Potete usare quello comprato o, se non vi piace, potete sostituirlo con una composta di mele o di pere, come suggerisce l'autrice, inserendola non nella crema ma fra gli strati. 
  • Lo zafferano si sente ed è quello che dà personalità ad una base altrimenti buona ma un po' anonima. 
  • Il vero problema è la quantità di zucchero, non tanto nella buttercream (quello è praticamente standard) quanto nell'impasto: per me, 350 g su 4 uova e 300 g di farina sono davvero tanti. Nello stesso tempo, la ricetta tradizionale è quella (controllata su tutti i libri che ho), con in più anche una bella sleppa di burro che, invece, qui si riduce ad appena 50 g. E dove la tradizione si impone, la sottoscritta si inchina, per cui non mi resta che decretare questa ricetta 
GODURIOSAMENTE PROMOSSA
(ma prenotate un'ora di palestra)






venerdì 23 novembre 2018

NORWEGIAN CHRISTMAS BREAD

Natale che vai, pandolce che trovi.
Questo è lo Julekake, famosissimo pane dolce norvegese, in cui la farina viene impastata con il latte ed il cardamomo: la tradizione lo vuole semplice, persino un po' rustico, mangiato a fette imburrate senza parsimonia alcuna per chi ama i dolci o spalmate di brunost, il famoso formaggio  scuro norvegese. La modernità, invece,  ce lo presenta variamente agghindato, con affondi nel cake design che agghiacciano più che i Natali norvegesi dal lato sbagliato della porta di casa. 
La Aurell, vivaddio, sceglie la prima strada con la sola variante della sostituzione dell'acqua della ricetta classica con il latte acido, in un risultato che ha tenuto appese noi dello Starbooks per circa due settimane- e che vi svelerò solo alla fine. 
Perchè mica solo il Natale, ha le sue tradizioni :) 

Ingredienti
25 g di lievito di birra (io 3 g lievito disidratato, un po' meno della metà delle dosi indicate)
200 ml di latte intero, scaldato a 36-37 gradi (non oltre)
50 g di zucchero semolato, fine
100 ml di latte acido
50 g di burro morbido
1 cucchiaino di sale
dai 400 ai 500 g di farina forte
1 cucchiaino di cardamomo
1 uovo leggermente sbattuto 
olio per spennellare
zucchero in granella (facoltativo) per decorare

per il ripieno
50 g di uvetta
il succo di una arancia, appena spremuto
dai 50 ai 75 g di canditi (facoltativo)

Due ore prima di cominciare, ammollate l'uvetta nel succo d'arancia
Nella ciotola dell'impastatrice, sciogliete il lievito nel latte, mescolando. Unite lo zucchero e mescolate leggermente, poi il latte acido e il burro morbido. Aggiungete a metà della farina (meglio 250 g)  il sale e il cardamomo e versatela tutta nell'impastatrice. Mescolate ancora, poi aggiungete l'uovo (non tutto: tenetene da parte un po' per spennellare la superifice del pane, prima di infornare) e la restante farina, questa volta a cucchiaiate, sempre continuando ad impastare: non è detto che debba servire tutta. Impastate fino ad ottenere una pasta morbida, anche se un po' appiccicosa(consiglio mio: aggiungetene altri 200 g, perchè 450 g di farina ci vogliono tutti. Poi, regolatevi a seconda di quanto assorbe la farina che state usando. Considerate che con questo metodo, l'incordatura dell'impasto non è completa, quindi un po' appiccicoso lo resta comunque)
Strizzate bene l'uvetta e aggiungetela in questa fase, assieme ai canditi, se li usate. Spennellate poi la superficie del composto e lasciate lievitare fino al raddoppio. 
dopodichè, sgonfiate l'impasto sulla spianatoia, in modo da eliminare ogni bolla d'aria e dategli la forma ovale che vedete nella foto. Non utilizzate stampi, ma coprite con pellicola trasparente o con un canovaccio e lasciate riposare per 20-25 minuti. 
Nel frattempo, accendete il forno a 175 gradi e portatelo a temperatura
Spennellate la superficie del pane con l'uovo rimasto e fate cuocere per circa 40 minuti. Se la superficie dovesse scurire troppo, copritela con un foglio di alluminio. Appena il pane è cotto, cospargetelo con zucchero in granella e copritelo poi con un telo umido per evitare che la superficie indurisca. 

Note mie
  • Dietro questa foto, ci stanno quasi tre settimane di discussioni con la squadra, , che vi elenco in ordine cronologico 1. primo tentativo, seguendo alla lettera il procedimento indicato nel libro- e viene un blob appiccicoso, inguardabile e -secondo me- immangiabile. Il marito lo spazzola via tutto e dice che però non è male. 2. Secondo tentativo, a mano ma con l'ansia, quindi usando la farina sbagliata, la lievitazione sbagliata, la cottura sbagliata: il risultato è abbastanza guardabile, il sapore è decisamente buono. Il marito se ne mangia subito metà, l'altra metà viene sottratta e portata al corso di yoga, dove ogni afflato spirituale sparisce nei litigi fino all'ultima briciola. 3. Terzo tentativo, di Stefania: segue alla lettera e, nel deserto, riesce. 4. Quarto tentativo, Deserto contro Equatore- e siccome stavolta c'è da tenere alto l'onore, mi impegno et voilà, pure l'alveolatura simil-panettone.
  • Rispetto alla ricetta originale, che suggerisce l'aggiunta di canditi, ho messo solo delle scorzette d'arancia, pazientemente tagliate a cubetti. Nel terzo tentativo, li avevo finiti: ma  l'arancia ci sta da Dio.  Il cardamomo di qui ha un signor profumo, che pervade la cucina e si mantiene anche dopo: nel caso non vi fidiate troppo del vostro, potete aggiungerne un cucchiaino. 
  • Il soured milk è un latte acidificato che potete comodamente preparare a casa, aggiungendo un cucchiaio di succo di limone a 250 ml di latte. La reazione è immediata e sotto i vostri occhi, perchè il latte inizierà a cagliare, già dopo pochi minuti, dandovi il via per l'utilizzo. Se avete del buttermilk, potete usare quello, meglio se non fermentato. 
  • Questo pane ha mezzo grammo di lievito disidratato, che dovrebbe corrispondere a circa 3 g di lievito secco. Siccome ho impastato tutto a mano, ci ho messo più di un'ora, per cui la lievitazione è partita benissimo: con tutta che siamo in piena stagione delle piogge, in 4 ore l'impasto era triplicato. Per la seconda lievitazione, ha impiegato un'ora. 
  • Purtroppo, la superficie è rovinata, perchè ho usato la tecnica che uso per il pane- di farlo raffreddare in un panno leggermente umido. Il risultato è che la crosticina tipo colomba che si era formata in superficie, con lo zucchero in granella che si era sciolto, si è tutta attaccata allo strofinaccio. 
Ragion per cui, questa ricetta è...
FINALMENTE PROMOSSA!


giovedì 22 novembre 2018

MINI SCONES WITH VÄSTERBOTTEN CHEESE




Adoro il cibo e questo è decisamente chiaro. Amo in maniera particolare tutto il cibo che si può mangiare in un sol boccone, dolce o salato che sia. Non servono posate per mangiarlo, piatti e piattini vari... c'è la massima libertà! L'unico rischio, con questo modo di mangiare, è quello di esagerare perché: "tanto è solo un bocconcino..."


Dopo la mia premessa, e dopo le parole della Aurell che troverete qui sotto, capirete perché ho scelto la ricetta dei Mini Scones ;)

L'autrice del libro, spiega come questi mini scones offrano molte possibilità nella scelta di come servirli: al naturale, farciti con crème friche o panna acida ed erba cipollina, con crème fraiche e uova di pesce, ma anche con il salmone. Se li preferite nella dimensione tradizionale, usate un cutter più grande allungate un po' il tempo di cottura.

Ingredienti per circa  20 scones 

250 g di farina 
1 cucchiaio da tavola di baking powder
un pizzico di paprika
½ cucchiaino da té di sale
pepe nero macinato al momento
75 g di burro freddo, tagliato a cubetti
150 g di formaggio Västerbotten* (o altro formaggio duro, come il pecorino) grattugiato finemente - diviso in due parti: una da 100 g e una da 50 g
125 ml di latte freddo
50 g di noci tostate e tritate finemente (facoltativo)
 uovo sbattuto o latte per spennellare

*Västerbotten, è una regione del nord della Svezia, in cui è nato il formaggio utilizzato per la ricetta e da cui prende il nome. Il Vasterbotten cheese, è un formaggio di latte vaccino a pasta dura, con un gusto intenso. Qui trovate altre notizia su questo formaggio.

Preriscaldare il forno a 200°C.
Mettere la farina, il lievito, la paprika, il sale e il pepe in una ciotola, poi aggiungere il burro freddo.
Strofinare tra le mani fino ad ottenere un composto sbriciolato (crumble). Unire i 100 g di formaggio e mixare, unendo il latte gradualmente, per formare l'impasto. Cercare di non lavorare troppo il composto - less is more - che deve semplicemente stare insieme. Più si lavora l'impasto, più densi saranno gli scones. Unire le noci, se si usano.
Stendere l'impasto, malto dolcemente, ad uno spessore di 1,5 cm circa. Spennellare la superficie con  poco uovo sbattuto o latte freddo, con delicatezza, poi spolverare con il formaggio rimanente - 50 g - pressando leggermente in modo che aderisca bene. Utilizzando uno stampino da 3 cm di diametro, ricavare gli scones, senza far ruotare lo stampino. Impastare nuovamente e dolcemente l'impasto avanzato, per ottenere altri scones.
Posizionare gli scones su teglia con carta forno, ed infornare per 8-9 minuti finché non saranno ben dorati, lievitati e cotti a sufficienza.

Note personali

- ricetta semplice e di veloce esecuzione. Il formato mini è perfetto per l'aperitivo, anche quello del pranzo di Natale (o della cena della Vigilia)

- se seguirete bene le indicazione della ricetta, la riuscita è garantita. In particolare, non lavorate troppo questo tipo d'impasto o i vostri scones risulteranno"gnucchi"

- in sostituzione dell'introvabile Västerbotten, ho utilizzato del pecorino romano, ma ci vedrei bene anche del Casera stagionato o altri formaggi purché saporiti e abbastanza stagionati

- oltre alle farciture suggerite dalla Aurell, io vedrei bene anche l'utilizzo di salumi vari, dal salame al prosciutto, ma anche mortadella o speck, con un velo di burro, maionese formaggio fresco  o panna acida

La ricetta è:

PROMOSSA
 (e fortemente suggerita per l'aperitivo, natalizio e non)






mercoledì 21 novembre 2018

SWEDISH MEATBALLS AND BEETROOT SALAD

I magazzini Ikea sono luoghi di perdizione.
Sappiamo tutti benissimo che ci si va per comprare quell'unico pensile che può risolverci l'esistenza e si torna con il bagagliaio pieno di cazzatelle per le quali abbiamo speso non meno di 200 euro.
Personalmente sono convinta che nelle borse gialle venga spruzzato del composto che confonde e crea dipendenza e anche se si arriva  alle 14.30, già mangiati, ci si trova a passeggiare di fronte al self service ristorante pensando: ma due polpettine con la marmellata no?
E quelle polpette, che qualche anno fa si sono ritrovate in prima pagina a causa di uno scandaloso buglione di ingredienti sospetti, forse sarebbe meglio mangiarsele a casa propria, visto che sono facilissime da preparare.
Nelle famiglie svedesi le ricette variano da mano a mano, ma questa è, a detta dell'autrice, una grande ricetta a cui affidarsi e se ne fate un po' di più, pare che siano fantastiche infilate in un panino con abbondante salsa, la vostra preferita.
E allora, che polpette siano!

Ingredienti per c.ca 30/40 polpettine
30 g di pan grattato (o avena se preferite)
150 ml di brodo di pollo
400 g di carne macinata di manzo
200 g di carne macinata di maiale
1 cucchiaino di sale
1 piccola cipolla grattugiata (strizzata dai suoi succhi)
1 uovo
2 cucchiai 1/2 di farina 00
1 cucchiaino di misto spezie
1 cucchiaino di senape pronta
1/2 cucchiaino di pepe bianco macinato fresco
un goccio di Worcesteshire Sauce, salsa di soia o Marmite a scelta.
Burro e olio per friggere.

Fate ammorbidire il pan grattato nel brodo di pollo e tenete da parte.
Nel mixer impastate le carni con il sale per una manciata di minuti. Aggiungete la cipolla, l'uovo, le spezie, la farina e il pane ammollato ed impastate fino a quando tutto è perfettamente omogeneo e sostenuto.
Aggiungete i restanti ingredienti quindi lasciate riposare in un luogo freddo per 30 minuti.
Con le mani umide, formate delle polpettine della dimensione di una noce (questa sarà la vostra polpetta "test"). Sciogliete il burro e l'olio in una padella di ferro fino a quando non saranno ben caldi e friggete la polpettina fino a che non sarà dorata. Assaggiate e aggiustate di sale ed eventuali aromi se necessario, quindi fate un secondo test ed assaggiate.
A questo punto formate le restanti polpette con le mani umide e friggetele poche alla volta.
Una volta pronte tenetele al caldo nel forno mentre finite il resto.

Beetroot Salad 
600 g di barbabietola sott'aceto, scolata
zucchero se necessario
1 mela acidula tipo Granny Smith (o similare)
un goccio di succo di limone
75 g di maionese
100 g di crème fraiche o panna acida
2/3 cucchiai di aceto balsamico
sale e pepe nero macinato fresco

Scolate la barbabietola, tagliatela a cubetti non più grandi di 1 cm di lato. Assaggiate se necessita di zucchero, in caso positivo spargetene un pochino sopra (c.ca 2 cucchiai secondo il vostro gusto).
Sbucciate e private del torsolo la mela  e riducetela in cubetti della stessa dimensione della barbabietola. Spruzzate il succo di limone sulle mele.
Per fare il condimento, mescolate la maionese e la creme fraiche (o panna acida), con l'aceto balsamico, il sale ed il pepe.
Mescolate le mele con la barbabietola quindi aggiungete il condimento: vi sembrerà piuttosto rosa a questo punto ma si scurirà dopo qualche ora in frigorifero in quanto i succhi coloreranno il condimento.
Potete sempre aggiungere una cucchiaiata di maionese al momento di servire se vi sembra che sia diventata troppo scura - per ottenere un rosa intenso.

 MODI PER ARRICCHIRE LA VOSTRA INSALATA DI BARBABIETOLA
- Alla maniera di Leif - aggiungete cetrioli sottaceto o cetriolini
- Alla maniera di Vibeke: prima di servire, aggiungere qualche cucchiaiata di panna montata senza zucchero
- Aggiungete capperi tritati
- Se volete un'insalata di aringa per uno smorgasbord (un semplice buffet), aggiungete delle uova sode tritate e filetti di aringa sottaceto all'insalata di barbabietola ed assaggiate.
- Riducete in dadini della carota e patata lessate ed aggiungete alla barbabietola insieme a della cipolla rossa e capperi per ottenere quella che i Danesi chiamano "insalata russa".
- Sostituite la maionese con formaggio quark per alleggerire il piatto.
- Aggiungete noci tostate per una rifinitura croccante
- Aggiungete una manciata di erba cipollina tritata e qualche albicocca tritata (che avrete ammollato un'ora prima di aggiungerle)
- Sostituisci la maionese e la creme fraiche con feta sbriciolata e nocciole tostate. Aggiungete aneto se vi piace.

NOTE PERSONALI 

  • Dopo il polpettone di Martha e svariate versioni di polpette alternative ispirate dai nostri autori preferiti, ho voluto provare le famose "polpette svedesi". Onestamente pensavo che ci fossero più ingredienti invece sono pochi e facili da reperire una volta tanto. E la facilità con cui si preparano è un vero piacere. A me sono venute leggermente più morbide ma forse perché ho dimezzato la quantità considerando che in casa siamo in due ma non ho fatto lo stesso con l'uovo usandone uno intero piccolo. Quindi la loro forma è un po' sbilenca avendola persa durante la cottura. Avrei dovuto aggiungere maggiore farina o pane. 
  • Il sapore è delizioso. Non avendo della mostarda pronta, ho usato un bel cucchiaio di quella in polvere della Colman's e devo dire che ha conferito un delicato aroma senza aggredire. Non lesinate con le spezie né con il condimento: fate la prova del test per trovare il bilanciamento degli ingredienti. La bontà di queste polpette sta nell'armonia di questi aromi che si devono sentire altrimenti si rischia di ottenere delle banalissime palline di carne. 
  • La cottura deve essere a fiamma media, con l'elemento grasso a temperatura (intorno ai 170°) anche perché non si tratta di frittura in olio profondo quindi ci vuole il tempo giusto, in modo che l'esterno si rosoli perfettamente e l'interno si cuocia al cuore. Fatelo senza fretta e con poche polpette alla volta per poterle girare con facilità. Nel caso potete dare loro una forma ovale leggermente schiacciata come suggerisce l'autrice. 
  • Sull'insalata di barbabietola, ho preparato io stessa la mia sottaceto, usando il procedimento per il "piccalilly" della Martha Stewart e devo dire che è venuta molto piacevole. Si possono usare pezzi grossi della radice e poi ridurli successivamente al momento dell'uso. Il resto è di una semplicità estrema. Io ho preferito non affogare il tutto nella maionese e creme fraiche mettendone un po' meno e servendo il resto a parte. Devo dire che l'ho trovata parecchio appetitosa, in particola la spinta acidula e dolce delle mele croccanti che contrastano con tutto il resto. 
  • Polpette e insalata di barbabietole è un insieme estremamente convincente e diverso considerando che nella maggior parte dei casi si finisce col servirle con patatine. La dimensione e la quantità che ne ricavate, facilità lo smaltimento via bocca. Mi dispiace solo di non aver potuto preparare la salsa di mirtilli rossi, introvabili da queste parti. Per il resto è ovvio che qui annunci:
PROMOSSA A PIENI VOTI! 

martedì 20 novembre 2018

CHRISTMAS CRUMBLE




Seconda ricetta dal libro del mese ad opera di Biagio!



Certo è che se io dovessi avere la malcapitata idea di proporre questo crumble al posto del panettone o del pandoro, all’italiano tradizionale potrebbero cadere i capelli, o altri malcapitati perdere la parrucca. 
Ma noi amiamo la trasversalità culturale, il multitutto, la neve e Babbo Natale sulla slitta. Vorrei essere in Scandinavia, durante il periodo natalizio. Almeno poco prima di Natale, per sorbirne tutta l’atmosfera. 
Invece qui abbiamo la neve finta e Babbo Natale nei supermercati e tutto diventa ancora più fake. Peccato. Ma vi assicuro…questo crumble è “da amare”, come scrive Brontë Aurell, nel libro: “I love crumble”. “Me too, Brontë”.



Per 4-5 persone

Ingredienti 

6-7 mele dal gusto intenso (come le Granny Smith)
1 cucchiaino di pasta di vaniglia (o i semi di un baccello di vaniglia)
100 gr di mirtilli rossi* surgelati 

per il crumble:
100 g di “soft light brown sugar”**
100 g di burro (freddo, non indicato dall’Autrice)
100 g di farina di mandorle
100 g di farina
1 cucchiaino di cannella in polvere
un pizzico di cardamomo tritato
un pizzico di sale
50 g di marzapane (con un minimo di 50% di mandorle)***
mandorle affettate per decorare 


* Come dice il sr. Wikipedia, Il lingonberry (mirtillo rosso) è una bacca tonda, di circa 0,5-1 cm di diametro, dalla buccia lucida e dura, e di un colore rosso brillante che volge al rosso scuro col procedere della maturazione. La polpa è densa e ricca di semi, dal gusto acidulo e astringente per l'elevato contenuto di tannini, che gli conferiscono proprietà antiossidanti.

 ** Ricordo che il “light brown sugar” indicato nella ricetta non è proprio zucchero di canna, ma zucchero semolato con aggiunta di melassa. Qui ho usato 200 g di zucchero semolato + 10 g di melassa calda, e ne ho preso 100 g. 

 *** per fare il marzapane, ho usato la ricetta che si trova su Fika & Hygge, altro libro della stessa autrice già passato per queste pagine La riporto qui per comodità di tutti: 

MARZAPANE (per 400 g)

200 g di farina di mandorle finissima (se le mandorle non risultano tritate finemente, macinarle di nuovo alcune volte nel mixer)
100 g di zucchero semolato
100 g di zucchero a velo
1 cucchiaino di estratto di mandorle
1 albume medio (circa 30 g)

Frullare tutti gli ingredienti insieme in un robot da cucina fino a ottenere un impasto liscio. Avvolgere il composto in una pellicola trasparente e far raffreddare in frigorifero per almeno 1 ora prima dell’uso.

preparazione del crumble:
Preriscaldare il forno a 180 gradi C.
Sbucciare le mele, togliere i torsoli e tagliarle a pezzi piccoli. Metterle in un tegame con la vaniglia e pochissima acqua, a fuoco medio, finché non comincino ad ammorbidirsi. 

Intanto, preparare il crumble. Mettere il burro, lo zucchero, la farina di mandorle, la farina, le spezie, e il pizzico di sale in un mixer fino ad ottenere un composto sbriciolato (si può fare tutto a mano, lavorando gli ingredienti con la punta delle dita).

Mettere le mele in un piatto profondo che possa andare sia in forno che in tavola e mettervi sopra i lingonberry surgelati e poi ancora le briciole di crumble. Versare poi  il marzapane grattugiato e completare con le mandorle sfilettate. Cuocere per 25-30 minuti in forno preriscaldato finché croccante e dorato e il composto di mele e lingonberry sia ormai cotto. 
Servire con crema o gelato alla vaniglia.


 NOTE

-La cosa più importante è l’impossibilità assoluta di trovare alle mie latitudini, al tropico del Capricorno, sotto il sole giaguaro, dei “lingonberries”… Né abbiamo la famosa marca di mobili svedese che salva la patria in varie parti del mondo. Purtroppo. 
Allora ho scritto direttamente a Brontë Aurell, la quale, gentilissima, mi ha risposto che avrei potuto sostituire i “lingonberries” senza problemi con dei lamponi surgelati, o delle ciliegie. Fondamentale è che la frutta scelta combini bene con la farina di mandorle e che sia rossa – parole sante dell’Autrice in menzione (che spero ci legga e ci accompagni tutto questo mese qui !). 
Avevo addirittura suggerito di usare qualche frutta agrodolce brasiliana come la pitanga e l’acerola, che amo alla follia e che hanno delle varianti vermiglie. A Brontë è piaciuta la mia idea di tropicalizzare il crumble natalizio, ma avendo trovato i lamponi surgelati, mi sono gettato a capofitto su di essi, senza paura di troppi sbagli. Con la frutta brasiliana, prometto di rifare il crumble una prossima volta.

-Gli zuccheri del marzapane e l’acidità delle mele e dei lamponi si sposano perfettamente.

-Facile, semplice, divertente: è un crumble. Ormai comincia proprio a piacermi quel comfort che viene dal food tradizionale, vero, casereccio. 

Non posso che dire: 
la ricetta è PROMOSSA! E arrischiatevi a farla per Natale… 
Biagio D'Angelo

lunedì 19 novembre 2018

DANISH CHRISTMAS ROAST DUCK


Non so quale maledizione sia, ma è già successo il mese scorso.
Vengo attirata da ricette potenzialmente buonissime che mai e poi mai sarò in grado di fotografare decentemente.
E se prima è stato un pollo, bello sulle pagine del libro e terribilmente sgraziato dopo il mio tocco, oggi è la volta dell'anatra.
La coscia fotografata sul volume riesce ad essere artistica, la mia pare di più un moncone ma me ne faccio una ragione.
Scelta perchè in casa arabafelice piace moltissimo ma non viene cucinata spesso dato che non si trova facilmente.
Quindi non mi sono fatta sfuggire l'occasione del reparto surgelati (fresca non se ne parla, sempre nel deserto siamo...)
Mi incuriosivano il ripieno di frutta e la cottura lenta a bassa temperatura.
Allo stesso tempo mi impensieriva che non ci fossero spezie o salse particolari e che il condimento si riducesse in pratica a sale e pepe.
Com'e finita?
Che è finita l'anatra.
Osannata come una delle migliori mai fatte.
Morbida, succosa.
E la frutta del ripieno diventa, a parte l'arancia ovviamente, un complemento al piatto di tutto rispetto ed anche di una certa figura.
Ammetto che è stata un po' una sorpresa.





DANISH CHRISTMAS ROAST DUCK
per 4 persone

un'anatra da circa 3 kg
3 mele, meglio se unpo' aspre come le Granny Smith
due manciate di prugne secche snocciolate, circa 200g
mezza arancia
sale e pepe macinato al momento


Assicurarsi che l'anatra sia ben pulita sia dentro che fuori. Mettere da parte le rigaglie e tagliare la punta delle ali (non contengono carne, ma tenerle in caso si voglia preparare il gravy, la salsa di accompagnamento).
Asciugare bene l'anatra con carta da cucina.

Sbucciare le mele e tagliarle a pezzetti, quindi usarle per riempirne la cavità insieme alla mezza arancia ed alle prugne secche. L'arancia e e le mele non rilasceranno aromi alla carne ma contribuiranno ad una carne più morbida e non stopposa. Chiudere quindi la cavità con del filo da macellaio o con un grosso ago da selvaggina.
Massaggiare quindi tutti i lati molto generosamente con sale e pepe, avendo cura di mescolarli prima di usarli.

Preriscaldare il forno a 130 gradi.
Versare 500 ml di acqua in una teglia da forno e appoggiarvi sopra una gratella sulla quale andrà l'anatra, con il petto in giù.
Cuocere per un'ora quindi girarla e continuare la cottura per altre tre.
Irrorare la carne con i sughi di cottura che si raccolgono sotto la gratella e non preoccuparsi se la pelle a questo punto non è particolarmente croccante, dato che la parte finale della cottura avviene poi a calore più elevato.
L'anatra è cotta quando la temperatura interna raggiunge 72-75 gradi, quindi il tempo di cottura dipende dalla dimensione dell'animale: generalmente un'ora e mezzo per ogni chilo di peso quando si cuoce a bassa temperatura.
Tagliando un pezzo di carne i succhi devono essere trasparenti, non rosati.

Far riposare l'anatra per 30 minuti, quindi dividere le cosce dal petto e ricavare due/tre pezzi da ogni parte. Non rimuovere la pelle.
Per scaldarla prima di servire, scaldare il forno a 120 gradi ed infornare i pezzi finchè la pelle sarà croccante. Può essere utile una botta di grill in caso.


 NOTE

- questa è veramente l'anatra for beginners. Non richiede operazioni particolarmente complicate ed il condimento è realizzato con ingredienti di uso comune. L'autrice suggerisce di acquistarne una bella polposa per evitare che la carne si secchi ma soprattutto di cuocerla a bassa temperatura.
La mia anatra pesava leggermente meno di quanto indicato in ricetta, e quindi ho ridotto di poco i tempi di cottura.

- la comodità ulteriore sta nel fatto che il piatto si può preparare addirittura con un giorno di anticipo e scaldare quando deve essere servita. Leggermente confusa l'indicazione che per avere una pelle più croccante la carne andrà scaldata a temperatura più alta rispetto a quella di cottura: in realtà la carne va cotta a 130 gradi e scaldata a 120! Immagino che ci si riferisca alla nota successiva che suggerisce l'uso del grill in caso di necessità (e come tale, quindi, completamente facoltativo: a me non è servito, per esempio)

- l'autrice suggerisce l'uso di un gravy, una salsa di accompagnamento classica fatta usando le rigaglie dell'anatra. Ma è già buonissima così, irrorata con i succhi di cottura che si raccolgono nella teglia posta sotto la grata.

- ho servito le mele e prugne secche insieme alla carne: ci stavano benissimo! Quindi se cercate un secondo d'effetto per la Vigilia o il giorno di Natale, fateci un pensierino.

La ricetta è ovviamente 
PROMOSSA





venerdì 16 novembre 2018

SALMON & PRAWN TERRINE




Che il Natale si festeggi da mio papà, a casa mia o delle mie sorelle, sulla nostra tavola sono sempre presenti sia il salmone che i gamberi: ne siamo troppo golosi! Ogni anno mi piace provare qualcosa di nuovo, e quando ho letto il titolo della ricetta della Bronte, in cui sono presenti sia i gamberi che il salmone, non ho avuto dubbi... quella terrina doveva finire sulla mia tavola :)

L'autrice spiega che, questa preparazione, in realtà, non è proprio un pâté, e neanche una terrina, ma è deliziosa mangiata con pane di segale, sia nella versione croccante che in quella non croccante.

Ingredienti per 6-8 persone (se servita in un buffet (Smörgäsbord)

1 scalogno piccolo, pelato
300 g di filetto di salmone crudo, senza pelle
200 g di gamberi crudi già puliti, più qualcuno per guarnire
150 ml di doppia panna
1 uovo
1 cucchiaio di amido di mais
la scorza grattugiata e il succo di un quarto di limone
20 g di aneto tritato, più qualche fogliolina per guarnire


Dressing alle uova di pesce

50 g di uova di lompo rosse
150 ml di panna acida o crème fraiche
sale e pepe nero appena macinato

Canapès con terrina al salmone (per circa 10 canapés)

3 fette di pane di segale, imburrate
fette di terrina al salmone e gamberi
2-3 avocado (non troppo maturi, ma che si affettino facilmente)
succo di limone fresco
3 cucchiai da tavola di crème fraiche o panna acida
2 cucchiaini e ½ di uova di lompo rosse
foglie di aneto fresco

Preriscaldare il forno a 160°C. Rivestire un piccolo e profondo stampo per terrine o una teglia da forno (500-600 ml di capacità) con carta forno. Prendere una teglia adatta a contenere facilmente lo stampo e riempirla a metà con acqua, poi trasferirla in forno.

Tritare lo scalogno in un robot da cucina, unire il salmone e i gamberi, e azionare la funzione pulse per poche volte, per tritare il mix. Dovranno esserci ancora dei pezzi abbastanza grossi. Unire gli ingredienti rimanenti,tranne l'aneto, e azionare brevemente la funzione pulse. Il composto non dovrà risultare troppo liscio. Unire anche l'aneto (io l'ho unito senza frullare ma mescolando con una spatola). Trasferire tutto nello stampo, coprire con della carta forno e premere leggermente.

Mettere lo stampo in forno dentro al contenitore con l'acqua riscaldata. Cuocere per 45 minuti circa fino a quando il composto non sarà appena solidificato ma ancora leggermente tremolante. Il tempo di cottura dipenderà dalla profondità dello stampo utilizzato. Controllare la cottura dopo 20 minuti se utilizzate uno stampo poco profondo.

Togliere la terrina dal forno e lasciarla raffreddare, poi trasferirla per tutta la notte in frigorifero.

Per il condimento, unire gli ingredienti, regolare di sale e pepe e mettere da parte.

Per servire la terrina intera, capovolgerla sul piatto da portata e decorarla con qualche gambero e foglioline d'aneto. Servire con il condimento a parte.


Varianti

Per servire come canapé, tagliare il pane in pezzi di circa 3x2 cm. Con un coltello molto affilato, tagliare la terrina in fette di dimensioni simili e metterle sopra al pane. Sbucciare l'avocado e affettarlo sottilmente poi metterlo sopra la terrina. Spremere del succo di limone sopra l'avocado l'annerimento. Mettere un po' di panna acida, le uova di pesce, le foglioline di aneto e una macinata di pepe nero.

Se non amate il condimento con le uova di pesce, in una ciotola unite: 100 ml di panna acida o crème fraiche, 100 ml di skyr (o simili), 3-4 cucchiai di erba cipollina tritata finemente, 1 cucchiaio di aneto tritato, una spruzzata di succo di limone fresco, sale e pepe nero appena macinato. Conservare al fresco fino al momento di servire.


Note personali

- la ricetta è semplice e veloce da preparare, e non presenta particolari difficoltà, ed è alla portata anche di cuochi poco esperti ;).

- il sapore finale è delicato e  perfettamente equilibrato. L'aneto, anche se 20 g vi sembrano tanti, per me è perfetto così, ma io nutro una certa passione per l'aneto :)

- negli ingredienti della terrina non ci sono né sale né pepe. La sapidità arriva dal condimento con le uova di pesce, e dal sale e pepe aggiunti alla panna acida. A me è piaciuta così, ma alcuni commensali hanno sentito la mancanza del sale nella terrina. Il mio consiglio è di seguire il vostro gusto e quello di chi mangerà la terrina: aggiungete un po' di sale se sapete che sono abituati ad usarlo in buona quantità.

- non ho messo l'avocado perché non era maturo a sufficienza :(


La ricetta è veramente deliziosa ed è:


PROMOSSA  A PIENI VOTI












giovedì 15 novembre 2018

CHRISTMAS BUNS

Questi "paninetti" arrivano da una ricetta della nonna dell'autrice, che li preparava nei pomeriggi invernali, servendoli caldi con una buona dose di burro ed una tazza di cioccolata calda.
Nel periodo di Natale, si vestivano a festa profumati di cardamomo ed arricchiti con uvetta e gocce di cioccolata per far felici tutti.
Per quanto mi riguarda, questo è il genere di lievitato per il quale vado in deliquio: semplice, modesto, fragrante e morbido pronto per essere tagliato e spalmato di confettura deliziosa.
Preferisco la presenza dell'uvetta mentre sicuramente il resto della famiglia reclama il cioccolato.
Si prestano a molteplici aromatizzazioni e quella che proverò di sicuro la prossima volta, sarà all'arancia, con pezzettini di arancia candita di cui vado pazza.
Ingredienti per 24 buns 
100 ml di panna fresca (doppia panna che qui non si trova)
300 ml di latte intero
50 g di lievito di birra fresco (ridotto a 10 g ma si può arrivare a 5 senza problemi)
80 g di zucchero semolato
1 cucchiaino di cardamomo in polvere
1 cucchiaino di sale
c.ca 800 g di farina forte più extra per infarinare
1 uovo
100 ml di yogurt Greco
150 g di burro morbido
100 g di uvetta o a scelta 100 g di gocce di cioccolata
1 uovo sbattuto per lucidare
zuccherini, perline ecc per decorare

Mettete il gancio alla vostra impastatrice. Scaldate il latte con la panna fino alla temperatura del vostro dito (36/37°), quindi sbriciolate il lievito nel liquido.
Mescolate fino a completo scioglimento quindi versatelo nella ciotola della planetaria.
Aggiungete lo zucchero ed il cardamomo in polvere e mescolate ancora.
Aggiungete il sale alla farina e mescolate bene quindi cominciate ad aggiungere cucchiaiate al liquido poco alla volta, fino a che non ne avrete usata c.ca la metà.
A questo punto aggiungete l'uovo, lo yogurt e il burro ammorbidito continuando ad impastare.
Continuate ad aggiungere la farina - potreste non avere bisogno dell'intera quantità.
Proseguite impastando fino a che non avrete un impasto leggermente appiccicoso ma che comincia a staccarsi dai lati della ciotola. Ci vorranno dai 5 ai 7 minuti.
La pasta è pronta per la lievitazione quando comincia a staccarsi dalla ciotola.
Se deciderete di usarla, adesso potrete aggiungere l'uvetta o la cioccolata.
Coprite la ciotola con pellicola trasparente e lasciate lievitare il luogo tiepido per 35/40 minuti, fino a che non sarà raddoppiata di volume.
Rovesciate l'impasto su una spianatoia infarinata quindi impastate con le vostre mani (aggiungete farina se necessario).
Tagliate l'impasto in 24 pezzi di uguale dimensione e date loro una forma rotonda.
Sistemateli su una placca da forno coperta di carta antiaderente. Coprite ancora e lasciate lievitare per 20 minuti.
Preriscaldate il forno a 200°.
Spennellate leggermente ogni bun con l'uovo sbattuto quindi cospargete la superficie con perline,  confettini, zuccherini se vi piace.
Cuocete nel forno preriscaldato per 10/12 minuti o fino a che non saranno ben dorati (dipende da forno a forno)
Rimuoveteli dal forno e coprite con un canovaccio per 5 minuti se li preferite con una crosticina più morbida.
Servite a fette o aperti con burro o formaggio scandinavo.

NOTE PERSONALI

  • Ho scelto la ricetta d'impulso ma sono stata fortemente combattuta quando l'ho letta con attenzione. Mi sono confrontata con il gruppo Starbooks per poter apportare una modifica non di procedura ma di quantità relativamente al lievito. Come già molte volte accaduto con lievitati di origine "nordeuropea", le quantità indicate sono terribilmente elevate per la nostra abitudine. Spesso ho visto ricette con 25 g di lievito per 500 g di farina ma in questo caso la quantità è decisamente fuori da ogni motivazione. Leggendo l'introduzione dell'autrice, ho capito che la nonna voleva far trovare la merenda ai nipoti in breve tempo e che magari nelle case nordiche a Dicembre non ci sono temperature tropicali come da noi, però io ho deciso di tagliare la dose scendendo a 10 g (anche se avrei voluto arrivare a 5 con maggiore tempo di lievitazione). Essendo l'impasto ben idratato, il mio ha raddoppiato in 1h30 e la seconda lievitazione ha richiesto si e no 50 minuti. Ho fatto lievitare tutto all'interno del mio forno con la lucina accesa perché in casa mia ho c.ca 20° ed aiuto i lievitati col calore del forno. A parte il fatto che il lievito di birra è micidiale per il nostro stomaco, dobbiamo ricordare che neanche l'altissima temperatura riesce a inibire la sua azione quindi anche dopo cotto, lui resta attivo nutrendosi dei liquidi dell'impasto in cui si trova, seccandolo miseramente in poco tempo. 
  • Sulla farina, ho usato una W330. La Manitoba non mi piace. 
  • Ho seguito la spiegazione in maniera pedissequa. Fate in modo che il burro sia molto morbido ed aggiungetelo diviso in fiocchetti in modo che possa essere incorporato con facilità. Inoltre se deciderete di aggiungere la cioccolata, potrete versare le gocce impastando a velocità media con il gancio, continuando fino a che non siano ben distribuite ed incorporate. Mentre se deciderete di aggiungere l'uvetta (che io ho preventivamente ammollato), vi consiglio di farlo a mano, impastandone poca alla volta in modo che si distribuisca omogeneamente. Il gancio finirebbe con il rovinare l'uvetta spappolandola nell'impasto (lo so perché mi è successo più di una volta - magari non dovrei ammollarla)
  • Sulla pezzatura dei bun, io sono stata più attenta e ne ho ricavati ben 30. Ho fatto delle palline non più grandi di una pallina da ping pong pirlandole bene, perché ero sicura che sarebbero cresciute sia in lievitazione che in forno ed in effetti ho ottenuto la grandezza che volevo, più o meno come dei buns da hamburger. 
  • Ne ho fatti fuori un paio che non erano neanche tiepidi ed un terzo a temperatura ambiente, circa mezz'ora dopo la cottura. Non li ho coperti con un canovaccio come dice l'autrice perché mi piace sentire un po' di fragranza e lieve croccantezza sulla base. Sono di una morbidezza inaspettata: al morso mantengono la loro forma e si solevano mostrando un' alveolatura fitta ma ariosa. Allo strappo filano come una brioche pur non avendo lavorato l'impasto fino al velo. Hanno un profumo magnifico e sono delicati nel gusto, assolutamente non dolci tanto che qualsiasi confettura va bene, ma è perfetto anche il salato (sto sognandone un paio farciti con salmone). Ne ho tenuti 6 in un sacchetto di plastica ed il resto l'ho congelato subito appena freddi. Il giorno dopo sono ancora morbidissimi ma tagliati e passati nel tostapane sono la fine del mondo.  
  • Se li farete, non dimezzate la quantità ed abbassate drasticamente il lievito. Alla faccia di ogni "pangocciolo" sul mercato, questi sono la fine del mondo. E' ovvio che non possa che dire
PROMOSSA IN PIENO

mercoledì 14 novembre 2018

SNOWBALLS




Se ieri avete visto una preparazione sontuosa, ricca, e come dicono gli inglesi a bit time consuming.
Oggi dimenticate tutto.
Poteva l'elemento più cialtrone della banda Starbooks non essere attirata dalla ricetta ovvio, che fosse golosissima.
Ma, altrettanto ovvio, che fosse velocissima.
Che sporcasse poco.
Che si presentasse in modo adeguato a a far fare la porca figura di vanpeltiana memoria.
Ebbene, la risposta l'avete già indovinata.
Ieri siete stati in cucina una giornata, oggi vi ci tengo al massimo in due blocchi da dieci minuti.
Poco sforzo, massimo risultato: fanno un figurone nelle scatole dei pensierini natalizi, sui vassoi a complemento di un caffè.
E nessuno, dico nessuno, è riuscito a mangiarne uno solo...
Tranquilli, non vi faccio una testa così raccontandovi per filo e per segno delle origini arabe del marzapane.
Però sono gli arabi ad aver importato dolci di mandorla lavorata con sciroppo di zucchero in Sicilia, dove poi con le dovute elaborazioni sono diventati patrimonio preziosissimo della cultura gastronomica locale.
Addirittura il nome "marzapane" è diretto discendente di una parola araba che in realtà non indicava i dolci in sè ma un contenitore che li conteneva....
Insomma, pare che abbia tutte le scuse per non farmela sfuggire ;)




SNOWBALLS
per 20 pezzi

200g di marzapane (una percentuale di mandorle del 63% sarebbe ottimale, accettabile almeno del 50%)
120g di cioccolato bianco di buona qualità
100g di cocco rapè
colorante alimentare spray glitter argento, facoltativo
un po' di buccia d'arancia grattugiata oppure 2 cucchiai di liquore all'Amaretto, facoltativi


Dividere il marzapane in 20 pezzi, lavorare ogni pezzo ad ottenere una pallina quindi metterle tutte in frigo in modo che siano ben fredde quando verranno ricoperte con il cioccolato.

Temperare il cioccolato bianco (che può essere insidioso, ma la via più semplice è sciogliere metà del cioccolato a bagnomaria, quindi togliere dal fuoco, unire l'altra metà e mescolare in modo che il tutto si raffreddi velocemente)

Infilzare quindi una pallina di marzapane con uno stecchino ed immergerla nel cioccolato fuso in modo che sia uniformemente ricoperta. Passarla quindi nel cocco rapè e lasciar asciugare su una teglia coperta con carta forno. Procedere fino ad esaurimento delle palline.

A questo punto decorare con lo spray, se lo si desidera.

NOTE

- non sono buoni, sono divini. Il marzapane che ho usato io è il Niederegger, probabilmente uno dei migliori in circolazione, che conservavo e veneravo da alcuni mesi al pari di una reliquia.
 Come accennato, usare quegli agglomerati di zucchero dei supermercati non vi farà ottenere lo stesso risultato. Se voleste farlo in casa, trovate una ricetta della stessa autrice qui .

- essenziale aromatizzare l'impasto per creare un piacevole contrasto tra il dolce dell'interno e della copertura: la buccia d'arancia ci sta magnificamente e conferisce quel profumo "natalizio" che i dolcetti altrimenti non avrebbero senza.

- il cocco è il tocco da maestro, e soprattutto aiuta a creare dei dolcetti belli da vedere.
Palle di neve, sia chiamano, per un motivo...piuttosto trovo un po' ridondante la richiesta di temperare il cioccolato bianco, notoriamente difficile da maneggiare, visto che poi tanto questo viene ricoperto dal cocco. Ma al solito, è la cialtrona che parla :) e comunque il metodo indicato nel post è il più semplice in assoluto.
Sapete già tutti che un cioccolato bianco di scarsa qualità non si scioglie bene e diventa un agglomerato di grumi inutilizzabile, quindi investite in uno degno del suo nome.

Serve che lo dica? La ricetta è assolutamente 
PROMOSSA

martedì 13 novembre 2018

APPLE TRIFLE




Ancora per questo mese Biagio, il nostro affezionato lettore dal Brasile che vi abbiamo presentato qui, ci aiuterà a recensire il nuovo libro.


Nigella Lawson scrive in uno dei suoi libri che il trifle è, come il crumble, una delle quintessenze delle ricette anglosassoni.
Verissimo, se si pensa che per la prima volta si nomina il “trifle” (che potrebbe voler dire anche “sciocchezza”) in un ricettario inglese di Thomas Dawson del 1585 (“The Good Huswifes Jewell”).
È pure vero che non c’è cucina scandinava che si rispetti che non abbia un trifle alle mele tra le ricette famigliari più affettivamente importanti. 
In Norvegia, lo si chiama, in modo suggestivo, “Tilslørte bondepiker” (che vuol dire “Contadinella con il velo”), in Danimarca “aeblekage” (letteralmente, torta di mele, ma senza veramente esserlo). 
Il trifle che presenta Brontë Aurell non è certamente, come lei stessa avvisa, un dolce da fare quotidianamente. È solo per un bel momento di festa. Come il Natale, per esempio. Invitate dei cari, ma proprio dei cari amici… per degustarlo. Li farete felici. 

Ingredienti per 6-8 porzioni

Per la composta di mele


1 kg di mele come le Bramley o le Granny Smith
3 cucchiai di zucchero
Semi da 1 baccello di vaniglia, o estratto di vaniglia

Per la torta
125 g di farina
½ cucchiaino di bicarbonato
un pizzico di sale
1 cucchiaino di cannella in polvere
1 cucchiaino di un mix di spezie o di spezie per torta di mele
75 g di burro a temperatura ambiente
100 g di zucchero semolato finissimo
1 uovo

Per il croccante di nocciole e fiocchi d’avena
50 g di burro
40 g di zucchero di canna finissimo
25 g di fiocchi d’avena
50 g di panko
50 g di nocciole tritate

Per l’assemblaggio del trifle
150 ml di crema pasticcera fredda, di buona qualità
200 ml di panna montata (leggermente, soft peaks)

 

Metodo
Per preparare la composta, sbucciare e tagliare le mele a pezzi di dimensioni piccole. Metterle in un tegame capiente insieme a 3 cucchiai di zucchero, i semi di vaniglia e 100 ml di acqua. Cuocere a fuoco dolce fino a quando non sono completamente morbide, per circa 20 minuti. Lasciare raffreddare completamente. Togliere i semi di vaniglia, se sono stati usati. La composta deve essere un po’ aspra per bilanciare il dolce della torta e della crema. È sufficiente per la base della torta e per il trifle.

Per la torta usare uno stampo quadrato 20 cm x 20 cm, o equivalente. Sarà una base relativamente sottile. Preriscaldare il forno a 170 gradi. 

 Mescolare la farina, il bicarbonato, il sale, la cannella e il mix di spezie in una terrina, e lasciare da parte. Nella planetaria, battere il burro con lo zucchero finché spumoso, poi aggiungere l’uovo e battere finché il tutto non risulti ben incorporato. Aggiungere gli ingredienti secchi e per ultimo 150 g della composta di mele. Appena è tutto ben amalgamato, versare il composto ottenuto nello stampo e mettere nel forno preriscaldato per circa 10 minuti, finché risulti ben cotto. Uno stecchino inserito al centro dovrà uscirne pulito. Siccome è una torta bassa, non avrà bisogno di molto tempo per cuocere. Lasciare raffreddare.

Per il croccante di nocciole e fiocchi d’avena, in una padella far sciogliere il burro, quindi aggiungere lo zucchero e mescolare. Aggiungere il panko e i fiocchi d’avena e continuare a mescolare per alcuni minuti, finché la miscela non risulti croccante e tostata. Aggiungere le nocciole, solo per pochi minuti, facendo attenzione, però, perché le nocciole potrebbero bruciare facilmente e dare uno sgradevole gusto amaro. Una volta che il tutto diventa croccante, versare in una terrina e far raffreddare completamente, mescolando solo per rompere eventuali pezzi troppo grossi.

 Per la crema pasticcera ho usato la ricetta del Maestro Iginio Massari, come riportata da Stefania nel suo Blog-Bibbia, debitamente dimezzata. Ho ottenuto circa 250 gr di crema pasticcera.

Per l’assemblaggio del trifle, mettere uno strato della composta di mele in una coppa di vetro per trifle a far da base, poi aggiungere uno strato di torta. Aggiungere altra composta, seguita da un buono strato di croccante, e poi di nuovo le mele. Aggiungere uno strato di crema, poi ancora croccante, composta e torta. Ripetere fino alla fine della coppa. 
Per ultimo, aggiungere la panna leggermente montata e spolverizzare con un po’ di croccante per decorare. Lasciare in frigo per almeno un’ora. 
Prima di servire, aggiungere ancora del croccante per decorare. 



Note: 

-Sono rimasto in cucina a preparare il dolce per più di tre ore. Il dolce ha vari passaggi, non troppo complessi, ma che hanno bisogno di molto tempo, specialmente per il raffreddamento. Perciò, già a partire dal chilo di mele da sbucciare, munirsi di pazienza e di buona musica come sottofondo.

-Allo scadere dei 20 minuti, le mie mele (ho usato un chilo di Granny Smith) erano ancora dure come pietra. Ho dovuto aggiungere più acqua (200 ml), visto che era necessario, durante la cottura. Passata mezz’ora, le mele resistevano terribilmente, senza avere intenzione di disfarsi. Ma erano morbide. Ho deciso di allora di prelevarne la metà e passarle nel mixer per ottenere ciò che per me è una composta di mele: 150 g di questa composta –quasi una confettura – è andata a finire nella torta, il resto, mescolata con i pezzi “resistenti”, nella base del trifle.

-Per il mix di spezie, non avendo quello specifico per la torta di mele, che si trova senza difficoltà nei paesi anglofoni e scandinavi, ho messo in una mini-mortaio dello zenzero in polvere, del cardamomo e delle bucce di mela che avevo tritato prima, e della noce moscata grattugiata, e dopo aver ridotto il tutto velocemente in poltiglia, ne ho preso un cucchiaino, come dice la ricetta. La torta aveva un sapore singolare di mela speziata. Solo per questo, la ricetta sarebbe già da applauso.

-Nonostante la torta sia effettivamente bassa, nel mio forno preriscaldato, ai 10 minuti, come indicato nella ricetta, l’impasto non voleva saperne di essere cotto. So bene che ogni forno è un forno, come si dice, ma avviso: nel mio ci ho impiegato 18 minuti, cioè quasi il doppio del previsto.  

-Non avendo un’unica grossa coppa di vetro, ho suddiviso il trifle in coppette di vetro più piccole, ma dello stesso formato della foto del libro. Ne ho riempito 8. 

-Provate a prendere con il cucchiaino tutto il trifle! Vedrete proprio tutti gli strati per bene… alternando croccantezza e morbidezza.

-Note dei miei amici: 10 alla composta di mele, non molto dolce; 10 alla torta al retrogusto di mela; ma 10 e lode alla crema di Massari (e alla Stefi che l’ha pubblicata sul blog!)

La ricetta è PROMOSSA a pieni voti
 ma la vorrei più rapida… per favore… 
Biagio D'Angelo